In Sardegna l’unico voto utile è quello che concretamente sbarra la strada alla destra. E io lo esprimerò [di Vito Biolchini]
Ultime due settimane di campagna elettorale. Troppi scandali (veri o presunti) spacciati per questioni di importanza capitale, distolgono l’opinione pubblica dalla sostanza della questione: nonostante la legge elettorale fosse stata concepita per favorire una grande coalizione tra centrodestra e centrosinistra, ora a sorpresa lo schieramento di Berlusconi, Salvini e Meloni è in realtà ad un passo dalla vittoria. “Sprint del centrodestra, al Senato è già maggioranza” scrive oggi Repubblica.it Il sistema elettorale diviso tra proporzionale e maggioritario rende i sondaggi di questi giorni abbastanza uniformi (per chi vuole spendere è interessante il sito www.rosatellum.info, altrimenti consiglio www.termometropolitico.it) e tutti gli osservatori sono concordi nel dire che l’ago della bilancia sono i collegi uninominali meridionali (Sardegna compresa), nei quali il centrodestra contende al Movimento Cinque Stelle quei 30/40 seggi che potrebbero significare vittoria assoluta. “Buona parte del risultato si giocherà al Sud, nei molti collegi contesi tra centrodestra e 5 Stelle”, scrive sempre su Repubblica.it il professor Salvatore Vassallo. Il voto in Sardegna non è dunque assolutamente marginale (come qualche osservatore interessato vorrebbe farci credere) ma tremendamente cruciale, essenzialmente nei nove collegi uninominali (sei alla Camera e tre al Senato) nei quali la vittoria è contesa tra il centrodestra e il Movimento Cinquestelle, con il centrosinistra tagliato fuori, come ci ha raccontato ieri la Nuova Sardegna (“L’isola diventa decisiva, sei collegi su nove in bilico”). Il quadro dunque è chiaro. Soprattutto per chi ha sempre votato per impedire alla destra di governare il paese (e questa del 2018 è ben peggiore di quella anche solo di cinque anni fa), la scelta in Sardegna del voto da dare nei collegi uninominali è evidentemente obbligato. Senza tanti fronzoli e cerimonie, il meridione e la Sardegna sono l’ultimo argine contro la vittoria assoluta di Silvio Berlusconi, di Matteo Salvini e di Giorgia Meloni. L’unico voto utile all’uninominale è dunque quello che consapevolmente, visti i sondaggi e senza tanti sofismi, sbarrerà loro la strada. E io lo esprimerò. |
Io penso che non si debba mai votare “contro”. Contro la vittoria della Destra. Contro la vittoria della Sinistra. Contro la vittoria dei Grillini. Contro Renzi. Contro Salvini. Contro Berlusconi.
Ma si debba sempre votare “per”. Per realizzare una società di liberi e uguali, potrei dire parafrasando Bersani e Grasso. Perché ci siano in Italia dei partiti politici normali. Secondo quanto prevede l’articolo 49 della Costituzione. Per una società con al centro il lavoro e i lavoratori (non solo quelli dipendenti).
Per cui parlare di “voto utile” mi sembra del tutto fuori luogo. Da parte di chiunque.
Gli eletti devono prima di tutto essere rappresentativi riguardo agli elettori. Basterebbe anche solo questo a mettere fuori gioco il cosiddetto “voto utile”. Se io dovessi, ragionando per assurdo, come dicevano gli antichi filosofi greci, votare Di Maio per bloccare Salvini, non per questo mi sentirei rappresentato da Di Maio. Ho un po’ schematizzato, perché Di Maio non è candidato in Sardegna.
Al referendum del 4 dicembre ho votato “no”. Ma non ho votato contro la cosiddetta riforma proposta dal governo. Non ho votato contro Renzi. Ho provato anche a spiegarglielo. Ho votato “per” la Costituzione del 48. Essendomi trovato nella situazione di dover scegliere tra due possibilità, ho scelto quella che mi è sembrata più affidabile, più coesa e, soprattutto, più coerente.
Anche chi ha votato “sì” ha votato “per”. “Per” la proposta del governo.
Chi ha votato “no” ha votato “per” la Costituzione del 48.
Per cui, anche il 4 marzo penso di votare “per”. “Per” quel Partito che, pur essendo tutt’altro che perfetto, si ispira e prova a realizzare nella sua vita interna l’articolo 49 della Costituzione. E che fa per il governo prossimo venturo dell’Italia delle proposte tutto sommato realistiche e fattibili. Non dovrebbe trattarsi, insomma, di pura propaganda.
Per quanto mi riguarda, scelgo “Insieme”, perché dentro c’è ancora un po’d’Ulivo. E per dare un segnale a quel che resta della sinistra “sinistrata” di oggi: il nostro futuro deve essere un partito Labour, un partito che federi tutti i partiti socialisti-democratici italiani. Insomma, una ‘cosa? Sensibilmente diversa da Partito Democratico e Liberi e Uguali.