I boschi italiani crescono. E non è una buona notizia [di Luca Fazio]

sughera

Il manifesto 22.03.2018. Giornata internazionale delle foreste. Mentre nel mondo la superficie boschiva si riduce drammaticamente, da noi in 100 anni è raddoppiata. Un’espansione dovuta all’abbandono delle campagne Nel mondo le foreste sono in costante e drammatica riduzione, in Italia invece accade proprio il contrario.

Detta così sembra una felice controtendenza eppure il fenomeno della crescita del patrimonio boschivo nostrano va letto con meno superficialità perché indica una tendenza irreversibile che riguarda il nostro paese come tutti i paesi industrializzati: il bosco è in continua espansione (da 100 anni a questa parte) semplicemente perché le persone – i contadini – hanno abbandonato e continuano ad abbandonare le campagne per concentrarsi negli agglomerati urbani. Con tutti i problemi che ne conseguono, anche se il bosco è un habitat affascinante. Vediamo i numeri.

In tutto il mondo le foreste coprono circa quattro miliardi di ettari e questo inestimabile patrimonio di biodiversità viene letteralmente spolpato da uno sviluppo squilibrato che prende la forma di autostrade, edifici, aeroporti, infrastrutture di varia natura e grandi superfici destinate all’agricoltura intensiva.

Tornando a noi, invece, negli ultimi cento anni l’Italia ha raddoppiato la superficie boschiva tanto che ormai per un terzo è ricoperta da boschi. A fotografare la situazione, in occasione della «Giornata internazionale delle foreste», c’è un rapporto dell’Ispra condotto in collaborazione con altri istituti di ricerca, tra cui il Comando per la tutela forestale dei carabinieri.

A livello mondiale ogni anno la Terra perde una superficie di foreste pari a circa 15 milioni di ettari (la metà del territorio italiano). Questo scempio, oltre ad intaccare irreversibilmente il patrimonio della biodiversità contribuisce anche all’accumulo dei gas serra nell’atmosfera, provocando un impatto a livello globale che non danneggia solo le popolazioni che vivono all’interno di quelle aree depredate. In Italia, invece, i problemi e le risorse sono altri.

Al netto di problematiche sociali e culturali legate allo storico abbandono dei terreni agricoli, le aree boschive in Italia diventano una sorta di scrigno per la nostra biodiversità – una delle più ricche del pianeta – e di risorse per le economie dei territori. Il principale problema invece è rappresentato dagli incendi che, soltanto l’anno scorso, hanno colpito 150 ettari di patrimonio boschivo. Soprattutto nel sud e nelle isole. Come sottolinea Coldiretti, negli ultimi dieci anni il fuoco in Italia ha distrutto 684mila ettari di alberi, minacciando pascoli e attività agricole.

A bruciare, tanto per dare un’idea, è stata un’area grande cinque volte quella di Roma. I roghi, spiega Coldiretti, hanno provocato ferite enormi ai territori e ci vorranno almeno quindici anni per ricostruire l’equilibrio perduto. Per intervenire in questa situazione, aggiunge l’associazione, sulla carta potrebbe tornare utile il nuovo Testo Unico forestale con il quale si riconosce che soltanto i boschi gestiti in modo sostenibile assolvono al meglio a funzioni decisive come appunto la prevenzione degli incendi e delle frane. Un impegno che, sempre sulla carta – per carità – potrebbe portare alla creazione di 35mila nuovi posti di lavoro.

2 Comments

  1. sardo

    E’ una buona notizia altro che! L’incremento dell’estensione dei boschi è certo consentirà proprio in un paese tutto sommato povero di boschi come era fino a ieri l’Italia di attutire maggiormente gli effetti dei cambiamenti climatici che stiamo vivendo proprio in ragione di un conseguente incremento della fissazione del carbonio e della funzione di protezione del suolo dall’erosione nonché da altri fenomeni quali frane o alluvioni (purtroppo sempre quanto mai attuali nel “bel paese”). Occorre semmai interpretare correttamente il rapporto tra valore economico degli assortimenti legnosi ritraibili dalle utilizzazioni legnose nei boschi e il valore di tutte le funzioni non direttamente produttive ma di primario interesse pubblico (servizi ambientali) che sono in grado di esprimere i boschi, penso innanzitutto alle funzioni di protezione idrogeologica, assorbimento di CO2, produzione di ossigeno, mitigazione climatica, ricreazione e turistico-sociale. Questo corretto rapporto deve essere di riferimento gestionale soprattutto a tutela delle comunità nel loro complesso. D’altra parte il “nuovo testo forestale” approvato a fine legislatura proprio da questo punto di vista non sembra riscuotere unanimi consensi dalla comunità scientifica e non solo in quanto sembrano delinearsi svariate problematiche. Per esempio indirizzare la gestione forestale senza tener in reale conto le effettive condizioni ecologiche dei popolamenti forestali, oggi incrementati si nell’estensione ma spesso instabili e assolutamente poco funzionali (si pensi al confronto tra l’efficienza fotosintetica e di protezione idrogeologica di una foresta d’alto fusto e quella di un’estensione a macchia bassa assai meno efficiente quest’ultima) ma solo attraverso una rivisitazione teorica e formale della definizione di bosco, può mettere in discussione la piena efficienza dei boschi intesi quali ecosistemi complessi ovvero capaci di esprimere produzioni legnose ma soprattutto funzioni protettive e sanitarie fondamentali oltreché anche dal punto di vista paesaggistico. La trasformazione di un bosco anche se non evoluto, solo perché indennizzata e dunque teoricamente possibile in altra località, non avendo ben chiari i difficili meccanismi di evoluzione naturale e di lenta successione ecologica del soprassuolo forestale, può costituire un problema serio e concreto soprattutto per la prevenzione dai dissesti e dagli incendi. Tra tutti i luoghi comunque è nelle aree naturali protette (SIC/ZPS Parchi Nazionali e Regionali) ovvero ì luoghi più ricchi di biodiversità d’Italia che la gestione forestale dovrebbe assicurare il pieno svolgimento di tutti i principali servizi ambientali destinati alla collettività citati, in piena armonia con la Direttiva Habitat (92/43/CE) al fine di prevenire i fenomeni di degrado di questi siti naturali, consentendo la piena conservazione degli stessi, la salvaguardia e la funzionalità complessiva degli stessi boschi prima che nei suoi aspetti economici (di produzione) in quelli ecologici (biodiversità, equilibrio fitosanitario, difesa dei suo!o, contributo ai ciclo del carbonio) e sociali (tutela dei lavoratori, paesaggio, fruizione pubblica della foresta).

  2. Manlio

    Nell’articolo si afferma che nella scorsa estate il fuoco avrebbe colpito 150 ettari del patrimonio boschivo. Magari fossero stati solo 150, sarebbe stata una bellissimo realta’!!!

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