Francesco Cocco e la sua donazione antica [di Nicolò Migheli]

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La Nuova Sardegna  26 febbraio 2018. In tempi in cui i politici vengono accusati di ogni nefandezza- tanto che chi vi si impegna si dichiara “prestato” per non esservi confuso- il gesto di Francesco Cocco ha il sapore dello scandalo nel significato intimo della parola. È pietra d’inciampo di un senso comune accettato: non esiste più società e comunità, ma un insieme di individui concorrenti dove l’individualismo è unica condizione umana.

L’arricchitevi del neo liberismo si mitiga con il conservatorismo compassionevole: l’elemosina elargita coram populo, fatta per soddisfare il proprio ego in vita più che contributo alla soluzione dei problemi.

Non a caso spesso chi la pratica è poi contrario allo stato sociale; a un intervento deciso del pubblico contro la povertà, vista come stato punitivo di chi non si è impegnato a sufficienza per il proprio successo. Francesco Cocco era lontanissimo da queste ideologie. Tutta la sua vita politica da consigliere regionale, assessore alla cultura, dirigente del Partito Comunista, era impegno contrario: allargare gli spazi di partecipazione democratica dei cittadini e lotta contro discriminazioni e povertà. Per lui non era pensabile una società moderna in cui il pubblico non agisca per migliorare le condizioni di vita e offrire pari opportunità a tutti.

Il suo lascito di 450 mila euro all’Ente Regionale per lo Studio, destinato a borse per gli studenti più meritevoli, si inserisce in una tradizione antica della Sardegna. Molte delle personalità eminenti, o solo in buone condizioni economiche, hanno avuto presente che lo studio e le conoscenze fossero di importanza vitale per la crescita umana ed economica della Sardegna, a questo hanno dedicato i loro patrimoni.

A cominciare da Montserrat Rosselló, giurista e umanista cagliaritano, che si adoperò per la fondazione dell’Università di Cagliari e alla sua morte nel 1613 lasciò una biblioteca di 6000 titoli al Collegio di Santa Croce dei gesuiti dove aveva studiato. Fondo che è oggi un tesoro prezioso della biblioteca universitaria cagliaritana.

Un donazione imponente. Salvatore Loi in un suo testo ricordava che la bibbia di Sigismondo Arquer, dopo la sua morte nel rogo  a Toledo nel 1571, venne venduta per un valore pari a circa 5 mila euro attuali. Una somma notevole per un libro non raro, appartenuto a un condannato per eresia. Il valore era dato dall’oggetto e non certo dall’essere stato di un giustiziato, cosa comune all’epoca. Fu però l’Ottocento il secolo che vide la pratica delle donazioni diffusa ovunque.

La Sarda Rivoluzione di fine Settecento, repressa duramente dai Savoia, lasciò un clima di desiderio di riscatto. Alcuni notabili vincolarono nei testamenti fondi a beneficio dei giovani studenti. Uno dei casi insigni fu quello dei Legati Carta, Meloni, Cherchi che nel 1842 destinarono ingenti beni per l’istituzione di una scuola di latinità e retorica in Santu Lussurgiu. Ginnasio frequentato da Antonio Gramsci dal 1905 al ’07, funzionante con alterne vicende sino agli anni ’90 del Novecento.

In altri luoghi dell’isola ci furono donazioni simili per borse di studio. Scelte che si pensava superflue, se non per casi particolari, da quando la Costituzione garantisce il diritto allo studio e all’istruzione ai cittadini. In realtà si deve constatare che in questi ultimi vent’anni quel diritto si è andato riducendo sempre di più.

Come una volta gli studi universitari sono sempre più riservati ai ceti benestanti, sempre più cari. Però mai come in questo tempo è strategico avere giovani preparati ad affrontare un mondo in rapido cambiamento. Per il 90 per cento dei bambini che si sono iscritti quest’anno alla scuola primaria è impossibile prevedere che lavoro faranno.

La frase di Antonio Gramsci: “Istruitevi perché avremo bisogno di tutta la vostra intelligenza” è sempre attuale. Francesco Cocco, studioso del  suo pensiero ha voluto contribuire donando i suoi averi. Un monito per chi fa politica solo per un arricchimento personale.

 

 

 

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