Gli spazi Trans- Mediterranei contemporanei à vol d’oiseau. Una doverosa premessa (III) [di Mario Rino Me]

Attacco-Siria

Nel Mediterraneo Asiatico e nel Vecchio Continente ….

Nel mélange di guerre civili, lotta al terrorismo integralista e guerre per procura, nonché rivendicazioni, si inserisce il revival cinese di quella che è stata definita una riedizione in chiave moderna della Via della Seta, la cosiddetta One Belt one Road (OBOR) che restituisce centralità e pertinenza al Grande Mare.

Questa grande impresa dell’ordine dei 1300 Mld di dollari, lungo le consuete direttrici di intervento “energia-mercati-diaspora[1]” ma anche strutture strategiche, come quelle portuali, oltre ad aprire ulteriormente la Cina al suo continente e al mondo globalizzato, le consentirà di accreditarsi, grazie al peso della sua forza economica, come motore di sviluppo a tutto campo anche, ma non solo, delle economie emergenti (ritorno alle vecchie sfere di influenza?)  nonché potenza globale, e ricolloca il vecchio Impero di Mezzo al centro del mondo col suo Mediterraneo Asiatico[2].

Dunque una Cina in forte crescita anche sul fronte tecnologico delle Intelligenze Artificiali, che inizia a preoccupare oltreoceano.  Di fatto, al 25.°vertice dei Paesi del Pacifico (APEC)  tenutosi a  Da Nang (11 Nov. 2017), il pres. Trump  ha delineato un, invero, vago  concetto di “Indo-Pacifico”: è una denominazione geografica che, oltre all’Asia-Pac (Estremo Oriente e Australia), comprende anche il subcontinente indiano.

Riconducibile a una sorta di partenariato politico economico delle democrazie dell’Indo-Pacifico, può essere interpretato come risposta a tono alla Shangai Cooperation Organisation[3] in quanto, sul piano geo-strategico, ai tradizionali ancoraggi pro-Occidente di Giappone, Filippine e Australia, si viene ad aggiungere l’India: è questa una nuova direttrice per contenere la Cina giocando la carta Indiana e richiamando a sé vecchi alleati come il Pakistan? Al momento la boutade risulta in fase di sviluppo per concretizzarsi, per ora,  nella prospettiva di guerra commerciale con la Cina.

Nel Mediterraneo Asiatico, che contiene una riserva petrolifera seconda rispetto a quella saudita e dove transita 1/3 dei traffici marittimi mondiali, la Cina avanza nelle “dispute arcipelagiche” anche attraverso una nuova superdraga[4], mentre gli USA la punzecchiano con “innocent passages” –dimostrativi, volti a sottolineare il principio della libertà di navigazione- nelle secche di Scarborough contese tra Cina e Filippine.

Vale la penna di ricordare che nel 2016 il Presidente Xi Jinping aveva assicurato di non militarizzare le isole artificiali[5]: oggi l’imagery satellitare dimostra invece l’esistenza di piste per decollo/|atterraggio , nonché apprestamenti e sistemi s’arma da Anti Access/Area Denial, volti a rimuovere  la US Navy dal primo cordone insulare e allontanarla oltre il secondo. Senza poi trascurare le ripercussione della crisi del nucleare Nord-Coreano negli equilibri strategici di quelle parti: nel dubbio, come reagiranno gli altri di fronte a una potenza che ha acquisito lo status nucleare sfidando le Potenze Globali? Nel Mare Nostrum invece la presenza navale cinese si sta consolidando.

Successe così alla vigilia della Prima guerra mondiale con le navi tedesche Goeben e Breslau. Ma i parallelismi, per quanto suggestivi e simbolicamente evocativi, possono essere fuorvianti in contesti differenti. Quanto al  nostro Vecchio Continente, l’Unione Europea, inizia a trovarsi nella condizione di dover fare dei distinguo rispetto a posizioni del suo Alleato principale/ paesi allineati: oltre alla prese di posizione  sul nucleare iraniano, nella conferenza stampa congiunta, di fronte alle argomentazioni del premier Netanyahu, l’Alto Rappresentante Federica Mogherini si è vista costretta a fissare i paletti anche alle pretese sullo status di Gerusalemme[6].

Se queste tendenze continueranno, non vi è dubbio che l’UE  che ha fatto del multilateralismo e dei valori liberali la propria bandiera, si potrà trovare, in futuro, di fronte a scelte difficili, foriere di ulteriori tensioni transatlantiche. Per il momento, le bizzarrie di politica estera hanno visto per la prima volta gli USA isolati nel Consiglio di Sicurezza, non più sul podio dell’autorevolezza e, a quanto pare, il ruolo di arbitro internazionale. Come osserva F. Venturini, “ogni volta che l’America si allontana dagli Alleati Europei é l’Europa a salire un gradino unitario ed é l’America a rivelare le sue profonde divisioni politiche e culturali [7]”.

Sull’UE, debole anche per la cesura con il gruppo orientale del Visegrad (Polonia, Ungheria, Rep Ceca, Slovacchia), ma assurta nel corso Trumpiano a campione dei valori occidentali [8], incombe dunque la responsabilità di rimanerne all’altezza. Ora, di fronte a un orizzonte strategico denso di mutamenti, prospettive e percorsi della costruzione Europea e del suo ruolo internazionale hanno ripreso abbrivio.

Ma anche per noi, che abbiamo fatto dell’Europa il nostro scudo e riferimento per affrontare le sfide globali, il mantenimento del ruolo di attore Mediterraneo comporta un ribilanciamento e scelte anche coraggiose. Nel Mediterraneo Orientale la scoperta delle risorse energetiche (idrocarburi e gas naturale)  da spartirsi tra gli Stati rivieraschi, non ha sortito l’effetto catalizzante di un processo di distensione nel vicinato. Al contrario, essa a riportato a galla l’irrisolta questione turco-cipriota.

Dopo i fatti di Ghouta, che hanno portato la tensione russo-americana a livelli da Guerra fredda, la minaccia di ritorsione  USA, la tradizionale pioggia di missili anticipata coi soliti tweets, deve tener conto di alcune  incognite: attacchi prolungati con  riflessi sull’allargamento del conflitto, oppure  limitati a scopo dimostrativo (che poco incidono sulla volontà del regime Assad), oppure, soluzione, a quanto sembra , prescelta, concentrati e con precisi limiti di ampiezza per evitare il possibile riutilizzo delle  armi e, ancor più, prevenire l’escalation.

Non a caso, dopo il suggerimento del Pentagono per una maggior cautela[9], gli attacchi condotti dalla trojka franco-anglo-americana della notte del 14 aprile,  hanno riguardato centri di ricerca, produzione e stoccaggio delle armi chimiche. Poi, stranamente si sono verificate esplosioni in una base iraniana ad Aleppo (arma fuori controllo?, opportunità da cogliere da qualche altro del vicinato (Israele?)? caso? boh!!!!!).

Nel linguaggio della grammatica della guerra, ora a senso unico, i messaggi sembrano forti e chiari. In effetti, ancor più del passato, i conflitti contemporanei sono condotti su vari registri. Tra questi, in particolare quello dei “cuori e delle anime” combattuto sul fronte della comunicazione delle parole e delle immagini.

Mentre le armi sono ora precise e devastanti, le parole, simbolicamente “pietre”, quando manipolate, diventano nella realtà delle armi chimiche virtuali  per la capacità di trasformarsi in agenti “intossicanti” delle percezioni di massa.  In quel “mondo fluido ed evanescente come il miraggio del deserto” descritto un secolo fa da  F. Nobili Massuero, è apparso evidente che il regime, nonostante gli impegni  del 2014 di cui la Russia si è fatta garante, ha rimesso in piedi la capacità di utilizzare l’arma di effetto massivo più odiosa, per cui  nell’attacco limitato, e nella guerra delle parole, tutti hanno salvato la faccia.

Nel frattempo, nella lontana penisola Coreana, si è passati dalle minacce interpersonali e bellicose alla volontà di dialogo a tu per tu (versione moderna del bilaterale nella rottura degli schemi) : tra USA E Corea del Nord e tra le due Coree, maratone e tessitura diplomatica sono ancora efficaci? La Corea del Nord è davvero pronta, come sembrerebbe, a rinunciare alle armi appena sperimentate? La stessa domanda vale anche per il quadrante mediorientale da cui siamo partiti.(Continua)

 [1]  Lionel Vairon, Lettre Euromed , 73, Janvier 2018

[2] Nelle parole del Premier Xi Jinping al Congresso del PCC  “è tempo di prendere il centro del palcoscenico mondiale”. Eugenio Cau http://www.ilfoglio.it/esteri/2017/10/19/news/xi-annuncia-l-inizio-di-una-nuova-era-e-c-e-da-preoccuparsi-158521/

[3]  Vedi citato saggio autore Il Caleidoscopio del Mediterranei Rivista Marittima Agosto 2017

[4]   http://www.scmp.com/news/china/diplomacy-defence/article/2118359/launch-beijings-new-dredger-may-spark-concerns-renewed

[5]  http://www.linkiesta.it/it/article/2016/09/30/le-isole-artificiali-cinesi-possono-diventare-un-grosso-problema-per-i/31941/

[6]  Francesca Caferri, Gerusalemme capitale, Mogherini a Netanyahu si sbaglia chi crede che l’UE seguirà Trump, La Repubblica 11 Dic. 2017

[7]  Franco Venturini, L’Unità per Reazione, I doni all’ Europa di Trump, Corsera, 10 Dic. 2017.

[8] Editorial , Battle for Western values runs though Poland, New York Times, 10 Jan , 2018

[9] Helene Cooper-Thomas Gibbon-Neff and Peter Baker,  Pentagon Urges Greater Caution on Imminent Strike against Syria, NYT 12 Apr, 2018

*Ammiraglio di Squadra (r)

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