Un angelo tra le sbarre [di Susi Ronchi]
Una donna speciale, che certamente non aveva messo in conto, per la sua profonda umiltà d’animo, che sarebbe stata ricordata come una donna speciale, e mai aveva neppure immaginato che la sua terra d’origine, l’Ogliastra e in particolare il suo comune natale Lanusei, le avrebbero dedicato una intera sessione di studi e riflessione, in occasione della giornata che celebra tutte le donne del mondo. A 53 anni dalla morte, Rosina Demuru, viene ricordata dai suoi concittadini: nata a Lanusei il 2 novembre del 1903, morta a Torino nel 1965, ad appena 62 anni, dopo aver trascorso 40 anni tra le sbarre delle carceri “le Nuove” di Torino, vivendo e agendo in condizioni estremamente pericolose, in un’epoca difficilissima, e mettendo quotidianamente in pericolo, con le proprie azioni umanitarie , la sua incolumità personale. Negli anni della guerra, negli anni dell’invasione nazifascista, e poi della Liberazione, lei era in prima linea per affermare il diritto alla vita, per mettere in salvo donne e uomini piegati da condizioni politiche e religiose avverse. Fin da una prima lettura sul suo operato, emerge una figura femminile straordinaria capace di trasmettere una forza spirituale autentica e di porsi come guida silenziosa in un percorso di conoscenza di un mondo composto da uomini e donne relegati “ tra le sbarre” . La sua esperienza è un esempio virtuoso per l’affermazione di valori , oggi più che mai necessari in una società dell’accoglienza, perché contrassegnata dal superamento di ogni condizionamento legato alla fede religiosa e all’ ideologia politica: qui sta il senso universale dell’azione umanitaria e coraggiosa di suor giuseppina , che ha messo in salvo centinaia di prigionieri politici, antifascisti, partigiani, ebrei, ma anche fascisti e nazisti, nel nome della giustizia sociale. Ecco perché di lei dobbiamo parlare al presente, perché è una donna che ha sempre agito per affermare valori irrinunciabili come libertà, fratellanza, solidarietà, rispetto reciproco, tolleranza culturale, religiosa, e politica, accoglienza. Dal suo profilo, sapientemente ricostruito, in un saggio di Tonino Loddo, pubblicato nel tredicesimo volume degli “Studi ogliastrini”, emerge una figura etica che non può essere annebbiata dallo scorrere del tempo. La giornata organizzata nella sua terra natale è un evento simbolico che dobbiamo segnare nelle nostre agende personali e istituzionali perché ha un valore storico e ancor di più sociale in quanto è stata promossa dalla sua comunità d’origine , grazie alla sensibilità delle donne del CIF (Centro Italiano Femminile) di Lanusei, alla disponibilità del comune di Lanusei, dell’Unione dei comuni dell’Ogliastra, della amministrazione penitenziaria regionale, della diocesi di Lanusei , e degli esperti testimoni che oltre tirreno, in Piemonte , sono impegnati a tenere viva la memoria di suor Giuseppina. Nel 1942 fu nominata suor servente della compagnia delle figlie della carità presso il carcere “le Nuove” di Torino, luogo nel quale ha compiuto la sua missione umanitaria. Commovente la testimonianza pubblicata nel 1965 in “Stampa Sera”, da Clara Grifoni, scrittrice, giornalista, antifascista arrestata dagli squadristi a Torino il 25 novembre del 1943: ”Ci chiamava ragazze e più spesso figliole, con una voce che era una mano tesa……”. Suor Giuseppina, una donna di piccola taglia, come registrato in lingua francese in una nota del Seminario, con un cuore immenso e un coraggio senza limiti. Dotata di fortissima personalità, improntata da un lato ai valori spirituali e cristiani, dall’altro a una volontà ferrea orientata all’azione concreta. Grazie alla sua capacità relazionale, alla stima e al rispetto che è riuscita a conquistare presso gli esponenti politici e istituzionali dell’epoca, ha potuto godere di quella libertà di movimento indispensabile per attuare i suoi piani umanitari. Negli anni successivi i riconoscimenti non sono tardati ad arrivare: ha ricevuto ancora in vita, nel 1955, la medaglia d’oro al merito per la redenzione sociale e la mimosa d’oro dall’UDI, Unione Donne Italiane, nel 1962. Suor Giuseppina ha programmato i suoi progetti anche oltre le sbarre: ha fondato nel 1949 a Torino la casa del cuore, un luogo per accogliere le ex detenute e favorirne il reinserimento nella società, e da religiosa sempre al lavoro nel difficile mondo della detenzione, ma anche da donna moderna, proiettata concretamente verso la realtà esterna, ha maturato una solida consapevolezza sull’importanza della comunicazione: far sapere sempre all’opinione pubblica ciò che si fa per ricevere gradimento e consenso. Tanto che, per dare visibilità alla casa del cuore e ottenere per le sue ragazze-figliole il massimo degli aiuti, aveva deciso di convocare una conferenza stampa a otto anni dalla nascita della struttura, per illustrare pubblicamente il bilancio dell’ attività svolta. In quegli anni l’opera di suor Giuseppina godeva di un grande riscontro mediatico presso le cronache dei quotidiani e dei giornali locali e nazionali, ma il tempo può sfuocare anche il valore della più meritoria opera di bene e diradarla fino a farla scomparire se la forza d’ animo, il sentimento, la giustizia storica, e l’interesse della sua terra, non prevalgono rispetto alle insidie dell’ oblio. Fondamentale quindi che questa figura profondamente carismatica, venga oggi proposta all’attenzione dei suoi concittadini perché il suo ricordo non vada disperso. Nel frattempo anche l’ente per la memoria della shoah di Gerusalemme sta valutando di assegnarle il riconoscimento di “giusta tra le nazioni”, attualmente ottenuto da altri 4 sardi che si sono distinti nella lotta alla persecuzione degli ebrei: Girolamo Sotgiu, sua moglie Bianca Ripepi, Salvatore Corrias e Vittorio Tredici. Ma al di là di ogni benemerenza formale, suor Giuseppina appare oggi come un’icona dei diritti sociali e civili, una religiosa, una donna che si è conquistata una posizione prestigiosa all’interno della gerarchia sociale della chiesa. Questo è un tema di grande attualità che apre una riflessione sulla condizione femminile nel sistema ecclesiastico, rilanciato dalle dichiarazioni di una suora all’Osservatore Romano, la testata ufficiale della Santa Sede. Si tratta di una denuncia sulle condizioni di sottomissione e a volte di sfruttamento delle religiose, al servizio di cardinali e alti prelati, destinate a un lavoro mortificante, trattate come colf, contravvenendo alle regole basilari della loro missione. “Non asservite ma al servizio” ha precisato Papa Francesco, che entrando nel merito di questa vicenda ha proposto di dare vita alla teologia delle donne. E anche in quest’ ottica la suora d’Ogliastra si è rivelata una donna moderna , determinata e autorevole proprio perché questa condizione di asservimento certamente non le è mai appartenuta. Lanusei/Torino: due comunità strette nel nome di una donna che ha speso tutte le sue energie per mettersi al servizio degli altri e della redenzione sociale. Un angelo che ha vissuto gran parte della sua vita tra le sbarre di un luogo di detenzione ma che ha saputo proiettarsi e vivere sempre fuori dalla gabbia delle convenzioni sociali e dei pregiudizi. Una lezione che viene dal passato per ricordarci quello che è necessario fare qui e ora, nel difficile presente che stiamo vivendo. |