La sinistra ha un futuro in Sardegna? Solo se la giunta Pigliaru ammette il disastro e il progressivo sfilacciamento della maggioranza [di Salvatore Multinu]
C’è una parola, nella lingua italiana, che definisce l’atteggiamento di chi, consapevole del pericolo in cui si trova ma incapace di sottarsene usando un razionale discernimento che sappia valutare tutti i mezzi idonei a salvarsi, si dibatte inconsultamente aggravando la situazione: annaspare. La si potrebbe applicare alla Giunta regionale che, in questo ultimo anno di mandato, accelera questo o quel provvedimento nell’illusione di risolvere un fallimento annunciato da tempo ed ora improvvisamente percepito. E allora via a macinare articoli della legge urbanistica, incuranti degli avvertimenti che provengono da autorevoli studiosi, associazioni professionali, esponenti politici più avveduti, comitati ambientalisti. Con un sottofondo che, oltre ad essere illusorio, rischia di essere penoso: «abbiamo fatto tante cose buone che non siamo riusciti a comunicare». Sottintendendo, magari, che anche l’insieme degli elettori, il popolo incolto e immaturo, ci ha messo del suo nel rifiutarsi pervicacemente di comprendere le magnifiche sorti e progressive perseguite da cotanta competenza accademica. Inutili sembrano i richiami ad una riflessione più ragionata, ad un confronto aperto e teso ad una sintesi feconda, ad una visione più generale che inquadri il singolo provvedimento in un progetto complessivo capace di esprimere un’idea della società sarda per il futuro; mentre impietosi si accavallano i dati che misurano il malessere sociale: il reddito pro-capite che diminuisce, la disoccupazione (soprattutto giovanile) che non cala, la sanità che soffre raccogliendo appena il 30% di fiducia (dato che è facile prevedere un ulteriore calo se andrà avanti, per esempio, il progetto di abolire le guardie mediche notturne). Quello che pare pianificato, dunque, non è lo sviluppo di un modello sociale più equo, rivolto all’insieme dei cittadini sardi e non a fasce geograficamente ed economicamente limitate e delimitate, ma un disastro politico che troverà il culmine nelle elezioni regionali dell’anno prossimo. Servirebbe un salto di qualità nell’approccio ai problemi della nostra Isola, un bagno di umiltà che riparta da ciò che si era promesso quattro anni fa e che si è dimenticato o forse volutamente trascurato; servirebbe un’autocritica capace di leggere i bisogni e le proteste espresse nel voto del 4 marzo scorso; servirebbe rendersi conto del progressivo sfilacciamento della coesione politica nella stessa maggioranza, dove qualcuno – non sempre incolpevole – pensa già ad altre soluzioni di natura politicista, più che politica, pensando ad alleanze improvvide piuttosto che a costruire programmi davvero alternativi. In questo quadro verrebbe quasi da implorare: fermatevi! Provate a riannodare la rete sfilacciata del contatto con la società, portate avanti e sino in fondo solo ciò che è condiviso dalla parte che volete rappresentare (ammesso che siate in condizione di individuarla), e solo ciò che risponde all’interesse dell’intera Sardegna. E quello che – in qualche modo e per qualunque motivo – rischia di aggravare il già pesante squilibrio territoriale e sociale, mettetelo da parte. Ci sarà modo e tempo di parlarne, di approfondire tutti gli elementi in giuoco. Uscire dalle torri inaccessibili del potere – talvolta più presunto che reale – sarà esercizio utile a patto che lo scopo non sia quello, annunciato, di «spiegare le ottime cose fatte», bensì quello, più faticoso ma più proficuo, di ascoltare.
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PRENDO SPUNTO DALLA RIFLESSIONE AUTOCRITICA DEL PROFESSOR PIGLIARU RIGUARDO ALLA DEBACLE DELLA SINISTRA IN SARDEGNA E IN ITALIA .
CERCHIAMO DI UTILIZZARE COME ” FARMACO ” QUANTO SCRISSE GRAMSCI SOPRATUTTO RIGUARDO ALLA “MANCATA COMUNICAZIONE”.
NON VI E’ DUBBIO CHE DELL’ATTUALE GIUNTA REGIONALE FANNO PARTE NUMEROSI E PRAPARATI INTELLETTUALI ; GRAMSCI PARLAVA DEL RUOLO PEDAGOGICO-POLITICO DELL’INTELLETTUALE ,LOGICAMENTE DA QUESTO CONCETTO NASCE IL RUOLO PEDAGOGICO DEGLI INTELLETTUALI CHIAMATI DALLA POLITICA (OVVERO DALLA POLIS ).
LA POLITICA E’ UNA DIMENSIONE IMMANENTE DELLA DELLA PEDAGOGIA OVVERO LA POLITICA A MATRICE ETICA (DISTINTA DA QUELLA A A MATRICE COMMERCIALE E CAPITALISTICA ,DESTINATA SECONDO MARX AL TRACOLLO ) PRODUCE DEI CRITERI PER ELABORARE MASSIME CHE CONDUCO ALL’AZIONE (OVVERO LE LEGGI).
PERTANTO LA DOMANDA CHE IL POLITICO “ORGANICO” DEVE PORSI E’ LA SEGUENTE: IL MIO INTERVENTO (LEGGI E PROVVEDIMENTI) DIMUNUISCONO O ACCRESCONO LA GENERALE CONFUSIONE ?SICCHE’ IL POLITICO OLTRE CHE SULLA QUALITA’ DELLE LEGGI DEVE SCEGLERE IL CONTESTO E IL MODO DI COMUNICARE E QUESTO DEVE DIVENTARE IL SUO MAGGIOR IMPOEGNO INTELLETTUALE . ATTUALMENTE LA POLITICA E’ AVULSA SIA DALLA CULTURA CHE DALLE MASSE ; COMPLICE ANCHE UNA DISILLUSIONE SUL PROPRIO RUOLO.IL LAVORO DELL’INTELLETTUALE POLITICO IN CONCLUSIONE DEVE TENDERE ATTRAVERSO LA NEGAZIONE DEL PRIVILEGIO DEL PROPRIO SAPERE A DIFENDERE E INTERPRETARE I DIRITTI E LE ASPIRAZIONI DI COLORO CHE NON SANNO