Il rito della panada tra miti e simboli [di Veronica Matta]

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Viaggiando dalla Sardegna alla Spagna, fino a Maiorca si scoprono le somiglianze e le differenze di quello che è considerato uno dei più antichi piatti sardi. L’origine, secondo alcuni studiosi incontrati nel viaggio, sembrerebbe nuragica o addirittura ebraica.

Più grande o più piccola, ma sempre rotonda. Questa è sa panada, un alimento tipico della Sardegna e di Maiorca ma il cui concetto si può trovare in molte parti del mondo: lo scopo di questa pasta chiusa non è altro che tenere in buone condizioni e per alcuni giorni il cibo che ha al suo interno, che può essere di carne, verdure e pesce. Attualmente in Sardegna la troviamo durante tutto l’anno, mentre a Maiorca è tipico prepararle i giorni prima di Pasqua, specialmente quelle di agnello.

Troviamo “panades” così simili che a prima vista potrebbero essere confuse con quelle della Sardegna.  Queste due isole del Mediterraneo non solo hanno legami storici e persino linguistici (ad Alghero il catalano è retaggio dell’espansione catalano-aragonese del XIV° secolo), ma condividono anche tradizioni culinarie come la panada, considerata uno dei loro piatti più antichi.

Entrambe le panade hanno una forma e un sapore molto simili. Tuttavia, le differenze sono fondamentalmente dovute all’uso di determinati ingredienti. Ad esempio, “la paprika non è usata nelle sarde, ma l’aglio e il pomodoro sono comuni, e in nessun caso sono fatte con pasta dolce, come a Maiorca”. Come a Maiorca ci sono diversi tipi di panades, con vari ingredienti (triglie, maiale, agnello, capretto, pollo e cipolla, piselli …).

In Sardegna ci sono fondamentalmente tre varianti di questo prodotto, di dimensioni e contenuto diversi, a seconda dei paesi in cui sono realizzate. Ad Assemini troviamo agnello o anguille, aglio, pomodori secchi, patate, pepe e prezzemolo; ad Oschiri carne di maiale, strutto, aglio e prezzemolo; a Cuglieri invece carne di manzo e maiale, carciofi, fave, aglio, olive e piselli. La pasta è simile dato che sono fatti con farina, semola, strutto, olio d’oliva e sale e tappate con la tipica coroncina ottenuta pizzicando l’impasto e rigirandolo.

Il suo sviluppo è anche sinonimo di festa, in quanto is panadas sono comuni nelle feste civili e popolari, e come accade a Maiorca, serve affinché parenti e vicini trovino la scusa di elaborarle e degustarle.  Una figura religiosa rende omaggio a questo prodotto. Nel piccolo ma importante eremo maiorchino di Sant Honorat, padre Miquel Mascarò custodisce un gioiello scultoreo della Vergine: sul braccio sinistro il bambin Gesù e, a destra, una “panada”.

Diversi partner (Sa Mata, Medicina sociale, Comunità Mondiale della longevità, Fondazione di Sardegna, Osservatorio regionale, Agriturismo Is Scalas) collaboreranno per realizzare la conferenza internazionale “Strategie nutrizionali dei popoli del Mediterraneo. Focus sui piatti unici. La Panada” che si terrà il 21 aprile ad Assemini.

La presunta origine de sa panada. Ma in realtà, qual è l’origine di questa pasta? Gli studiosi di Minorca Bep Al·lès e Pep Pelfort che arriveranno in Sardegna, ad Assemini, il 21 Aprile sostengono che potrebbe risalire all’era talaiotica e nuragica.

Essi spiegano che Maiorca e Minorca – dove vengono chiamate formatjades de carn ciò che a Maiorca chiamano panades –  condividono la cultura megalitica, vale a dire, che i talaiots delle Baleari e i nuraghi sardi sono della stessa epoca, e la loro forma circolare potrebbe essere il motivo per cui la panada e il formato hanno lo stesso aspetto della panada sarda (questa tesi secondo la quale i talaiots e i nuraghe appartengono alla stessa epoca, secondo gli archeologi sardi è superata e non veritiera). In realtà il direttore del Centre d’Estudis Gastronòmics Menorca,   Bep Pelfort, sostiene sulla base di un antico documento storico che la parola “Panada” sia il nome primitivo del prodotto che a Minorca è chiamato formajadas de carn).

Ora, lo studioso Antoni Pinya, ebreo convertito, va oltre e afferma con grande certezza che l’origine della panada è ebraica. Si troverebbe traccia nelle sacre scritture ebraiche. Le panades maiorchine ebraiche, secondo questa ipotesi, non avevano strutto o carne di maiale, dal momento che agli ebrei era vietato il loro consumo, e la pasta era a base di farina, olio d’oliva scottata con l’acqua calda.

Il decreto dell’Alhambra, emanato il 31 marzo 1492 dai re cattolici di Spagna, Isabella di Castiglia e Ferdinando II di Aragona, obbligava l’espulsione delle comunità ebraiche dai regni spagnoli e dai loro possedimenti (quindi anche dalla Sardegna). L’editto imponeva la conversione degli ebrei alla religione cattolica, mentre disponeva l’espulsione per coloro che non si fossero convertiti.

C’è un fatto che può far luce su come i cripto-ebrei di Maiorca siano stati in grado di ingannare gli inquisitori. Gli ebrei che non scapparono, per dimostrare la conversione, modificarono alcuni piatti tradizionali, tra cui le panades che vennero cristianizzate, sostituendo la carne di agnello con la carne di maiale e l’aggiunta di spezie.

A volte la scoperta non è tale nel senso stretto ma è un semplice (si fa per dire) mettere in ordine le cose. Fare ordine è un valore, soprattutto in un mondo bombardato di informazioni e di dati che spesso non si ha il tempo di analizzare, di mettere in relazione e da cui far scaturire appunto il valore di una sintesi che possa poi lasciarsi a disposizione di altri per ulteriori approfondimenti o, magari, stravolgimenti.

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