Il Corso Vittorio Emanuele di Cagliari? Ai futuri attori [di Francesco Sechi]

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Non sono poche le 458 firme di abitanti, artigiani e commercianti che hanno sottoscritto l’appello per il “Corso”, stravolto rispetto al “caos” attorno al quale si era consolidato un modo di vivere e di operare.

È l’effetto della pedonalizzazione, a riprova, se mai ce ne fosse bisogno, che sistema dei trasporti, accessibilità e territorio si influenzano vicendevolmente, e che gli effetti di certe politiche ed interventi sulla mobilità possono sconvolgere le “risposte” che una città, un quartiere o una via è in grado di dare ai bisogni e alle necessità di chi le vive.

Forse non tutti lo sanno, ma la cosiddetta “pedonalizzazione”, da piazza Garibaldi all’arco di Palabanda, non è un’idea scaturita dall’attuale amministrazione ma è nata all’epoca della giunta Floris con il Piano Urbano della Mobilità del 2009. Stiamo quindi parlando di un intervento bipartisan, pensato dall’una e attuato dall’altra, una sorta di Poetto-bis.

Purtroppo, come spesso succede, tra l’idea e l’attuazione, tra il concepimento e il parto, viene a mancare quel liquido amniotico che sia in grado di generare una creatura sana e forte, a cui affidare lo sviluppo generazionale. Nello specifico, questo liquido amniotico si chiama “pianificazione urbanistica” totalmente assente nell’intervento del Poetto così come in quello del Corso e anche, anticipiamo, in quello della futura via Roma.

Il Piano Urbano della Mobilità lo diceva chiaramente, gli interventi di interdizione al transito delle auto non devono essere fine a sé stessi, ma sono la condizione propedeutica alla pianificazione e progettazione urbanistica (il liquido amniotico) da attuarsi negli spazi finalmente liberati dalle auto in sosta e in movimento.

Ma il Piano della Mobilità avvertiva anche che l’alternativa all’utilizzo dell’auto privata va costruita attraverso lo sviluppo e l’integrazione delle altre tre componenti, la pedonalità, la ciclabilità e il trasporto pubblico; nessuna delle tre, da sola, è in grado di combattere l’utilizzo improprio dell’autovettura privata. Le zone pedonalizzate accrescono il loro valore a condizione che siano facilmente accessibili con il trasporto pubblico, senza compromessi, ovvero, con frequenze elevate fino alle tarde ore serali e con fermate accessibili con brevi spostamenti a piedi, non lunghe camminate, magari al buio.

E se questa condizione non si riesce a raggiungere attraverso le vie limitrofe con linee di trasporto efficaci, allora i mezzi di trasporto collettivo devono poter transitare nelle vie interdette alle auto (che per rispetto del Codice della Strada chiameremo ZTL), perché il trasporto pubblico collettivo non è “incompatibile” con la pedonalità, non va interdetto come le auto private così come è avvenuto anche al Poetto.

Il trasporto pubblico è un alleato della pedonalità in quanto consente di coprire distanze altrimenti di sola competenza dell’autovettura privata, in qualsiasi condizione meteo, e a supporto delle mutevoli “forme” che la città assume nelle varie fasce orarie del giorno, la città del vivere, del lavorare, del commerciare, dello svago. La decisione di interdire il passaggio dell’unica linea trasversale della città, la Linea 10, e di quella più forte, la Linea 1, è stato indubbiamente una scelta che ha pesantemente inciso sull’accessibilità delle vie interessate, modificando in maniera sensibile il servizio che la città dava ad abitanti, operatori e visitatori.

La logica conseguenza di questa situazione è che, pian piano, gli attori del “I atto” lasceranno spazio agli attori del “II atto”; chiudono le attività consolidatesi negli anni e se ne aprono altre più “liquide”, vanno via residenti storici e ne arrivano altri “mordi e fuggi”.

Le vie mutano nel loro aspetto socio-economico andando verso uno sviluppo guidato dal “caso” e non da un disegno urbanistico ragionato e rispettoso del luogo, quel disegno che non avrebbe mai realizzato un Corso Vittorio Emanuele pedonale mantenendo i “marciapiedi rialzati” rispetto alla strada, e la “fioriera” di separazione tra i pedoni e le auto che non ci sono più; tali opere oggi dovrebbero essere assunte come monumenti all’ignoranza urbanistica di chi effettua le scelte, di chi ha progettato la riqualificazione senza aver ancora deciso se pedonalizzarla realmente oppure no.

Ora l’amministrazione sembra correre ai ripari aprendo ad un possibile transito di mezzi pubblici elettrici, condizione, quella dei mezzi elettrici, che ha il solo compito di attestare che non si sta’ facendo alcuna retromarcia perché nulla vieterebbe di riaprire, già da domani, al transito dei mezzi tradizionali, quelli a gasolio sì, ma che sono transitati fino a ieri e che transitano in tutto il resto della città, Castello e Villanova inclusi.

Ma, mentre si discute del Corso, un’altra trasformazione urbana, guidata da un intervento esclusivamente “settoriale trasportistico” e con l’avvallo del silenzio degli urbanisti, si sta’ per abbattere su una delle vie simbolo di Cagliari, la via Roma.

Entro l’anno dovrebbero partire i lavori per l’estensione della tranvia da Piazza Repubblica a Piazza Matteotti. Come è pensabile che, in via Roma e in Piazza Matteotti, si realizzi un’infrastruttura così importante in maniera del tutto avulsa da un progetto urbanistico di riqualificazione della stessa Via e della Piazza a cui ancora non si riesce a dare la funzione di cerniera tra la città e il vicino mare?

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