Osservazioni alla procedura di Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) del Parco eolico “Gomoretta” ( Comuni di Bitti, Orune,Buddusò (III) [di Graziano Bullegas e Mauro Gargiulo]

bitti

Si OSSERVA che:

In forza dell’art. 24 del sopracitato decreto e a più forte ragione in violazione della Convenzione di Aarhus, non essendo stata svolta la consultazione pubblica e non essendo stata fornita al pubblico alcuna “informazione ambientale”, la procedura risulta affetta da vizio di legittimità per violazione di legge e quindi il procedimento deve essere annullato dall’amministrazione procedente in autotutela.

  • D) SOTTO L’ASPETTO DEI BENI CULTURALI E IL RISCHIO ARCHEOLOGICO:

Si premette che:

Negli elaborati progettuali sono presenti lunghi elenchi e documentate testimonianze riferiti alla presenza di un cospicuo numero di monumenti e siti archeologici presenti sia in prossimità dell’area Core dell’impianto, sia in quella buffer ad essa circostante.

Si dà di seguito un elenco di tale emergenze monumentali:

  • Sito archeologico di Su Romanzesu situato a soli 3 km da Gomoretta, immerso in una sughereta millenaria, complesso nuragico dell’età del bronzo che comprende un pozzo sacro, centinaia di capanne, due templi a megaron, un tempio rettangolare, un anfiteatro ellittico a gradoni e una grande struttura labirintica.
  • Fonte sacra di su Tempiesu , struttura a pozzo a circa 5 km con fronte a tempio di epoca nuragica.
  • Domus de janas Conca e’ jana, Nuraghe Ghellai, Nuraghe Lassanis, Nuraghe Usone, Nuraghe Locorona, Nuraghe e sito Liaila, Nuraghe e siti Sasa mandras, Nuraghe Noddule, Nuraghe S.Lulla, tutte questi siti e monumenti si estendono da una distanza di 300 metri in poi dai generatori.
  • Il censimento archeologico eseguito dalla stessa Società ha consentito di verificare che all’interno dell’area buffer dei settori 1 e 2 sono stati censiti ben 110 siti archeologici; si tratta di monumenti quali domus de janas dolmen, menhir, pozzi e fonti sacre nuragici, e unità topografiche in cui sono stati rinvenuti reperti di superficie.
  • Nel comune di Buddusò nella zona buffer della sottostazione sono stai individuati 77 siti archeologici.

Appare davvero sconcertante che di fronte ad una così vasta presenza di reperti ed emergenze monumentali la matrice predisposta dalla società nell’elaborato denominato “Identificazione e Analisi degli impatti ambientali” (SIA.R001.4) quantifichi in 0 la Valutazione di rischio di impatto archeologico sia in fase di realizzazione che di esercizio dell’impianto. A completamento dell’eseguità di documentazione e di elaborati di progetto, nell’ultimo paragrafo di tale relazione si propone quale misura di mitigazione la presenza di un archeologo durante la fase dei lavori, il quale:

  • Verifichi l’eventuale presenza di materiali, depositi archeologici o contesti sepolti nei punti scelti per l’impianto delle turbine;
  • Controlli la presenza di monumenti o siti archeologici in prossimità o nei dintorni degli aerogeneratori;
  • Valuti dell’impatto visivo conseguente all’impianto degli aerogeneratori attraverso il censimento dei siti archeologici localizzati in una fascia di 5 km circa attorno ai due settori del parco eolico

Non può che concordarsi con le puntuali Osservazioni presentate nell’ambito del procedimento di VIA dal Ministero dei Beni e delle attività culturali e del Turismo – Direzione Generale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio – Serv. V e in particolare con le 34 richieste di integrazioni progettuali, che evidenziano non solo le ampie e incolmabili lacune progettuali, ma anche macroscopiche contraddizioni ed omissioni progettuali. In particolare ci si riferisce al continuo confronto istituito dalla Società l’ipotetico Parco di 44 aerogeneratori, progetto che, come detto, non risulta mai approvato, né agli atti dei Ministeri. Il confronto dunque non ha motivo di essere istituito se non con l’opzione zero o soluzioni che localizzino l’impianto in altre zone a minore rischio di impatti ambientali e culturali, come ad esempio le zone industriali già individuate dai Comuni ed interessate da impianti FER.

Non si intende in questa sede entrare nel merito del Documento di valutazione archeologica preventiva, (D.Lgs. 163/06 ss.mm., art. 95, e allegati XXI e XXII) e sulla Relazione paesaggistica, sia perché Amministrazione pubbliche  di grande autorevolezza quali le Soprintendenza si sono già pronunciate, sia perché si attende la eventuale presentazione delle integrazioni progettuali per passare ad un più dettagliato esame ed alla formulazione di ulteriori Osservazioni.

Da una lettura del primo elaborato si rileva che risulta redatto sulla base di una non esaustiva documentazione e di sopralluoghi di superficie limitati al solo areale Core del Parco, di fatto escludendo l’amplissima zona Buffer. Per dare solo una vaga idea del giacimento culturale in presenza del quale ci si ritrova, si rimanda all’elenco dei 26 siti in comune di Bitti e 47 siti in comune di Orune.

Di fronte ad una così cospicua presenza di emergenze monumentale la Società si limita a rinviare le valutazioni degli eventuali impatti e del rischio di rinvenimento archeologico alla fase dell’esecuzione di lavori. In altri termini nel caso di un eventuale ritrovamento durante la fase di realizzazione del progetto si potrà solo procedere ad uno scavo archeologico speditivo ed alla rimozione dei reperti, risultando di fatto impossibile ogni modifica dell’impianto progettuale sia in relazione alla localizzazione del Parco, sia del tracciato dei percorsi.

La incongrua soluzione proposta è che le eventuali misure di mitigazione degli impatti visivi sulle emergenze archeologiche dovrebbero essere valutate dall’archeologo, che seguirà i lavori. Nel Documento di valutazione archeologica si afferma inoltre che la valutazione del rischio archeologico scaturisce da un’analisi visiva con una scala di visibilità da 1 a 5 (schede  MODI ) e nel contempo si sostiene che per  parte dei terreni la copertura vegetativa consentiva una visibilità pari a 0, con conseguente rischio archeologico indeterminato. Si afferma anche che nell’area dove è prevista l’installazione della turbina G5 ed il passaggio del relativo cavidotto sono state riscontrate  tracce di ossidiana, la qual cosa lascerebbe presumere la presenza di abitati protostorici.

La stessa Società nella Sintesi non tecnica valuta che “la probabilità di accadimento di un ritrovamento archeologico” nella esecuzione degli scavi per le fondazioni delle torri e nella realizzazione dei cavidotti delle strade sia “media”, mentre è “alta” tale probabilità nella fase di esecuzione delle opere civili (pag.79, 80, 819). Per quanto concerne gli impatti visivi sui siti archeologici presenti si esprime come di seguito:

In fase di esercizio la presenza degli aerogeneratori durante la fase di funzionamento potrebbe causare un impatto visivo in relazione alla presenza di monumenti nell’area del parco eolico e in una fascia di rispetto di 5 km attorno ad esso. All’interno di questo vasto areale si localizzano in effetti oltre cento siti archeologici, comprendenti domus de janas, nuraghi, villaggi nuragici e siti di età storica. In questo caso l’impatto riferito alla teorica area di influenza può essere definito esteso.

E’ dunque innegabile che l’evento di un ritrovamento archeologico, considerata  l’estensione delle opere, abbia un’alta probabilità di verificarsi e che l’interferenza visiva del Parco interessi un areale di oltre 5 chilometri dalla zona Core. Ciò che preme però evidenziare è il fatto che nelle aree Buffer si ha la piena evidenza della presenza di un vero e proprio giacimento culturale di enorme valenza storica e culturale, un santuario della memoria collettiva non solo delle popolazioni locali ma dell’intera comunità isolana. Si può asserire che in questi luoghi, così come a  Barumini, a Monti Prama, a Santu Antine attecchiscono nei tempi le radici stesse della cultura isolana.

La realizzazione del Parco non deve essere esaminata sotto il profilo probabilistico del verificarsi di un evento, ma come violenza ad un patrimonio identitario unico e condiviso.

A rendere ancor più cruda tale violenza si aggiunga la presenza negli stessi luoghi di numerosi edifici di culto sedi di una religiosità popolare ancora oggi viva e pulsante. Tra i più noti il Santuario di San Francesco in comune di Lula, che ospita un pellegrinaggio a piedi e a cavallo che parte da Nuoro, nonché il santuario della Madonna de su Cossolu, alla periferia di Orune dove si svolge un palio in agosto in occasione della festa della Madonna e lo stesso Santuario di San Matteo, posto ai piedi di Sa Gomoretta. Sono questi i luoghi nei quali le Comunità ritrovano le loro radici più autentiche, che consentono la socializzazione e le risoluzioni pacifiche di quei conflitti che trovano pace solo nell’alveo del sacro.(continua)

*Presidente Italia Nostra Sardegna

**Referente Energia Italia Nostra Sardegna

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