Due musicisti, due donne [di Franco Masala]
Entrambi toscani, sono scomparsi nello stesso 1924 ed hanno un titolo in comune: Turandot. Per il resto Ferruccio Busoni e Giacomo Puccini non potrebbero essere più diversi così che lo spettacolo inaugurale della stagione 2018 del teatro Lirico di Cagliari risulta di grande interesse. A pochi mesi di distanza dalla ripresa dell’opera pucciniana, Turandot di Busoni presenta caratteristiche completamente differenti: dalla durata alla drammaturgia stringata e rapida, dall’alternarsi di canto e recitazione fino alla maggiore fedeltà verso la fonte originaria, la fiaba di Carlo Gozzi (1762). Musicista raffinato e imbevuto di cultura mitteleuropea, Busoni affronta l’opera – rappresentata a Zurigo nel 1917 – con fare disincantato e una ironia di fondo che mette totalmente in fuga la tragicità della versione pucciniana. La presenza delle maschere veneziane – poi sostituite dai ministri in Puccini – accentua gli aspetti grotteschi della vicenda ben rappresentati anche in alcuni dettagli riguardanti la protagonista (disponibile a capitolare rapidamente ancor prima degli enigmi) o Adelma (la Liù pucciniana) che, sconfitta nel suo amore per Kalaf, è pronta a cercarsi un altro uomo. La musica sottolinea con grande efficacia la vicenda con il ricorso a martellanti percussioni, a ottoni sonori, alternando richiami orientali e arabeggianti, ma utilizza anche prestiti altrui come la canzone tradizionale Greenleeves che inaspettatamente apre il secondo atto con un tuffo nel mondo britannico. L’orchestrazione è raffinatissima e mostra l’apertura di Busoni, già brillantissimo virtuoso di pianoforte ma meno frequentato come musicista, verso le novità del suo tempo. Suor Angelica, pochissimo eseguita a Cagliari, è il pannello centrale del Trittico di Puccini, rappresentato in prima assoluta nel dicembre 1918 al Metropolitan di New York. Ambientata in un monastero di suore – e quindi con personaggi soltanto femminili – supera rapidamente l’atmosfera liliale e un po’ stucchevole dell’inizio per procedere verso la tragedia appena entra in scena la Zia Principessa, certamente il personaggio più spietato tra altri non meno perfidi di Puccini (ed è interessante che, nella visione registica, abbia un solo moto di pietà verso la nipote prontamente represso con la mano che si ritira, quasi incredula del suo cedimento). La notizia della morte del figlio di Angelica, frutto di un amore clandestino, provoca la decisione del suicidio della suora in un crescendo di cori angelici che chiudono l’opera in funzione catartica. E quindi è ancora più riprovevole il taglio dell’Aria dei fiori quasi sempre omessa e invece annunciata dal sovrintendente Orazi alla presentazione dell’opera ma non mantenuta. Peccato: sarebbe stata la prima volta nella scarna tradizione esecutiva di Suor Angelica a Cagliari per un pezzo musicale interessantissimo e nuovo. L’impianto scenico di Denis Krief – che firma anche regia, costumi e luci – è unico per evidenti ragioni finanziarie e se mostra qualche interesse nel disegno metafisico – quasi un De Chirico con aperture rettangolari e non ad arco – per l’opera di Busoni, grazie anche al sapiente gioco di luci, è decisamente meno indovinato per quella pucciniana dove a dispetto dell’ambientazione claustrofobica non compare nessun simbolo religioso. In entrambi i casi lo spostamento dei carrelli, utili all’azione, provoca qualche fastidio per il rumore. I costumi sono semplicemente funzionali con tuniche a spacchi laterali per le cinesi e completini stil-Mao per gli uomini mentre i cantanti di Turandot presentano un insieme piuttosto eterogeneo e poco amalgamato. Le monache di Puccini sono invece decisamente moderne con gonna longuette e tacco moderato mentre la cattivissima Zia è in completo nero, elegante e funereo con tanto di borsetta da cui estrae la stilografica utile per la capitolazione di Angelica. Donato Renzetti dirige i complessi del teatro Lirico con la maestria che gli conosciamo e passa brillantemente dai clangori di Busoni ai languori di Puccini, pronto ancora una volta a eccitare le nostre lagrime. In entrambi i casi viene sottolineata la mirabile strumentazione delle partiture così da mettere in evidenza i loro aspetti più nuovi. Turandot è Teresa Romano, disinvolta sia scenicamente che vocalmente come non si può dire del Kalaf di Timothy Richards. Bravissimi Gabriele Sagona (Altoum) e Filippo Adami (Truffaldino) al pari di Enkelejda Shkoza che interpreta egregiamente sia la volubile Adelma che la Zia Principessa. Al debutto nel ruolo di Angelica è Virginia Tola che prende quota progressivamente fino a destreggiarsi con efficacia nella grande scena finale supportata dal nutrito stuolo di suore tra le quali spicca in modo brillante Daniela Cappiello quale Suor Genovieffa. Successo cordiale con diverse riserve (ingiustificate) per la musica di Busoni e di un Puccini meno conosciuto. Che succederà allora con Sancta Susanna di Hindemith? *Turandot di Busoni (foto Priamo Tolu ©) Turandot fiaba cinese in due atti libretto Ferruccio Busoni, dalla fiaba teatrale omonima di Carlo Gozzi musica Ferruccio Busoni Suor Angelica opera in un atto libretto Giovacchino Forzano musica Giacomo Puccini Cagliari, Teatro Lirico venerdì 2 marzo, ore 20.30 – turno A; sabato 3 marzo, ore 19 – turno G domenica 4 marzo, ore 17 – turno D; martedì 6 marzo, ore 20.30 – turno F mercoledì 7 marzo, ore 20.30 – turno B; venerdì 9 marzo, ore 20.30 – turno C sabato 10 marzo, ore 17 – turno I; domenica 11 marzo, ore 17 – turno E Le recite per le scuole che prevedono l’esecuzione in forma completa di Turandot di Ferruccio Busoni, della durata complessiva di 80 minuti circa, sono: martedì 6 marzo alle 11, giovedì 8 marzo alle 17 (speciale famiglie e associazioni), venerdì 9 marzo alle 11, martedì 13 marzo alle 11, mercoledì 14 marzo alle 11, giovedì 15 marzo alle 11, venerdì 16 marzo alle 11. |