Se l’Africa paga la nuova corsa all’oro dei metalli rari [di Riccardo Barlaam]
il Sole 24 ore, 16 febbraio 2018. Nel mondo ricco i governi impongono limiti alle emissioni delle auto. I costruttori puntano sull’elettrico. Nel mondo povero è una nuova corsa dell’oro, legata alla conquista dei minerali per alimentare le batterie delle auto del futuro. Con le società minerarie che fanno a gara per aggiudicarsi licenze di esplorazione e terreni da sfruttare. L’Africa, il continente più povero – per una sorta di condanna del destino ineluttabile come una malattia – è quello più ricco di materie prime. Dal Niger alla Costa d’Avorio, dalla Repubblica Democratica del Congo alla Tanzania, il Malawi, il Mozambico fino alla Namibia, la domanda di metalli per lo sviluppo delle “tecnologie pulite” sta aprendo nuove frontiere all’industria mineraria. A caccia di cobalto, grafite, litio, neodimio, niobio, praseodimio, terre rare. Alla conquista dell’Africa Tutti gli operatori, i grandi come Bhp Billiton e Rio Tinto, ma anche i piccoli, sono in fermento. Gli ultimi in ordine di tempo. Noble Group, quotata a Singapore, nel novembre scorso ha annunciato investimenti per 17 milioni di dollari in Malawi per l’estrazione di metalli da terre rare. In Tanzania dietro al progetto Panda Hill per avviare una miniera di niobio, metallo superconduttore, c’è il fondo americano Denham Capital. Nel Nord del Mozambico è appena partita la produzione nella più grande miniera di grafite, minerale utilizzato nelle batterie delle auto elettriche di nuova generazione, come la Model 3 di Tesla. Miniera controllata dalla società australiana Syrah Resources. Il colosso delle materie prime Glencore è tra i principali produttori di cobalto nella Repubblica Democratica del Congo. Il cobalto è un minerale essenziale nelle nuove batterie ricaricabili agli ioni di litio che alimentano le auto elettriche, ma anche gli smartphone, i tablet e i computer. China Molybdenum, società mineraria parastatale lo scorso anno ha comprato la miniera di Tenke sempre in Congo per 2,6 miliardi di dollari. Una miniera che contiene una delle più grandi concentrazioni di cobalto al mondo e offre per i decenni a venire la sicurezza della fornitura. I prezzi del cobalto sono triplicati negli ultimi due anni. Le società minerarie cercano di conquistare nuovi siti estrattivi per il litio, principale componente per le batterie, nei giacimenti in Congo, Namibia, Niger, Costa d’Avorio. Il gruppo minerario Desert Lion Energy ha acquisito i diritti di esplorazione nella Namibia occidentale. Le azioni della società mineraria Avz hanno avuto un balzo clamoroso alla Borsa di Sydney del 1.500% dopo l’annuncio di investimenti in una delle miniere di litio più grandi al mondo nel Congo. Anche qui, i prezzi sono quasi raddoppiati negli ultimi due anni. Ma in generale tutti i prezzi delle materie prime legate alle auto elettriche sono alle stelle. Le società minerarie aumentano i loro ricavi e la capitalizzazione di Borsa. L’altra faccia della medaglia Vista dall’altro lato la storia prende un altro sapore: centinaia di migliaia di persone in Africa lavorano nelle nuove miniere, compresi i bambini, in condizioni di lavoro durissime e spesso pericolose se paragonate agli standard occidentali. A centinaia di metri di profondità, con dispositivi di sicurezza minimi. Spesso solo con le mani, le mazze e i picconi, senza ausili tecnologici. Morti e gravi incidenti sul lavoro sono la norma. Come ha raccontato recentemente Todd Frankel del Washington Post in un reportage da una miniera in Congo dove si estrae cobalto. Il Congo è uno Stato enorme. Un Paese instabile, abituato a entrare e uscire dalle guerre civili, con una mappa mineraria infinita e una lunga storia di sfruttamento delle risorse naturali cominciata nell’era coloniale. «L’Africa è una magnifica torta da spartire»: la celebre, quanto infelice frase del Re Leopoldo II del Belgio al Congresso di Berlino del 1876 tra le potenze coloniali, ha fatto storia. Da allora non molto è cambiato. Il colonialismo ora è di tipo economico, con il Paese che annega nella corruzione. L’attività mineraria, soprattutto quella fatta dalle piccole aziende meno controllate di quelle internazionali, o dai subfornitori di qualche grande società, sottopone le comunità locali a livelli di esposizione ai metalli tossici mai visti prima, che inquinano i terreni e le falde acquifere. In Africa aumentano le neoplasie, malattie quasi sconosciute fino a qualche anno fa, ora anche tra i bambini. Aumentano anche le malformazioni tra i neonati. L’aria pulita dell’Occidente ha un prezzo molto salato per l’Africa. Almeno fino a quando le grandi società non renderanno chiara e tracciabile la provenienza delle materie prime che alimentano le proprie batterie. Impresa impossibile probabilmente, considerando la grande “fame” di minerali da parte dell’industria dell’auto e la scarsità delle risorse naturali. La miniera dell’inchiesta del «Post» è di una società cinese: Zhejiang Huayou Cobalt, uno dei principali produttori mondiali di cobalto – che controlla anche DongFang International Mining accusata da Amnesty International di comprare minerali estratti dai bambini – e fornisce i metalli ai principali produttori di batterie contenute nelle auto ma anche nei prodotti hi-tech, come l’iPhone. Apple dopo l’inchiesta del WP ha fatto sapere di aver aumentato i controlli sulla provenienza del cobalto. Lg, uno dei principali produttori di batterie, ha bloccato l’import di cobalto dal Congo. Samsung Sdi, la divisione del colosso coreano che produce batterie, ha effettuato delle investigazioni interne all’aziende e ha fatto sapere che per le sue batterie non utilizza minerali provenienti dal Congo. La nuova corsa all’oro In questa nuova corsa dell’oro il principale destinatario dei minerali africani è la Cina. Le auto elettriche sono una delle aree principali di sviluppo del piano Made in China 2025. La Cina è divenuta in pochi anni il primo mercato mondiale dell’automotive superando anche gli Stati Uniti nel 2015. E ha anche il primato delle vendite di auto elettriche e ibride che nel 2017 hanno superato per la prima volta il milione di unità, favorito dai ricchi incentivi governativi per l’acquisto di veicoli puliti. Gli obiettivi del governo sono ambiziosi. Uno di essi è il raggiungimento dei cinque milioni di veicoli elettrici sulle strade entro il 2020. L’industria delle batterie per veicoli elettrici è giudicata strategica dal governo che punta a conquistare la supremazia mondiale. «Le batterie al litio sono state inventate dai giapponesi e perfezionate dai coreani. Ora però saranno i cinesi a prendersi il mercato grazie agli aiuti all’industria da parte del governo», dice Mark Newman, analista di Bernstein. Finora il mercato è stato dominato dalla giapponese Panasonic e dalla coreana Lg. Panasonic è ancora il primo al mondo nelle batterie per auto elettriche, sta costruendo il mega stabilimento di Tesla in Nevada, la Gigafactory. Ma i cinesi avanzano. Contemporary Amperex Technology ltd (Catl) società creata nel 2011 dall’ingegnere Zeng Yuqun, 50 anni, che ha sede a Ningde, metropoli da 3 milioni di abitanti nel Sud-Est del Paese, zona famosa per la produzione del thè verde, è già il primo fornitore di batterie nel più grande mercato per le auto Ev, la Cina. Ma sta pensando a una Ipo per crescere e assicurarsi forniture da marchi europei e americani. La cavalcata della Cina Catl è valutata 20 miliardi di dollari. Punta a quotare il 10% del capitale per raccogliere due miliardi di dollari. Fondi che serviranno a finanziare la realizzazione di un mega stabilimento produttivo per le batterie a Ningde. Il nuovo stabilimento quintuplicherà la produzione di Catl facendola salire al primo posto nella classifica mondiale tra i produttori di batterie elettriche, prima di Tesla, dell’altra cinese Byd (Build your dreams) partecipata al 10% da Warren Buffett, specializzata nella produzione di batterie per bus e scuolabus. E prima ancora delle coreane Lg Chem e Samsung Sdi. Oltre ai sussidi governativi all’industria e alle barriere d’ingresso per le aziende straniere, il grande vantaggio dei produttori di batterie cinesi rispetto ai concorrenti è l’accesso alle materie prime. Grazie al fatto che le società minerarie cinesi in Africa in questi anni hanno fatto razzia di miniere di cobalto e litio e degli altri metalli per assicurarsi le forniture. «La Cina – conclude Anthony Mimlewski del fondo svizzero Pala Investments – vuole diventare la Detroit delle auto elettriche. Non ho dubbi sul fatto che nei prossimi anni guiderà il mondo per capacità produttiva e, probabilmente, anche nella tecnologia».
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