La strana solerzia del Ministero [di Anna Lo Bianco]
Il Giornale dell’Arte online, 23 aprile 2018. Se la questione della denuncia contro Anna Coliva non si fosse ora, con la notizia della sua sospensione dalle funzioni da parte del Ministero, prima di qualunque accertamento, a tal punto ingigantita, tra tragico e ridicolo, non avrei mi pensato di scrivere questa nota. La cosa che più stupisce è l’accanimento del Ministero, con procedura del tutto irrituale e al limite dell’abuso d’ufficio, senza attendere come di regola in questi casi l’esito del processo, senza aver fatto alcuna istruttoria in merito, con un atto affrettato e carente, applicando la gravissima sanzione di sospensione dal servizio per sei (!!!) mesi, mosso solo da una banale e scontata lettera anonima, di quelle che si cestinano dopo un minuto. Proprio nel momento in cui chiude la grande mostra di Bernini, che ha conquistato i visitatori, che è stata considerata dalla critica e dalla stampa come la più bella dell’anno ed ha portato più di 2.500.000 euro di incasso; nel momento in cui si riesce a realizzare uno dei più importanti progetti di ricerca che un Museo italiano abbia intrapreso; in cui si chiude un accordo di sponsorizzazione triennale con un grande gruppo internazionale; al culmine di tutto questo (o forse per tutto questo?) l’ideatrice e realizzatrice di tutto ciò è gettata in pasto alla pubblica opinione come assenteista e passibile di danno all’erario (anche se in 12 anni ha fatto entrare alla Galleria Borghese e quindi allo Stato 12 milioni di euro di sponsorizzazioni, donazioni, sostegni di vario genere). Il discredito che un atto del genere getta su di una istituzione museale così gloriosa e nei confronti di uno dei nostri funzionari più impegnati, che ha raggiunto risultati apprezzati in tutto il mondo, è enorme e potrebbe essere irreparabile. Ovunque si coltivano e si premiano i propri talenti. Pare che il Ministero li ignori o peggio li colpisca. Questa fretta «sanzionatoria» infatti sembrerebbe del tutto strumentale, volta a utilizzare un’accusa davvero risibile per perseguire finalità del tutto diverse da quelle previste dalla legge. Infatti di che cosa la si accusa? Di aver svolto con successo quelle attività necessarie a ottenere i risultati che hanno portato la Galleria Borghese a livelli di qualità e attrattiva riconosciuti a livello internazionale. Come è naturale in ogni altro museo del mondo, sono tutte attività che richiedono qualcosa di più impegnativo e dinamico che stare seduti dietro la propria scrivania, per le poche ore richieste dal contratto del pubblico impiegato. Attività non solo legittime e meritevoli, ma anche regolarmente registrate dal «cartellino» come la prassi d’ufficio imponeva. E altrettanto legittimamente regolata era la frequentazione della palestra, enfatizzata con compiacimento scandalistico: ma ciascuno le proprie ore in esubero e le proprie pause pranzo le usa come vuole: o per «pranzi di lavoro», con siesta annessa; o in palestra. Ci pare insopportabile vederla assimilata ai «furbetti del cartellino». Forse il rigore nell’esercitare i propri doveri di direzione e di controllo, in prima istanza verso sé stessa, può aver provocato ovvie ritorsioni. Certo, per avere giustizia, bisogna attendere che l’autorità faccia i propri accertamenti, anche se si poteva auspicare che non si arrivasse a un processo per constatare legittimità e correttezza di un lavoro integralmente dedicato al pubblico e perciò specchiato, proprio in quanto destinato alla soddisfazione dei visitatori e verificabile da parte di tutti. È davvero difficile far coincidere l’immagine di Anna Coliva con quella di una assenteista, considerando il ritmo inesauribile della sua produzione espositiva e i risultati della sua cura organizzativa. L’intensità di mostre e di attività culturali della Galleria Borghese negli anni in cui Anna Coliva la ha diretta non ha avuto eguali nei musei italiani e per questo ha ricevuto, dall’estero, encomi e onorificenze. Conosciamo tutti la sua continua presenza e disponibilità, ben oltre i rigidi orari d’ufficio, in qualunque momento sia necessario, comprese domeniche e festività varie. Sono stata direttore della Galleria Nazionale di Arte Antica di Palazzo Barberini per dieci anni liberando il palazzo dal famoso circolo degli ufficiali, allargando il museo su tre piani con oltre cinquecento opere esposte e un numero di visitatori triplicato negli anni. Per avere questi risultati mi sono sempre mossa liberamente, nella piena attuazione di condivisi dai miei superiori e nel rispetto delle regole, organizzando i miei tempi nell’arco della giornata, tenendo conto solo dei risultati da raggiungere. Ancora aspetto la lettera del Ministero di commiato e ringraziamento che anche Berlusconi scriveva alle sue impiegate della Standa. Noi siamo certi che Anna Coliva stia onorando il suo ruolo, il museo che dirige e il suo Paese e non vogliamo che lo sconcertante seguito dato a anonime ritorsioni e la successiva strumentalizzazione della «sospensione» contrasti una attività che procura grande soddisfazione e orgoglio. Noi che sappiamo che è buona norma di civiltà gettare subito nel cestino le lettere anonime che sono la più frequente ritorsione contro chi svolga rigorosamente i propri doveri di direzione e di controllo, lo auspichiamo con sincera solidarietà.
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