MicroMega 16 febbraio 2018 intervista a Ivano Marescotti. “Mentre li voto, li attacco”. Siamo al limite dell’ossimoro. O, forse, siamo semplicemente al “voto tattico”, così come lo definisce lui stesso. L’attore Ivano Marescotti, comunista doc, candidato alle ultime Europee per la lista l’Altra Europa con Tsipras, ha deciso di “ingoiare il rospo”: il prossimo 4 marzo andrà a barrare il simbolo del M5S “come argine a Berlusconi, alle destre xenofobe e contro qualsiasi ipotesi di inciucio”.
Marescotti, quindi, la sua intervista al Corriere dello scorso 10 gennaio non era una provocazione?
Macché, il mio ragionamento parte da una convinzione: non esiste più un voto ideologico e non c’è più nulla che mi rappresenti. Gli attuali partiti di sinistra non mi convincono. E allora, piuttosto che astenermi o votare scheda nulla, preferisco votare il M5S, sono gli unici che possono rovesciare il tavolo e cacciare la peggior classe politica dal dopoguerra ad oggi.
Lei parla di “voto tattico” al M5S ma un governo pentastellato è difficilissimo, se non impossibile. Non trova che, sondaggi alla mano, le due opzioni in campo sono la vittoria del centrodestra o, nel caso non ottenesse la maggioranza, un esecutivo del presidente con un accordo Pd/Forza Italia?
Guardi, ci ho riflettuto molto: avevo già deciso di non andare a votare a queste elezioni. Ma chi sceglie il non voto per “dare un segnale” deve guardare le Regionali in Emilia Romagna, ha votato il 37 per cento, una Regione in cui prima l’astensionismo era bassissimo. Altro che segnale! La disaffezione nei confronti delle istituzioni è tanta ma piuttosto che non recarmi alle urne confido nel voto corsaro al M5S, con tutte le contraddizioni del caso.
Eh, le contraddizioni sono molte. Su immigrazione e sicurezza, il M5S sembra avere un programma identico a quello delle destre. Pensiamo all’attacco alle Ong e sui “taxi del Mediterraneo”, o alla melina sullo ius soli.
Di Maio deve contendersi un bacino elettorale, di destra, con la Lega e così insegue il consenso del cosiddetto voto di pancia. Molte altre posizioni del M5S non mi piacciono. Li ho sempre criticati: non hanno una visione della società, oltre ad essere interclassisti. L’unico motto che sanno ripetere è “onestà, onestà”. Figuriamoci, sono tutte cazzate. Però, è un dato di fatto, sono gli unici che possono rompere i piani all’establishment e rappresentare un’alternativa di governo al quadro attuale. Se la scelta ricade tra un partito di centrodestra – alias il Pd – e un delinquente come Berlusconi. A questo punto meglio il M5S, preferisco il rischio alla certezza della merda politica degli ultimi anni.
Insisto. Persino sul recente attentato fascista di Macerata, il leader Di Maio ha tenuto un profilo molto basso. Mentre Di Battista ha riproposto la solita frase di Ennio Flaiano: “In Italia i fascisti si dividono in due categorie: i fascisti e gli antifascisti”. Per un comunista ci vuole bel pelo sullo stomaco per votare chi sostiene queste cose, no?
Ce ne vuole molto. Ripeto, il M5S non mi rappresenta. Qualsiasi governo nascerà il 5 marzo, io sarò all’opposizione. Però fatemi dire che il M5S, nella sua visione post ideologica, è anche altro. A volte assume posizioni condivisibili. Durante la campagna per il No al referendum della riforma Renzi/Boschi ho incontrato molti attivisti grillini seduti al mio fianco, nelle stesse assemblee. Stavano con la sinistra, non nei comitati del No di Salvini o della Meloni. Quindi non banalizzerei la questione: tra i grillini, esiste una componente di sinistra. Sbagliano quelli che regalano il M5S alla destra o addirittura definiscono il M5S come un partito fascista.
Cosa ne pensa di Liberi e Uguali?
E’ il solito accrocchio elettorale che si spaccherà un minuto dopo il voto. Serve giusto per eleggere qualche deputato e mantenere in vita un ceto politico. Un progetto che non mi interessa proprio. Tra l’altro è un film già visto: si era partiti dalle buone idee del Brancaccio, con un forte protagonismo della società civile, e si è finiti coi partiti che monopolizzano quel percorso. Non è un caso che Tomaso Montanari abbia preso le distanze da Liberi e Uguali. Anzi, mi stupisce che Anna Falcone, alla fine, abbia scelto di candidarsi con Grasso. Bah.
Neanche l’altra lista di sinistra, Potere al Popolo, la convince?
Io sono comunista ma, da anni, senza un partito di riferimento. Non sono mai stato di Rifondazione Comunista. Quella storia politica non mi appartiene. So che sono coinvolti anche dei centri sociali, attivi a Napoli, e credo che il Parlamento debba essere la cassa di risonanza delle lotte sociali ma è un voto minoritario, pure se dovessero eleggere qualche deputato, cosa cambierebbe nel Paese e nella sinistra oggi?
La sinistra, quindi, è definitivamente morta? Siamo all’anno zero?
A queste elezioni doveva avere l’umiltà di saltare il giro. In Italia, e in Europa, non è il momento delle sinistre. E’ una fase storica avversa. L’obiettivo di uno di sinistra, oggi, è rompere gli schemi tradizionali del Sistema. E lo si fa votando il M5S, per quel che serve votare. Strategicamente parlando, un governo pentastellato rappresenta un terreno più fertile per la rinascita di una sinistra nel Paese, almeno rispetto a un governo Renzi-Berlusconi.
Come può riprendersi la sinistra, secondo lei?
Ci vuole tempo, pazienza e lavoro di base. Bisogna ripartire dai movimenti e dalle lotte sociali. Solo ricominciando dal basso e da quella che una volta veniva definita “lotta di classe” può rinascere qualcosa a sinistra.
Una curiosità: lei si definisce orgogliosamente comunista. Ma nel 2018 che vuol dire essere comunisti?
Innanzitutto, va precisato che il mio comunismo non ha niente a che vedere con lo stalinismo: l’Unione Sovietica negli anni 30-60 era molto più simile al fascismo in Italia di quanto si pensi. Oggi, per me, essere comunista significa identificarsi con le lotte dei comunisti italiani nel secolo scorso. Sono cresciuto al suono di “viva il comunismo e la libertà”, due parole mai disgiunte una dall’altra. Significa semplicemente progettare una società anticapitalistica e provare ad organizzare le classi sociali più deboli e subalterne. Per mantenere una utopia necessaria e, per dirla con Luciana Castellina: “per non rinunciare a all’obbiettivo di coniugare libertà con uguaglianza, qualcosa che non è mai riuscito ad alcuna rivoluzione”.
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Spiegazione?
…strategicamente un governo pentastellato potrebbe essere un terreno più favorevole alla rinascita di una sinistra piuttosto che un asse renzi berlusconi salvini meloni…
Non capisco la strategia ( mia colpa ), ma dalla lettura del programma fisco M5S -elaborazione e confronto programmi irpef su Sole 24 Ore- altro che sinistra. Quanto all’asse RBSM, lasciamo perdere. Votare è un dovere, il voto utile è quello col cuore.