Memorandum 50. Ecco il Disegno di legge sul governo del territorio approvato il 16 marzo del 2017 dalla Giunta Pigliaru [di Redazione]

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www.sardegnasoprattutto.com  8 aprile 2017.

Pubblichiamo quella che semplicisticamente viene ormai chiamata Legge urbanistica, approvata il 16 marzo dalla giunta Pgliaru, e che sta suscitando un profondo dibattitto tra le associazioni ambientalistiche e nell’opinione pubblica. Si interrogano se davvero il Disegno di legge punti  “sulla qualità paesaggistica e ambientale, che è la nostra ricchezza” , come ha affermato il presidente della Regione Francesco Pigliaru (Ansa), o se cerchi di cancellare definitivamente, dietro un cumulo di commi e sottocommi, quella sopravvissuta nelle coste e non solo. Chiunque, se vuole, può intervenire con un suo contributo firmato scrivendo a sardegnasoprattutto@gmail.com. Una legge che condizionerà la vita di molte generazioni a venire deve vedere il coinvolgimento diretto di tutta la comunità regionale. (NdR).

Titolo I. Disposizioni generali

Capo I. Principi e finalità

Art. 1 Oggetto

Art. 2 Principi della pianificazione

Art. 3 Finalità della pianificazione

 

Capo II. Soggetti e atti di programmazione e governo del territorio

Art. 4 Soggetti della pianificazione e programmazione territoriale

Art. 5 Atti di programmazione del territorio

Art. 6 Atti di governo del territorio

Art. 7 Ulteriori atti di governo del territorio

Art. 8 Forma degli atti di governo del territorio

Capo III. Forme di cooperazione e copianificazione

Art. 9 Accordi di pianificazione

Art. 10 Conferenza di copianificazione

Art. 11 Accordi di programma

Capo IV. Organi e strumenti a supporto della pianificazione

Art. 12 Commissione regionale per il paesaggio

Art. 13 Osservatorio regionale per la qualità del paesaggio e per il monitoraggio delle trasformazioni del territorio

Art. 14 Sistema informativo territoriale regionale (SITR)

Art. 15 Cartografia degli atti di governo del territorio

Art. 16 Contributi regionali

Art. 17 Ulteriori forme di supporto per la formazione degli atti di governo del territorio

Capo V. Disposizioni comuni agli atti di governo del territorio

Art. 18 Processo di pianificazione

Art. 19 Disposizioni generali per la valutazione ambientale strategica degli atti di governo del territorio e loro varianti

Art. 20 Semplificazione degli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica

Art. 21 Atti di indirizzo e coordinamento

Art. 22 Misure di salvaguardia e cautelari

Capo VI. La partecipazione dei privati alle scelte pianificatorie

Art. 23 Accordi di pianificazione con i privati

Art. 24 Informazione e partecipazione

Art. 25 Dibattito pubblico per le opere di rilevante impatto

Capo VII. Perequazione, compensazione e incrementi volumetrici

Art. 26 Perequazione urbanistica

Art. 27 Compensazione urbanistica

Art. 28 Perequazione e compensazione territoriale

Art. 29 Incrementi volumetrici per interventi in materia di efficientamento energetico degli edifici Art. 30 Incrementi volumetrici dell’edificato esistente per la riduzione del nuovo consumo di suolo Art. 31 Incrementi volumetrici per interventi di riqualificazione e miglioramento della qualità architettonica degli edifici a destinazione turistico ricettiva

Art. 32 Rinnovo del patrimonio edilizio con interventi di demolizione e ricostruzione

Art. 33 Riqualificazione dei contesti paesaggistici e ambientali compromessi

Art. 34 Registro dei diritti edificatori

Titolo II. Gli atti di programmazione e governo del territorio

Capo I. Gli atti di programmazione della Regione e della città metropolitana

Art. 35 Programma regionale di sviluppo Art. 36 Piano strategico triennale della città metropolitana Art. 37 Procedura di approvazione del Piano strategico triennale della città metropolitana

Capo II. Gli atti di pianificazione regionale Art. 38 Il Piano paesaggistico regionale

Art. 39 Procedure per l’approvazione del Piano paesaggistico regionale

Art. 40 Modifiche del Piano paesaggistico regionale non costituenti variante

Art. 41 Aggiornamento del Piano paesaggistico regionale

Art. 42 Verifica e adeguamento del Piano paesaggistico regionale

Art. 43 Programmi e progetti ecosostenibili di grande interesse sociale ed economico

Art. 44 Adeguamento degli strumenti di pianificazione al Piano paesaggistico regionale

Art. 45 Intervento sostitutivo per il mancato adeguamento della pianificazione urbanistica al Piano paesaggistico regionale primo ambito omogeneo

Capo III. Pianificazione urbanistica a scala locale

Art. 46 Piano urbanistico comunale o intercomunale

Art. 47 Gli elaborati del Piano Urbanistico

Art. 48 Procedura di approvazione del Piano urbanistico comunale

Art. 49 Procedura di approvazione del Piano Urbanistico intercomunale

Art. 50 Varianti e revisioni del Piano urbanistico comunale e intercomunale

Art. 51 Procedure per l’approvazione delle varianti del Piano Urbanistico comunale e intercomunale Art. 52 Intervento sostitutivo per la mancata approvazione del Piano Urbanistico

Art. 53 Decadenza dai vincoli

Capo IV. Piani attuativi

Art. 54 Piani attuativi

Art. 55 Contenuto dei piani attuativi

Art. 56 Attuazione mediante bando di gara dei nuovi interventi

Art. 57 Attuazione mediante proposta di iniziativa privata dei nuovi interventi.

Art. 58 Procedimento di formazione dei piani attuativi

Art. 59 Convenzione urbanistica

Art. 60 Validità dei piani attuativi

Art. 61 Mancata attuazione dei piani attuativi

Art. 62 Varianti non sostanziali ai piani attuativi

Art. 63 Interventi edilizi in assenza in piano attuativo

Art. 64 Piani attuativi e interventi sostitutivi

Art. 65 Albo dei commissari ad acta

Art. 66 Piano particolareggiato del centro di antica e prima formazione

Art. 67 Piano attuativo di edilizia residenziale sociale

Art. 68 Piano di utilizzo dei litorali

 

Titolo III. Contenuti della pianificazione

Capo I. Gli ambiti urbanizzati

Art. 69 Ambito urbanizzato

Art. 70 Disposizioni per la rigenerazione e la riqualificazione degli ambiti consolidati

Art. 71 Attuazione delle politiche di rigenerazione e riqualificazione urbana

Art. 72 Disposizioni per gli ambiti urbanizzati per attività produttive

Capo II. Gli ambiti rurali

Art. 73 Ambiti rurali

Art. 74 Obiettivi della pianificazione degli ambiti rurali

Art. 75 Classificazione dei suoli

Art. 76 Interventi ammessi negli edifici esistenti all’interno dell’ambito rurale

Art. 77 Insediamenti rurali storici o consolidati ed edificato residenziale diffuso

Art. 78 Aree d’insediamento produttivo di interesse storico culturale all’interno dell’ambito rurale Art. 79 Nuovi edifici a destinazione residenziale all’interno dell’ambito rurale

Art. 80 Edifici strumentali alla produzione agricola

Art. 81 Interventi edilizi per il turismo rurale

Art. 82 Interventi edilizi per il turismo sostenibile all’interno dell’ambito rurale

Art. 83 Disposizioni finalizzate ad assicurare la qualità del territorio rurale

Capo III. Gli ambiti di salvaguardia ambientale

Art. 84 Ambiti di salvaguardia ambientale

Capo IV. Gli ambiti suscettibili di nuova urbanizzazione

Art. 85 Ambiti di potenziale trasformabilità

Art. 86 Pianificazione degli ambiti di potenziale trasformabilità

Art. 87 Compensazione ecologica preventiva

Art. 88 Disposizioni per le aree produttive ecologicamente attrezzate

Capo V. Capacità insediativa, dotazioni territoriali e parametri urbanistico edilizi

Art. 89 Determinazione dei fabbisogni quantitativi per le varie tipologie di intervento

Art. 90 Dotazioni territoriali essenziali

Art. 91 Impianti, reti tecnologiche e infrastrutture

Art. 92 Strutture e spazi, pubblici e ad uso pubblico, per servizi sociali

Art. 93 Concorso nella realizzazione delle dotazioni territoriali

Art. 94 Parametri urbanistico edilizi per gli ambiti urbanizzati e di trasformabilità a destinazione prevalentemente residenziale

Capo VI. Ulteriori norme per la formazione dei piani

Art. 95 Fasce e zone di rispetto a tutela della sicurezza e dell’incolumità

Art. 96 Fascia di rispetto a tutela dei territori costieri, dei fiumi e dei laghi

Art. 97 Fasce di rispetto a tutela dei corpi idrici

Art. 98 Vincolo idrogeologico

Titolo IV. Ulteriori atti di governo del territorio

Art. 99 Piano aeroportuale

Art. 100 Piano regolatore del porto di interesse regionale

Art. 101 Varianti tecnico funzionali al Piano regolatore del porto di interesse regionale

Art. 102 Localizzazione e ampliamento dei porti di interesse regionale

Art. 103 Piano delle aree industriali di dimensione sovra comunale

Art. 104 Piano del parco e piano delle riserve naturali

Titolo V. Disposizioni transitorie e finali

Art. 105 Attuazione degli strumenti urbanistici vigenti

Art. 106 Conclusione dei procedimenti in itiner
Referer: http://www.sardegnasopo della disciplina urbanistica locale

Art. 108 Rinvio

Art. 109 Abrogazioni e sostituzioni

Art. 110 Clausola valutativa

Art. 111 Modifiche legislative in materia di governo del territorio

Art. 112 Norma finanziaria

Art. 113 Entrata in vigore

Allegato A. Parametri urbanistico edilizi

Art. A.1 Parametri urbanistico edilizi per gli ambiti urbanizzati e di trasformabilità a destinazione prevalentemente residenziale nei comuni con oltre 25.000 abitanti

Art. A.2 Parametri urbanistico edilizi per gli ambiti urbanizzati e di trasformabilità a destinazione prevalentemente residenziale nei comuni da 5.001 e 25.000 abitanti

Art. A.3 Parametri urbanistico edilizi per gli ambiti urbanizzati e di trasformabilità a destinazione prevalentemente residenziale nei comuni sino a 5.000 abitanti

Art. A.4 Determinazione del fabbisogno quantitativo per gli ambiti di interesse turistico

Art. A.5 Parametri urbanistico edilizi per gli ambiti urbanizzati e di trasformabilità a destinazione produttiva

Art. A.6 Parametri urbanistico edilizi per gli esercizi di vicinato

Art. A.7 Parametri urbanistico edilizi per gli edifici in ambito rurale

Art. A.8 Distanze da rispettare per gli edifici strumentali alla produzione agricola

Art. A.9 Ulteriori parametri urbanistico edilizi

Art. A.10 Disposizioni per la qualità negli insediamenti turistici

Art. A.11 Disposizioni per la qualità negli insediamenti produttivi

Art. A.12 Definizioni

Allegato B Superficie minima di intervento (SMI) per coltura e allevamento

Titolo I. Disposizioni generali

Capo I. Principi e finalità

Art. 1 Oggetto 1. Nel rispetto della Costituzione e in attuazione dell’articolo 3, primo comma, lettera f), della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna) e relative norme di attuazione, la presente legge detta norme in materia di governo del territorio, definisce gli strumenti della pianificazione territoriale, paesaggistica e urbanistica, e disciplina le procedure di approvazione degli stessi..

Art. 2 Principi della pianificazione

  1. Nell’attuazione della presente legge la Regione e gli enti locali operano nel rispetto del principio della leale collaborazione e favoriscono il coinvolgimento e la partecipazione dei cittadini, singoli e associati.
  2. Le attività di pianificazione sono informate al rispetto dei principi di sussidiarietà, differenziazione, adeguatezza, semplificazione, efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa.
  3. La Regione garantisce il coordinamento tra i differenti livelli di pianificazione, attraverso modalità di pianificazione condivise e tra loro coerenti e promuove, in considerazione degli elevati livelli di interdipendenza degli enti locali nella gestione del governo del territorio, la pianificazione intercomunale al fine di favorire l’attuazione di politiche comuni.

Art. 3 Finalità della pianificazione

  1. La Regione, i comuni e loro forme associative nell’esercizio delle funzioni in materia di pianificazione ad essi attribuite dalla presente legge, perseguono le seguenti finalità:
  2. a) il coerente uso e governo del territorio, inteso come l’insieme delle attività che concorrono a indirizzare, pianificare e programmare i diversi usi e trasformazioni;
  3. b) l’adeguamento della pianificazione territoriale ai principi di tutela e valorizzazione del paesaggio, anche con finalità di sviluppo territoriale sostenibile, nel rispetto dell’articolo 133 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137) e successive modifiche ed integrazioni;
  4. c) la tutela del territorio dal dissesto idrogeologico anche a garanzia della sicurezza delle popolazioni;
  5. d) la tutela dei territori costieri, del paesaggio rurale, montano e delle aree di importanza naturalistica;
  6. e) la tutela e la valorizzazione delle identità storico-culturali degli insediamenti urbani ed extraurbani, attraverso la riqualificazione e il recupero edilizio ed ambientale degli aggregati esistenti, con particolare riferimento alla salvaguardia e valorizzazione degli insediamenti storici e dei centri minori dell’interno a rischio di spopolamento;
  7. f) la tutela dell’integrità fisica e dell’identità culturale del territorio, anche mediante un sistema informativo territoriale unificato e accessibile, al fine di disporre di quadri conoscitivi raffrontabili e interoperabili;
  8. g) il contenimento del consumo di suolo, inteso come l’incremento della superficie oggetto di impermeabilizzazione del suolo, determinato da interventi di copertura artificiale e scavo non connessi all’attività agricola, in quanto risorsa non rinnovabile, attribuendo la priorità al riuso e alla rigenerazione edilizia negli ambiti già trasformati e riducendo la pressione urbana degli insediamenti sui sistemi naturali e ambientali;
  9. h) l’efficiente protezione delle risorse naturali e la mitigazione degli effetti antropici sul clima, nell’ottica della sostenibilità ambientale in coerenza con le priorità stabilite dall’Unione Europea e dai protocolli internazionali;
  10. i) lo sviluppo di un sistema insediativo equilibrato e policentrico, promuovendo inoltre la massima integrazione tra le diverse vocazioni territoriali della regione;
  11. j) il conseguimento di più elevati livelli di qualità architettonica, edilizia ed insediativa, della diffusione dell’attività edilizia sostenibile e dell’efficienza energetica e resilienza delle costruzioni;
  12. k) il coordinamento delle dinamiche del territorio regionale con le politiche di sviluppo regionali, nazionali ed europee;
  13. l) la partecipazione democratica ai processi decisionali;
  14. m) la riduzione al minimo dei rischi derivanti dai cambiamenti climatici e aumentare la resilienza dei sistemi antropici e naturali.

Capo II. Soggetti e atti di programmazione e governo del territorio

Art. 4 Soggetti della pianificazione e programmazione territoriale

  1. Le funzioni in materia di pianificazione territoriale sono esercitate, nell’ambito delle rispettive competenze, dalla Regione, dai comuni e loro forme associative secondo i principi di collaborazione istituzionale, sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza.
  2. Sono riconosciute funzioni di pianificazione e programmazione alla città metropolitana e agli ulteriori soggetti indicati al Titolo IV della presente legge.

Art. 5 Atti di programmazione del territorio

  1. Sono atti di programmazione del territorio, finalizzati a definire le strategie e gli obiettivi generali e specifici che si intendono perseguire per lo sviluppo economico e sociale del territorio:
  2. a) il Programma regionale di sviluppo, predisposto e approvato dalla Regione ai sensi dell’articolo 2 della legge regionale 2 agosto 2006, n. 11 (Norme in materia di programmazione, di bilancio e di contabilità della Regione autonoma della Sardegna. Abrogazione della legge regionale 7 luglio 1975, n. 27, della legge regionale 5 maggio 1983, n. 11 e della legge regionale 9 giugno 1999, n. 23);
  3. b) il Piano strategico territoriale della città metropolitana (PSTCM), predisposto e approvato dalla città metropolitana.

Art. 6 Atti di governo del territorio

  1. Ai fini della presente legge per atti di governo del territorio si intende l’insieme degli strumenti di indirizzo e pianificazione territoriale, paesaggistica e urbanistica, volti a tutelare il territorio, a regolarne l’uso e i processi di trasformazione.
  2. Gli atti di governo del territorio sono adottati nel rispetto delle previsioni contenute nella presente legge e nella normativa vigente in materia urbanistica, edilizia e paesaggistica, in conformità e coerenza alle disposizioni pianificatorie sovraordinate e, ove previsto, in coerenza con gli atti di definizione delle scelte strategiche e degli accordi di pianificazione coinvolgenti più enti.
  3. Sono atti di governo del territorio:
  4. a) il Piano paesaggistico regionale (PPR) predisposto e approvato dalla Regione;
  5. b) il Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico del bacino unico regionale (PAI) predisposto e approvato dalla Regione;
  6. c) il Piano di gestione del rischio alluvioni (PGRA)
  7. d) il Piano urbanistico comunale (PUC) o intercomunale (PUIC), predisposto e approvato dal comune o dalle forme associative dei comuni;
  8. e) i piani attuativi, comunque denominati, predisposti o comunque approvati dai comuni e dalle loro forme associative;
  9. f) le varianti ai piani indicati previsti dalla lettera a) alla lettera e).
  1. La Regione predispone e approva i piani di propria competenza nel rispetto della legge costituzionale n. 3 del 1948 e relative norme di attuazione, della Costituzione e delle norme fondamentali di riforma economico-sociale contenuti nelle norme statali, dei principi e secondo le finalità di cui al capo I, nonché delle ulteriori disposizioni della presente legge.
  2. I comuni e loro forme associative predispongono e approvano i piani di rispettiva competenza nel rispetto delle previsioni contenute nella presente legge, nelle ulteriori norme in materia paesaggistica, urbanistica ed edilizia, in conformità alle disposizioni pianificatorie sovraordinate e in coerenza con gli atti di governo del territorio degli altri livelli istituzionali.

Art. 7 Ulteriori atti di governo del territorio

  1. Sono, altresì, atti di governo del territorio gli atti comunque denominati che incidono sull’assetto del territorio, comportando variazioni agli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica vigenti.
  2. Tra gli ulteriori atti di governo del territorio sono ricompresi:
  3. a) i piani regolatori portuali per i porti di rilevanza economica internazionale, nazionale, interregionale e regionale adottati e approvati dalla Regione secondo le disposizioni vigenti;
  4. b) i piani dei porti turistici o da diporto predisposti dai comuni e approvati dalla Regione;
  5. c) i piani delle aree e dei nuclei di sviluppo industriale predisposti dai Consorzi di sviluppo industriale e approvati dai comuni o dalla Regione;
  6. d) i piani di settore approvati dalla Regione e dai comuni, in forma singola o associata;
  7. e) gli accordi di programma;
  8. f) gli atti conclusivi delle conferenze di servizi approvati dall’amministrazione procedente che, secondo le vigenti disposizioni, comportano variazione agli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica.
  9. Tutti gli atti di governo del territorio si conformano alle prescrizioni del PPR e contengono una relazione di coerenza con il PPR medesimo.

Art. 8 Forma degli atti di governo del territorio

  1. Gli atti di governo del territorio sono predisposti nel rispetto delle regole tecniche per la formazione, gestione e conservazione dei documenti informatici di cui al decreto del presidente del Consiglio dei Ministri 13 novembre 2014 (Regole tecniche in materia di formazione, trasmissione, copia, duplicazione, riproduzione e validazione temporale dei documenti informatici nonché di formazione e conservazione dei documenti informatici delle pubbliche amministrazioni ai sensi degli articoli 20, 22, 23-bis, 23-ter, 40, comma 1, 41, e 71, comma 1, del Codice dell’amministrazione digitale di cui al decreto legislativo n. 82 del 2005) e delle ulteriori regole tecniche emanate in attuazione del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 (Codice dell’amministrazione digitale).
  2. Gli atti di governo del territorio sono pubblicati in formato integrale sui siti internet istituzionali degli enti competenti alla loro elaborazione e approvazione.

Capo III. Forme di cooperazione e copianificazione

Art. 9 Accordi di pianificazione

  1. La Regione, i comuni e loro forme associative, nonché gli ulteriori soggetti competenti alla formazione degli atti di pianificazione, qualora si renda necessario, e nel rispetto delle disposizioni della presente legge, promuovono la conclusione di appositi accordi di pianificazione.
  2. Gli accordi sono conclusi al fine di coordinare gli atti di pianificazione che richiedono un’analisi unitaria delle invarianti e la definizione di indirizzi condivisi., in considerazione della sostanziale omogeneità dei territori, della contiguità insediativa, della stretta integrazione e interdipendenza degli assetti insediativi, economici e sociali, storico-culturali.
  3. Gli accordi possono essere conclusi anche qualora si renda necessario il coordinamento tra l’approvazione di un nuovo strumento di pianificazione e la variazione di uno strumento vigente, le cui modifiche sono definite consensualmente dagli enti interessati.
  4. Per la definizione degli accordi di pianificazione si applicano le disposizioni in materia di conferenza di servizi di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modifiche e integrazioni, in quanto compatibili, che si conclude con la stipulazione di un’intesa, le cui condizioni e prescrizioni hanno carattere vincolante e costituiscono il riferimento per la definizione del progetto di piano e per la variazione degli strumenti vigenti.
  5. Gli accordi di pianificazione possono essere conclusi anche per l’esercizio delle funzioni di pianificazione in forma associata, con conseguente predisposizione e approvazione dei piani urbanistici intercomunali.
  6. All’interno dei propri atti di pianificazione o con deliberazione della Giunta regionale, la Regione può individuare gli elementi e i sistemi territoriali per i quali è richiesta la preventiva conclusione di accordi di pianificazione per concordare obiettivi e scelte strategiche comuni o per definire scelte strategiche di rilievo sovra comunale.
  7. L’accordo di pianificazione ha il fine di definire l’insieme degli elementi costituenti il parametro delle scelte pianificatorie e in particolare di dettagliare con i successivi atti di pianificazione:
  8. a) la struttura del territorio attraverso l’individuazione degli ambiti intercomunali di paesaggio, la consistenza, la localizzazione e la vulnerabilità delle risorse naturali ed antropiche presenti nel territorio; b) i sistemi di relazioni territoriali, i sistemi infrastrutturali e funzionali e l’insieme dei vincoli gravanti sul territorio, valutando e indicando le soglie di criticità;
  9. c) il quadro conoscitivo e programmatorio di riferimento per lo sviluppo economico e sociale sostenibile, anche sulla base delle proposte derivanti dalla partecipazione di cittadini singoli o associati e tenuto conto degli atti di programmazione e di pianificazione regionale;
  10. d) i fabbisogni insediativi, che potranno essere soddisfatti dal Piano urbanistico intercomunale o dai singoli piani urbanistici comunali attraverso la sostituzione dei tessuti insediativi esistenti, ovvero attraverso la loro riorganizzazione, addensamento o riqualificazione;
  11. e) i fabbisogni che richiedono il consumo di nuovo territorio, non sussistendo alternative insediative nell’ambito del territorio già urbanizzato;
  12. f) i principali processi di sviluppo e scenari di crisi in riferimento agli usi attuali del territorio, alle attività socio-economiche insediate o insediabili, delineando le potenziali relazioni e coerenze con la struttura paesaggistica e territoriale;
  13. g) i limiti e le condizioni di sostenibilità degli interventi e delle trasformazioni pianificabili, privilegiando la riqualificazione dell’esistente, la minimizzazione del consumo del suolo in coerenza con l’utilizzazione ottimale delle risorse territoriali, paesaggistiche, ambientali ed energetiche;
  14. h) le infrastrutture e le attrezzature di maggiore rilevanza, per dimensione e funzione. 8. Le indicazioni dell’accordo di pianificazione costituiscono riferimenti di massima circa l’assetto insediativo e infrastrutturale del territorio, la cui puntuale definizione e specificazione è operata dal Piano urbanistico intercomunale o dai singoli piani urbanistici comunali o dai piani di settore.

Art. 10 Conferenza di copianificazione

  1. La conferenza di copianificazione è la sede in cui gli enti competenti si esprimono sugli atti di governo del territorio di competenza dei comuni, anche in forma associativa, al fine di:
  2. a) verificare il rispetto delle previsioni della presente legge e della normativa vigente in materia urbanistica edilizia e paesaggistica;
  3. b) verificare l’adeguamento e la conformità agli strumenti di pianificazione sovraordinati o agli altri atti adottati a tutela di rilevanti interessi pubblici in materia di paesaggio, ambiente, beni culturali, pericolosità e rischio idrogeologico, adattamento ai cambiamenti climatici;
  4. c) verificare la conformità ad altri atti di pianificazione, anche di settore, che individuino aree da tutelare per le peculiarità in tema di tradizioni agroalimentari locali, biodiversità e paesaggi rurali, o destinate alla localizzazione di infrastrutture di rilevanza sovracomunale;
  5. d) esprimere le valutazioni in merito agli aspetti connessi alla valutazione ambientale strategica;
  6. e) esprimere le valutazioni in merito agli aspetti connessi alla valutazione di incidenza ambientale;
  7. f) assicurare il coordinamento delle politiche territoriali con le politiche dell’Unione Europea, statali e regionali.
  8. La presente legge disciplina le finalità delle conferenze di copianificazione, distinguendo funzioni ed effetti della partecipazione degli enti coinvolti in ragione delle fasi del processo di approvazione degli atti di governo del territorio.
  9. Nella prima seduta della conferenza di copianificazione è approvata la calendarizzazione delle sedute successive e l’organizzazione dei lavori, che tiene conto delle interrelazioni tra le valutazioni di competenza dei vari enti coinvolti.
  10. Alla conferenza partecipano il soggetto che svolge la funzione pianificatoria, la Regione, il Ministero per i beni e le attività culturali e turismo, nelle ipotesi di conformazione e adeguamento alle previsioni della pianificazione paesaggistica, le amministrazioni o enti pubblici la cui partecipazione sia necessaria ai fini della valutazione ambientale, nonché gli ulteriori soggetti invitati dal proponente.
  11. In sede di conferenza di copianificazione i partecipanti si esprimono attraverso indicazioni preliminari, pareri, nulla osta o atti di assenso comunque denominati e previsti dalle vigenti disposizioni.
  12. Le valutazioni espresse ai sensi del comma 1 nelle ipotesi di cui alle lettere a), b), c), d) ed e) sono vincolanti.
  13. Il verbale della conferenza di copianificazione, contenente l’acquisizione di intese, concerti, pareri, nulla osta e atti di assenso comunque denominati previsti dalla legislazione vigente e rilasciati dalle amministrazioni pubbliche nella conferenza di copianificazione, sostituisce le procedure di acquisizione degli atti per la formalizzazione di intese e concerti e di rilascio di nulla osta, autorizzazioni e assensi.

Art. 11 Accordi di programma

  1. La Regione, la città metropolitana, i comuni e loro forme associative possono stipulare, anche con altri soggetti pubblici e con l’eventuale partecipazione di soggetti privati, accordi di programma per la definizione e l’attuazione di opere, di interventi o di programmi di intervento che richiedonol’azione integrata e coordinata di due o più soggetti per la loro completa realizzazione,.
  2. La conclusione dell’accordo è promossa dal Presidente della Regione o dal sindaco, quale soggetto titolare della competenza primaria o prevalente sull’opera, sugli interventi o sui programmi di intervento, che indice una conferenza di servizi finalizzata alla definizione del contenuto dell’accordo ed alla sua approvazione.
  3. La conferenza di servizi ha ad oggetto:
  4. a) la definizione del calendario dei lavori, delle modalità partecipazione alle sedute e dei tempi di conclusione che tengono conto dei termini previsti dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale) e successive modifiche e integrazioni;
  5. b) la verifica di conformità urbanistica della localizzazione dell’opera come rappresentata negli elaborati dello studio di fattibilità o del progetto preliminare e, in mancanza della conformità, la definizione delle iniziative da assumere;
  6. c) la determinazione dei tempi per la progettazione definitiva e degli adempimenti istruttori per l’approvazione del progetto;
  7. d) l’esame del progetto definitivo, finalizzato all’espressione dell’assenso preliminare all’accordo, corredato da uno specifico studio degli effetti sul sistema ambientale e territoriale e delle misure necessarie per l’inserimento nel territorio, integrativo della valutazione di sostenibilità ambientale e territoriale dell’opera, intervento o programma di intervento, nonché, nell’ipotesi di non ricorrenza della conformità urbanistica, dagli elaborati relativi alla variazione degli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica;
  8. e) l’acquisizione delle intese, nulla-osta, autorizzazioni, pareri o altri atti di assenso necessari, ivi inclusi il parere motivato dell’autorità competente in materia ambientale in merito alla verifica di assoggettabilità alla valutazione ambientale strategica, alla valutazione ambientale strategica, alla valutazione di incidenza ambientale, e i provvedimenti di verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale, alla valutazione di impatto ambientale;
  9. f) la richiesta di pubblicazione degli elaborati, della conseguente variante urbanistica, delle eventuali condizioni poste dalla conferenza;
  10. g) l’esame delle osservazioni e delle proposte formulate a seguito dei processi partecipativi e di consultazione;
  11. h) l’approvazione dell’accordo di programma, tenendo conto delle osservazioni e proposte presentate, recependo le prescrizioni apposte dalle autorità competenti.
  12. La proposta di accordo, corredata dallo studio e dagli elaborati progettuali, è depositata presso le sedi degli enti partecipanti all’accordo e pubblicata sui relativi siti internet istituzionali, dell’avviso di deposito è data pubblicità sul BURAS, anche ai fini di cui al decreto legislativo n. 152 del 2006.
  13. Entro il termine di sessanta giorni dall’avviso di deposito di cui al comma 4 enti, organismi pubblici, associazioni economiche e sociali, singoli cittadini e portatori di interessi diffusi possono formulare osservazioni e proposte.
  14. Nei sessanta giorni successivi alla scadenza del termine per la presentazione delle osservazioni, il Presidente della Regione o il sindaco convoca i soggetti interessati per la conclusione e sottoscrizione dell’accordo, che esprimono le proprie determinazioni, tenendo conto anche delle osservazioni o delle proposte presentate e verificando il previo recepimento delle prescrizioni apposte dalle autorità competenti.
  15. Ai fini dell’espressione dell’assenso preliminare e definitivo all’accordo, i rappresentanti degli enti coinvolti sono muniti di delega espressa da parte dell’organo istituzionalmente competente, al fine di attribuire all’approvazione dell’accordo l’effetto di variante degli strumenti urbanistici vigenti.
  16. L’accordo è raggiunto con il consenso unanime del Presidente della Regione, dei Sindaci e degli altri soggetti coinvolti, è sottoscritto nel corso della conferenza di servizi, ed è pubblicato, oltre che nei siti internet istituzionali degli enti interessati, nel BURAS.
  17. L’accordo produce i suoi effetti dal giorno della pubblicazione nel BURAS e, ove previsto, ha valore di dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza delle opere in esso ricomprese.

Capo IV. Organi e strumenti a supporto della pianificazione

Art. 12 Commissione regionale per il paesaggio

  1. In attuazione dell’articolo 137 del decreto legislativo n. 42 del 2004 è istituita la commissione regionale per il paesaggio, con il compito di formulare ed inviare alla Regione le proposte per la dichiarazione di notevole interesse pubblico degli immobili e delle aree di cui all’articolo 136 del decreto legislativo n. 42 del 2004.
  2. Oltre ai membri di diritto della commissione fanno parte quattro esperti con qualificata, pluriennale e documentata professionalità ed esperienza nella tutela del paesaggio, scelti dalla Giunta regionale nell’ambito di terne designate:
  3. a) dalle Università degli Studi di Cagliari e di Sassari;
  4. b) dagli ordini professionali i cui iscritti siano competenti nella tutela del paesaggio;
  5. c) dalle fondazioni aventi per statuto finalità di promozione e tutela del patrimonio culturale e dalle associazioni portatrici di interessi diffusi individuate ai sensi delle vigenti disposizioni di legge in materia di ambiente e danno ambientale.
  6. Ai fini della ricezione delle terne designate è pubblicato apposito avviso, con assegnazione di un termine congruo. Decorso il termine fissato nell’avviso, in caso di mancata designazione delle terne, la Giunta regionale procede autonomamente.
  7. La Giunta regionale nomina la commissione con propria deliberazione entro centoottanta giorni dal suo insediamento.
  8. La commissione dura in carica per l’intera legislatura ed è presieduta dal direttore generale competente in materia di governo del territorio dell’amministrazione regionale, membro di diritto previsto dall’articolo 137, comma 2 del decreto legislativo n. 42 del 2004, o da un suo delegato.
  9. Per le dichiarazioni di notevole interesse pubblico paesaggistico e le verifiche e gli aggiornamenti delle stesse trova applicazione il procedimento disciplinato dagli articoli 138, 139, 140, 141 e 141-bis del decreto legislativo n. 42 del 2004.

Art. 13 Osservatorio regionale per la qualità del paesaggio e per il monitoraggio delle trasformazioni del territorio

  1. Ai sensi dell’articolo 133 del decreto legislativo n. 42 del 2004 e nel rispetto della Convenzione europea del paesaggio, firmata a Firenze il 20 ottobre 2000 è istituito l’Osservatorio regionale della qualità del paesaggio per il monitoraggio delle trasformazioni del territorio.
  2. L’Osservatorio è una struttura specialistica con funzioni di studio e ricerca in materia di pianificazione paesaggistica e territoriale e di promozione della salvaguardia e della riqualificazione dei caratteri connotativi dei paesaggi della Sardegna.
  3. L’Osservatorio regionale svolge le seguenti funzioni:
  4. a) cura le relazioni con l’Osservatorio nazionale e con gli osservatori del paesaggio locali;
  5. b) sviluppa analisi e metodologie di valutazione dei valori paesistici;
  6. c) formula proposte per il perseguimento della qualità paesaggistica e definisce orientamenti sulle politiche di riqualificazione paesaggistica, utili anche a fornire strumenti per l’attuazione degli interventi di trasformazione territoriale nel rispetto del contesto paesaggistico di riferimento;
  7. d) promuove e organizza attività di sensibilizzazione, culturali, scientifiche, di formazione e di educazione;
  8. e) monitora periodicamente in termini quantitativi e qualitativi le trasformazioni territoriali in atto, anche al fine di consentire l’aggiornamento periodico del Piano paesaggistico regionale;
  9. f) verifica l’adeguatezza ed omogeneità della strumentazione urbanistica a tutti i livelli, attraverso un sistematico monitoraggio e comparazione dell’attività di pianificazione urbanistica, generale ed attuativa. 4. L’Osservatorio opera presso la Direzione generale competente in materia di governo del territorio dell’amministrazione regionale. Art. 14 Sistema informativo territoriale regionale (SITR)
  10. Al fine di programmare e gestire il complesso delle azioni aventi incidenza sul territorio, la Regione identifica nel Sistema informativo territoriale regionale (SITR) lo strumento di supporto operativo per il governo del territorio e promuove la cooperazione fra i sistemi informativi.
  11. Il SITR costituisce il riferimento informativo fondamentale per la composizione del quadro conoscitivo per l’esercizio della funzione di pianificazione e programmazione territoriale e per il monitoraggio delle trasformazioni territoriali. Al fine di disporre di quadri conoscitivi raffrontabili e interoperabili gli enti territoriali conferiscono alla Regione i dati per il costante aggiornamento del SITR. 3. Il SITR attraverso l’insieme della struttura organizzativa, tecnologica e delle regole tecniche per lo sviluppo dell’informazione territoriale, assicura la piena interoperabilità dei dati territoriali, diffonde i dati con riferimento geografico via internet tramite il geoportale regionale e ne rende possibile l’utilizzo attraverso il catalogo generale dei dati geografici, i sistemi di scarico e di visualizzazione.
  12. La Giunta regionale individua condizioni e modalità per lo scambio e l’integrazione di dati ed informazioni territoriali, nonché per il collegamento dei rispettivi sistemi informativi al fine di creare una rete unificata. A tale scopo ciascuna amministrazione pubblica utilizza il proprio sistema informativo, anche connesso in rete con i sistemi informativi delle altre amministrazioni pubbliche.
  13. Con apposito provvedimento la Giunta regionale, entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente legge, adotta ed emana le istruzioni tecniche finalizzate a definire e disciplinare:
  14. a) le modalità di realizzazione e gestione delle basi informative con riferimento geografico che costituiranno il quadro conoscitivo per la pianificazione urbanistica e territoriale;
  15. b) le modalità per il conferimento dei dati relativi alla pianificazione comunale e sovracomunale.

Art. 15 Cartografia degli atti di governo del territorio

  1. Gli elaborati cartografici degli atti di governo del territorio sono redatti con l’utilizzo della carta tecnica regionale, messa a disposizione dalla Regione attraverso il database topografico.
  2. La base cartografica degli strumenti urbanistici comunali è aggiornata a cura del comune secondo le specifiche tecniche per la formazione di database topografici, disponibili sul geoportale regionale derivate dalle specifiche di cui decreto ministeriale 10 novembre 2011 (Regole tecniche per la definizione delle specifiche di contenuto dei database geotopografici).
  3. Con propria deliberazione la Giunta regionale definisce le funzionalità minime e gli standard per la realizzazione dei geoportali.

Art. 16 Contributi regionali

  1. La Regione è autorizzata a concedere ai comuni e loro associazioni finanziamenti per la redazione di piani urbanistici, comunali e intercomunali, e dei piani esecutivi di iniziativa pubblica finalizzati al recupero e alla riqualificazione urbanistica e paesaggistica, anche delle aree gravemente compromesse e degradate, o alla valorizzazione dei paesaggi.
  2. I contributi regionali non possono superare l’ottanta per cento del costo complessivo a carico dei comuni. L’effettiva assegnazione è subordinata all’effettiva disponibilità di bilancio.
  3. I contributi possono essere utilizzati unicamente per il cofinanziamento delle spese connesse all’attività di pianificazione o per il cofinanziamento di spese di investimento.

Art. 17 Ulteriori forme di supporto per la formazione degli atti di governo del territorio

  1. La Regione al fine di favorire la redazione degli atti di governo del territorio, coadiuva i comuni che ne facciano richiesta, fornendo gli esiti degli studi, analisi e ricerche condotte, nonché l’eventuale consulenza tecnica.
  2. La Regione fornisce gratuitamente i dati cartografici, le informazioni territoriali e ogni ulteriore dato, documento o elaborazione di cui abbia la proprietà o di cui possa, comunque, concedere l’utilizzo per le finalità di pianificazione del territorio.

Capo V. Disposizioni comuni agli atti di governo del territorio

Art. 18 Processo di pianificazione

  1. La pianificazione territoriale e urbanistica è un processo ciclico e continuativo che si sviluppa attraverso le seguenti azioni:
  2. a) l’elaborazione di un quadro conoscitivo;
  3. b) l’individuazione degli obiettivi di sviluppo economico sociale, di tutela e salvaguardia del territorio e delle sue risorse;
  4. c) la definizione degli interventi necessari al raggiungimento degli obiettivi; d) la regolamentazione e programmazione degli interventi;
  5. e) il monitoraggio dell’attuazione delle scelte pianificatorie e dei loro impatti.
  6. Gli atti di governo del territorio esplicitano le motivazioni poste a fondamento delle scelte operate. Art. 19 Disposizioni generali per la valutazione ambientale strategica degli atti di governo del territorio e loro varianti 1. Nella formazione e approvazione degli atti di governo del territorio, la Regione e i comuni prendono in considerazione gli effetti significativi sull’ambiente e sul territorio che possono derivare dall’attuazione delle scelte in essi contenute, e assoggettano tali atti al procedimento di valutazione ambientale strategica nei casi e secondo le modalità previste dalla legislazione vigente. 2. Per le finalità di cui al comma 1 negli atti di governo del territorio sono individuati, descritti e valutati i potenziali impatti delle scelte operate sull’ambiente e le misure idonee per impedirli, mitigarli o compensarli, alla luce delle possibili soluzioni alternative e tenendo conto del quadro conoscitivo e degli obiettivi di sviluppo, tenendo conto anche delle opzioni di adattamento agli effetti dei cambiamenti climatici.
  7. Al fine di evitare duplicazioni la valutazione ambientale strategica utilizza le analisi già effettuate e le informazioni raccolte, recepisce gli esiti delle precedenti valutazioni sui piani sovraordinati o sugli atti di governo del territorio vigenti.
  8. Al fine di garantire la massima semplificazione procedurale gli atti e gli adempimenti in materia di valutazione ambientale strategica sono integrati nel procedimento di formazione e approvazione degli atti di governo del territorio, nei modi e termini previsti dalla presente legge.
  9. Ai fini della trasparenza e della partecipazione al processo partecipativo la documentazione inerente al procedimento di valutazione ambientale strategica è pubblicata nel sito internet istituzionale del soggetto proponente e della Regione. Al termine del procedimento il parere motivato, la dichiarazione di sintesi e il piano di monitoraggio ambientale sono pubblicati nel sito internet istituzionale del soggetto proponente e della Regione.
  10. La Regione, i comuni e le loro forme associative provvedono al monitoraggio dell’attuazione dei propri piani e dei loro effetti sul sistema ambientale e territoriale.

Art. 20 Semplificazione degli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica

  1. Al fine di semplificare e uniformare le norme e gli adempimenti in materia urbanistica ed edilizia la Regione adotta il regolamento edilizio unico, anche nel rispetto degli accordi conclusi in sede di Conferenza unificata ai sensi dell’articolo 4 comma 1 sexies del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia).
  2. Il regolamento edilizio unico disciplina:
  3. a) la definizione dei parametri edilizi applicabili;
  4. b) la fissazione delle definizioni tecniche di riferimento per gli interventi urbanistico-edilizi;
  5. c) l’individuazione delle caratteristiche e dei requisiti igienico-sanitari e di sicurezza, nonché di accessibilità in termini di eliminazione delle barriere architettoniche; d) la definizione degli elementi costitutivi o di corredo delle costruzioni;
  6. e) le modalità tecniche del recupero del patrimonio edilizio esistente e riduzione del consumo del suolo, in attuazione degli strumenti urbanistici;
  7. f) la diversificazione degli interventi edilizi ai fini della sottoposizione a regimi procedimentali e contributivi differenziati in ragione della rispettiva natura e del carico urbanistico prodotto;
  8. g) l’individuazione di misure tecniche volte a perseguire l’efficienza energetica e la resilienza e a favorire l’installazione di impianti per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, nonché ad incentivare l’utilizzo di tecniche costruttive di bioedilizia e la qualità architettonica degli edifici.
  9. In applicazione del principio di non duplicazione e al fine di ridurre la complessità degli apparati normativi dei piani, gli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica non contengono la riproduzione, totale o parziale, delle disposizioni vigenti, ma unicamente richiami espressi alle previsioni con carattere prescrittivo degli atti normativi, degli atti di indirizzo e coordinamento, degli atti di pianificazione sovraordinata e di ogni atto normativo di settore, comunque denominato, avente incidenza sugli usi e le trasformazioni dell’attività edilizia e che trovano diretta applicazione. 4. Allo scopo di consentire la piena conoscibilità delle normative vigenti che trovano diretta applicazione in tutto il territorio, la Regione pubblica nel proprio sito internet istituzionale e mantiene costantemente aggiornati i testi degli atti di propria competenza di cui al comma 3.
  10. I comuni compilano testi coordinati delle disposizioni di cui al comma 3 e delle norme contenute negli atti di governo del territorio.

Art. 21 Atti di indirizzo e coordinamento

  1. Al fine di assicurare l’applicazione coerente della presente legge e di semplificare e uniformare le attività di pianificazione, la Regione adotta con deliberazione della Giunta regionale atti di indirizzo e coordinamento.
  2. Le deliberazioni della Giunta regionale di cui al comma 1 sono rese esecutive con decreto del Presidente della Regione, previo parere espresso dalla Commissione consiliare competente in materia di governo del territorio che si esprime entro il termine di trenta giorni dalla richiesta, decorsi i quali se ne prescinde.

Art. 22 Misure di salvaguardia e cautelari 1. A decorrere dalla data di adozione di tutti gli atti di governo del territorio, nonché delle relative varianti, fino alla loro definitiva approvazione le amministrazioni pubbliche sospendono ogni determinazione in merito:

  1. a) all’approvazione di strumenti sotto-ordinati di pianificazione, o loro varianti, che siano in contrasto con le previsioni del piano adottato;
  2. b) agli interventi di trasformazione urbanistica o edilizia che siano in contrasto con le prescrizioni dei piani adottati o tali da comprometterne o rendere più gravosa l’attuazione.
  3. La sospensione di cui al comma 1 opera fino all’entrata in vigore del Piano urbanistico comunale o intercomunale e, comunque, non oltre tre anni dalla data di adozione del Piano urbanistico.
  4. La Regione, per particolari e rilevanti esigenze di tutela ambientale e paesaggistica o riguardanti beni culturali o immobili o aree per i quali sia stato avviato il procedimento di dichiarazione di notevole interesse pubblico, con motivata deliberazione della Giunta regionale, può adottare provvedimenti cautelari di inibizione e sospensione dei lavori che siano in contrasto con tali esigenze o che possano compromettere o rendere più gravosa l’attuazione dei piani.
  5. I provvedimenti cautelari di inibizione e sospensione di cui al comma 3 disposti per esigenze di tutela ambientale e paesaggistica cessano di avere efficacia se entro novanta dalla loro adozione non sono adottati i provvedimenti definitivi per la tutela del bene.
  6. I provvedimenti cautelari di inibizione e sospensione, disposti ai sensi dell’articolo 150 del decreto legislativo n. 42 del 2004 e successive modifiche e integrazioni, cessano di avere efficacia nei termini ed alle condizioni ivi previste nel medesimo articolo.
  7. La Regione al fine di prevenire la trasformazione di aree soggette a dissesto idrogeologico o colpite da gravi calamità naturali può, con motivata deliberazione della Giunta regionale, adottare provvedimenti cautelari di inibizione o sospensione dei lavori.
  8. I provvedimenti di cui al comma 6 cessano di avere efficacia se entro dodici mesi dalla loro adozione non sono adottati le varianti al Piano stralcio per l’assetto idrogeologico del bacino unico regionale o agli strumenti urbanistici vigenti.

Capo VI. La partecipazione dei privati alle scelte pianificatorie

Art. 23 Accordi di pianificazione con i privati

  1. I soggetti pubblici e privati, i cittadini in forma singola o associata partecipano alla formazione degli atti di governo del territorio secondo le disposizioni della presente capo.
  2. Nel rispetto dei principi di partecipazione, pubblicità, imparzialità, trasparenza, parità di trattamento, di sussidiarietà e adeguatezza, i comuni, in forma singola o associata, possono concludere, con soggetti privati, accordi finalizzati a perseguire interessi rilevanti per la comunità locale, coerenti con le scelte strategiche e con gli obiettivi di sviluppo dell’ente.
  3. L’efficacia degli accordi è subordinata alla condizione sospensiva del recepimento dei contenuti nella delibera di adozione dello strumento di pianificazione cui accede e della conferma delle sue previsioni nel piano approvato. Gli accordi sono assoggettati alla disciplina di cui all’articolo 11 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi).

Art. 24 Informazione e partecipazione

  1. Nei procedimenti di formazione e approvazione degli atti di governo del territorio sono assicurate adeguate forme di partecipazione dei cittadini e delle associazioni costituite per la tutela degli interessi diffusi e la concertazione con le parti economiche e sociali.
  2. Ai fini di cui al comma 1 è garantita la più ampia pubblicità degli atti e documenti concernenti la pianificazione.
  3. Il responsabile del procedimento di pianificazione, individuato per ogni atto di governo del territorio, cura tutte le attività relative alla pubblicità, all’accesso agli atti e documenti ed alla partecipazione, salvo che l’amministrazione pubblica competente all’approvazione dell’atto di governo del territorio non nomini un responsabile della comunicazione e della partecipazione.
  4. I risultati delle attività di informazione e partecipazione contribuiscono alla definizione dei contenuti degli strumenti di pianificazione.
  5. Per i piani e i programmi soggetti a valutazione ambientale strategica le attività di informazione e partecipazione sono coordinate con le attività di partecipazione di cui al decreto legislativo n. 152 del 2006 e si articolano nelle diverse fasi del procedimento di formazione degli atti di governo del territorio. 6. Al fine di assicurare livelli uniformi all’interno del territorio, la Regione definisce con apposite linee guida le metodologie, le tecniche e le pratiche di informazione e partecipazione e incentiva forme di collaborazione interistituzionale per fornire l’adeguato supporto conoscitivo e documentale.

Art. 25 Dibattito pubblico per le opere di rilevante impatto

  1. La realizzazione di interventi, opere o progetti, di iniziativa pubblica o privata, con possibili rilevanti impatti di natura ambientale, paesaggistica, territoriale, sociale ed economica è preceduta da un dibattito pubblico sugli obiettivi e le caratteristiche degli interventi.
  2. Il dibattito pubblico si svolge per le opere di interesse nazionale, sulle quali la Regione è tenuta ad esprimersi, nonché per gli interventi di iniziativa regionale o dalla Regione delegati aventi ad oggetto la realizzazione di: a) porti e aeroporti; b) infrastrutture ferroviarie e stradali; c) elettrodotti e qualsiasi infrastruttura di passaggio e stoccaggio di materiale combustibile; d) bacini idroelettrici e dighe; e) opere di importo superiore ai 50.000.000,00 euro.
  3. Il dibattito pubblico si svolge, indipendentemente dalla qualifica del soggetto proponente l’intervento, sugli interventi aventi ad oggetto: a) programmi e progetti ecosostenibili di grande interesse sociale ed economico; b) ricerca e sfruttamento di idrocarburi; c) grandi impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, in quanto funzionali al raggiungimento degli obiettivi di burden sharing.
  4. Il dibattito pubblico non si effettua per gli interventi disposti in via d’urgenza, finalizzati all’incolumità delle persone e alla messa in sicurezza del territorio da un pericolo imminente o a seguito di calamità, di manutenzione ordinaria e straordinaria.
  5. Nei casi in cui gli interventi proposti siano soggetti a valutazione di impatto ambientale (VIA), lo svolgimento del dibattito pubblico è condizione per l’avvio della procedura di valutazione.
  6. Nei casi di interventi di iniziativa privata, l’amministrazione pubblica competente all’approvazione del progetto coinvolge il soggetto promotore affinché collabori alla realizzazione del dibattito pubblico, anche dal punto di vista finanziario, in misura proporzionale all’investimento da realizzare. Con deliberazione della Giunta regionale è determinata la misura della partecipazione finanziaria.
  7. Il dibattito pubblico è disposto su iniziativa dei seguenti soggetti:
  8. a) la Giunta regionale;
  9. b) l’amministrazione pubblica competente all’approvazione del progetto;
  10. c) il sindaco del comune o dei comuni direttamente interessati all’attuazione dell’intervento, in funzione della localizzazione, anche su richiesta del consiglio comunale;
  11. d) il 10 per cento dei residenti nel territorio interessato dall’iniziativa, che abbiano compiuto diciotto anni anche organizzati in associazioni e comitati.
  12. I residenti nel territorio interessato dall’intervento, sia in forma singola che in gruppi organizzati, le associazioni portatrici di interessi diffusi, nonché gli ulteriori soggetti che abbiano interesse per il territorio o per l’oggetto del processo partecipativo, possono intervenire nel dibattito pubblico secondo la motivata valutazione sull’utilità della partecipazione da parte dell’amministrazione pubblica procedente. 9. Il dibattito si svolge nella fase preliminare di elaborazione dell’intervento, opera o progetto, quando ancora tutte le possibili opzioni sono percorribili. In ogni caso il dibattito pubblico si svolge non oltre la definizione del progetto preliminare.
  13. Il dibattito pubblico è avviato quando tutta la documentazione acquisita dall’amministrazione procedente, è ritenuta sufficiente a chiarire i termini della discussione pubblica. In mancanza possono essere richiesti elementi integrativi.
  14. Il dibattito pubblico è indetto dall’amministrazione pubblica competente all’approvazione del progetto con atto formale che illustra le motivazioni che hanno portato all’indizione dello stesso. Nel caso in cui la richiesta di attivazione del dibattito pubblico provenga dalla Giunta regionale o abbia ad oggetto un intervento di competenza regionale il dibattito pubblico è indetto dal dirigente dell’amministrazione regionale competente all’approvazione dell’intervento.
  15. L’atto con cui si indice il dibattito pubblico stabilisce le modalità di svolgimento, in modo da assicurare la massima informazione e da garantire la massima partecipazione e imparzialità. Nello stesso atto sono disciplinate le fasi e la durata del dibattito, che non può essere superiore a quaranta giorni dall’avvio, prorogabile motivatamente per una sola volta e per un periodo non superiore a trenta giorni. 13. L’indizione da parte dell’amministrazione regionale del dibattito pubblico sospende l’adozione di atti pregiudizievoli alla conclusione del dibattito.
  16. Il dibattito pubblico può essere svolto dall’amministrazione procedente direttamente o tramite soggetti esperti in pratiche partecipative, dalla stessa designati e scelti con le procedure dell’evidenza pubblica.
  17. L’atto con cui si dispone l’apertura del dibattito pubblico è trasmesso alla Giunta regionale, è pubblicato sui siti internet istituzionali della Regione e dei comuni interessati e sul BURAS. Resta ferma la possibilità di disporre ulteriori forme di pubblicità.
  18. Alla conclusione del dibattito pubblico è stilato un rapporto che illustra i contenuti del dibattito pubblico e le relative conclusioni. Tale rapporto è trasmesso alla Giunta Regionale ed è pubblicato sui siti internet istituzionali della Regione e dei comuni interessati, della conclusione del dibattito è data notizia sul BURAS. Resta ferma la possibilità di adottare ulteriori forme di pubblicità.
  19. Entro trenta giorni dalla pubblicazione del rapporto di cui al comma 16, il soggetto proponente l’intervento dichiara se intende: a) rinunciare all’opera, al progetto o all’intervento; b) proporre le modifiche che intende realizzare; c) confermare il progetto sul quale si è svolto il dibattito Pubblico.
  20. Nella dichiarazione di cui al comma 17, il soggetto proponente motiva adeguatamente le ragioni della scelta adottata alla luce di quanto emerso in sede di dibattito pubblico.
  21. La dichiarazione di cui al comma 17 è pubblicata sul BURAS, a cura e spese del soggetto proponente l’intervento, nonché nei siti internet istituzionali di cui al comma 16.

Capo VII. Perequazione, compensazione

Art. 26 Perequazione urbanistica

  1. La perequazione urbanistica è lo strumento mediante il quale la pianificazione territoriale persegue le seguenti finalità:
  2. a) evitare le disparità di trattamento tra proprietà immobiliari, garantendo l’equità nella distribuzione delle facoltà edificatorie e degli oneri;
  3. b) conseguire l’indifferenza della proprietà nei confronti delle scelte del piano;
  4. c) garantire la certa realizzazione delle urbanizzazioni, dei servizi pubblici e sociali, della viabilità, del verde e dell’edilizia sociale, economica e popolare;
  5. d) perseguire gli obiettivi di qualità ambientale, urbana e paesaggistica nel rispetto dei principi di efficacia, efficienza ed equità.
  6. La perequazione urbanistica trova applicazione per la realizzazione di interventi da attuarsi unitariamente all’interno degli ambiti di potenziale trasformabilità, può essere estesa a tutte le aree di trasformazione urbanistica oppure solo ad una loro porzione, può riguardare territori organizzati in ambiti costituiti da parti anche non contigue.
  7. I meccanismi perequativi si esauriscono all’interno dello stesso ambito di trasformabilità e non sono ammessi negli ambiti rurali.
  8. Agli ambiti di potenziale trasformabilità è assegnato un indice di capacità edificatoria, unico in presenza di caratteristiche omogenee o differenziato sulla base della classificazione delle aree in essi ricomprese. La classificazione delle aree tiene conto delle caratteristiche ambientali e paesaggistiche e della densità edificatoria eventualmente esistente.
  9. Con il piano attuativo sono individuate le aree nelle quali è concentrata l’edificazione e le aree destinate alla localizzazione delle dotazioni territoriali essenziali.
  10. Ai fini dell’operatività dello strumento perequativo la convezione urbanistica, da stipularsi tra il comune e il consorzio dei proprietari lottizzanti delle aree, prevede:
  11. a) la ripartizione proporzionale tra i proprietari dei diritti edificatori attribuiti in funzione della volumetria complessiva riconosciuta in base all’indice di capacità edificatoria attribuito all’area di trasformabilità;
  12. b) la ripartizione proporzionale tra i proprietari degli oneri che assumono nei confronti del comune;
  13. c) ove non sia già intervenuta, la ricomposizione dell’assetto proprietario delle aree ricomprese nell’ambito del piano attuativo, al fine di riequilibrare la capacità edificatoria del piano tra i lottizzanti, attraverso permute e cessioni immobiliari;
  14. d) la contestuale cessione al comune delle aree o il loro asservimento al fine di realizzare le dotazioni territoriali essenziali;
  15. e) il crono programma degli interventi pubblici e privati, al fine di garantire l’attuazione unitaria e contestuale delle previsioni di piano;
  16. f) i modi e le forme di utilizzazione delle eventuali premialità;
  17. g) eventuali impegni aggiuntivi proporzionati alla valorizzazione delle aree a seguito delle scelte pianificatorie.
  18. Nel caso in cui le previsioni delle convenzioni urbanistiche non siano attuate, in tutto o in parte, nei tempi previsti, oltre ai rimedi normalmente esperibili, il comune può procedere all’espropriazione delle aree individuate a tale fine in sede di piano attuativo.

Art. 27 Compensazione urbanistica

  1. La compensazione urbanistica è lo strumento mediante il quale il comune, a seguito di apposizione del vincolo preordinato all’esproprio e in alternativa all’indennità di esproprio, attribuisce al titolare dell’immobile gravato da vincolo aree edificabili o crediti compensativi consistenti in diritti edificatori.
  2. La compensazione urbanistica produce effetti a seguito della registrazione della cessione volontaria dell’immobile gravato dal vincolo.
  3. La compensazione urbanistica trova attuazione tramite indicazioni planimetriche e normative degli strumenti urbanistici, nei quali sono individuate le aree destinate alla realizzazione di opere pubbliche o di pubblica utilità, con assegnazione di un indice compensativo per la quantificazione dei diritti edificatori e le aree o i comparti edificatori nei quali possono essere realizzati i diritti edificatori.
  1. I diritti edificatori attribuiti in compensazione sono pari al corrispondente valore pecuniario che spetta in caso di corresponsione della indennità di esproprio oltre alle indennità aggiuntive previste per legge, incluse quelle per la conclusione dell’accordo di cessione.
  2. I comuni possono ricorrere alla compensazione urbanistica anche in caso di reiterazione dei vincoli espropriativi.
  3. La compensazione urbanistica non opera nell’ipotesi di apposizione di vincoli conformativi, in presenza dei quali possono trovare applicazione le norme in materia di perequazione urbanistica.

Art. 28 Perequazione e compensazione territoriale

  1. I comuni che provvedono congiuntamente alla pianificazione dei propri territori in forma sovra comunale possono inserire all’interno dei Piani Urbanistici Intercomunali forme di perequazione e compensazione per realizzare un’equa distribuzione dei costi e benefici derivanti dalle scelte pianificatorie e per favorire la realizzazione di opere pubbliche o di pubblica utilità di interesse sovra comunale.
  2. Ai fini di cui al comma 1, all’interno di accordi accessori alla pianificazione intercomunale e con riferimento ad ambiti di potenziale trasformabilità localizzati nei diversi comuni, possono essere attribuiti diritti edificatori o previste forme di compensazione economico finanziaria al fine di compensare i maggiori costi sostenuti, i mancati vantaggi o gli svantaggi derivanti dalle scelte di pianificazione sovra comunale.

Art. 29 Incrementi volumetrici per interventi  in materia di efficientamento energetico degli edifici 1. Per la realizzazione, in data anteriore al termine di cui all’articolo 4-bis, comma 1, secondo periodo del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192 (attuazione della direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico nell’edilizia), di nuovi edifici ad energia quasi zero (nzeb) come definiti dall’articolo 2, comma 1, lettera l-octies del decreto legislativo n. 192 del 2005 la potenzialità edificatoria stabilita in via ordinaria dallo strumento urbanistico per l’ambito in cui ricade l’intervento, è incrementata del 25 per cento.

Art. 30 Incrementi volumetrici dell’edificato esistente per la riduzione del nuovo consumo di suolo 1. Al fine di ridurre il nuovo consumo di suolo e di favorire il miglioramento del patrimonio edilizio esistente trovano applicazione, fino all’approvazione del Piano urbanistico comunale o intercomunale che ne prevede la regolamentazione all’interno dei piani di riqualificazione e rigenerazione urbana di cui agli articoli 70 e 71, le disposizioni contenute negli articoli 30, 32, 33, 34, 35 e 36 della legge regionale 23 aprile 2015, n. 8 (Norme per la semplificazione e il riordino di disposizioni in materia urbanistica ed edilizia e per il miglioramento del patrimonio edilizio).

Art. 31 Incrementi volumetrici per interventi  di riqualificazione e miglioramento della qualità architettonica degli edifici a destinazione  turistico ricettiva

  1. Al fine di migliorare qualitativamente l’offerta ricettiva sono consentiti interventi di ristrutturazione, anche con incremento volumetrico, delle strutture destinate all’esercizio di attività turistico-ricettive. Gli interventi possono essere attuati anche mediante demolizione e ricostruzione e gli incrementi volumetrici possono determinare la realizzazione di corpi di fabbrica separati.
  2. Gli interventi di cui al comma 1 possono riguardare anche le strutture localizzate nei 300 metri dalla linea di battigia marina, ridotti a 150 metri nelle isole minori.
  3. Gli eventuali incrementi volumetrici:
  4. a) sono ammessi, anche in deroga ai parametri e agli indici previsti dagli strumenti urbanistici, nella percentuale massima del 25 per cento dei volumi legittimamente esistenti;
  5. b) sono computati ai fini della pianificazione delle volumetrie realizzabili per il soddisfacimento del fabbisogno di ricettività alberghiera ed extra-alberghiera, con le modalità previste dall’Allegato A;
  6. c) si sviluppano oltre la fascia delimitata dalla linea di battigia marina e dalla linea, ad essa parallela, passante per lo spigolo del corpo di fabbrica appartenente alla struttura turistico-ricettiva più vicino alla linea di battigia marina;
  7. d) si sviluppano nella porzione del lotto più distante dalla linea di battigia marina e, ove possibile, oltre i 300 metri dalla linea di battigia marina.
  8. L’istanza è accompagnata da un piano d’impresa, asseverato da professionista abilitato, nel quale si dia dimostrazione della funzionalità dell’incremento alla destagionalizzazione dei flussi turistici o all’accrescimento della potenzialità turistiche ed attrattive delle strutture ricettive, con riferimento alla crescita dei flussi turistici, al tasso medio di permanenza del turista o all’incremento della spesa procapite in attività di fruizione delle attrattività del territorio.
  9. Gli interventi contribuiscono al raggiungimento degli obiettivi di un sistema turistico-ricettivo sostenibile, secondo gli indirizzi del Programma per l’Ambiente delle Nazioni Unite (UNEP), ‘Making Tourism More Sustainable – A Guide for Policy Makers’, Parigi 2005.
  10. Possono usufruire degli incrementi volumetrici previsti nel comma 1 anche le strutture turistico-ricettive che abbiano già usufruito degli incrementi previsti dall’articolo 10 bis della legge regionale 22 dicembre 1989, n. 45 (Norme per l’uso e la tutela del territorio regionale), e successive modifiche ed integrazioni.
  11. Possono usufruire degli incrementi volumetrici previsti nel comma 1 anche le strutture turistico-ricettive che abbiano già usufruito degli incrementi previsti dal capo I e dall’articolo 13, comma 1, lettera e) della legge regionale 23 ottobre 2009, n. 4 (Disposizioni straordinarie per il sostegno dell’economia mediante il rilancio del settore edilizio e per la promozione di interventi e programmi di valenza strategica per lo sviluppo), dall’articolo 31 della legge regionale 23 aprile 2015, n. 8 (Norme per la semplificazione e il riordino di disposizioni in materia urbanistica ed edilizia e per il miglioramento del patrimonio edilizio), unicamente fino al concorrere del 25 per cento del volume originario, esistente alla data dell’ampliamento in deroga.

Art. 32 Rinnovo del patrimonio edilizio con interventi di demolizione e ricostruzione

  1. La Regione promuove il rinnovamento del patrimonio edilizio esistente mediante interventi di demolizione e successiva ricostruzione degli edifici esistenti che necessitino di essere adeguati in relazione ai requisiti qualitativi, architettonici, energetici, tecnologici, di sicurezza strutturale e per il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche.
  2. Per il conseguimento delle finalità di cui al comma 1, nel caso di edifici che hanno un volume superiore a 2.000 metri cubi, su proposta del privato interessato, è consentita, oltre la ricostruzione di un volume pari a quello demolito, la concessione di un incremento volumetrico massimo pari al 30 per cento del volume demolito, da determinarsi con apposita deliberazione del consiglio comunale.
  3. Nel caso di edifici che hanno un volume non superiore a 2.000 metri cubi, su istanza del privato interessato e senza che sia necessaria una previa deliberazione del consiglio comunale è consentita, oltre la ricostruzione di un volume pari a quello demolito, la concessione di un incremento volumetrico massimo pari al 30 per cento del volume demolito, anche in superamento dei parametri volumetrici e dell’altezza previsti dalle vigenti disposizioni comunali e regionali.
  4. Nelle ipotesi del comma 3, nel caso in cui l’intervento preveda la ricostruzione nel medesimo lotto urbanistico, il consiglio comunale con la stessa deliberazione di cui al comma 3 stabilisce i parametri urbanistici ed edilizi dell’intervento nel rispetto delle vigenti disposizioni, con eventuale superamento dei soli parametri volumetrici e dell’altezza previsti dalle vigenti disposizioni in materia urbanistica ed edilizia contenute negli atti normativi e pianificatori comunali e regionali. Negli ambiti rurali non è ammessa deroga alle vigenti disposizioni regionali ove l’intervento riguardi edifici a destinazione residenziale. Negli ambiti di salvaguardia ambientale non è ammessa deroga alle vigenti disposizioni regionali.
  5. Nelle ipotesi del comma 3, se l’intervento prevede la ricostruzione in diverso lotto urbanistico, il consiglio comunale con la stessa deliberazione di cui al comma 3, adotta, ove necessaria, la variante allo strumento urbanistico, individuando l’area di trasferimento delle volumetrie determinando i parametri urbanistici ed edilizi dell’intervento nel rispetto delle vigenti disposizioni regionali. La nuova localizzazione delle volumetrie è individuabile unicamente all’interno degli ambiti suscettibili di trasformazione.
  6. Le disposizioni del presente articolo si applicano agli edifici legittimamente realizzati entro la data di entrata in vigore della presente legge, nonché nei casi di edifici successivamente legittimati a seguito di positiva conclusione del procedimento di condono o di accertamento di conformità e, ove necessario, dell’accertamento di compatibilità paesaggistica.
  7. Il credito volumetrico è parametrato al volume urbanistico dell’edificio oggetto di intervento. Nel caso di demolizione di edifici con altezze funzionali a originari cicli produttivi e ricostruzione con mutamento di destinazione d’uso, la determinazione del volume è effettuata ragguagliando l’altezza al valore di 3 metri per ogni livello fuori terra esistente.
  8. Nelle ipotesi di demolizione con ricostruzione nel medesimo lotto l’intervento prevede la sistemazione degli eventuali ulteriori manufatti presenti, secondo le indicazioni impartite dall’Amministrazione comunale.
  9. Nelle ipotesi di demolizione con ricostruzione in diverso lotto, il soggetto interessato garantisce, a propria cura e spese, la sistemazione dell’area originaria, secondo le indicazioni impartite dall’Amministrazione comunale.
  10. L’edificio da costruire deve essere:
  11. a) ad energia quasi zero (nzeb) come definito dall’articolo 2, comma 1, lettera l-octies) del decreto legislativo n. 192 del 2005;
  12. b) dotato di idonei sistemi per il riutilizzo delle acque piovane e delle acque reflue;
  13. c) dotato di un idoneo impianto di elevazione per il trasporto verticale delle persone, qualora plurimmobiliare con almeno due livelli fuori terra;
  14. d) realizzato con materiali ecologici per la bioedilizia o prodotti per la bioedilizia oggetto di certificazione da parte di istituti accreditati, per almeno il 50 per cento del computo metrico.
  15. La proposta del privato interessato è costituita da elaborati tecnico-grafici di livello pari allo studio di fattibilità di un’opera pubblica, evidenzia le soluzioni planivolumetriche e architettoniche adottate per il conseguimento delle finalità di cui al comma 1, e otteniene, prima della delibera di Consiglio comunale di assegnazione del credito, la positiva valutazione tecnico-economica dell’ufficio comunale competente in materia di urbanistica ed edilizia privata.
  16. Le disposizioni del presente articolo non si applicano agli edifici:
  17. a) che successivamente all’entrata in vigore della presente legge sono stati oggetto di opere che ne abbiamo mutato i caratteri strutturali, architettonici e tipologici in forza di ristrutturazione edilizia ovvero di interventi radicali di nuova costruzione, ai sensi delle lettere d) ed e), del comma 1, dell’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001; b) che hanno già usufruito delle misure incentivanti previste dall’articolo 5 della legge regionale n. 4 del 2009 e dell’articolo 38 della legge regionale n. 8 del 2015; c) per i quali il consiglio comunale con apposita deliberazione ha previsto la limitazione o l’esclusione, in ragione di particolari qualità storiche, architettoniche o urbanistiche da salvaguardare; e) che ricadono nelle aree di cui all’articolo 33, comma 1.
  18. Ove la demolizione riguardi edifici inclusi nel centro di antica e prima formazione, l’intervento è realizzabile unicamente previa approvazione di un piano particolareggiato adeguato al piano paesaggistico regionale che ammetta tale tipologia di intervento per l’edificio.
  19. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche in caso di demolizione parziale. Ove il credito volumetrico sia utilizzato per la realizzazione di un corpo di fabbrica separato, lo stesso è parametrato al volume oggetto di demolizione. L’edificio originario deve essere oggetto di riqualificazione in funzione della tipologia edilizia e del contesto.

Art. 33 Riqualificazione dei contesti paesaggistici e ambientali compromessi

  1. Al fine di conseguire la riqualificazione del contesto, il miglioramento della qualità dell’abitare e la messa in sicurezza del territorio, i comuni prevedono negli atti di governo del territorio incrementi volumetrici per il trasferimento del patrimonio edilizio esistente, da attuarsi mediante interventi di demolizione e ricostruzione con differente localizzazione, degli edifici ricadenti:
  2. a) in aree ricadenti all’interno delle zone urbanistiche omogenee E e H ed interne al perimetro dei beni paesaggistici di cui all’articolo 142 lettera a), b), c), i) del decreto legislativo n. 42 del 2004;”.
  3. b) all’interno di aree di rispetto inedificabili;
  4. c) in aree dichiarate ad elevata o molto elevata pericolosità geologica e idraulica; d) all’interno del perimetro di tutela integrale e della fascia di rispetto condizionata dei beni dell’assetto storico culturale del Piano paesaggistico regionale;
  5. e) Piano urbanistico comunale
  6. f) in aree necessarie per garantire spazi pubblici finalizzati all’incremento della qualità dell’abitare, come spazi a verde, spazi a parcheggio e centri di aggregazione sociale a tal fine individuate dal Piano urbanistico comunale;
  7. g) nelle ulteriori aree a tal fine individuate dal comune.
  8. Per il conseguimento delle finalità di cui al comma 1, è consentita la concessione di un credito volumetrico massimo pari al volume dell’edificio demolito maggiorato del 40 per cento, da determinarsi con apposita deliberazione del consiglio comunale.
  9. Il comune in sede di redazione dello piano urbanistico o di una sua variante, anche su proposta del privato interessato, individua gli edifici che si trovano nelle condizioni previste dal comma 1, determina il credito volumetrico di cui al comma 2 e individua, nel rispetto dei parametri urbanistici ed edilizi previsti dalle disposizioni regionali, una idonea localizzazione per il trasferimento dei volumi.
  10. Le aree di localizzazione per il trasferimento dei volumi possono essere sia pubbliche che private, sono individuate al di fuori delle aree di cui al comma 1 e, comunque, oltre la fascia dei 300 metri dalla linea di battigia marina, ridotta a 150 metri per le isole minori.
  11. Se le aree in cui avviene la ricostruzione dei volumi sono già classificate dallo strumento urbanistico comunale come trasformabili e dotate di propria capacità edificatoria, il credito volumetrico di cui al comma 2 può sommarsi alle ordinarie capacità edificatorie del lotto fino al raggiungimento dei limiti massimi stabiliti dalla normativa regionale.
  12. Le disposizioni del presente articolo si applicano agli edifici legittimamente realizzati entro la data di entrata in vigore della presente legge, nonché nei casi di edifici successivamente legittimati a seguito di positiva conclusione del procedimento di condono o di accertamento di conformità e, ove necessario, dell’accertamento di compatibilità paesaggistica.
  13. Il credito volumetrico è parametrato al volume urbanistico dell’edificio oggetto di intervento. Nel caso di demolizione di edifici con altezze funzionali a originari cicli produttivi e ricostruzione con mutamento di destinazione d’uso, la determinazione del volume è effettuata ragguagliando l’altezza al valore di 3 metri per ogni livello fuori terra esistente.
  14. L’intervento di trasferimento volumetrico prevede necessariamente l’integrale demolizione degli edifici esistenti nell’area originaria, la sistemazione dell’area a cura e spese del privato, e, infine, la cessione dell’area originaria al comune per destinarla a finalità pubbliche.
  15. La demolizione non è necessaria nei casi previsti dal comma 1, lettera b), se il comune più favorevole l’acquisizione al patrimonio del manufatto edilizio e non delle aree libere. 10. L’edificio da costruire deve essere:
  16. a) ad energia quasi zero (nzeb) come definito dall’articolo 2, comma 1, lettera l-octies decreto legislativo n. 192 del 2005;
  17. b) dotato di idonei sistemi per il riutilizzo delle acque piovane e delle acque reflue;
  18. c) dotato di un idoneo impianto di elevazione per il trasporto verticale delle persone, qualora pluriimmobiliare con almeno due livelli fuori terra;
  19. d) realizzato con materiali ecologici per la bioedilizia o prodotti per la bioedilizia oggetto di certificazione da parte di istituti accreditati, per almeno il 50 per cento del computo metrico.
  20. Per il conseguimento delle finalità di cui al presente articolo, l’Amministrazione comunale può prevedere forme di incentivazione quali il trasferimento di aree comunali, anche a titolo gratuito, la riduzione degli oneri concessori e delle imposte comunali e ogni altra forma di agevolazione ritenuta utile nel rispetto delle disposizioni vigenti.
  21. La proposta del privato interessato è costituita da elaborati tecnico grafici di livello pari allo studio di fattibilità di un’opera pubblica, evidenzia le soluzioni planivolumetriche e architettoniche adottate per il conseguimento delle finalità di cui al comma 1, e deve ottenere, prima della delibera di consiglio comunale di assegnazione del credito, la positiva valutazione tecnico-economica dell’ufficio comunale competente in materia di urbanistica ed edilizia privata.
  22. Ove la demolizione riguardi edifici inclusi nel centro di antica e prima formazione, l’intervento è realizzabile unicamente previa approvazione di un piano particolareggiato adeguato al piano paesaggistico regionale.
  23. Negli atti di governo del territorio sono individuate le opere paesaggisticamente ed architettonicamente incongrue, gli elementi di degrado, i detrattori ambientali, gli ambiti da sottoporre a interventi di riqualificazione e rigenerazione, e sono definiti gli indirizzi per il ripristino e la riqualificazione urbanistica, paesaggistica, ambientale ed architettonica.

Art. 34 Registro dei diritti edificatori

  1. Il comune istituisce e aggiorna il registro dei diritti edificatori in cui sono annotate, per ogni proprietà catastalmente individuata, le quantità dei diritti edificatori generate dall’applicazione delle disposizioni in materia di perequazione, di premialità, attraverso incrementi volumetrici, e di compensazione.
  2. Nel Registro sono annotate, senza oneri a carico dei soggetti interessati, le seguenti informazioni:
  3. a) l’ambito di trasformabilità o le aree dal quale derivano le quantità edificatorie aggiuntive;
  4. b) i dati catastali dell’immobile ricevente e l’area di utilizzo delle quantità edificatorie aggiuntive;
  5. c) le eventuali condizioni di utilizzo delle quantità edificatorie aggiuntive indicate negli strumenti urbanistici o nelle convenzioni regolanti i meccanismi di perequazione, compensazione o incremento volumetrico;
  6. d) gli estremi della nota di trascrizione, ai sensi dell’articolo 2643, comma 1, n. 2 bis codice civile, dei contratti che trasferiscono, costituiscono o modificano i diritti edificatori anche in assenza di individuazione dell’area di utilizzo delle quantità edificatorie aggiuntive;
  7. e) gli estremi dell’atto notarile di cessione a titolo gratuito di area al comune.
  8. Il registro è pubblicato in apposita sezione del sito internet istituzionale del comune.
  9. Nel rispetto delle vigenti disposizioni in materia di privacy, le informazioni accessibili del registro sono limitate ai dati catastali, all’entità dei diritti edificatori, alla tipologia di meccanismo che li ha generati e agli estremi della nota di trascrizione di cui alla lettera d) del comma 2.

Titolo II. Gli atti di programmazione e governo del territorio

Capo I. Gli atti di programmazione della Regione e della città metropolitana

Art. 35 Programma regionale di sviluppo

  1. La Regione adotta il Programma regionale di sviluppo (PRS) ai sensi della legge regionale del 2 agosto 2006, n. 11 (Norme in materia di programmazione, di bilancio e di contabilità della Regione autonoma della Sardegna. Abrogazione della legge regionale 7 luglio 1975, n. 27, della legge regionale 5 maggio 1983, n. 11 e della legge regionale 9 giugno 1999, n. 23).

Art. 36 Piano strategico triennale della città metropolitana

  1. La città metropolitana adotta e aggiorna annualmente il Piano strategico triennale della città metropolitana (PSTCM), che costituisce atto di indirizzo e di programmazione per lo sviluppo sociale, economico e ambientale del territorio metropolitano, nonché per l´esercizio delle funzioni dei comuni ricadenti nel predetto territorio comprese le funzioni delegate o assegnate dalla Regione.
  2. Il PSTCM è formato e adottato dal consiglio metropolitano, acquisito il parere obbligatorio della conferenza metropolitana.
  3. Il PSTCM definisce gli obiettivi generali, settoriali e trasversali di sviluppo per l´area metropolitana, individua le priorità di intervento, le risorse necessarie, i tempi e gli strumenti di attuazione, nel rispetto dei principi di sostenibilità ambientale e della strategia di adattamenti ai cambiamenti climatici.
  4. Il PSTCM contiene:
  5. a) il quadro conoscitivo territoriale, quale specificazione di quello regionale e quale strumento funzionale alla costruzione dei quadri conoscitivi comunali o intercomunali;
  6. b) l’individuazione degli ambiti paesaggistici di rilievo sovracomunale;
  7. c) gli indirizzi per la tutela e valorizzazione dell’ambiente, per gli aspetti di competenza della città metropolitana;
  8. d) gli indirizzi per la pianificazione delle infrastrutture e dei servizi di trasporto della città metropolitana nel rispetto della programmazione regionale;
  9. e) gli indirizzi per la programmazione della rete scolastica della città metropolitana, nel rispetto della programmazione regionale;
  10. f) l’individuazione delle azioni di prevenzione dei rischi nel territorio della città metropolitana secondo gli indirizzi stabiliti da piani e programmi regionali;
  11. g) l’individuazione degli eventuali ambiti per la pianificazione coordinata tra più comuni al fine di armonizzare i criteri di utilizzo e destinazione d’uso dei territori di comuni limitrofi.
  12. Il PSTCM è costituito almeno da:
  13. a) la relazione tecnica illustrativa;
  14. b) gli elaborati cartografici di rappresentazione in scala almeno 1:25.000 del quadro conoscitivo del territorio della città metropolitana;
  15. c) gli elaborati con la delimitazione e la rappresentazione degli ambiti di paesaggio sovracomunali; d) le schede recanti indirizzi e modalità operative per l’attuazione nella città metropolitana, delle politiche di sviluppo regionale;
  16. e) la normativa di coordinamento degli usi del territorio e degli strumenti e metodi di coordinamento delle azioni tra i comuni della città metropolitana;
  17. f) il rapporto ambientale e la sintesi non tecnica.

Art. 37 Procedura di approvazione  del Piano strategico triennale della città metropolitana

  1. Piano strategico triennale della città metropolitana (PSTCM) è elaborato nel rispetto delle previsioni dei documenti pianificatori sovraordinati, delle disposizioni vigenti in materia di governo del territorio e degli indirizzi e obiettivi definiti dagli atti di programmazione regionale. Il procedimento disciplinato dal presente articolo trova applicazione per l’elaborazione e approvazione del PSTCM e delle sue varianti.
  2. L’autorità competente all’approvazione del Piano preliminare e all’adozione e approvazione del PSTCM è il consiglio metropolitano.
  3. Entro quindici giorni dall’adozione, anche ai fini di cui al decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modifiche e integrazioni, il PSTCM è depositato a disposizione del pubblico presso la segreteria della città metropolitana, dei comuni della città metropolitana e presso la sede dell’autorità competente in materia ambientale ai fini della valutazione ambientale strategica.
  4. Dell’avvenuta adozione e del deposito del PSTCM è data notizia mediante pubblicazione di un avviso sul BURAS e sul sito internet istituzionale della città metropolitana e dei comuni della città metropolitana. Ai fini della piena conoscibilità il PSTCM, completo di tutti gli elaborati, è pubblicato sul sito internet istituzionale della città metropolitana e dei comuni della città metropolitana e in quello dell’autorità competente in materia ambientale.
  1. In sede di rilascio del proprio parere la Regione, verificato il livello di adeguatezza degli elaborati relativi al riordino della conoscenza, può stabilire che gli stessi elaborati possano sostituire l’analisi del quadro conoscitivo da parte dei comuni della città metropolitana, che dovranno limitarsi a fare ad essi riferimento.
  2. La città metropolitana e la Regione pubblicano il PSTCM approvato in via definitiva e dei pareri espressi sui propri siti internet istituzionali.
  3. Il PSTCM entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione sul BURAS della deliberazione di approvazione definitiva, a cura del sindaco della città metropolitana.
  4. Il mancato rispetto dei termini previsti per l’adozione e per l’approvazione del PSTCM determina l’intervento sostitutivo della Regione ai sensi dell’articolo 52.
  5. Per quanto non disciplinato dal presente articolo si rinvia alle disposizioni in materia di approvazione del Piano Urbanistico comunale.

Capo II. Gli atti di pianificazione regionale

Art. 38 Il Piano paesaggistico regionale

  1. La Regione, attraverso il Piano paesaggistico regionale, assicura che l’intero territorio sia adeguatamente conosciuto, salvaguardato, pianificato e gestito, ne riconosce le caratteristiche paesaggistiche e ne delimita i relativi ambiti.
  2. Il Piano paesaggistico regionale, in coordinamento con gli strumenti regionali di programmazione economico finanziaria, fornisce, inoltre, elementi per la territorializzazione delle politiche regionali di sviluppo e costituisce il quadro di riferimento e di coordinamento tra la tutela e la valorizzazione del paesaggio e lo sviluppo sostenibile dell’intero territorio regionale.
  3. Il Piano paesaggistico regionalePiano paesaggistico regionale indica, per ciascun ambito, le linee di sviluppo dell’assetto territoriale, e contiene almeno:
  4. a) l’individuazione e la definizione dei valori paesaggistici, ambientali e identitari oggetto di tutela e la visione strategica del territorio regionale;
  5. b) il quadro descrittivo del territorio regionale, con l’evidenziazione delle potenzialità, delle dinamiche evolutive, delle situazioni di vulnerabilità e delle condizioni di trasformazione compatibili;
  6. c) la ricognizione degli immobili ed aree dichiarati di notevole interesse pubblico ai sensi dell’articolo 136 del decreto legislativo n. 42 del 2004;
  7. d) la ricognizione delle aree tutelate per legge di cui all’articolo 142 del decreto legislativo n. 42 del 2004; e) l’individuazione di ulteriori immobili o aree di notevole interesse pubblico di cui all’articolo 134, comma 1 lettera c) del decreto legislativo n. 42 del 2004;
  8. f) le prescrizioni d’uso finalizzate alla conservazione dei caratteri distintivi dei beni paesaggistici e le misure per la loro valorizzazione;
  9. g) gli eventuali ulteriori contesti, di cui all’articolo 143, comma 1 lett. e) del decreto legislativo n. 42 del 2004, da sottoporre a misure di salvaguardia e utilizzazione;
  10. h) gli indirizzi e i criteri per lo sviluppo di azioni integrate per la tutela e valorizzazione delle caratteristiche paesaggistiche del territorio;
  11. i) le misure necessarie per il corretto inserimento, nel contesto paesaggistico, degli interventi al fine di garantire lo sviluppo sostenibile del territorio, la sua salvaguardia e l’adattamento agli effetti dei cambiamenti climatici;
  12. j) l’individuazione di aree, all’interno degli ambiti di paesaggio, che per il valore delle risorse naturali e dei beni paesaggistici e culturali in esse ricomprese impongono una tutela integrale e il divieto di qualunque trasformazione, fatti salvi gli interventi di conservazione e utilizzo sostenibile delle risorse naturali, di gestione e valorizzazione dei beni paesaggistici e culturali e gli interventi di conservazione e ristrutturazione degli edifici esistenti;
  13. k) l’individuazione e delimitazione di ambiti di paesaggio, per quali in ragione dei valori paesaggisticoambientali presenti, sono dettate specifiche normative per garantire l’uso, la tutela e la valorizzazione e sono individuati adeguati obiettivi di qualità;
  14. l) le misure necessarie per disciplinare il compatibile inserimento, nei contesti paesaggistici, degli interventi di trasformazione, al fine di garantirne la sostenibilità ed elevati livelli di qualità;
  15. m) le misure di coordinamento e raccordo con i documenti programmatici di settore e con gli strumenti di pianificazione a rilevanza territoriale, nonché con i piani, programmi e progetti nazionali e regionali di sviluppo economico;
  16. n) le modalità di attuazione degli interventi che, per i loro effetti intercomunali, sono oggetto di accordi di pianificazione, finalizzati anche a garantire il riequilibrio tra i territori degli enti coinvolti;
  17. o) i progetti d’intervento, inclusi quelli di grande interesse sociale ed economico a regia regionale;
  18. p) la rete delle infrastrutture lineari, ferroviarie, stradali, ciclopedonali, energetiche, di telecomunicazione e la rete delle infrastrutture ambientali;
  19. q) la rete delle infrastrutture puntuali e dei principali nodi di interconnessione e scambio, passeggeri e merci, portuali e aeroportuali;
  20. r) gli indirizzi, direttive e prescrizioni per la pianificazione territoriale in materia di infrastrutture; s) le norme da applicarsi nelle more dell’adeguamento degli strumenti di pianificazione degli enti locali e dei piani settoriali al Piano paesaggistico regionale; t) le norme di salvaguardia.
  21. Il Piano paesaggistico regionale è costituito almeno da:
  22. a) la relazione tecnica illustrativa delle scelte;
  23. b) gli elaborati cartografici di rappresentazione, ove possibile in scala 1:10.000 del territorio, di ricognizione dei beni paesaggistici di cui agli articoli 136 e 142 del decreto legislativo n. 42 del 2004, di individuazione dei beni paesaggistici di cui all’articolo 134 lett. c del decreto legislativo n. 42 del 2004;
  24. c) gli elaborati nei quali siano indicate la delimitazione, la rappresentazione in scala adeguata e le prescrizioni d’uso per i beni paesaggistici;
  25. d) le norme tecniche di attuazione;
  26. e) le schede recanti indirizzi e modalità operative per l’attuazione delle politiche di sviluppo regionale e dei progetti di intervento;
  27. f) il rapporto ambientale e la sintesi non tecnica.

Art. 39 Procedure per l’approvazione del Piano paesaggistico regionale

  1. Il Piano paesaggistico è elaborato nel rispetto delle previsioni della legge costituzionale n. 3 del 1948 e delle relative norme di attuazione, nonché nel rispetto delle norme fondamentali di riforma economico sociale della Repubblica, incluse quelle che prevedono forme di collaborazione e cogestione con gli organi statali preposti alla tutela del paesaggio.
  2. Il Presidente della Regione espone al Consiglio regionale, che si pronuncia nel merito, le linee guida caratterizzanti il lavoro di predisposizione del Piano paesaggistico regionale.
  3. L’autorità procedente è la struttura dell’amministrazione regionale competente in materia di paesaggio e urbanistica, l’autorità competente in materia ambientale è la struttura dell’amministrazione regionale competente in materia di valutazione ambientale strategica, l’autorità competente all’adozione e approvazione del piano è la Giunta regionale.
  4. L’autorità procedente redige il rapporto ambientale preliminare, di cui all’articolo 13 del decreto legislativo n. 152 del 2006, sui possibili impatti significativi dell’attuazione della proposta di piano e lo trasmette alla Giunta regionale per la sua approvazione con deliberazione.
  5. Fatte salve le disposizioni di cui di cui all’articolo 13 del decreto legislativo n. 152 del 2006 Il rapporto ambientale preliminare, unitamente alle linee guida del Piano all’autorità competente in materia ambientale, è trasmesso all’autorità competente in materia ambientale ed è presentato in apposite sedute di consultazione pubblica. Al termine delle consultazioni, che si concludono non oltre il termine di novanta giorni, l’autorità procedente redige la proposta di piano e il rapporto ambientale, che contiene anche le informazioni e i contenuti dello Studio di Incidenza.
  6. La Giunta regionale adotta il piano in via preliminare con propria deliberazione, unitamente al rapporto ambientale e alla sintesi non tecnica.
  7. Dalla data di adozione in via preliminare e fino alla approvazione definitiva dello stesso trovano applicazione le misure di salvaguardia previste nel piano.
  8. Il piano adottato è depositato, dall’autorità procedente, presso la propria sede e presso le sedi della Presidenza della Regione e dell’autorità competente in materia ambientale ai fini della valutazione ambientale strategica e della valutazione di incidenza ambientale ed è, inoltre, trasmesso, su idoneo supporto digitale, alla competente Commissione del Consiglio regionale ai fini dell’espressione del proprio parere, da trasmettere alla Giunta regionale entro il termine perentorio di sessanta giorni.
  9. Dell’avvenuta adozione del piano, anche ai fini di cui al decreto legislativo n. 152 del 2006, è data notizia mediante pubblicazione di un avviso sul BURAS.
  10. Ai fini della piena conoscibilità il piano è, inoltre, pubblicato nel sito internet istituzionale della Regione.
  11. Entro il termine di sessanta giorni dalla pubblicazione dell’avviso di avvenuta adozione, chiunque può presentare osservazioni in forma scritta indirizzate all’autorità procedente e a quella competente in materia ambientale.
  12. Le osservazioni sono esaminate in collaborazione dall’autorità procedente e da quella competente in materia ambientale, la relazione tecnica istruttoria è trasmessa alla Giunta regionale che si esprime sulle osservazioni con propria deliberazione.
  13. L’autorità competente in materia ambientale, esaminate le osservazioni, esprime il proprio parere motivato entro novanta giorni e lo trasmette all’autorità procedente.
  14. L’autorità procedente, in collaborazione con l’autorità competente, provvede alle opportune revisioni della proposta di piano.
  15. Il piano, corredato dal parere espresso dall’autorità competente ed eventualmente revisionato ai sensi del comma 14, è approvato in via definitiva con deliberazione della Giunta regionale, ed è pubblicato sul sito internet istituzionale della Regione.
  16. La deliberazione di approvazione definitiva, unitamente alla relazione generale, alle norme tecniche di attuazione, al rapporto ambientale, al parere motivato espresso dall’autorità competente in materia ambientale, alla dichiarazione di sintesi cui all’ articolo
  17.  del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modifiche ed integrazioni, alle misure adottate in merito al monitoraggio di cui all’articolo 18 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modifiche ed integrazioni, alle norme tecniche di attuazione, è pubblicata sul BURAS e dal giorno successivo il piano entra in vigore.

Art. 40 Modifiche del Piano paesaggistico regionale non costituenti variante

  1. Non costituiscono variante al Piano paesaggistico regionale:
  2. a) le correzioni di errori materiali;
  3. b) le correzioni e adeguamenti necessitati da carenza di univoca e chiara interpretazione degli elaborati del Piano e l’eliminazione di contrasti fra enunciazioni dello stesso strumento quando sia evidente e univoco il rimedio;
  4. c) l’aggiornamento degli elaborati cartografici in recepimento delle risultanze dell’adeguamento degli strumenti urbanistici al Piano paesaggistico regionale;
  5. d) le specificazioni e gli aggiornamenti degli elementi conoscitivi o la delimitazione delle aree soggette a tutela paesaggistica in recepimento delle risultanze dell’adeguamento degli strumenti urbanistici al Piano paesaggistico regionale;
  6. e) le correzioni dei tematismi rispetto alle cartografie del Piano paesaggistico regionale inserite all’interno degli strumenti urbanistici comunali adeguati al Piano paesaggistico regionale, che non ne alterino i contenuti sostanziali
  7. f) gli aggiornamenti in termini di delimitazione o inserimento dei beni paesaggistici, siti di importanza comunitaria (SIC), zone di protezione speciale (ZPS), Monumenti naturali, Parchi regionali e nazionali, che hanno fonte e regolamentazione in atti normativi o altro atto amministrativo.
  8. Le modifiche di cui al comma 1, non devono essere assoggettate a valutazione ambientale strategica e a valutazione di incidenza ambientale (Vinca), sono approvate con deliberazione della Giunta regionale, pubblicata per estratto sul BURAS e in formato integrale sul sito internet istituzionale della Regione.

Art. 41 Aggiornamento del Piano paesaggistico regionale 1. La Giunta regionale, tramite l’osservatorio di cui all’articolo 13, verifica periodicamente lo stato di attuazione del piano e, con periodicità quinquennale, procede agli aggiornamenti conseguenti alla definizione delle strategie e degli obiettivi generali e specifici che la Regione intende perseguire per lo sviluppo economico e sociale.  2. Le modifiche rese necessarie da sopravvenute esigenze connesse all’attuazione delle politiche di sviluppo regionale, comprese quelle di rilevante interesse socio economico, sono apportate con la procedura per l’approvazione del piano.

Art. 42 Verifica e adeguamento del Piano paesaggistico regionale

  1. Il Piano paesaggistico regionale è oggetto di verifica e adeguamento nel rispetto delle previsioni della legge costituzionale n. 3 del 1948 e delle relative norme di attuazione, nonché nel rispetto delle norme fondamentali di riforma economico sociale della Repubblica, ivi incluse quelle che prevedono forme di collaborazione e cogestione con gli organi statali preposti alla tutela del paesaggio.
  2. La verifica e l’adeguamento sono finalizzati a garantire la conformità del piano alle previsioni di cui all’articolo 143 del decreto legislativo n. 42 del 2004 e successive modifiche e integrazioni.
  3. La Giunta regionale adotta in via preliminare la proposta di verifica e adeguamento del piano con propria deliberazione e la sottopone a verifica di assoggettabilità alla valutazione ambientale strategica e alla valutazione di incidenza ambientale.
  4. Dell’avvenuta adozione è data notizia mediante pubblicazione di un avviso sul BURAS.
  5. La proposta di verifica e adeguamento del piano è depositata presso la sede della struttura dell’amministrazione regionale competente in materia di paesaggio e urbanistica e presso la sede della Presidenza della Regione ed è trasmessa per opportuna conoscenza alla commissione consiliare competente in materia di governo del territorio.
  6. Ai fini della piena conoscibilità la proposta di verifica e adeguamento del Piano è pubblicata nel sito internet istituzionale della Regione.
  7. Entro trenta giorni decorrenti dalla pubblicazione dell’avviso di avvenuta adozione, chiunque può formulare osservazioni.
  8. Trascorso tale termine la Giunta regionale esamina le osservazioni presentate e delibera l’approvazione definitiva della verifica e adeguamento del piano, i cui elaborati sono pubblicati sul sito internet istituzionale della Regione.
  9. La deliberazione di approvazione definitiva è pubblicata sul BURAS, dal giorno successivo la verifica e adeguamento del piano entra in vigore.
  10. Ove la verifica di assoggettabilità determini la necessaria sottoposizione del piano a valutazione ambientale strategica o a valutazione di incidenza ambientale si applicano le disposizioni di cui all’articolo 39 commi da 8 16.

Art. 43 Programmi e progetti ecosostenibili di grande interesse sociale ed economico

  1. I comuni, in forma singola o associata e la Regione, anche con il concorso di altri soggetti pubblici e con l’eventuale partecipazione di soggetti privati, nel rispetto dell’articolo 133 comma 2 del decreto legislativo n. 42 del 2004 e successive modifiche e integrazioni, possono proporre programmi o progetti ecosostenibili di grande interesse sociale ed economico, finalizzati alla attuazione di interventi nei settori del turismo, dell’industria legata alla valorizzazione di filiere produttive locali, alla produzione e fornitura di servizi su scala regionale, alla soddisfazione di particolari fabbisogni sociali. I programmi o progetti avere hanno carattere e ricaduta sistemici e non essere limitati alla realizzazione di singoli interventi edilizi.
  2. Gli interventi proposti al fine di essere dichiarati di grande interesse sociale ed economico, con deliberazione della Giunta regionale, rispondono a criteri di:
  3. a) sostenibilità ambientale, conservando e gestendo le risorse, specialmente quelle non rinnovabili e preziose nel supporto agli organismi viventi, con particolare attenzione agli effetti inquinanti su aria, acqua e suolo, conservando la diversità biologica e l’eredità naturale;
  4. b) sostenibilità sociale, rispettando una equa distribuzione dei benefici, con una particolare attenzione alla creazione di occupazione diffusa, in particolare prestando attenzione alle culture e alle esigenze delle comunità locali;
  5. c) sostenibilità economica, distribuendo i benefici economici a tutti i livelli sociali e ai vari rami di attività economica, in particolare verificando la fattibilità economica e la sua sostenibilità a lungo termine, al fine di evitare l’insediamento di attività a rischio di precoce abbandono;
  6. d) sostenibilità energetica, prevedendo la massimizzazione dell’autoconsumo, lo stoccaggio e l’uso razionale dell’energia massimizzando l’impiego di fonti rinnovabili con particolare riguardo all’edilizia e la mobilità di persone e merci.
  7. Gli eventuali interventi turistici previsti all’interno dei programmi e progetti, devono essere finalizzati al raggiungimento degli obiettivi di un sistema turistico-ricettivo sostenibile secondo gli indirizzi del Programma per l’Ambiente delle Nazioni Unite (UNEP), ‘Making Tourism More Sustainable – A Guide for Policy Makers’, adottato a Parigi nel 2005.
  8. Gli interventi sostenuti sono corredati da analisi e studi che dimostrino che:
  9. a) le stesse funzioni non possono essere esercitate e gli stessi risultati non possono essere ottenuti con modalità alternative di minore impatto sulle risorse ambientali;
  10. b) i benefici sociali ed economici interessano un ambito territoriale vasto e una pluralità di settori produttivi e occupazionali;
  11. c) la capacità di promozione e sviluppo è compatibile con il sistema economico locale;
  12. d) sia garantita la sostenibilità funzionale ed economica a lungo termine, le eventuali capacità di adattabilità al mutamento degli scenari locali e generali, anche in funzione degli effetti derivanti dai cambiamenti climatici.
  13. La proposta di intervento è corredata da:
  14. a) deliberazione dell’organo competente dell’ente che propone l’attivazione del programma, piano o progetto;
  15. b) relazione descrittiva dell’intervento proposto, con evidenziazione dei risultati ed effetti attesi e delle analisi condotte in merito alla fattibilità dell’intervento sotto il profilo urbanistico, edilizio, paesaggistico, ambientale, economico e sociale, nonché dal punto di vista amministrativo procedurale;
  16. c) atto di condivisione e impegno sottoscritto tra i soggetti promotori per l’attuazione del programma, piano o progetto che contiene la quantificazione delle risorse economiche necessarie alla realizzazione degli interventi e delle azioni, il cronoprogramma delle attività e le fonti di finanziamento individuate;
  17. La relazione descrittiva dell’intervento proposto, in ogni caso, contiene:
  18. a) l’idea progettuale portante;
  19. b) la descrizione della struttura paesaggistica del territorio interessato e dell’inserimento paesaggistico dell’intervento, con indicazione delle eventuali misure compensative;
  20. c) la correlazione tra la struttura paesaggistica del territorio, gli obiettivi generali e specifici perseguiti e gli interventi e le azioni previsti;
  21. d) la proposta di adeguamento, integrazione e specificazione della disciplina paesaggistica del Piano paesaggistico regionale relativamente alle aree di cui all’articolo 38, comma 3, lettera j) e agli ambiti di cui all’art. 38, comma 3, lettera k), con inserimento delle stesse aree ed ambiti all’interno del Piano paesaggistico regionale se non previsti;
  22. e) la descrizione dell’impatto ambientale dell’intervento, dei costi ambientali e delle misure compensative eventualmente previste;
  23. f) l’analisi di rischio e di sensitività;
  24. g) la verifica della compatibilità urbanistica, o la proposta di adeguamento degli strumenti vigenti; h) la quantificazione dei benefici economico-sociali;
  25. i) il quadro economico-finanziario, con l’indicazione delle fonti di finanziamento e degli elementi necessari al fine di verificare la sostenibilità finanziaria dell’intervento, con rappresentazione degli eventuali costi di gestione;
  26. j) il crono-programma delle attività;
  27. k) gli elaborati progettuali illustrativi dell’intervento;
  28. l) ogni altro documento utile per illustrare l’intervento.
  29. Gli interventi di cui al presente articolo sono sottoposti a dibattito pubblico, che si svolge secondo le disposizioni contenute nella presente legge.
  30. Alla conclusione della fase partecipativa si procede alla sottoscrizione di un accordo di pianificazione. Nel caso in cui il soggetto proponente l’intervento non sia la Regione, l’istanza per la sottoscrizione dell’accordo è trasmessa alla Giunta Regionale.
  31. L’accordo di pianificazione è sottoscritto dal Presidente della Regione, dai sindaci dei comuni interessate dagli altri soggetti pubblici o privati coinvolti, compresi i rappresentanti del Ministero per i beni e le attività culturali e il turismo nel caso la localizzazione dell’intervento insista su beni paesaggistici. Ai fini della sottoscrizione dell’accordo, i rappresentanti degli enti coinvolti sono muniti di delega espressa da parte dell’organo istituzionalmente competente, al fine di ricondurre all’approvazione dell’accordo l’effetto di variante degli atti di governo del territorio vigenti.
  32. Le condizioni e prescrizioni apposte in sede di sottoscrizione dell’accordo di pianificazione integrano la proposta di intervento.
  33. Nel caso in cui l’accordo determini la variazione degli strumenti urbanistici vigenti trovano applicazione oltre alle disposizioni del presente articolo le procedure previste per gli accordi di programma dall’articolo 11.
  34. Nel caso in cui l’accordo determini l’aggiornamento del Piano paesaggistico regionale, anche in anticipazione rispetto a quanto previsto dall’articolo 41, si applica la procedura prevista dall’articolo 39 per l’approvazione del Piano paesaggistico regionale e l’efficacia dell’accordo resta sospesa fino alla conclusione dell’iter di approvazione. Non sono suscettibili di deroga le previsioni dettate ai sensi dell’articolo 38, comma 3, lettera j). Nel caso in cui sia necessario, l’aggiornamento del Piano paesaggistico regionale determina la variazione degli strumenti urbanistici vigenti.
  35. Nei casi di cui ai commi 11 e 12, la variante e l’aggiornamento sono sottoposti a verifica di assoggettabilità a Valutazione Ambientale Strategica (VAS). I progetti sono altresì sottoposti a Valutazione Ambientale Strategica (VAS) in tutti i casi previsti dagli articoli 6 e 7 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modifiche ed integrazioni. Nei restanti casi i progetti sono sottoposti a verifica di assoggettabilità a Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) Art. 44 Adeguamento degli strumenti di pianificazione al Piano paesaggistico regionale
  36. I comuni adeguano i propri strumenti urbanistici al Piano paesaggistico regionale nei termini in esso stabiliti che non devono essere superiori a ventiquattro mesi dall’entrata in vigore della presente legge, se ricompresi nel primo ambito omogeneo del Piano paesaggistico regionale o, negli altri casi, dall’entrata in vigore del Piano paesaggistico regionale relativo al proprio ambito di appartenenza.
  37. L’inutile decorso del termine di cui al comma 1 comporta:
  38. a) l’impossibilità per i comuni di adottare e approvare qualsiasi atto di governo del territorio e loro varianti, fatti salvi gli atti di pianificazione finalizzati al ripristino delle originarie destinazioni agricole o all’introduzione di aree di salvaguardia; 2. connessi alla realizzazione di opere pubbliche o dichiarate di pubblica utilità da disposizioni normative statali;
  39. di interventi localizzati riconosciuti con deliberazione della Giunta regionale di preminente interesse generale e di rilevanza regionale. b) l’esercizio dei poteri sostitutivi da parte della Regione nei modi e termini previsti dall’articolo 45. Art. 45 Intervento sostitutivo per il mancato adeguamento della pianificazione urbanistica al Piano paesaggistico regionale primo ambito omogeneo 1. Ove nel termine di sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge non sia stato avviato il processo di pianificazione in adeguamento al Piano paesaggistico regionale, primo ambito omogeneo la Regione, previa diffida rivolta al consiglio comunale con assegnazione del termine di sei mesi per provvedere, esercita l’intervento sostitutivo attraverso la nomina di un commissario ad acta. 2. L’intervento sostitutivo di cui comma 1 è finalizzato, principalmente, a dare attuazione alle disposizioni del Piano paesaggistico regionale attraverso:
  40. a) il riordino della conoscenza, attraverso la redazione degli elaborati descrittivi e cartografici;
  41. b) la verifica dello stato di attuazione dello strumento urbanistico vigente;
  42. c) la disciplina dei vincoli gravanti sul territorio e delle prescrizioni che precludono, limitano o condizionano l’uso o la trasformazione del territorio, derivanti da disposizioni di legge, dalle previsioni degli atti di pianificazione sovraordinata, dai provvedimenti amministrativi di vincolo;
  43. d) all’accertamento delle previsioni degli strumenti urbanistici vigenti, anche attuativi, che hanno cessato di avere efficacia per incompatibilità con le prescrizioni di cui alla lettera c). 3. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano ai comuni il cui territorio è integralmente ricompreso negli ambiti di paesaggio costieri.

Capo III. Pianificazione urbanistica a scala locale

Art. 46 Piano urbanistico comunale o intercomunale

  1. Il Piano urbanistico comunale (PUC) è lo strumento di pianificazione dell’intero territorio comunale, con il quale il comune sulla base dell’analisi dei caratteri socioeconomico, fisici, paesaggistici, ecologici e culturali ne definisce le esigenze di sviluppo, in una logica di sostenibilità e di minor consumo del suolo, garantendo la tutela dell’ambiente e stabilendo le modalità per la valorizzazione ambientale e paesaggistica.
  2. Il Piano urbanistico può essere redatto dai comuni in forma singola o associata. Il Piano urbanistico intercomunale (PUIC) ha ad oggetto l’intero territorio dei comuni coinvolti, è preceduto dall’accordo di pianificazione ed è, ai fini dell’adozione e approvazione, deliberato da ogni Consiglio comunale.
  3. Il Piano urbanistico, comunale o intercomunale, in coerenza con i piani sovraordinati e nel rispetto dei principi e delle finalità della presente legge, in particolare:
  4. a) effettua la ricognizione dei vincoli imposti dalle vigenti disposizioni normative e dagli strumenti di pianificazione sovraordinata;
  5. b) effettua la ricognizione e lo studio delle aree instabili o a rischio per caratteristiche geologiche e idrauliche;
  6. c) identifica gli elementi del territorio che costituiscono il sistema delle componenti ambientali, storicoculturali e insediative;
  7. d) identifica le parti di territorio che rivestono un particolare pregio storico-artistico ed ambientale, non vincolati, o di particolare interesse per la collettività da sottoporre a misure di salvaguardia;
  8. e) identifica gli insediamenti esistenti, analizzandone la consistenza e le dotazioni territoriali;
  9. f) identifica le parti di territorio caratterizzate da condizioni di degrado o da usi impropri;
  10. g) individua le aree destinate ad attività agricola e definisce la capacità d’uso dei suoli;
  11. h) individua le infrastrutture, puntuali e di rete, e le attrezzature di maggiore rilevanza;
  12. i) contiene l’analisi demografica e socio-economica complessiva, considerando le serie storiche, riferito a un periodo di almeno venti anni, e stabilendo la domanda futura da soddisfare rispetto a un orizzonte decennale;
  13. j) contiene l’analisi delle dinamiche turistiche, riferita a un periodo di almeno venti anni;
  14. k) definisce i fabbisogni insediativi da soddisfare, distinguendo tra residenziale, pubblico e privato, produttivo e turistico; l) definisce, nel rispetto della sostenibilità ambientale, il dimensionamento della capacità ricettiva, analizzando le tendenze del settore turistico desunte dalle analisi statistiche e di mercato e ne verifica l’attuabilità in funzione del quadro conoscitivo elaborato;
  15. m) valuta le esigenze di sviluppo degli insediamenti residenziali e produttivi, dei servizi e delle attrezzature e ne verifica l’attuabilità in funzione del quadro conoscitivo elaborato;
  16. n) classifica il territorio in ambiti distinguendo tra urbanizzato, trasformabile, di salvaguardia paesaggistico-ambientale e rurale;
  17. o) verifica le previsioni e lo stato di attuazione degli strumenti attuativi vigenti e disciplina le condizioni per la residua attuazione;
  18. p) disciplina gli interventi di recupero del patrimonio esistente, attraverso interventi di rigenerazione e riqualificazione urbana e paesaggistica;
  19. q) individua le parti del territorio urbanizzato nelle quali le trasformazioni possono essere attuate attraverso intervento diretto nel rispetto degli indici e degli altri parametri urbanistici ed edilizi previsti; r) localizza le aree per il soddisfacimento dei fabbisogni di servizi e attrezzature, apponendo vincolo preordinato all’esproprio o vincolo conformativo;
  20. s) individua gli ambiti di potenziale trasformabilità, cioè le parti di territorio residuali rispetto a quelle destinate alla valorizzazione agricola, ambientale e paesaggistica, idonee all’allocazione al proprio interno, anche attraverso bandi di gara, delle aree di trasformazione nella quantità necessaria per rispondere ai fabbisogni edificatori stabiliti attraverso le analisi di Piano;
  21. t) definisce le funzioni allocabili, anche in combinazione tra loro, all’interno degli ambiti di potenziale trasformabilità;
  22. u) definisce i criteri per la localizzazione e l’attribuzione della potenzialità edificatoria dei nuovi insediamenti, da attuarsi, anche attraverso bandi di gara, in parti di territorio all’interno degli ambiti di potenziale trasformabilità;
  23. v) determina, ferma l’analisi demografica e socio-economica complessiva, l’arco temporale e le modalità di attuazione del Piano per il soddisfacimento dei fabbisogni insediativi, residenziali e produttivi, e turistici;
  24. w) definisce la metodologia e i criteri, nonché i limiti, per l’individuazione degli ambiti di perequazione, di compensazione e per l’attribuzione degli incrementi volumetrici;
  25. x) definisce gli interventi ammissibili nell’ambito rurale, in funzione dell’effettiva capacità d’uso dei suoli e delle politiche di sviluppo agricolo;
  26. y) definisce le modalità di rendicontazione degli interventi di trasformazione e i termini di effettuazione del monitoraggio.
  27. Nel Piano urbanistico, ai fini della verificabilità delle condizioni di esclusione dal vincolo paesaggistico di cui all’articolo 142, comma 2 del decreto legislativo n. 42 del 2004, sono riportati i perimetri delle zone urbanistiche omogenee A e B di cui al decreto assessoriale n. 2266/U del 1983 (Disciplina dei limiti e dei rapporti relativi alla formazione di nuovi strumenti urbanistici ed alla revisione di quelli esistenti nei comuni della Sardegna), come delimitate dagli strumenti urbanistici comunali alla data del 6 settembre 1985.
  28. Il Piano urbanistico non attribuisce potestà edificatoria agli ambiti di potenziale trasformabilità, né conferisce agli stessi una potenzialità edificatoria, attribuita unicamente a seguito dell’approvazione dei piani attuativi relativi alle parti di territorio in essi ricompresi e attribuiti mediante bando di gara. Il Piano urbanistico ha efficacia conformativa del diritto di proprietà limitatamente all’apposizione dei vincoli non aventi natura espropriativa.
  29. Gli interventi di rigenerazione e riqualificazione urbanistica e paesaggistica da attuarsi negli ambiti urbanizzati e negli insediamenti presenti negli ambiti rurali e i nuovi insediamenti da attuarsi negli ambiti di potenziale trasformabilità sono realizzati a mezzo di piani attuativi, di iniziativa pubblica o privata, che ne definiscono la delimitazione, l’assetto urbanistico, le destinazioni d’uso in connessione con le funzioni da garantire e le dotazioni territoriali essenziali.
  30. Le previsioni contenute nel Piano urbanistico, relativamente all’individuazione degli ambiti di potenziale trasformabilità cessano di avere efficacia ove, decorso il termine previsto dallo stesso piano per l‘attuazione degli interventi, non siano stati adottati i piani attuativi.
  31. La Regione promuove l’associazione dei comuni per la formazione dei relativi piani urbanistici intercomunali, dettando gli indirizzi e i criteri per la delimitazione delle aggregazioni intercomunali. Art. 47 Gli elaborati del Piano urbanistico 1. Il Piano urbanistico, comunale o intercomunale, è costituito dai seguenti elaborati:
  32. a) la relazione illustrativa, che definisce gli obiettivi di sviluppo economico sociale del territorio e contiene l’analisi demografica e socio economica del territorio, con comparazione tra lo stato di fatto e con le risultanze delle scelte strategiche e di sviluppo locale del territorio;
  33. b) gli elaborati cartografici e testuali di riordino della conoscenza descrittivi delle componenti strutturali del territorio, contenenti la rappresentazione dei seguenti elementi: 1. beni paesaggistici ai sensi dell’art. 134 comma 1 lettera a) del decreto legislativo n. 42 del 2004 e successive modifiche e integrazioni individuati e tipizzati dal Piano paesaggistico regionale; 2. beni paesaggistici ai sensi dell’art. 134 comma 1 lett. b) del decreto legislativo n. 42 del 2004 e successive modifiche e integrazioni; 3. beni paesaggistici ai sensi dell’art. 134 comma 1 lett. c) del decreto legislativo n. 42 del 2004 e successive modifiche e integrazioni; 4. beni identitari e beni paesaggistici individuati e tipizzati dal Piano paesaggistico regionale; 5. beni storico culturali presenti nel territorio; 6. aree instabili o a rischio per caratteristiche geologiche e idrauliche; 7. componenti ambientali; 8. capacità di uso dei suoli e uso in atto a fini agricoli e forestali; 9. infrastrutture e attrezzature esistenti; 10. insediamenti esistenti; 11. ambiti di paesaggio locale con riconoscimento dei valori e disvalori; c) gli elaborati cartografici e descrittivi delle scelte di piano, contenenti: 1. analisi del dimensionamento, in funzione in funzione dei fabbisogni rilevati e delle linee di sviluppo sociale, economico e demografico del territorio; 2. riconoscimento dell’effettiva funzione degli insediamenti esistenti con disciplina delle potenzialità di sviluppo; 3. disciplina degli ambiti urbanizzati; 4. individuazione delle aree da rigenerare o riqualificare, con indicazione degli elementi incongrui e dei detrattori paesaggistici e ambientali; 5. individuazione degli ambiti rurali nei quali non è consentito ulteriore consumo di suolo; 6. disciplina delle aree rurali; 7. individuazione degli ambiti di potenziale trasformabilità; 8. disciplina delle trasformazioni ammesse, loro tempificazione e definizione dei criteri di scelta delle modalità di attuazione; d) gli elaborati relativi alle valutazioni ambientali e alla compatibilità con il Piano stralcio per l’assetto idrogeologico del bacino unico regionale e con il Piano di gestione del rischio alluvioni (PGRA); e) le disposizioni finalizzate ad assicurare la qualità architettonica degli insediamenti; f) le norme di attuazione.

Art. 48 Procedura di approvazione del Piano urbanistico comunale.

  1. Il Piano urbanistico comunale è elaborato nel rispetto delle previsioni dei documenti pianificatori sovraordinati e delle disposizioni vigenti in materia di governo del territorio, il procedimento disciplinato dal presente articolo trova applicazione per l’elaborazione e approvazione del piano urbanistico comunale e delle sue varianti. L’organo competente all’approvazione del piano preliminare e all’adozione e approvazione del piano è il consiglio comunale.
  2. Ove ne ravvisi la necessità il sindaco, a ciò delegato dal consiglio comunale, può promuovere la stipulazione di un accordo di pianificazione di cui all’articolo 9 della presente legge.
  3. Il sindaco espone al consiglio comunale, che si pronuncia nel merito con proprio ordine del giorno, il piano urbanistico preliminare, redatto, anche sulla base dei materiali informativi messi a disposizione, da professionisti incaricati o da personale dipendente dell’amministrazione comunale in possesso delle necessarie competenze e qualifiche, che contiene:
  4. a) gli indirizzi e gli obiettivi generali del piano, unitamente all’analisi del dimensionamento in funzione dei fabbisogni rilevati;
  5. b) le analisi inerenti agli aspetti geologici, idraulici e sismici previste dalle specifiche normative in materia richiesti ai fini dell’adeguamento al Piano stralcio per l’assetto idrogeologico del bacino unico regionale e al Piano di gestione del rischio alluvioni (PGRA);
  6. c) le analisi inerenti agli aspetti paesaggistici, ambientali, storico culturali e insediative, richieste ai fini dell’adeguamento al Piano paesaggistico regionale;
  7. d) il rapporto ambientale preliminare, comprendente una descrizione del piano e le informazioni e i dati necessari alla verifica degli impatti significativi sull’ambiente.
  8. Il piano preliminare è trasmesso all’autorità competente in materia ambientale, pubblicato sul sito internet istituzionale del comune e della Regione, ai fini della consultazione preliminare di cui all’articolo 13 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modifiche e integrazioni, ed è presentato, unitamente all’autorità competente in materia ambientale, in apposite sedute di consultazione pubblica ed è valutato dalle strutture competenti nella prima conferenza di copianificazione, alla quale partecipano, comunque, i seguenti soggetti:
  9. a) i rappresentanti dell’amministrazione regionale competenti alla verifica di coerenza con le vigenti disposizioni in materia di governo del territorio e con gli atti di pianificazione sovraordinati, inclusi il Piano Paesaggistico regionale e il Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico del bacino unico regionale (PAI) e il Piano di gestione del rischio alluvioni (PGRA);
  10. b) i rappresentanti dell’amministrazione regionale competenti in materia di valutazione di incidenza ambientale; c) l’autorità competente in materia ambientale;
  11. d) i rappresentanti dell’ Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente della Sardegna (ARPAS);
  12. e) i rappresentanti degli organi ministeriali preposti alla tutela del paesaggio.
  13. Al termine delle consultazioni, e non oltre il termine di novanta giorni, i soggetti partecipanti alla prima conferenza di copianificazione esprimono la propria valutazione tramite osservazioni e contributi in merito:
  14. a) alla proposta tecnica di piano preliminare, con particolare riferimento alla sua coerenza con i piani sovraordinati e con i vincoli presenti nel territorio;
  15. b) alla specificazione dei contenuti da sviluppare nel rapporto ambientale. 6. Il comune avvalendosi delle osservazioni e dei contributi espressi dalla conferenza di copianificazione, predispone il progetto di piano, il rapporto ambientale e la sintesi non tecnica che sono adottati con deliberazione del Consiglio Comunale.
  16. Nel caso in cui il territorio oggetto di pianificazione comprenda o proponga siti di importanza comunitaria (SIC), zone speciali di conservazione e zone di protezione speciale, il progetto di piano deve essere corredato da uno studio per individuare e valutare gli effetti che lo stesso può avere sul sito e la valutazione di incidenza di cui all’articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357 (Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche) è effettuata dal rappresentante dell’amministrazione regionale competente in materia che si esprime nei termini e modi previsti dai commi seguenti in sede di conferenza di copianificazione.
  17. Entro quindici giorni dall’adozione, anche ai fini di cui al decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modifiche e integrazioni, il Piano urbanistico comunale è depositato a disposizione del pubblico presso la segreteria del comune e presso la sede dell’autorità competente in materia ambientale ai fini della valutazione ambientale strategica, dell’avvenuta adozione e del deposito è data notizia mediante pubblicazione di un avviso sul BURAS e sul sito internet istituzionale del comune. Ai fini della piena conoscibilità il Piano, completo di tutti gli elaborati, è pubblicato sul sito internet istituzionale del comune e in quello dell’autorità competente in materia ambientale. I comuni possono avvalersi di ulteriori forme di pubblicità dell’avvenuta adozione.
  18. Contestualmente al deposito del Piano urbanistico comunale il sindaco convoca la seconda conferenza di copianificazione, alla quale partecipano tutti i soggetti competenti all’espressione di pareri, nulla osta o atti di assenso comunque denominati, come individuati al comma 4.
  19. Entro il termine di sessanta giorni dalla pubblicazione dell’avviso di cui al comma 8 sul BURAS, chiunque può prendere visione del piano e presentare osservazioni, in forma scritta, sul piano e sul rapporto ambientale. Entro lo stesso termine, salvo quanto previsto dal comma 13 i partecipanti alla conferenza di copianificazione, che non si siano già espressi definitivamente in occasione della prima conferenza, si esprimono sul piano adottato.
  20. Le osservazioni di cui al comma 10 sono esaminate dall’autorità procedente in collaborazione con l’autorità competente in materia ambientale e con i rappresentanti dell’amministrazione regionale competenti alla verifica di coerenza con le vigenti disposizioni in materia di governo del territorio e con gli atti di pianificazione sovraordinati.
  21. Le proposte motivate di accoglimento o rigetto delle osservazioni sono approvate, salvo l’esercizio dei poteri sostitutivi da parte della Regione, entro il termine perentorio di quarantacinque giorni dalla scadenza del termine di cui al comma 10, dall’autorità procedente con deliberazione del Consiglio Comunale. La deliberazione di esame motivato delle osservazioni è trasmessa all’autorità competente in materia ambientale e ai rappresentanti dell’amministrazione regionale competenti alla verifica di coerenza con le vigenti disposizioni in materia di governo del territorio e con gli atti di pianificazione sovraordinati.
  22. Entro il termine perentorio di novanta giorni dalla scadenza del termine di cui al comma 10, l’autorità competente in materia ambientale, i rappresentanti dell’amministrazione regionale competenti alla verifica di coerenza con le vigenti disposizioni in materia di governo del territorio e con gli atti di pianificazione sovraordinati e i rappresentanti degli organi ministeriali preposti alla tutela del paesaggio esprimono il proprio parere motivato sul piano adottato e sugli effetti derivanti dall’accoglimento o rigetto delle osservazioni
  23. Su richiesta motivata dell’autorità competente in materia ambientale o della Regione il termine della seconda conferenza di copianificazione e valutazione può essere prorogato per non più di trenta giorni. La tutela avverso il silenzio dell’autorità competente in materia ambientale e dei rappresentanti dell’amministrazione regionale è disciplinata dalle disposizioni generali del processo amministrativo.
  24. L’autorità procedente provvede alle opportune revisioni della proposta di piano conformandosi alle osservazioni, prescrizioni e condizioni formulate dai partecipanti alla conferenza di copianificazione.
  25. Il piano è approvato in via definitiva con deliberazione del consiglio comunale, entro il termine di 6 mesi dalla data di conclusione dei lavori della seconda conferenza di copianificazione, ed è trasmesso alla struttura dell’amministrazione regionale competente per la verifica di coerenza con le vigenti disposizioni in materia di governo del territorio.
  26. Il dirigente della Direzione regionale competente in materia di governo del territorio convoca, ove necessario, la terza conferenza di copianificazione al fine di accertare, nel termine di quindici giorni, l’avvenuto recepimento all’interno del piano delle osservazioni, prescrizioni e condizioni formulate nella seconda conferenza di copianificazione e, ove ne ravvisi la necessità, invita il comune a conformarsi ai pareri espressi, entro il termine perentorio di trenta giorni provvedendo ad integrare gli elaborati del piano e ad adottare apposita deliberazione di recepimento.
  27. Decorsi inutilmente i termini di cui al precedente comma la Regione esercita il potere sostitutivo di cui all’articolo 52.
  28. Il comune e la Regione provvedono alla pubblicazione sui propri siti internet istituzionali del Piano, dei pareri espressi, della dichiarazione di sintesi di cui all’articolo 17 del decreto legislativo n. 152 del 2006, delle misure adottate in merito al monitoraggio di cui all’articolo 18 del decreto legislativo n. 152 del 2006.
  29. Il Piano entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione sul BURAS della deliberazione di approvazione definitiva, a cura del comune.

Art. 49 Procedura di approvazione del Piano Urbanistico intercomunale

  1. La pianificazione intercomunale tra comuni ricadenti in ambiti caratterizzati da contiguità territoriale, ovvero ricadenti negli ambiti territoriali ottimali per l’esercizio associato delle funzioni è effettuata negli ambiti sovra comunali individuati dagli atti di pianificazione sovraordinata o con deliberazione della Giunta regionale. La pianificazione intercomunale può essere, inoltre, effettuata qualora riguardi un numero di comuni non inferiore a quattro o un numero di comuni la cui popolazione complessiva non sia inferiore a 5.000 abitanti.
  2. La pianificazione intercomunale assicura una coerente ed equilibrata distribuzione territoriale di infrastrutture e servizi pubblici o di pubblica utilità riferiti all’ambito intercomunale e consente l’utilizzo della perequazione urbanistica e compensazione urbanistica territoriale riferite al territorio sovracomunale interessato.
  3. I comuni o loro forme associative esercitano la funzione della pianificazione intercomunale secondo quanto previsto in apposito accordo di pianificazione di cui all’articolo 9, che contiene le indicazioni sui limiti, modalità, vigilanza e durata dell’attribuzione a uno dei comuni o loro forme associative della delega della funzione pianificatoria intercomunale. L’accordo di pianificazione è deliberato da ogni Consiglio comunale e sottoscritto dal sindaco a ciò delegato.
  4. Nell’accordo di copianificazione di cui al comma 3 è attribuita la delega per la redazione del Piano urbanistico intercomunale (PUIC) a una delle forme associative degli enti locali previste dalle vigenti disposizioni o a uno dei comuni interessati, designato comune capofila.
  5. I contenuti e gli elaborati del Piano urbanistico intercomunale sono quelli previsti dall’articolo 47 della presente legge. 6. Il Piano urbanistico intercomunale segue le procedure di approvazione del Piano urbanistico comunale di cui all’articolo precedente, con la specificazione che il Piano intercomunale deve essere adottato e approvato con deliberazione di ciascuno dei Consigli comunali dei comuni compresi nel territorio interessato dal piano.

Art. 50 Varianti e revisioni del Piano urbanistico comunale e intercomunale

  1. Il Piano urbanistico comunale e intercomunale è sottoposto a monitoraggio e a verifica con periodicità almeno triennale, al fine di verificare lo stato di attuazione delle relative previsioni e la necessità o meno di variarlo o sostituirlo.
  2. Le modifiche degli elaborati e delle norme di attuazione costituiscono varianti al piano urbanistico.
  3. Sono varianti sostanziali quelle che:
  4. a) interessano l’intero territorio o modificano l’impianto complessivo del piano;
  5. b) incrementano la previsione insediativa;
  6. c) modificano la qualificazione degli ambiti territoriali individuati;
  7. d) adeguano o conformano il piano al Piano paesaggistico regionale o modificano le norme di tutela e salvaguardia afferenti ai beni paesaggistici.
  8. Sono varianti non sostanziali quelle che:
  9. a) non comportano un incremento al dimensionamento complessivo del piano;
  10. b) non riducono le dotazioni territoriali essenziali al di sotto dei valori minimi di cui alla presente legge; c) variano le previsioni insediative modificando le destinazioni d’uso originarie ad altre destinazioni con esse compatibili; d) adeguano il piano a disposizioni di legge statali e regionali;
  11. e) riportano sul piano la localizzazione di infrastrutture previste da piani di settore.
  12. L’autorità procedente sottopone le varianti non sostanziali a preventiva verifica di assoggettabilità a valutazione ambientale strategica presso l’autorità competente.
  13. Non costituiscono varianti al piano le modifiche che:
  14. a) correggono errori materiali;
  15. b) eliminano contrasti fra enunciazioni dello stesso strumento quando sia evidente e univoco il rimedio;
  16. c) correggono o adeguano gli elaborati del piano per assicurare chiarezza e univocità senza incidere sulle scelte di pianificazione;
  17. d) aggiornano, con finalità di riordino, gli elaborati cartografici e normativi del piano in recepimento di varianti già approvate conseguenti all’approvazione di opere pubbliche o di pubblica utilità, alla sottoscrizione di accordi di programma o di pianificazione, alle intese Stato-Regione nell’ambito delle procedure di localizzazione di opere di interesse statale o in recepimento di variazioni automatiche previste dalle vigenti disposizioni nazionali e regionali.

Art. 51 Procedure per l’approvazione delle varianti  del Piano urbanistico comunale e intercomunale

  1. Le varianti sostanziali al Piano Urbanistico, Comunale o intercomunale, sono adottate e approvate con le procedure previste dagli articoli 48 e 49.
  2. La varianti non sostanziali al Piano Urbanistico, Comunale o intercomunale, sono adottate con deliberazione del Consiglio Comunale, nella quale sono puntualmente indicate le condizioni che determinano la classificazione della variante come non sostanziale.
  3. Il comune, entro quindici giorni dall’adozione della variante non sostanziale, trasmette alla Regione la deliberazione unitamente ai relativi allegati, inclusivi di un prospetto dal quale emerga il raffronto tra il Piano vigente e la variante relativamente al dimensionamento, all’allocazione delle relative previsioni insediative, al rispetto degli standard. Entro il termine di quindici giorni la Regione può segnalare al comune la necessità di sottoporre la variante al procedimento ordinario di cui dagli articoli 48 e 49.
  4. Entro quindici giorni dall’adozione, la variante non sostanziale è depositata a disposizione del pubblico presso la segreteria del comune, dell’avvenuta adozione e del deposito è data notizia mediante pubblicazione di un avviso sul BURAS e sul sito internet istituzionale del comune. Ai fini della piena conoscibilità la variante, completa di tutti gli elaborati, è pubblicata sul sito internet istituzionale del comune.
  5. Entro il termine di trenta giorni dalla pubblicazione dell’avviso sul BURAS, chiunque può prendere visione della variante e presentare osservazioni, in forma scritta.
  6. Decorso il termine di cui al comma 5, la variante è approvata con deliberazione del Consiglio comunale, previo esame delle osservazioni pervenute, pubblicata unitamente ai relativi allegati nel sito internet istituzionale del comune e per estratto che controdeduce in ordine alle osservazioni pervenute e pubblica il relativo avviso sul BURAS.
  7. Il comune invia alla Regione la comunicazione dell’approvazione della variante non sostanziali, unitamente agli elaborati cartografici e normativi, in formato cartaceo e digitale.
  8. In caso di sottoposizione a valutazione ambientale strategica della variante non sostanziale si applicano le procedure previste dagli articoli 48 e 49. Art. 52 Intervento sostitutivo per la mancata approvazione del Piano Urbanistico 1. In tutti i casi in cui per inerzia dell’Amministrazione procedente un adempimento connesso all’approvazione de PUC o del PUIC, o relative varianti, non risulti effettuato entro i termini procedimentali indicati dalla presente legge, si applicano le disposizione di cui ai successivi commi 2 e 3. 2. L’Assessorato regionale competente in materia di governo del territorio assegna al Consiglio comunale un termine di tempo non superiore a sessanta giorni per provvedere. Decorso inutilmente tale termine, ove il mancato completamento non sia imputabile a ritardi o inadempimenti di altre amministrazioni, il Presidente della Regione, previa deliberazione della Giunta regionale adottata su proposta dell’Assessore competente in materia di governo del territorio, nomina uno o più commissari che provvedono in via sostitutiva.
  9. Nel procedimento di approvazione del Piano urbanistico comunale e del Piano urbanistico intercomunale, l’intervento sostitutivo della Regione è obbligatorio qualora l’amministrazione pubblica interessata eccepisca il conflitto di interesse in capo alla metà più uno dei consiglieri comunali o nei casi in cui per le medesime ragioni venga meno il rapporto elettivo di proporzione fra maggioranza e minoranza consiliare.

Art. 53 Decadenza dai vincoli

  1. Le previsioni del Piano Urbanistico, Comunale o intercomunale, che assoggettano singoli beni a vincoli preordinati all’esproprio decadono qualora entro cinque anni dall’entrata in vigore del Piano le stesse non siano state attuate o non sia stato emanato un provvedimento che comporta la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera.
  2. In sede di reiterazione dei vincoli di cui al comma 1, il comune può avvalersi di tecniche di perequazione e compensazione per l’equo ristoro a favore dei proprietari degli immobili interessati.
  3. Nelle aree interessate da vincoli espropriativi decaduti, sugli edifici esistenti, possono essere realizzati interventi di: a) manutenzione ordinaria b) manutenzione straordinaria, c) restauro e risanamento conservativo,  d) ristrutturazione edilizia.
  4. Nelle aree interessate da vincoli espropriativi decaduti sono, inoltre, consentiti gli interventi di nuova costruzione nel rispetto dei seguenti limiti a) nell’ambito urbanizzato, all’interno del centro di antica e prima formazione unicamente alle condizioni previste dal piano particolareggiato adeguato al Piano paesaggistico regionale; b) nell’ambito urbanizzato al di fuori del centro di antica e prima formazione nel rispetto dei parametri urbanistico edilizi individuati dal piano urbanistico per le ipotesi di intervento diretto;
  5. Nel caso in cui l’area ricada all’interno degli ambiti di potenziale trasformabilità o degli ambiti rurali, a seguito della decadenza dei vincoli la stessa è assoggettata alle regole e condizioni di trasformazione del relativo ambito. 6. La decadenza di cui al comma 1 non opera in presenza di vincoli conformativi.

Capo IV. Piani attuativi

Art. 54 Piani attuativi 

  1. Le previsioni del Piano Urbanistico, comunale e intercomunale, sono attuate tramite strumenti urbanistici esecutivi, definiti piani attuativi.
  2. I piani attuativi si distinguono, in ragione del proponente, pubblico, privato o pubblico – privato.
  3. Sono piani attuativi:
  4. a) i piani particolareggiati dei centri di antica e prima formazione;
  5. b) i piani esecutivi di iniziativa pubblica, ivi compresi i piani di risanamento, i piani per l’edilizia economica e popolare e il piano dei servizi;
  6. c) i piani esecutivi di iniziativa privata convenzionata;
  7. d) i piani di recupero e riqualificazione urbanistica e paesaggistica, di iniziativa pubblica, privata o pubblico – privata;
  8. e) i piani delle aree per insediamenti produttivi, di iniziativa pubblica, privata o pubblico – privata;
  9. f) i piani di utilizzo dei litorali, di iniziativa pubblica; g) gli ulteriori atti di pianificazione di livello non generale cui sia attribuita tale qualificazione da ulteriori disposizioni normative.
  10. Nelle aree oggetto di piano attuativo la realizzazione degli interventi può prevedere l’utilizzo degli strumenti di perequazione, compensazione e incrementi volumetrici.

Art. 55 Contenuto dei piani attuativi

  1. I piani attuativi contengono:
  2. a) il perimetro delle aree di trasformazione, ricadenti negli ambiti a tal fine individuati all’interno del Piano urbanistico;
  3. b) l’individuazione progettuale di massima delle opere d’urbanizzazione primaria e secondaria; c) la localizzazione degli spazi riservati alla realizzazione delle dotazioni territoriali essenziali;
  4. d) la localizzazione degli spazi destinati a misure di compensazione ecologica; e) l’assetto planivolumetrico complessivo dell’area di intervento;
  5. f) l’eventuale individuazione degli edifici o parti di essi oggetto di recupero e riuso, con l’indicazione delle specifiche categorie di intervento ammesse;
  6. g) l’indicazione delle tipologie edilizie per gli eventuali nuovi fabbricati derivanti da interventi di nuova edificazione o da demolizione e ricostruzione;
  7. h) l’eventuale suddivisione del piano in stralci funzionali;
  8. i) il dettaglio, mediante l’indicazione dei relativi dati catastali, delle proprietà eventualmente da espropriare o da vincolare secondo le procedure e modalità previste dalle disposizioni vigenti;
  9. j) ogni altro elemento utile a definire adeguatamente gli interventi previsti ed il loro inserimento nel contesto di riferimento;
  10. I piani attuativi sono corredati da: a) una relazione illustrativa;
  11. b) gli elaborati cartografici e descrittivi degli interventi e la rappresentazione della loro coerenza con gli strumenti urbanistici generali e con i piani sovraordinati;
  12. c) l’apparato normativo, che include le disposizioni relative alla perequazione, alla compensazione urbanistica e agli incrementi volumetrici;
  13. d) una relazione sulle condizioni di fattibilità economico-finanziaria degli interventi; e) il crono programma di realizzazione del piano e degli interventi in esso ricompresi;
  14. f) il computo metrico estimativo ai fini del calcolo degli oneri;
  15. g) lo schema di convenzione nel caso di piani di iniziativa privata e nelle ulteriori ipotesi in cui ne sia prevista la stipulazione; h) gli elaborati richiesti per le valutazioni ambientali;
  16. i) gli elaborati richiesti per le approvazioni paesaggistiche.

Art. 56 Attuazione mediante bando di gara dei nuovi interventi

  1. Il Piano Urbanistico, comunale e intercomunale, definisce l’operatività nel tempo e nello spazio delle sue previsioni, programmando gli interventi di nuova edificazione e urbanizzazione da localizzare in parti di territorio ricomprese negli ambiti di potenziale trasformabilità.
  2. Nel rispetto della programmazione temporale di massima contenuta nel Piano Urbanistico comunale o intercomunale, i comuni tramite appositi bandi invitano i privati interessati, alla presentazione di proposte pianificatorie attuative tese a soddisfare il fabbisogno di nuovi edifici e interventi di urbanizzazione, da attuarsi in aree di loro proprietà facenti parte degli ambiti di potenziale trasformabilità.
  3. Nel bando sono indicati i fabbisogni da soddisfare, distinti per funzioni, le opere di urbanizzazione da realizzare e le dotazioni territoriali essenziali, i tempi di attuazione e i criteri di valutazione per la selezione del soggetto attuatore. Le proposte di pianificazione attuativa dovranno essere predisposte nel rispetto dei parametri urbanistico edilizi definiti dalla presente legge per le varie funzioni residenziale, turistico-ricettivo e produttivo.
  4. Tra i criteri di valutazione delle proposte di aree e delle relativa modalità di pianificazione attuativa, ferma la necessità di motivarne la scelta, potranno essere previsti:
  5. a) la contiguità delle aree proposte con gli insediamenti esistenti; b) la connessione delle aree proposte con gli insediamenti esistenti;
  6. c) la proposta di aree già trasformate o in disuso, da riqualificare;
  7. d) l’adozione di misure di ecosostenibilità sia al livello edilizio che urbanistico e) l’adozione di misure di integrazione e mitigazione paesaggistiche;
  8. f) l’adozione di misure di compensazione ecologica, ivi compresa l’integrazione con attività agricole; g) la riduzione della superficie impermeabilizzata rispetto allo stato di fatto;
  9. h) la dotazione aggiuntiva, rispetto alle quantità minime previste, di dotazioni territoriali essenziali; i) l’inclusione di soluzioni di edilizia residenziale sociale;
  10. j) la valorizzazione dei beni paesaggistici e identitari o degli elementi di valore storico-culturale presenti all’interno dell’area di intervento o nelle sue immediate adiacenze;
  11. k) l’eliminazione dei detrattori ambientali e paesaggistici presenti nell’area di intervento o nelle sue immediate adiacenze;
  12. l) l’adozione di misure di adattamento agli effetti dei cambiamenti climatici;
  13. m) l’adozione di misure per la creazione di reti energetiche intelligenti caratterizzate da alti livelli di autoconsumo, forte integrazione delle fonti energetiche rinnovabili e gestione razionale dell’energia.
  14. Possono presentare proposte attuative i proprietari di almeno il 70 per cento delle aree necessarie all’attuazione dell’intervento e ricadenti negli ambiti di potenziale trasformabilità individuati dal piano, o soggetti dagli stessi autorizzati. La proposta deve essere corredata, nel caso di pluralità di proprietari, dall’impegno a costituirsi in consorzio ai fini dell’adozione del piano esecutivo.
  15. A conclusione della valutazione delle proposte presentate il comune individua il soggetto attuatore ed adotta la proposta di piano attuativo.

Art. 57 Attuazione mediante proposta di iniziativa privata dei nuovi interventi.

  1. Nel rispetto delle previsioni del Piano Urbanistico comunale o intercomunale e della programmazione temporale di massima in esso contenuta, ove il comune non abbia proceduto ai sensi dell’articolo 56 della presente legge, i proprietari di almeno il 70 per cento di aree necessarie all’attuazione dell’intervento e ricadenti negli ambiti di potenziale trasformabilità individuati dal Piano, o soggetti dagli stessi autorizzati, possono presentare di loro iniziativa una proposta di pianificazione attuativa.
  2. La proposta è pubblicata sul sito internet istituzionale del comune con assegnazione di un termine per la presentazione di proposte di aree alternative, sempre ricomprese negli ambiti di potenziale trasformabilità, da formularsi nel rispetto delle condizioni minime contenute nella proposta di pianificazione attuativa di cui al comma 1. Il comune pubblica contestualmente apposito bando contenente i criteri di valutazione delle proposte. In caso di parità di punteggio è preferito il proponente originario che potrà modificare la propria proposta in coerenza con i criteri di valutazione.

Art. 58 Procedimento di formazione dei piani attuativi

  1. I piani attuativi, dopo la conclusione della procedura di cui all’articolo 57 in caso di piani esecutivi di iniziativa privata, sono adottati con deliberazione del consiglio comunale.
  2. Entro quindici giorni dall’adozione, anche ai fini di cui al decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modifiche e integrazioni, il piano attuativo è depositato a disposizione del pubblico presso la segreteria del comune e presso la sede dell’autorità competente in materia ambientale ai fini della valutazione ambientale strategica, ove necessaria, dell’avvenuta adozione e del deposito del piano attuativo è data notizia mediante pubblicazione di un avviso sul BURAS e sul sito internet istituzionale del comune. Ai fini della piena conoscibilità il piano, completo di tutti gli elaborati, è pubblicato sul sito internet istituzionale del comune e in quello dell’autorità competente in materia ambientale. I comuni possono adottare ulteriori forme di pubblicità dell’avvenuta adozione.
  3. Entro il termine di sessanta giorni dalla pubblicazione dell’avviso sul BURAS, chiunque può prendere visione del piano attuativo e presentare osservazioni, in forma scritta, sul rapporto ambientale e sul piano attuativo.
  4. Alla scadenza del termine per la presentazione delle osservazioni, il Consiglio Comunale decide motivatamente in merito alle osservazioni presentate ed approva il piano attuativo, che diventa efficace il giorno della pubblicazione della deliberazione di approvazione sul BURAS.
  5. In caso di sottoposizione del piano attuativo a valutazione ambientale strategica si applicano le disposizioni di cui all’articolo 48 comma 8 e seguenti.
  6. Nel caso di piani attuativi ricadenti in aree sottoposte a vincolo paesaggistico alla conferenza di servizi partecipano, oltre alla Regione, il Ministero per i beni e le attività culturali e turismo, le cui valutazioni sono vincolanti, nel rispetto delle materia normativa vigente.
  7. L’autorità procedente provvede alle eventuali revisioni del piano attuativo conformandosi alle osservazioni, prescrizioni e condizioni formulate dai partecipanti alla conferenza di servizi.
  8. Il piano attuativo è approvato in via definitiva con deliberazione del consiglio comunale, ed è trasmesso ai fini dell’approvazione di cui all’articolo 9 della legge regionale 12 agosto 1998, n. 28 (Norme per l’esercizio delle competenze in materia di tutela paesaggistica trasferite alla Regione Autonoma della Sardegna con l’articolo 6 del D.P.R. 22 maggio 1975, n. 480, e delegate con l’articolo 57 del D.P.R. 19 giugno 1979, n. 348) alla Regione e al Ministero.
  9. Il piano attuativo entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione sul BURAS della deliberazione di approvazione definitiva, a cura comunale del comune.
  10. L’approvazione di cui al comma 9 è atto presupposto per la pubblicazione sul BURAS.
  11. Il Piano è pubblicato sul sito internet istituzionale del comune.
  12. La verifica di assoggettabilità a valutazione ambientale strategica ovvero la valutazione ambientale strategica relativa a piani attuativi di piani urbanistici comunali o intercomunali già sottoposti positivamente alla verifica di assoggettabilità o alla valutazione ambientale strategica, si limita ai soli effetti significativi sull’ambiente che non siano stati precedentemente considerati dagli strumenti sovraordinati
  13. Le varianti ai piani attuativi, salvo quanto previsto per le varianti non sostanziali, sono adottate e approvate con le medesime procedure di cui al presente articolo.
  14. Le disposizioni di cui al presente articolo non operano per i piani attuativi disciplinati da vigenti disposizioni normative nazionali e regionali. Art. 59 Convenzione urbanistica
  15. A seguito dell’approvazione dei piani esecutivi di iniziativa privata, ed entro il termine di trenta giorni dalla pubblicazione del piano sul BURAS, è stipulata tra i proprietari delle aree, riuniti in consorzio, e il comune, o i comuni in caso di Piano intercomunale, una convenzione urbanistica che regola gli obblighi e le garanzie, derivanti dall’attuazione degli interventi previsti dai medesimi piani attuativi.
  16. La convenzione prevede:
  17. a) la cessione gratuita al comune delle aree destinate alla realizzazione degli interventi finalizzati a garantire le dotazioni territoriali essenziali;
  18. b) la realizzazione a cura dei proprietari degli interventi finalizzati a garantire le dotazioni territoriali essenziali;
  19. c) il corrispettivo delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria e nel caso di esecuzione delle opere a cura e spese del proprietario le garanzie dovute, il collaudo delle opere, le modalità di trasferimento delle stesse al comune, i criteri per lo scomputo anche con effettuazione di compensazioni tra gli oneri sostenuti e quelli dovuti per la realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria;
  20. d) il termine di inizio e ultimazione degli interventi previsti nel piano, inclusi quelli di nuova edificazione; e) le destinazioni d’uso degli edifici e le sanzioni convenzionali per l’inosservanza delle relative norme;
  21. f) le clausole attuative di eventuali forme di perequazione e compensazione;
  22. g) le modalità e i tempi di realizzazione degli eventuali interventi di compensazione ecologica; h) le condizioni di incameramento della cauzione fideiussoria attivata a garanzia del completamento delle opere di cui alla lettera c); i) le sanzioni connesse alla mancata attuazione nei termini previsti degli interventi edificatori previsti;
  23. j) l’obbligo di completamento delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria ai fini del rilascio dei titoli abilitativi.

Art. 60 Validità dei piani attuativi

  1. Contestualmente all’atto di approvazione, il comune fissa il termine, non superiore a dieci anni, entro il quale il piano attuativo deve essere realizzato.
  2. Decorso il termine di cui al comma 1, senza che il piano attuativo sia stato oggetto di proroga, il piano diventa inefficace per la parte non ancora attuata. La parte di piano non attuata può essere oggetto di un nuovo piano attuativo, che completi il piano originario in tutto o in parte, garantendone l’equilibrio complessivo in relazione alle dotazioni territoriali essenziali.
  3. Fatto salvo quanto previsto al comma 2, decorso il termine di cui al comma 1, è consentita la realizzazione degli interventi edilizi, condizionatamente all’esistenza delle opere di urbanizzazione relative, con l’obbligo di osservare nella costruzione di nuovi edifici e nella modificazione di quelli esistenti, gli allineamenti e le destinazioni funzionali stabiliti dal piano attuativo. La presente disposizione non trova applicazione nell’ipotesi di contrasto con sopravvenute previsioni del piano urbanistico, comunale o intercomunale.

Art. 61 Mancata attuazione dei piani attuativi

  1. In caso di mancata totale attuazione del piano attuativo, se permane la necessità di soddisfare il fabbisogno oggetto del bando pubblicato ai sensi dell’articolo 56, il comune, ferma l’idoneità della proposta presentata dal soggetto che segue in graduatoria l’attuatore inadempiente, individua il nuovo soggetto attuatore ed adotta la proposta di piano attuativo.

Art. 62 Varianti non sostanziali ai piani attuativi

  1. Le varianti che incidono sul dimensionamento volumetrico del piano attuativo in misura non superiore al 2 per cento del volume del piano originariamente approvato e non comportano modifiche al perimetro, agli indici di fabbricabilità ed alle dotazioni territoriali essenziali, sono approvate con un’unica deliberazione del consiglio comunale, inderogabilmente entro trenta giorni dal loro deposito.
  2. In caso di inutile decorso del termine previsto dal comma 1, si applica la disciplina prevista dall’articolo 64.

Art. 63 Interventi edilizi in assenza in piano attuativo

  1. Nelle aree nelle quali non sono stati approvati i piani attuativi previsti come presupposto per l’edificazione, sono consentiti i seguenti interventi:
  2. a) manutenzione ordinaria;
  3. b) manutenzione straordinaria;
  4. c) restauro e risanamento conservativo
  5. d) ristrutturazione edilizia che riguardi singole unità immobiliari, parti di esse o uno o più edifici, senza modifica delle destinazioni d’uso preesistenti.

Art. 64 Piani attuativi e interventi sostitutivi

  1. Nel caso in cui, trascorsi centottanta giorni dalla data di adozione del piano attuativo, il Consiglio Comunale non abbia approvato lo stesso in via definitiva, il proponente il piano attuativo può presentare istanza di intervento sostitutivo alla Direzione generale competente in materia di governo del territorio della Regione.
  2. Entro dieci giorni dal ricevimento dell’istanza di cui al comma 1, la direzione generale competente in materia urbanistica previo decreto dell’Assessore competente in materia di governo del territorio, invita il comune a provvedere nei successivi trenta giorni. Decorso infruttuosamente detto termine, l’Assessore, nei dieci giorni successivi, alla nomina di un commissario ad acta che assume in via sostitutiva gli atti e i provvedimenti necessari per la conclusione del provvedimento di approvazione del piano attuativo. Gli oneri derivanti dall’attività del commissario ad acta sono posti a carico del comune inadempiente.
  3. Nel caso in cui, trascorsi sessanta giorni dalla data di pubblicazione sul BURAS del piano attuativo, il comune non abbia provveduto alla stipula della convenzione, il proponente il piano attuativo può presentare istanza per l’intervento sostitutivo alla direzione generale competente in materia urbanistica. Entro dieci giorni dal ricevimento dell’istanza il dirigente regionale competente invita il comune a provvedere nei successivi trenta giorni. Decorso infruttuosamente detto termine, il dirigente regionale competente procede, nei dieci giorni successivi, alla nomina di un commissario ad acta che provvede alla stipula della convenzione, avvalendosi, ove necessario, dell’opera di un notaio libero professionista, entro sessanta giorni dalla data di ricevimento dell’incarico. Gli oneri derivanti dall’attività del commissario ad acta sono posti a carico del comune inadempiente.

Art. 65 Albo dei commissari ad acta

  1. Ai fini dell’esercizio del potere sostitutivo regionale in materia urbanistico edilizia per i casi di inerzia e di incompatibilità è istituito presso la Giunta regionale un albo dei commissari ad acta, articolato per sezioni.
  2. La Giunta regionale stabilisce con propria deliberazione, i criteri e le modalità di formazione, gestione e articolazione dell’albo.
  3. La nomina dei commissari ad acta è di competenza della Giunta regionale, che provvede con propria deliberazione, nel caso di intervento sostitutivo avente ad oggetto gli strumenti urbanistici generali, dell’Assessore regionale competente in materia di governo del territorio nei restanti casi.

Art. 66 Piano particolareggiato del centro di antica e prima formazione

  1. Il Piano particolareggiato del centro di antica e prima formazione è lo strumento con cui i comuni disciplinano, in adeguamento al Piano paesaggistico regionale, gli interventi consentiti nelle aree caratterizzate da insediamenti storici riconosciuti di rilevanza paesaggistica dal Piano paesaggistico regionale.
  2. L’ambito di pianificazione coincide con il perimetro rappresentato nella cartografia del Piano paesaggistico regionale, come eventualmente verificato e riconosciuto, a seguito delle attività di copianificazione, con determinazione del direttore generale edilizia competente in materia di governo del territorio, con deliberazione della Giunta regionale o in sede di adeguamento degli strumenti urbanistici comunali, salvo positivo esito della procedura di verifica di coerenza di cui all’articolo 31, comma 5 della legge regionale 22 aprile 2002, n. 7 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione – legge finanziaria 2002). 3. Il piano particolareggiato ha natura di piano attuativo e analizza, per il centro di antica e prima formazione, i seguenti elementi:
  3. a) il quadro geografico, con riferimento a orografia, idrografia, rapporto con gli elementi naturali, giaciture; b) i margini, gli assi e i poli urbani;
  4. c) la trama viaria, gli slarghi e le piazze; d) lo spazio pubblico e gli elementi caratterizzanti dell’arredo urbano;
  5. e) i caratteri dell’edificato, i tessuti e le tipologie edilizie;
  6. f) gli eventuali complessi e manufatti di carattere emergente e monumentale; g) lo stato di conservazione del patrimonio storico;
  7. h) il verde storico, i parchi, i giardini e le ville.
  8. Il piano particolareggiato individua gli interventi ammissibili all’interno del centro di antica e prima formazione al fine di perseguire i seguenti obiettivi:
  9. a) creare le condizioni per la permanenza o il reinserimento di famiglie residenti e di attività produttive compatibili;
  10. b) recuperare il patrimonio edilizio esistente anche con interventi di recupero e riqualificazione urbanistica e paesaggistica;
  11. c) garantire la tutela, la valorizzazione e la fruizione degli edifici di particolare pregio ed interesse storico, architettonico e monumentale;
  12. d) riqualificare gli spazi pubblici e privati esistenti, anche mediante il recupero e la manutenzione delle aree inedificate, degradate o sotto utilizzate;
  13. e) eliminare le opere o gli edifici incongrui rispetto al contesto storico-architettonico e paesaggistico;
  14. f) migliorare l’accessibilità, con interventi finalizzati al superamento delle barriere architettoniche e all’adeguamento degli immobili per le esigenze dei disabili;
  15. g) recuperare il patrimonio edilizio esistente anche con interventi di riqualificazione energetica.
  16. Il Piano particolareggiato è composto dai seguenti elaborati:
  17. a) relazione illustrativa;
  18. b) norme tecniche di attuazione;
  19. c) abachi e prescrizioni sui caratteri tipologici e costruttivi;
  20. d) schede unità di intervento per ogni isolato; e) relazione paesaggistica;
  21. f) gli elaborati cartografici contenenti: 1) l’inquadramento sulla carta tecnica regionale;

2) la perimetrazione del centro matrice su ortofoto, cartografia del Piano urbanistico comunale vigente, planimetria catastale, aerofotogrammetrico;

3) lo studio dell’insediamento storico;

4) la sovrapposizione tra cartografia storica e aerofotogrammetrico;

5) lo studio dei caratteri dell’insediamento e dei profili significativi scala; 6) la planimetria dello stato di fatto e di progetto;

7) le tavole di progetto;

8) le pavimentazioni stato di fatto e di progetto;

9) gli elementi di arredo urbano;

  1. g) gli elaborati richiesti per le valutazioni ambientali.
  2. Nelle more dell’adeguamento degli strumenti urbanistici comunali al Piano paesaggistico regionale, alle sue varianti ed agli atti di aggiornamento e revisione, i comuni, con deliberazione del consiglio comunale, verificano la coerenza delle disposizioni dei vigenti piani particolareggiati dei centri storici ricadenti nelle aree di antica e prima formazione con le disposizioni del Piano paesaggistico regionale, sue varianti ed atti di aggiornamento e revisione, e possono procedere alla loro attuazione per le parti coerenti.
  3. Con deliberazione consiliare, i comuni, per le restanti aree del centro di antica e prima formazione esterne al piano particolareggiato del centro storico, verificano la coerenza delle relative previsioni urbanistiche con le disposizioni del Piano paesaggistico regionale e procedono alla loro attuazione.
  4. Le deliberazioni di cui ai commi 1, 6 e 7 sono trasmesse alla direzione generale competente in materia di paesaggio dell’amministrazione regionale e al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, che si esprimono in merito alla coerenza con la pianificazione paesaggistica secondo le disposizioni procedurali di cui all’articolo 58 commi 7 e 9. 9. A conclusione delle procedura di cui al comma 8 il comune pubblica sul BURAS le deliberazioni di cui al comma 1, 6 e 7. Dal giorno successivo alla pubblicazione le deliberazioni di cui ai commi 1, 6 e 7 producono effetti.

Art. 67 Piano attuativo di edilizia residenziale sociale

  1. I comuni soddisfano il fabbisogno di alloggi sociali privilegiando soluzioni che evitano la concentrazione degli stessi in ambiti circoscritti, a tal fine nei piani attuativi di iniziativa privata aventi ad oggetto la realizzazione di nuovi insediamenti o la rigenerazione e riqualificazione urbanistica e paesaggistica, sono individuate le aree o gli immobili necessari per la realizzazione di interventi di edilizia residenziale sociale, che saranno oggetto di cessione gratuita al comune da parte dei proprietari o di permuta con altre aree o con diritti edificatori, ricorrendo alla perequazione o alla compensazione.
  2. Nei comuni caratterizzati da notevole decremento demografico il piano per l’edilizia residenziale sociale considerare prioritariamente il recupero del patrimonio edilizio esistente. In tali ipotesi il comune può invitare i proprietari a realizzare gli interventi previsti attraverso procedure che garantiscano trasparenza e imparzialità. La convenzione da stipularsi con i proprietari individuati definisce le modalità di attuazione degli interventi, gli oneri posti a carico del soggetto attuatore, eventuali incrementi volumetrici della capacità edificatoria, con possibilità di utilizzare i diritti edificatori nello stesso ambito o in ambiti di potenziale trasformabilità al tal fine individuati, eventuali ulteriori meccanismi incentivanti volti ad assicurare il perseguimento dell’equilibrio economico-finanziario dell’investimento, nonché le eventuali sanzioni per l’inadempimento degli obblighi.

Art. 68 Piano di utilizzo dei litorali

  1. Il Piano di utilizzazione dei litorali (PUL) è lo strumento con cui i comuni disciplinano l’utilizzazione delle aree demaniali marittime con finalità turistico-ricreative e regolamentano l’organizzazione del territorio immediatamente contiguo ai litorali, ivi compresa la regolamentazione dell’accessibilità viaria e pedonale delle aree nel loro complesso e dei singoli siti ai sensi dell’art. 29 della legge regionale 11 ottobre 1985, n. 23(Norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia, di risanamento urbanistico e di sanatoria di insediamenti ed opere abusive, di snellimento ed accelerazione delle procedure espropriative). Il Piano di utilizzo dei litorali estende la propria disciplina anche ad ambiti contigui, in funzione delle interrelazioni fra diversi elementi e componenti paesaggistico-ambientali, sociali, economiche che siano in stretta attinenza con i diversi gradi di antropizzazione rilevabili nel contesto e che abbiano influenza sulla strategia di utilizzazione degli ambiti demaniali.
  1. Sono escluse dall’ambito territoriale disciplinato dal Piano di utilizzo dei litorali, le aree del demanio della navigazione interna, del mare territoriale e del demanio marittimo inerenti le strutture portuali, di qualsiasi categoria e classe, e dei beni ad esse annessi.
  2. Il Piano di utilizzo dei litorali è redatto sulla base delle direttive approvate dalla Giunta regionale. 4. La deliberazione di approvazione del Piano di utilizzo dei litorali è soggetto all’acquisizione dei pareri vincolanti direzione generale competente in materia di paesaggio dell’amministrazione regionale e del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, che si esprimono in merito alla coerenza con la pianificazione paesaggistica secondo le disposizioni procedurali di cui all’articolo 58 commi 7 e 9.

Titolo III. Contenuti della pianificazione

Capo I. Gli ambiti urbanizzati

Art. 69 Ambito urbanizzato

  1. Sono classificate come ambito urbanizzato le porzioni di territorio caratterizzate dalla presenza di un’alta densità insediativa, da una edificazione intensa e compatta, senza effettive soluzioni di continuità o, comunque, trasformate per funzioni antropiche di tipo abitativo, turistico o produttivo.
  2. Sono ricompresi nell’ambito urbanizzato gli insediamenti residenziali esistenti, inclusi i centri di antica e prima formazione, le aree di completamento ed espansione residenziale, anche recente, gli insediamenti turistici e produttivi, a carattere industriale artigianale e commerciale che previsti nel precedente strumento urbanistico generale siano stati oggetto di integrale attuazione o che nelle parti parzialmente attuate siano integralmente realizzate le opere di urbanizzazione primaria e sia presente una densità minima del 20 per cento su una superficie territoriale di verifica di 10.000 mq. 3. Il Piano urbanistico, comunale o intercomunale, perimetrati gli ambiti urbanizzati, in funzione delle caratteristiche urbanistiche individua: a) i sub ambiti che necessitano di interventi di valorizzazione in ragione della prevalenza delle esigenze di tutela e conservazione delle risorse storico-culturali, architettoniche e infrastrutturali, da assoggettare a specifica disciplina all’interno del piano urbanistico comunale o, se coincidono con i centri di antica e prima formazione, al piano particolareggiato di cui all’articolo 66;
  3. b) i sub ambiti che necessitano di interventi di riqualificazione e rigenerazione, con specificazione delle funzioni, delle destinazioni d’uso ammissibili, degli obiettivi di miglioramento della qualità urbanistica e paesaggistica e dell’abitare, dei parametri urbanistico edilizi, delle modalità di intervento e delle dotazioni territoriali da adeguare o migliorare, anche attraverso la riconfigurazione plano-volumetrica e definizione degli interventi attuabili all’interno dei piani attuativi di cui all’articolo 71;
  4. c) i sub ambiti che si caratterizzano per la presenza di edifici privi di titolo abilitativo o oggetto di domanda di condono urbanistico o paesaggistico da sottoporre a eventuali piani attuativi al fine di garantire le necessarie dotazioni territoriali.
  5. L’individuazione dei sub ambiti di cui alla lettera c) del comma 3 non determina la legittimazione degli abusi o la rimessione in termini per la presentazione delle istanze finalizzate all’ottenimento della sanatoria. L’adozione del relativo piano attuativo è condizionato alla verifica di ammissibilità delle istanze di condono presentate o all’esito positivo dei procedimenti avviati, gli oneri discendenti sono a carico dei proprietari delle aree e degli immobili ricompresi all’interno del perimetro del sub-ambito.

Art. 70 Disposizioni per la rigenerazione e la riqualificazione degli ambiti urbanizzati

  1. Gli interventi di rigenerazione e riqualificazione urbana sono finalizzati a superare la carenza di infrastrutture e servizi, a eliminare le condizioni di abbandono e degrado edilizio, a rifunzionalizzare aree dismesse o impropriamente utilizzate, a migliorare la capacità di attrazione insediativa e a conferire una specifica identità urbana alle aree oggetto di intervento.
  1. La razionalizzazione, la rifunzionalizzazione, la valorizzazione e il recupero del patrimonio edilizio e del tessuto esistente, delle periferie, delle aree dismesse e degradate sono volti a favorire il miglioramento della qualità ambientale, paesaggistica e architettonica dello spazio insediato esistente.
  2. Gli interventi di rigenerazione e riqualificazione si attuano attraverso la conservazione, la ristrutturazione edilizia, la demolizione, la ricostruzione di edifici e la ristrutturazione urbanistica, e possono interessare gli insediamenti residenziali, turistici e produttivi, o loro parti.
  3. Gli interventi di rigenerazione e riqualificazione sono realizzati attraverso un insieme organico e coordinato di operazioni, finalizzate all’innalzamento complessivo della qualità urbana, paesaggistica e dell’abitare, alla valorizzazione, alla rigenerazione del tessuto economico sociale e produttivo, nel rispetto delle dotazioni territoriali essenziali, secondo principi di sostenibilità economica sociale e ambientale.
  4. Nelle aree oggetto di intervento sono individuati gli edifici tradizionali e tipici, quelli di valore storicoculturale, gli elementi che presentano carattere di significatività e rappresentatività tali da essere meritevoli di salvaguardia e di interventi di valorizzazione, i detrattori della qualità urbana e paesaggistica. 6. Al fine di favorire l’eliminazione delle opere incongrue, degli elementi di degrado e dei detrattori, la realizzazione di interventi di miglioramento della qualità urbana, possono trovare applicazione le disposizioni in materia di compensazione o essere riconosciuti crediti edilizi o diritti edificatori contenute nel Titolo I, Capo VII.
  5. Nel caso in cui nelle aree oggetto di intervento siano presenti immobili di proprietà privata ovvero appartenenti al patrimonio disponibile di altri enti pubblici, ritenuti necessari per l’attuazione degli interventi, possono trovare applicazione le disposizioni in materia di compensazione di cui al comma 6 o essere definiti accordi negoziali tra enti per lo scambio di aree e diritti edificatori. Gli immobili dismessi possono essere utilizzati per il soddisfacimento del fabbisogno di dotazioni territoriali essenziali e di edilizia residenziale sociale.
  6. Il Piano urbanistico e i piani attuativi possono prevedere una premialità volumetrica, per interventi finalizzati al miglioramento acustico, energetico, delle prestazioni bioclimatiche ed alla qualità igienicosanitaria dei materiali impiegati nelle costruzioni da rinnovare, alla durabilità e facilità di manutenzione.
  7. I comuni, nelle aree ritenute a particolare disagio sociale, possono integrare gli interventi di rigenerazione e riqualificazione urbana con azioni di politica sociale e assistenziale, per l’innalzamento del livello di coesione sociale.
  8. Al fine di agevolare l’attuazione degli interventi di rigenerazione e riqualificazione i comuni possono, nelle aree in loro disponibilità, realizzare alloggi per esigenze temporanee per i proprietari degli immobili oggetto di intervento. Gli alloggi utilizzati in via temporanea, possono essere successivamente destinati a soddisfare esigenze di edilizia sociale. Se la realizzazione degli alloggi è avvenuta a cure e spese del soggetto attuatore dell’intervento, cessate le esigenze di utilizzo temporaneo consorzio gli alloggi possono essere ceduti al comune.

Art. 71 Attuazione delle politiche di rigenerazione e riqualificazione urbana

  1. Nella elaborazione e nell’attuazione degli interventi di rigenerazione e riqualificazione urbana, i comuni favoriscono forme di partecipazione, anche attraverso la stipula di accordi con i privati, e di concertazione tra operatori pubblici e privati attraverso procedure di evidenza pubblica aperte a tutti i soggetti interessati. 2. I piani attuativi di rigenerazione e riqualificazione urbana possono essere proposti su iniziativa pubblica o privata e prevedere la costituzione e il trasferimento di diritti edificatori, in applicazione delle disposizioni in materia di perequazione, compensazione e premialità.
  2. L’approvazione dei piani attuativi di rigenerazione e riqualificazione urbana comporta la dichiarazione di pubblica utilità delle opere e l’urgenza ed indifferibilità dei lavori. Gli effetti della dichiarazione di pubblica utilità cessano se le opere non hanno inizio entro il termine di cinque anni dall’entrata in vigore del piano.
  1. Nel caso di piano esecutivo di iniziativa privata è necessario il concorso dei proprietari rappresentanti la maggioranza assoluta del valore degli immobili, ricompresi nell’area oggetto di intervento, in base all’imponibile catastale. La convenzione urbanistica è stipulata con il consorzio dei proprietari degli immobili ricompresi nell’area oggetto di intervento.
  2. Se i proprietari, a seguito di diffida, non partecipano alle operazioni di rigenerazione e riqualificazione urbana e non aderiscono alla formazione del consorzio, l’immobile, individuato ai sensi dell’articolo 70, comma 7 o in condizioni di degrado tali da costituire pericolo per l’incolumità pubblica, può essere assoggettato alle procedure espropriative. A tal fine, il comune assegna al proprietario un termine non superiore a novanta giorni, decorso infruttuosamente il quale, il consorzio promuove direttamente la procedura espropriativa a proprio favore degli immobili dei proprietari non aderenti.
  3. L’indennità di esproprio, posta a carico del consorzio, corrisponde al valore venale dei beni espropriati diminuito degli oneri di urbanizzazione stabiliti nella convenzione urbanistica. L’indennità può essere corrisposta anche mediante permute di altre proprietà immobiliari site nel comune.
  4. Nel caso in cui non sia stata raggiunta la maggioranza richiesta per la approvazione del piano esecutivo di iniziativa privata, il comune procede di propria iniziativa.

Art. 72 Disposizioni per gli ambiti urbanizzati per attività produttive

  1. Gli ambiti urbanizzati caratterizzati dalla concentrazione di attività produttive, di rilievo comunale o sovracomunale, sono individuati e disciplinati dal Piano urbanistico, comunale e intercomunale.
  2. Nelle aree individuate ai sensi del comma 1 possono essere attuati interventi di completamento, adeguamento e miglioramento delle dotazioni territoriali essenziali, con particolare riferimento alle urbanizzazioni e agli impianti tecnologici esistenti, da realizzarsi attraverso intervento diretto.
  3. In presenza di aree dismesse o impropriamente utilizzate possono essere proposti interventi di rigenerazione e riqualificazione finalizzati ad ammodernare, razionalizzare, riorganizzare i complessi esistenti, intervenendo anche sulle pertinenze funzionali, con possibilità di incrementi della superficie utile lorda per la rifunzionalizzazione, sempre in chiave produttiva, degli edifici esistenti e dismessi. Nel piano urbanistico sono, inoltre, stabiliti incrementi massimi della superficie utile lorda in connessione al raggiungimento dei requisiti definiti per le aree produttive ecologicamente attrezzate. Nel piano sono specificati gli interventi che determinano la necessità di approvazione di piano attuativo e quelli che sono realizzabili attraverso intervento diretto.
  4. Nelle stesse aree possono essere proposti interventi di trasformazione in aree ecologicamente attrezzate, con realizzazione di infrastrutture, impianti e servizi idonei a garantire la tutela della salute, della sicurezza e dell’ambiente.

 Capo II. Gli ambiti rurali

Art. 73 Ambiti rurali

  1. Sono classificate come ambito rurale le porzioni di territorio caratterizzate dalla presenza di:
  2. a) aree boscate;
  3. b) aree produttive destinate alla agricoltura, alla silvicoltura, alla zootecnia e alla acquacoltura;
  4. c) aree ad elevato grado di naturalità e con preponderanza di superfici non impermeabilizzate rispetto alle aree edificate;
  5. d) insediamenti rurali storici o consolidati, anche costituiti da elementi sparsi in stretta relazione morfologica, insediativa e funzionale con il contesto rurale e aree d’insediamento produttivo di interesse storico culturale;
  6. e) aree già caratterizzate dalla presenza di preesistenze insediative riconosciute e organizzate in centri rurali;
  7. f) edifici rurali abbandonati o non più necessari alle esigenze delle aziende agricole, suscettibili di interventi di riqualificazione e riutilizzazione per destinazioni d’uso compatibili e complementari;
  8. g) aree che, pur interessate dalla presenza di edificato diffuso, non costituiscono territorio urbanizzato;
  9. h) aree ricadenti nei paesaggi rurali storici. 2. È, comunque, classificato come ambito rurale tutto ciò che è esterno al territorio urbanizzato.
  10. Gli strumenti della pianificazione urbanistica di livello locale, in coerenza con il Piano paesaggistico regionale, identificano gli elementi del paesaggio rurale di interesse storico ancora presenti da salvaguardare e valorizzare, nonché le connessioni ecologiche e fruitive di valenza territoriale da salvaguardare, valorizzare o creare e individuano ambiti differenziati in relazione alle caratteristiche pedologiche, alla capacità e suscettività d’uso dei suoli, ai caratteri della produzione agricola.

Art. 74 Obiettivi della pianificazione degli ambiti rurali

  1. Negli ambiti rurali la pianificazione persegue i seguenti obiettivi:
  2. a) promuovere lo sviluppo di agricoltura e zootecnia sostenibili, multifunzionali e di presidio del territorio; b) preservare i suoli ad elevata vocazione agricola, consentendo il loro consumo solo nel caso di dimostrata assenza di alternative e prevedendo, in tali casi, interventi di compensazione ecologicoambientale, compatibili con le caratteristiche geologiche;
  3. c) conservare i paesaggi rurali e promuoverne la rigenerazione;
  4. d) favorire il recupero funzionale ed estetico del patrimonio edilizio esistente; e) limitare la frammentazione del territorio rurale ad opera di interventi non connessi all’attività agricola;
  5. f) promuovere l’adattamento agli effetti dei cambiamenti climatici;
  6. g) mantenere le caratteristiche geologiche che preservano la sicurezza del territorio.
  7. Nel perseguimento degli obiettivi di cui al comma 1 gli atti di pianificazione provvedono a:
  8. a) recuperare i paesaggi agropastorali storici interessati da processi di forestazione, naturale o artificiale;
  9. b) assicurare che le trasformazioni edilizie concorrano alla qualificazione rurale d’insieme del territorio;
  10. c) disciplinare la costruzione delle strutture e delle attrezzature per la produzione, conservazione e trasformazione dei prodotti agricoli, con dimensionamento proporzionale alle esigenze delle aziende agricole, comunque configurabili come attività agricola ai sensi dell’articolo 2135 codice civile;
  11. d) disciplinare la costruzione delle strutture e delle attrezzature funzionali all’esercizio della silvicoltura, della zootecnia e della itticoltura, con dimensionamento proporzionale alle esigenze delle aziende, comunque configurabili come attività agricola ai sensi dell’articolo 2135 codice civile o ad essa assimilate o assimilabili, unicamente ai fini della presente legge;
  12. e) individuare gli edifici sorti in aree agricole e adibiti ad usi non agricoli, dettando le disposizioni per il miglioramento igienico-sanitario e funzionale;
  13. f) stabilire gli indirizzi progettuali per la ristrutturazione e l’ampliamento degli edifici esistenti;
  14. g) stabilire gli indirizzi progettuali per la riqualificazione delle aree d’insediamento produttivo di interesse storico culturale;
  15. h) aree ricadenti nei paesaggi rurali storici.
  16. È, comunque, classificato come ambito rurale tutto ciò che è esterno al territorio urbanizzato.
  17. Gli strumenti della pianificazione urbanistica di livello locale, in coerenza con il Piano paesaggistico regionale, identificano gli elementi del paesaggio rurale di interesse storico ancora presenti da salvaguardare e valorizzare, nonché le connessioni ecologiche e fruitive di valenza territoriale da salvaguardare, valorizzare o creare e individuano ambiti differenziati in relazione alle caratteristiche pedologiche, alla capacità e suscettività d’uso dei suoli, ai caratteri della produzione agricola.

Art. 74 Obiettivi della pianificazione degli ambiti rurali

  1. Negli ambiti rurali la pianificazione persegue i seguenti obiettivi:
  2. a) promuovere lo sviluppo di agricoltura e zootecnia sostenibili, multifunzionali e di presidio del territorio; b) preservare i suoli ad elevata vocazione agricola, consentendo il loro consumo solo nel caso di dimostrata assenza di alternative e prevedendo, in tali casi, interventi di compensazione ecologicoambientale, compatibili con le caratteristiche geologiche;
  3. c) conservare i paesaggi rurali e promuoverne la rigenerazione;
  4. d) favorire il recupero funzionale ed estetico del patrimonio edilizio esistente;
  5. e) limitare la frammentazione del territorio rurale ad opera di interventi non connessi all’attività agricola;
  6. f) promuovere l’adattamento agli effetti dei cambiamenti climatici;
  7. g) mantenere le caratteristiche geologiche che preservano la sicurezza del territorio.
  8. Nel perseguimento degli obiettivi di cui al comma 1 gli atti di pianificazione provvedono a:
  9. a) recuperare i paesaggi agropastorali storici interessati da processi di forestazione, naturale o artificiale;
  10. b) assicurare che le trasformazioni edilizie concorrano alla qualificazione rurale d’insieme del territorio;
  11. c) disciplinare la costruzione delle strutture e delle attrezzature per la produzione, conservazione e trasformazione dei prodotti agricoli, con dimensionamento proporzionale alle esigenze delle aziende agricole, comunque configurabili come attività agricola ai sensi dell’articolo 2135 codice civile;
  12. d) disciplinare la costruzione delle strutture e delle attrezzature funzionali all’esercizio della silvicoltura, della zootecnia e della itticoltura, con dimensionamento proporzionale alle esigenze delle aziende, comunque configurabili come attività agricola ai sensi dell’articolo 2135 codice civile o ad essa assimilate o assimilabili, unicamente ai fini della presente legge;
  13. e) individuare gli edifici sorti in aree agricole e adibiti ad usi non agricoli, dettando le disposizioni per il miglioramento igienico-sanitario e funzionale;
  14. f) stabilire gli indirizzi progettuali per la ristrutturazione e l’ampliamento degli edifici esistenti;
  15. g) stabilire gli indirizzi progettuali per la riqualificazione delle aree d’insediamento produttivo di interesse storico culturale;
  16. h) individuare le buone pratiche di sistemazione ambientale cui attenersi per assicurare una corretta gestione ai fini geologici, idraulici e per la prevenzione dei fenomeni di erosione del suolo;
  17. i) definire e caratterizzare l’interazione tra il Modello geologico e gli interventi in progetto o di recupero;
  18. j) individuare le opere di sistemazione ambientale, in relazione alle caratteristiche geologiche del territorio rurale e dei suoi caratteri paesaggistici, da rendersi a carico delle aziende e dei privati negli interventi di nuova edificazione e negli interventi comportanti la perdita della destinazione d’uso agricola;
  19. k) conservare o ripristinare un elevato grado di biodiversità della flora e della fauna;
  20. l) incrementare la resilienza dei territori agli effetti dei cambiamenti climatici.

Gli atti della pianificazione locale possono prevedere la realizzazione, negli ambiti rurali, di servizi, infrastrutture ed impianti che per la loro natura o per ragioni di interesse pubblico non possono essere localizzati altrove. Tali interventi non possono, comunque, essere localizzati nelle aree destinate a colture specializzate, irrigue o ad elevata produttività, salvo nel caso di effettiva connessione con conduzione agricola.

Art. 75 Classificazione dei suoli

  1. Al fine di differenziare i suoli in ragione delle potenzialità produttive, il Piano urbanistico comunale o intercomunale classifica i territori ricadenti nell’ambito rurale sulla base delle seguenti classi di capacità d’uso dei suoli (Land Capability):
  2. a) suoli adatti all’agricoltura

1) Classe I suoli privi di limitazioni o che presentano pochissimi fattori limitanti il loro uso e che sono quindi utilizzabili per tutte le colture diffuse nel territorio;

2) Classe II suoli che presentano moderate limitazioni che richiedono una opportuna scelta delle colture e/o moderate pratiche conservative;

3) Classe III suoli che presentano severe limitazioni, tali da ridurre la scelta delle colture e da richiedere speciali pratiche conservative;

4) Classe IV suoli che presentano limitazioni molto severe, tali da ridurre drasticamente la scelta delle colture e da richiedere accurate pratiche conservative;

  1. b) suoli adatti al pascolo ed alla forestazione

1) Classe V suoli che pur non mostrando fenomeni di erosione, presentano tuttavia altre limitazioni difficilmente eliminabili tali da restringere l’uso al pascolo o alla forestazione o come habitat naturale;

2) Classe VI suoli che presentano limitazioni permanenti, tali da renderli inadatti alla coltivazione e da restringere l’uso, seppur con qualche ostacolo, al pascolo, alla forestazione o come habitat naturale;

3) Classe VII suoli con limitazioni permanenti tali da richiedere pratiche di conservazione anche per l’uso silvo pastorale; c) suoli inadatti ad utilizzazioni agro-silvo-pastorali;

4) Classe VIII suoli che presentano limitazioni tali da precludere qualsiasi uso agro-silvo-pastorale e che, pertanto, possono venire adibiti a fini ricreativi, estetici, naturalistici, o come zona di raccolta delle acque. In questa classe rientrano anche zone calanchive e gli affioramenti di roccia.

  1. In ragione delle classi dei suoli di cui al comma 1, vengono stabilite la suscettività d’uso dei suoli (Land Suitability) e le conseguenti attività colturali ottimali.
  2. Nelle more dell’adeguamento del Piano urbanistico comunale o intercomunale al Piano Paesaggistico regionale, sia nei territori ricompresi negli ambiti di paesaggio costieri che in quelli interni, la classificazione del suolo di cui ai commi 1 e 2, nel caso di singoli interventi, deve essere certificata da professionista abilitato a cura e spese del promotore dell’intervento.

Art. 76 Interventi ammessi negli edifici esistenti all’interno dell’ambito rurale

  1. Al fine di salvaguardare il valore naturale, ambientale e paesaggistico dei territori ricompresi negli ambiti rurali limitando l’ulteriore consumo di suolo sul patrimonio edilizio esistente sono consentiti, sempreché siano salvaguardati, se presenti, i caratteri dell’edilizia rurale, i seguenti interventi:
  2. a) la manutenzione ordinaria e straordinaria;
  3. b) il restauro ed il risanamento conservativo nonché, ad eccezione degli edifici soggetti a vincolo monumentale ed artistico, la demolizione e la ricostruzione in loco per inderogabili motivi di staticità o di tutela della pubblica incolumità;
  4. c) gli interventi di ristrutturazione edilizia ove consentiti dagli strumenti di pianificazione urbanistica di scala locale ed alle condizioni previste negli stessi;
  5. d) gli interventi necessari al superamento delle barriere architettoniche e all’adeguamento degli immobili per le esigenze dei disabili;
  6. e) gli interventi relativi finalizzati al miglioramento dell’efficienza energetica e della resilienza;
  7. f) il ripristino delle condizioni rurali dei luoghi, anche mediante demolizione dell’edificato esistente;
  8. g) l’ampliamento nei limiti del 20 per cento del volume originario, per incentivare il miglioramento della qualità architettonica, la riqualificazione paesaggistica e urbanistica;
  9. h) il completamento, in conformità del progetto approvato, degli edifici privi di carattere compiuto a condizione che i lavori siano stati avviati legittimamente.
  10. L’eventuale realizzazione delle opere infrastrutturali necessarie a garantire la qualità dell’abitare, anche con il ricorso a soluzioni tecnologiche puntuali e non di rete, è a carico del richiedente.
  11. La modifica della destinazione d’uso degli edifici esistenti, non più funzionali alle esigenze del fondo, è disciplinata dallo strumento urbanistico. Nel caso di modifica di destinazione d’uso a fini residenziali operano le limitazioni previste per la nuova costruzione ai fini residenziali, e con riferimento alle opere infrastrutturali trova applicazione il comma 2.

Art. 77 Insediamenti rurali storici o consolidati ed edificato residenziale diffuso

  1. Negli atti di governo del territorio sono identificati all’interno dell’ambito rurale gli insediamenti rurali storici o consolidati e gli insediamenti caratterizzati dalla presenza di edificato di tipo residenziale diffuso. 2. Gli insediamenti rurali storici o consolidati sono costituiti da centri rurali e da strutture insediative puntuali, rappresentate da edifici e spazi inedificati di carattere pertinenziale, dagli assetti e dalle infrastrutture che costituiscono elementi riconoscibili dell’organizzazione storica del territorio rurale.
  2. Negli insediamenti rurali storici o consolidati sono consentiti interventi finalizzati alla conservazione e al recupero del patrimonio edilizio esistente, nel rispetto delle caratteristiche tipologiche e architettoniche.
  3. L’edificato di tipo residenziale diffuso nei territori rurali, limitrofi al territorio urbanizzato, si caratterizza per la diffusione insediativa discontinua e l’inadeguatezza delle dotazioni infrastrutturali.
  4. Negli ambiti caratterizzati dalla presenza di edificato di tipo residenziale diffuso sono consentiti interventi di riqualificazione urbanistica e paesaggistica, attraverso piani attuativi, al solo fine di assicurare che i servizi e le infrastrutture necessarie siano realizzate in coerenza con i caratteri di ruralità dell’insediamento ed escludendo realizzazioni tipiche delle espansioni urbane, anche con il ricorso a soluzioni tecnologiche puntuali e non di rete.
  5. Nelle aree caratterizzate dalla presenza di preesistenze insediative, l’organizzazione di centri rurali determina la fissazione di limiti e prescrizioni, anche ai fini dell’insediamento di servizi e di infrastrutture a supporto. La definizione dei parametri urbanistico ed edilizi è oggetto di specificazione, tenuto conto delle caratteristiche territoriali, in sede di pianificazione generale.
  6. Gli interventi previsti dal presente articolo possono essere attuati su iniziativa pubblica, pubblicoprivata o privata.

Art. 78 Aree d’insediamento produttivo di interesse storico culturale all’interno dell’ambito rurale

  1. Negli atti di governo del territorio sono identificati, all’interno dell’ambito rurale, le aree d’insediamento produttivo di interesse storico culturale, costituite da luoghi caratterizzati da forte identità, in relazione a fondamentali processi produttivi di rilevanza storica, riconoscibili come elementi dell’assetto territoriale storico consolidato.
  2. Nelle aree identificate ai sensi del comma 1 essere sono conservati e recuperati, anche con interventi di riqualificazione, gli elementi essenziali caratterizzanti l’area e le architetture storiche.
  3. Per la riqualificazione urbanistica, paesaggistica e ambientale delle aree di insediamento produttivo possono essere approvati programmi di conservazione e valorizzazione, di iniziativa pubblica e privata, da approvarsi secondo le procedure dettate per l’approvazione dei piani attuativi.

Art. 79 Nuovi edifici a destinazione residenziale all’interno dell’ambito rurale

  1. Negli ambiti rurali la nuova edificazione a scopo residenziale è ammessa esclusivamente agli imprenditori agricoli professionali, ossia ai soggetti di cui all’articolo 1 del d.lgs. n. 99 marzo 2004 (Disposizioni in materia di soggetti e attività, integrità aziendale e semplificazione amministrativa in agricoltura, a norma dell’articolo 1, comma 2, lettere d), f), g), l), ee), della L. 7 marzo 2003, n. 38.) e successive modifiche e integrazioni. In ogni caso, prioritariamente, devono essere privilegiati gli interventi che assicurino il recupero del patrimonio edilizio esistente.
  2. L’edificazione residenziale è subordinata alla diretta conduzione dell’attività agricola da parte di chi assumerà nell’edificio il domicilio e la residenza, ossia l’imprenditore agricolo professionale o dipendenti addetti con continuità alla conduzione del fondo. A tal fine l’attività dovrà consistere in:
  3. a) almeno 100 giornate lavorative annue in regime di tempo parziale in caso di residenza destinata all’imprenditore agricolo professionale;
  4. b) almeno 280 giornate lavorative annue degli addetti in caso di residenza destinata a dipendenti.
  5. La superficie minima necessaria per gli interventi di edificazione a destinazione residenziale è stabilita con le modalità di cui all’articolo A.7 dell’Allegato A. 4. Gli interventi di nuova costruzione sono consentiti sulla base di un piano aziendale, redatto da un tecnico abilitato, e validato dall’Agenzia regionale Laore Sardegna, che:
  6. a) certifichi il possesso dei requisiti di cui ai commi 1, 2, 3 e 4;
  7. b) descriva analiticamente i fattori produttivi e gli elementi costitutivi aziendali in termini di numero di occupati, dettaglio delle superfici, delle coltivazioni, degli allevamenti, delle produzioni realizzate, delle attività connesse e dei fabbricati esistenti e di quelli necessari alla produzione;
  8. c) descriva dettagliatamente gli interventi edilizi residenziali, con l’indicazione dei tempi e delle fasi della loro realizzazione, e contenga la dichiarazione che non sussistono edifici recuperabili ai fini richiesti;
  9. d) fornisca i dati certificati di cui all’art. A.7 dell’Allegato A alla presente legge e definisca la programmazione delle attività aziendali e l’andamento storico e previsto per i dati di reddito e di produzione.
  10. e) dimostri analiticamente la congruità del dimensionamento degli interventi proposti rispetto alle attività aziendali e alla capacità produttiva, nonché rispetto alle risultanze delle analisi e classificazioni di cui all’articolo 75, commi 1 e 2; f) dimostri l’esistenza delle infrastrutture di servizio all’edificio o la possibilità di realizzarli da parte del richiedente contestualmente alla costruzione dell’edificio.
  11. Nel caso di imprenditore agricolo di nuova iscrizione o società di nuova costituzione ai fini del rilascio del titolo abilitativo dovrà essere prodotto un piano aziendale che dimostri che l’attività prevista soddisfa i requisiti di cui sopra.
  12. L’efficacia del titolo abilitativo per la realizzazione degli interventi di cui al presente articolo è subordinata alla presentazione di un atto di impegno dell’avente diritto che preveda: a) il mantenimento della destinazione dell’immobile al servizio dell’attività agricola per almeno dieci anni; b) la registrazione e la trascrizione dell’atto presso la competente conservatoria dei registri immobiliari; c) le sanzioni per l’inosservanza degli impegni assunti.
  13. Non costituisce violazione degli impegni assunti la prosecuzione nell’uso della residenza da parte degli eredi dell’avente titolo o dei suoi familiari, l’abbandono della attività agricola per cause di forza maggiore o per esproprio per pubblica utilità, ferma restando l’inalienabilità senza limite temporale dell’immobile, a soggetti non in possesso del requisito di cui al comma 1 del presente articolo.
  14. Gli atti di pianificazione possono subordinare ad ulteriori condizioni e prescrizioni l’edificazione delle residenze in ambito rurale.
  15. Le disposizioni di cui al presente articolo non trovano applicazione in presenza di centri rurali.

Art. 80 Edifici strumentali alla produzione agricola

  1. La realizzazione di nuovi edifici strumentali alla produzione agricola o ad essa connessi è consentita all’imprenditore agricolo, anche non professionale, o alle società non in possesso dei requisiti di cui all’articolo 1, comma 3, lettera a) del d.lgs. n. 99 del 2004 e successive modifiche e integrazioni a condizione che l’attività sia in atto ed economicamente produttiva. In ogni caso, prioritariamente, devono essere privilegiati gli interventi che assicurano il recupero del patrimonio edilizio esistente.
  2. Ai fini della dimostrazione del requisito di cui al comma 1 il richiedente dovrà comprovare la sussistenza di tutti i seguenti requisiti: a) il possesso del fascicolo aziendale elettronico presso l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA), attivo sul sistema informativo agricolo nazionale (SIAN); b) lo svolgimento di attività per un numero di ore annue stabilito dall’articolo A.7 dell’Allegato A; c) il rispetto del Reddito Lordo Standard minimo (RLS), come quantificato dall’articolo A.7 dell’Allegato A; d) la sostenibilità economica dell’intervento attraverso un adeguato piano aziendale; e) il rispetto della superficie minima o del numero di capi minimi.
  3. Gli interventi sono consentiti sulla base di un piano aziendale, redatto da un tecnico abilitato, che:
  4. a) certifichi il possesso dei requisiti di cui ai commi 1 e 2;
  5. b) descriva analiticamente i fattori produttivi e gli elementi costitutivi aziendali in termini di numero di occupati, dettaglio delle superfici, delle coltivazioni, degli allevamenti, delle produzioni realizzate, delle attività connesse e dei fabbricati esistenti;
  6. c) descriva dettagliatamente gli interventi edilizi agricolo-produttivi che si ritengono necessari per l’esercizio dell’attività, con l’indicazione dei tempi e delle fasi della loro realizzazione, e che contenga la dichiarazione che tra i fattori costitutivi aziendali non sussistono edifici recuperabili ai fini richiesti;
  7. d) dimostri analiticamente la congruità del dimensionamento degli interventi proposti rispetto alle attività aziendali e alla capacità produttiva;
  8. e) specifichi nel caso di fabbricati e impianti connessi alla conduzione zootecnica il carico mantenibile in termini di unità di bestiame per ettaro, nonché le soluzioni adottate per la raccolta, lo stoccaggio e il trattamento dei reflui zootecnici.
  9. Sono edifici strumentali alla produzione:
  10. a) i fabbricati e impianti connessi alla conduzione agricolo e zootecnica del fondo;
  11. b) i fabbricati e impianti connessi all’itticoltura;
  12. c) i fabbricati connessi alla silvicoltura;
  13. d) i fabbricati e impianti connessi alla valorizzazione e trasformazione dei prodotti aziendali, ivi compresi i locali destinati alla vendita diretta dei prodotti;
  14. e) i fabbricati destinati all’esercizio dell’attività agrituristica e ittituristica;
  15. f) i fabbricati destinati all’esercizio dell’attività di fattoria didattica e sociale.
  16. I fabbricati e gli impianti destinati all’esercizio di attività industriali o commerciali e gli insediamenti produttivi di tipo agro-industriale non possono essere localizzati all’interno degli ambiti rurali. Sono consentiti gli ampliamenti degli edifici esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge nei limiti del 20 per cento della volumetria originaria.
  17. La superficie minima necessaria per gli interventi di edificazione strumentale alla produzione agricola è stabilita con le modalità di cui all’articolo A.7 dell’Allegato A.
  18. Nel caso di svolgimento di attività di produzione agricola o zootecnica destinata esclusivamente o prevalentemente ad uso personale, fermo l’obbligo di procedere prioritariamente al recupero dei volumi esistenti, possono essere realizzati annessi agricoli, destinati esclusivamente al ricovero degli animali, delle attrezzature, dei prodotti agricoli e a elementari servizi igienici autosufficienti, con esclusione dell’uso abitativo, nella misura di 90 mc per fondi da uno a dieci ettari e di 180 mc per fondi superiori a dieci ettari. 8. Non è ammesso il mutamento di destinazione d’uso degli annessi agricoli.
  19. L’efficacia del titolo abilitativo per la realizzazione degli annessi agricoli è subordinata alla presentazione di un atto di impegno dell’avente diritto che preveda:
  20. a) la specifica destinazione d’uso dell’annesso;
  21. b) la registrazione e la trascrizione dell’atto presso la competente conservatoria dei registri immobiliari;
  22. c) le sanzioni per l’inosservanza degli impegni assunti.
  23. Non costituisce violazione degli impegni assunti la prosecuzione dell’attività da parte degli eredi dell’avente titolo o dei suoi familiari o l’abbandono della attività agricola per cause di forza maggiore, o per esproprio per pubblica utilità.
  24. Sono, inoltre, sempre consentiti i seguenti interventi di edilizia libera: a) manufatti ad uso agricolo e zootecnico temporanei, la cui durata è riferita al ciclo colturale e di allevamento, realizzati con strutture in materiale leggero, amovibili e di facile rimozione; b) serre mobili stagionali, la cui permanenza è riferita al ciclo colturale, sprovviste di strutture in muratura.

Art. 81 Interventi edilizi per il turismo rurale

  1. Per l’esercizio del turismo rurale possono essere utilizzati edifici esistenti, non più necessari all’esercizio dell’attività agricola o comunque dismessi. Su tali edifici sono consentiti i seguenti interventi:
  2. a) manutenzione ordinaria;
  3. b) manutenzione straordinaria;
  4. c) restauro e risanamento conservativo;
  5. d) ristrutturazione edilizia, orientata a garantire la qualità del territorio rurale;
  6. e) interventi necessari al superamento delle barriere architettoniche e all’adeguamento degli immobili per le esigenze dei disabili;
  7. f) ampliamento nei limiti del 20 per cento del volume originario.
  8. Gli interventi di cui al comma 1 prevedono la contestuale realizzazione, a carico del richiedente, delle opere infrastrutturali necessarie a garantire la qualità dell’abitare, anche con il ricorso a soluzioni tecnologiche puntuali e non di rete.

Art. 82 Interventi edilizi per il turismo sostenibile all’interno dell’ambito rurale

  1. Per l’esercizio del turismo sostenibile possono essere utilizzati edifici esistenti e dismessi, di proprietà pubblica. Su tali edifici sono consentiti i seguenti interventi:
  2. a) manutenzione ordinaria;
  3. b) manutenzione straordinaria;
  4. c) restauro e risanamento conservativo;
  5. d) ristrutturazione edilizia;
  6. e) interventi necessari al superamento delle barriere architettoniche e all’adeguamento degli immobili per le esigenze dei disabili;
  7. f) ampliamento nei limiti del 10 per cento del volume originario nel rispetto delle tipologie architettoniche originarie.
  8. Gli edifici rifunzionalizzati potranno ospitare ostelli, officine a supporto del ciclo turismo, servizi di sosta e ristoro per lo sviluppo turistico del territorio extraurbano.

Art. 83 Disposizioni finalizzate ad assicurare la qualità del territorio rurale

  1. Gli interventi negli ambiti rurali devono essere orientati a criteri di qualità paesaggistica e ambientale e, in particolare, a:
  2. a) garantire la coerenza con il contesto, definendo gli usi e le sistemazioni degli edifici esistenti e delle aree libere di pertinenza, le infrastrutture di accesso, le recinzioni, le specie vegetali e i materiali locali;
  3. b) limitare l’alterazione dell’andamento naturale del suolo rispettandone la morfologia, contenendo al minimo scavi e rilevati ed evitando l’inserimento di infrastrutture, specialmente stradali, non necessarie;
  4. c) assicurare il rispetto della morfologia insediativa originaria e dei tipi edilizi originari di interesse storico identitario;
  5. d) privilegiare l’utilizzo di tipologie, materiali, sistemi costruttivi e strutturali coerenti con i caratteri edilizi della tradizione locale, escludendo l’uso di materiali impropri;
  6. e) attenersi a criteri progettuali di grande semplicità, con utilizzo di materiali locali e che limitino gli interventi manutentivi;
  7. f) assicurare il completamento delle finiture dell’edificato in maniera coerente con il contesto;
  8. g) essere realizzati, nel caso di manufatti temporanei, preferibilmente con strutture in materiale leggero, semplicemente ancorati a terra senza opere murarie;
  9. h) garantire il minor impatto ambientale con particolare riguardo ai fabbricati e impianti destinati agli allevamenti zootecnici.
  10. Gli strumenti della pianificazione territoriale e gli strumenti della pianificazione urbanistica comunale non possono contenere prescrizioni in merito alle scelte agronomico-colturali, anche poliennali, delle aziende.

Capo III. Gli ambiti di salvaguardia ambientale

Art. 84 Ambiti di salvaguardia ambientale

  1. Gli ambiti di salvaguardia ambientale comprendono le porzioni di territorio che rivestono un particolare valore naturalistico, biotico o abiotico, speleologico, archeologico, paesaggistico o di particolare interesse per la collettività.
  2. Negli ambiti di salvaguardia ambientale sono consentiti i seguenti interventi:
  3. a) manutenzione ordinaria, straordinaria, consolidamento statico, restauro conservativo e ristrutturazione edilizia, condizionatamente al rispetto della preesistente volumetria e alle ulteriori condizioni connesse alla presenza di immobili sottoposti a vincolo ai sensi del decreto legislativo n. 42 del 2004;
  4. b) gli interventi di realizzazione delle pertinenze di cui all’articolo 817 del codice civile;
  5. c) gli interventi di prevenzione e tutela della salute e dell’incolumità pubblica;
  6. d) gli interventi di riqualificazione paesaggistica e ambientale, finalizzati alla salvaguardia, alla valorizzazione e alla fruizione dell’ambito stesso o al ripristino degli ecosistemi;
  7. e) gli interventi edilizi strettamente necessarie agli impianti di acquacoltura e, comunque, di utilizzazione produttiva del mare, degli stagni e dei fiumi;
  8. f) gli interventi previsti nei piani di utilizzo dei litorali a condizione che le strutture a servizio della balneazione siano di facile rimozione e i parcheggi non comportino alterazione permanente e irreversibile dello stato dei luoghi.

Capo IV. Gli ambiti suscettibili di nuova urbanizzazione

Art. 85 Ambiti di potenziale trasformabilità  1. Alla luce del quadro conoscitivo relativo alle vocazioni dei suoli, alla presenza di beni culturali, paesaggistici e identitari, all’assetto idrogeologico del territorio e all’assetto insediativo, il Piano urbanistico comunale identifica e classifica gli ambiti, non direttamente trasformabili, ma idonei alla allocazione al proprio interno, anche attraverso bandi di gara, dei piani attuativi, anche multifunzionali, atti a soddisfare i fabbisogni determinati dal PUC attraverso le analisi di Piano, e che non siano localizzabili nelle aree già urbanizzate o che non siano attuabili attraverso interventi di riqualificazione urbanistica e paesaggistica degli insediamenti esistenti.

  1. Gli ambiti di potenziale trasformabilità sono identificati e classificati tra quelli più prossimi agli ambiti già urbanizzati e che non sono in possesso di caratteristiche di particolare valore per l’uso agricolo.
  2. L’identificazione di tali ambiti non ha effetti conformativi della proprietà, non attribuisce diritti edificatori sulle aree in essi ricomprese.
  3. Le funzioni insediabili negli ambiti di potenziale trasformabilità si distinguono in:
  4. a) residenziale, ivi compresi i servizi strettamente connessi alla residenza;
  5. b) turistico-ricettiva;
  6. c) artigianale;
  7. d) industriale;
  8. e) commerciale;
  9. f) direzionale;
  10. g) socio-sanitaria;
  11. h) dotazioni territoriali ulteriori rispetto alla dotazione minima di cui all’Allegato A alla presente legge.
  12. Nel Piano Urbanistico, comunale o intercomunale devono essere opportunamente differenziati gli ambiti di potenziale trasformabilità destinati a integrare più funzioni, prevalentemente residenziali, o alla concentrazione di attività produttive. In caso di concentrazione di attività produttive le funzioni di cui alle lettere c), d) ed e) del comma 3 potranno essere integrate con le funzioni residenziali limitatamente all’edificazione di una unità abitativa da destinare a prima casa del titolare dell’attività produttiva o del custode a servizio della stessa, stabilendo un vincolo di pertinenzialità con l’attività produttiva.
  13. Nel periodo di efficacia del Piano urbanistico, comunale o intercomunale, il comune soddisfa, secondo una programmazione temporale stabilita nel piano, il fabbisogno delle diverse funzioni o attraverso piani esecutivi di iniziativa pubblica o predisponendo bandi per l’attuazione dei piani attuativi di iniziativa privata all’interno degli ambiti di potenziale trasformabilità.
  14. Fino alla data di approvazione dei piani esecutivi di iniziativa pubblica, o di convenzionamento di quelli di iniziativa privata, e con la sola esclusione delle aree interessate da questi, l’ambito di trasformabilità è assimilato a tutti gli effetti agli ambiti rurali, con conseguente applicazione delle relative disposizioni.
  15. La superficie totale degli ambiti di potenziale trasformabilità compresi nel Piano urbanistico non può eccedere, salvo analitica dimostrazione, il 10 per cento della superficie totale di tutti gli ambiti urbanizzati.
  16. Il Piano urbanistico, comunale o intercomunale, stabilisce per ogni ambito di potenziale trasformabilità i valori minimi e massimi entro i quali determinare l’indice territoriale dei piani attuativi relativi.
  17. Dalla data di approvazione del piano esecutivo di iniziativa pubblica o di convenzionamento conseguente all’approvazione del piano esecutivo di iniziativa privata si produce l’effetto conformativo della proprietà.

Art. 86 Pianificazione degli ambiti di potenziale trasformabilità

  1. La pianificazione dei nuovi insediamenti avviene nel rispetto della programmazione temporale contenuta nel piano urbanistico comunale o intercomunale e secondo le disposizioni previste dalla presente legge per l’approvazione dei piani attuativi.
  2. Nelle aree che sono oggetto di pianificazione attuativa a seguito di aggiudicazione mediante bando di gara e ricomprese negli ambiti di potenziale trasformabilità, la pianificazione dei nuovi insediamenti persegue i seguenti obiettivi:
  3. a) limitazione dell’ulteriore consumo di suolo;
  4. b) compensazione e mitigazione ambientale;
  5. c) conseguimento di più elevati livelli di qualità architettonica, edilizia ed insediativa; d) conseguimento di elevati livelli di prestazione energetica degli edifici.
  6. Ai fini del perseguimento degli obiettivi di cui al comma 2 la progettazione dei nuovi insediamenti comprende soluzioni che:
  7. a) favoriscono la diffusione dell’attività edilizia sostenibile e l’efficienza energetica delle costruzioni e di ulteriori misure di sostenibilità gestionale;
  8. b) innalzino il livello di sicurezza del territorio;
  9. c) valorizzano i beni paesaggistici e identitari o gli elementi di valore storico-culturale presenti all’interno dell’area di intervento o nelle sue immediate adiacenze;
  10. d) eliminano i detrattori ambientali e paesaggistici presenti nell’area di intervento o nelle sue immediate adiacenze; e) favoriscono la fruizione degli insediamenti da parte dei soggetti anziani e diversamente abili; f) tengono conto delle strategie e dei piani di adattamento ai cambiamenti climatici.

Art. 87 Compensazione ecologica preventiva

  1. La compensazione ecologica è lo strumento mediante il quale il comune, a fronte di progetti di trasformazione di rilevante impatto che determinino l’occupazione di suolo inedificato, al fine di garantire il riequilibrio del sistema conseguente alla riduzione del valore ambientale, impone al soggetto pubblico o privato misure tese al recupero dei suoli, alla realizzazione di nuovi sistemi naturali permanenti e a favorire la rinaturalizzazione e la formazione dei corridoi ecologici.
  2. In alternativa alle misure indicate nel comma 1 possono essere imposti al soggetto attuatore dell’intervento di trasformazione oneri economici aggiuntivi da utilizzare come compensazione del danno subìto dalla collettività in seguito alla perdita delle funzioni ambientali del suolo dovuta alla sua impermeabilizzazione.

Art. 88 Disposizioni per le aree produttive ecologicamente attrezzate

  1. Sono aree produttive ecologicamente attrezzate quelle dotate delle infrastrutture e dei sistemi necessari a garantire la tutela della salute, della sicurezza e dell’ambiente e organizzate in forme di gestione unitaria delle infrastrutture e dei servizi da parte di soggetti pubblici o privati al fine di assicurare elevate prestazioni ambientali.
  2. La Regione, con atto di indirizzo e coordinamento, definisce:
  3. a) i criteri di localizzazione e la realizzazione delle aree scelte prioritariamente tra le aree, zone o nuclei già esistenti, anche se totalmente o parzialmente dismessi e attraverso il coinvolgimento degli enti locali interessati;
  4. b) gli obiettivi prestazionali delle aree ecologicamente attrezzate;
  5. c) le forme di gestione unitaria delle infrastrutture e dei servizi delle aree ecologicamente attrezzate da parte dei soggetti pubblici o privati; d) la dotazione minima di impianti per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili che garantiscano l’autoconsumo istantaneo per una quota almeno pari al 50 per cento.
  6. La pianificazione delle aree produttive dovrà essere coerente con i contenuti dell’atto di indirizzo e coordinamento di cui al comma 2. In sede di prima applicazione si applicano le Direttive regionali in materia di aree produttive ecologicamente attrezzate (APEA) approvate con deliberazione della Giunta regionale n. 4/2 del 25 gennaio 2013.
  7. Le nuove aree produttive di rilievo sovra comunale assumono i caratteri propri delle aree ecologicamente attrezzate.
  8. Il Piano urbanistico comunale o intercomunale può individuare tra le aree di intervento per attività produttive di rilievo comunale quelle da realizzare come aree ecologicamente attrezzate. Per l’eventuale trasformazione delle aree produttive esistenti in aree ecologicamente attrezzate il comune può stipulare specifici accordi con le imprese interessate, diretti a determinare le condizioni e gli incentivi per il riassetto organico delle aree medesime.

Capo V. Capacità insediativa, dotazioni territoriali e parametri urbanistico edilizi

Art. 89 Determinazione dei fabbisogni quantitativi per le varie tipologie di intervento

  1. Nella determinazione dei fabbisogni quantitativi per le varie tipologie di intervento destinati a soddisfare le funzioni identificate, il Piano urbanistico, comunale e intercomunale, persegue l’obiettivo di ridurre al minimo la trasformazione di suolo inedificato, assumendo come prioritari attraverso gli interventi di rigenerazione e riqualificazione urbanistica e paesaggistica delle aree incluse nell’ambito urbanizzato, rispetto a nuovi interventi su suolo non ancora trasformato.
  2. Il piano dimensiona, attraverso un’accurata analisi demografica e socio-economica retrospettiva, riferita a un periodo di almeno venti anni, i fabbisogni quantitativi e qualitativi delle varie tipologie di intervento stimati in prospettiva rispetto a un arco temporale non inferiore a dieci anni. L’analisi mette in relazione le dinamiche del numero di abitanti presenti e potenziali, del numero e della dimensione media delle famiglie e la disponibilità di alloggi non occupati.
  3. Il piano contiene, inoltre, l’analisi delle dinamiche turistiche e definisce il dimensionamento della capacità ricettiva, analizzando le tendenze del settore turistico desunte dalle analisi statistiche e di mercato. L’analisi mette in relazione gli alloggi destinati al soddisfacimento del fabbisogno turistico ricettivo, distinguendo tra le differenti tipologie di strutture ricettive alberghiere ed extra-alberghiere e le residenze per le vacanze e il tempo libero.
  4. Il dimensionamento, sia in termini di occupazione di suolo che di consistenza edilizia, tiene conto del trend demografico, delle previsioni di formazione di nuovi nuclei familiari e delle necessità di rifunzionalizzazione e sostituzione del patrimonio edilizio inutilizzato o obsoleto.
  5. Il piano contiene il programma temporale per l’attuazione degli interventi atti a soddisfare i fabbisogni rilevati, distinguendo tra residenziale, pubblico e privato, e produttivo.
  6. Il dimensionamento complessivo del piano tiene conto del confronto tra domanda e offerta del piano e in particolare:
  7. a) del patrimonio edilizio esistente, destinato alla funzione abitativa;
  8. b) del patrimonio edilizio esistente destinato alla funzione direzionale, commerciale, artigianale e industriale;
  9. c) del patrimonio edilizio esistente destinato ad attività turistiche;
  10. d) della previsione di nuove edificazioni destinate alla funzione abitativa, ivi incluse quelle di edilizia residenziale sociale;
  11. e) della previsione di nuove edificazioni destinate alla funzione direzionale, commerciale, artigianale e industriale;
  12. f) della previsione di nuove edificazioni destinate alle attività turistiche, assicurando adeguati livelli di compatibilità paesistico-ambientale e la effettiva sostenibilità dei programmi di sviluppo e di valorizzazione.
  13. Ai fini del soddisfacimento delle esigenze individuate sulla base delle analisi condotte ai sensi del presente articolo, nella programmazione temporale degli interventi il piano applica i parametri urbanistico edilizi di cui all’Allegato A. Art. 90 Dotazioni territoriali essenziali
  14. Gli atti di governo del territorio garantiscono una adeguata dotazione di impianti e reti tecnologiche, infrastrutture, strutture e spazi, pubblici e ad uso pubblico.
  15. Costituiscono dotazioni territoriali essenziali, indispensabili per il raggiungimento dei livelli di qualità urbana, gli interventi finalizzati a rispondere ai seguenti bisogni:
  16. a) salute, assistenza sociale e sostegno delle famiglie;
  17. b) servizi pubblici e sicurezza pubblica e protezione civile;
  18. c) istruzione, innovazione e ricerca;
  19. d) fruizione del tempo libero, del verde pubblico, della cultura, sport e spettacolo; e) mobilità e accessibilità, trasporto delle persone e delle merci e collettivo, infrastrutture immateriali a rete;
  20. f) godimento del paesaggio, del patrimonio storico-artistico culturale e dell’ambiente;
  21. g) esercizio della libertà di religione e di espressione etico-sociale, di associazione a fini comunitari e culturali;
  22. h) servizio abitativo ed edilizia residenziale sociale.
  23. Negli atti di governo del territorio le dotazioni territoriali essenziali sono ricondotte alle seguenti categorie: a) Se, ossia le aree pubbliche o ad uso pubblico destinate ad ospitare servizi di interesse collettivo di scala locale ubicati in edifici;
  24. b) Sv, ossia le aree pubbliche o ad uso pubblico attrezzate per lo svago e lo sport, con previsione di limitati volumi di servizio;
  25. c) Sp, ossia le aree pubbliche o ad uso pubblico idonee al parcheggio dei veicoli o al servizio della ciclabilità.
  26. Il Piano urbanistico, comunale o intercomunale, stabilisce per ciascun ambito del territorio oggetto di pianificazione il fabbisogno di dotazioni, tenendo conto delle eventuali carenze pregresse, nel rispetto della dotazione minima di cui all’Allegato A alla presente legge. Art. 91 Impianti, reti tecnologiche e infrastrutture
  27. Gli atti di governo del territorio, in ragione del livello di dettaglio, prevedono che gli insediamenti siano dotati di impianti, reti tecnologiche e infrastrutturali tese ad assicurare adeguate condizioni igienico sanitarie e migliorare la qualità urbana degli insediamenti e in particolare di: a) impianti e opere di prelievo, trattamento e distribuzione dell’acqua;
  28. b) rete fognante, impianti di depurazione e rete di canalizzazione delle acque meteoriche; c) spazi e impianti per lo smaltimento, il riciclaggio e la gestione dei rifiuti urbani;
  29. d) pubblica illuminazione, rete e impianti di distribuzione dell’energia elettrica, del calore e del gas combustibile per uso domestico;
  30. e) impianti e reti del sistema delle comunicazioni e telecomunicazioni; f) strade, spazi e percorsi pedonali, piste ciclabili, fermate e stazioni del sistema dei trasporti collettivi: g) parcheggi pubblici o ad uso pubblico a diretto servizio dell’insediamento.
  31. Il Piano Urbanistico, Comunale o intercomunale, individua le aree più idonee alla localizzazione degli impianti e delle reti tecnologiche di rilievo comunale e sovra comunale, definisce per le infrastrutture viarie le fasce di rispetto e di ambientazione, all’interno delle quali realizzare interventi specifici finalizzati a raccordare in termini ecologici, funzionali e percettivi l’infrastruttura con i contesti attraversati.
  32. Il Piano Urbanistico, Comunale o intercomunale individua gli ambiti di potenziale trasformabilità e di riqualificazione urbanistica e paesaggistica di insediamenti esistenti previa verifica dell’esistenza di un’adeguata dotazione di infrastrutture e in caso negativo prevedono l’obbligo di garantirne la realizzazione in fase attuativa, , prevedendo, in particolare, la realizzazione o l’allacciamento a impianti di cui alla lettera b) del comma 1.
  33. Le previsioni di cui al comma 1 sono oggetto di analisi dettagliata e di localizzazione in sede di pianificazione attuativa.

Art. 92  Strutture e spazi, pubblici e ad uso pubblico, per servizi sociali

  1. Il Piano urbanistico, comunale o intercomunale, deve prevedere aree, pubbliche e ad uso pubblico, da destinare alla realizzazione di strutture e spazi per servizi sociali, necessari a soddisfare i bisogni di cui all’articolo 90, comma 2 della presente legge, a favorire lo sviluppo dell’individuo e della comunità e a migliorare la qualità della vita individuale e collettiva.
  2. Ai fini di cui al comma 1 il Piano urbanistico garantisce una dotazione di strutture per servizi sociali, realizzabili anche in aree private assoggettate ad uso pubblico o di aree pubbliche per soddisfare le esigenze sociali e ricreative e di aree per parcheggi pubblici diversi da quelli a diretto servizio dell’insediamento.
  3. Il Piano urbanistico, comunale o intercomunale, può motivatamente ampliare o ridurre la dotazione minima complessiva di aree per servizi sociali per adeguarle a specifiche esigenze locali, in ragione del bacino di utenza dei servizi, della caratteristiche dimensionali, fisiche e ambientali del comune. Se le motivazioni si incentrano sul ruolo del comune rispetto al sistema insediativo dei comuni confinanti e della sovracomunalità del bacino di utenza, la dotazione complessiva è oggetto di un accordo di copianificazione, che contiene l’analisi dei fabbisogni e la localizzazione delle strutture di interesse sovra comunale.
  4. La dotazione complessiva di aree per servizi sociali deve essere commisurata all’entità degli insediamenti esistenti e programmati e rispettare le quote di dotazione minima di cui all’Allegato A. Art. 93 Concorso nella realizzazione delle dotazioni territoriali
  5. Alla realizzazione delle dotazioni territoriali concorrono i soggetti attuatori degli interventi previsti dai Piani urbanistici, comunali e intercomunali, e oggetto di pianificazione attuativa.
  6. Gli interventi diretti all’attuazione di un nuovo insediamento o di riqualificazione urbanistica e paesaggistica di un insediamento esistente comportano che il soggetto attuatore provveda:
  7. a) al reperimento ed alla cessione, anche a seguito di compensazione, al comune delle aree necessarie;
  8. b) alla realizzazione delle infrastrutture per l’urbanizzazione al diretto servizio dei nuovi insediamenti o degli insediamenti esistenti;
  9. c) alla corresponsione degli oneri di urbanizzazione;
  10. d) alla realizzazione, in tutto o in parte, delle dotazioni territoriali, con previsione all’interno della convenzione, discendente dal piano attuativo, dell’assoggettamento delle aree di proprietà privata all’uso pubblico;
  11. e) alla monetizzazione delle aree, nei casi di impossibilità di reperire la quantità di aree idonee all’interno del comparto oggetto di intervento o nel caso in cui l’esiguità delle quote di aree da cedere non consenta l’effettiva realizzazione delle dotazioni territoriali necessarie.
  12. La realizzazione delle dotazioni territoriali da parte dei soggetti attuatori degli interventi comporta lo scomputo dei contributi concessori dovuto e l’acquisizione delle aree da parte del comune.

Art. 94  Parametri urbanistico edilizi per gli ambiti territoriali

  1. Gli atti di governo del territorio individuano i parametri, le densità edificatorie, le dotazioni territoriali essenziali minime e le ulteriori condizioni da soddisfare ai fini della realizzazione degli interventi urbanistici ed edilizi secondo i criteri indicati negli Allegati A e B.
  2. Modifiche, aggiornamenti e integrazioni degli allegati A e B sono approvati con deliberazione della Giunta regionale e resi esecutivi con Decreto del Presidente della Regione, previo parere espresso dalla Commissione consiliare competente in materia di governo del territorio che si esprime entro il termine di trenta giorni dalla richiesta, decorsi i quali se ne prescinde.

 Capo VI. Ulteriori norme per la formazione dei piani

Art. 95  Fasce e zone di rispetto a tutela della sicurezza e dell’incolumità

  1. Al fine di garantire la visibilità e consentire gli ampliamenti delle corsie e l’inserimento di ulteriori eventuali infrastrutture, a protezione dei nastri e degli incroci stradali, attrezzati e non, all’esterno dei centri abitati il Piano urbanistico, comunale o intercomunale prevede una adeguata fascia di rispetto, comunque non inferiore a quella disposta dal decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Codice della strada). Il Piano urbanistico, comunale o intercomunale riporta la perimetrazione del centro abitato come definito dal decreto legislativo n. 285 del 1992 e secondo le indicazioni di cui alla circolare del Ministero dei Lavori Pubblici 29 dicembre 1997, n. 6709/97 (Direttive in ordine all’individuazione dei tratti di strade statali, regionali e provinciali all’interno dei centri abitati, a seguito dell’entrata in vigore delle modifiche al regolamento di attuazione del nuovo codice della strada. (Decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 1996, n. 610)).
  2. Nelle aree ricomprese negli ambiti urbanizzati e nei nuovi insediamenti la distanza fra gli edifici ed il ciglio delle strade extraurbane principali non deve essere inferiore a 10,00 metri, riducibili a 6 metri in particolari situazioni orografiche e di impianto urbanistico.
  3. Nelle fasce di rispetto stradale, rappresentate nel Piano urbanistico, comunale o intercomunale, non è ammessa la realizzazione di nuove costruzioni, la ricostruzione o l’ampliamento degli edifici esistenti, salvo quanto previsto dal comma 6, e trovano, inoltre, applicazione gli ulteriori limiti previsti dal decreto legislativo n. 285 del 1992.
  4. Il Piano Urbanistico, comunale o intercomunale, può prevedere che nelle fasce di rispetto stradale siano realizzati percorsi pedonali e ciclabili, piantumazioni e sistemazioni a verde, interventi tesi a raccordare in termini ecologici, funzionali e percettivi l’infrastruttura con i contesti attraversati, parcheggi pubblici, impianti per la distribuzione di carburante o per il lavaggio delle autovetture.
  5. Nel piano urbanistico, comunale o intercomunale, è rappresentata e disciplinata la fascia di rispetto ferroviaria, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 753 (Nuove norme in materia di polizia, sicurezza e regolarità dell’esercizio delle ferrovie e di altri servizi di trasporto), nella quale, comunque, non è comunque ammessa la realizzazione di nuove costruzioni, la ricostruzione o l’ampliamento degli edifici esistenti. Possono essere autorizzate riduzioni alle distanze prescritte dalle norme vigenti ai sensi e nei termini previsti dell’articolo 60 del decreto del Presidente della Repubblica n. 753 del 1980.
  6. Negli edifici esistenti nelle fasce di rispetto stradale e ferroviaria, il Piano Urbanistico, comunale o intercomunale può prevedere aumenti di volume non superiori al 20 per cento del volume preesistente, unicamente per sistemazioni igieniche o tecniche e a condizione che gli ampliamenti si sviluppino sul lato opposto a quello dell’infrastruttura viaria o ferroviaria da salvaguardare, o mediante sopraelevazione.
  7. Nel piano urbanistico, comunale o intercomunale, è rappresentata e disciplinata la fascia di rispetto cimiteriale comunque non inferiore a quanto previsto dall’articolo 338 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265 (Approvazione del testo unico delle leggi sanitarie), e pari a 200 metri dal perimetro dell’impianto cimiteriale.
  8. Nella fascia di rispetto cimiteriale non è ammessa la realizzazione di nuove costruzioni, la ricostruzione o l’ampliamento degli edifici esistenti. Nella fascia di rispetto cimiteriale è consentita la realizzazione di infrastrutture, parchi, giardini, parcheggi pubblici o di uso pubblico e attrezzature di servizio all’impianto cimiteriale.
  9. La fascia di rispetto cimiteriale può essere ridotta unicamente previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale (ASL) e non oltre il limite di 50 metri per la costruzione di nuovi cimiteri o l’ampliamento di quelli già esistenti per consentire la realizzazione di opere pubbliche o interventi urbanistici, pubblici o privati di rilevante interesse pubblico, purché non ostino ragioni igienico-sanitarie. 10. Nel rispetto delle normative di settore, Il Piano urbanistico, comunale o intercomunale, determina, , le fasce di rispetto attorno agli edifici industriali, ai depositi di materiali insalubri e pericolosi, agli impianti di gestione dei rifiuti, alle opere di presa degli acquedotti, agli impianti di depurazione delle acque di rifiuto e le caratteristiche delle colture arboree da piantare in dette fasce.
  10. Nelle fasce di rispetto di cui ai commi 1, 5, 7 e 10 possono essere ubicati impianti ed infrastrutture per la trasformazione ed il trasporto dell’energia, nonché le attrezzature di rete per la erogazione di pubblici servizi.
  11. Le aree comprese nelle fasce di rispetto di cui al presente articolo possono essere computate, ai fini della edificabilità realizzabile nelle aree limitrofe.
  12. Nel Piano urbanistico, comunale o intercomunale, è rappresentata e disciplinata la fascia di rispetto aeroportuale, nel rispetto delle disposizioni del regio decreto 30 marzo 1942, n. 327 (Codice della navigazione) e successive modifiche ed integrazioni, dei regolamenti dell’Ente nazionale per l’aviazione civile e dei piani di rischio.
  13. Le fasce di rispetto a tutela della sicurezza e dell’incolumità non previste dal presente articolo sono disciplinate dalla vigente normativa statale e regionale.

Art. 96 Fascia di rispetto a tutela dei territori costieri, dei fiumi e dei laghi

  1. Nel Piano urbanistico, comunale o intercomunale, è rappresentata la fascia di rispetto a tutela dei territori costieri, vincolata paesaggisticamente dal’articolo 142, comma 1 lettera a) del decreto legislativo n. 42 del 2004 e successive modifiche e integrazioni, fissata in 300 metri dalla linea della battigia e sottoposta a vincolo di integrale conservazione nella quale è vietato ogni intervento di nuova edificazione.
  2. Nelle isole minori di Sant’Antioco, San Pietro, La Maddalena e Santo Stefano gli interventi di nuova edificazione sono vietati nella fascia ricompresa nei 150 metri dalla linea di battigia.
  3. È, inoltre, vietata ogni nuova edificazione:
  4. a) nella fascia di rispetto dei fiumi compresi in un apposito elenco approvato dalla Giunta regionale tra quelli iscritti negli elenchi di cui al regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775 (Testo unico delle disposizioni di legge sulla acque e impianti elettrici), fissata in 150 metri dagli argini o dalle sponde;
  5. b) nella fascia di rispetto dei laghi naturali e degli invasi artificiali, con esclusione di quelli a scopo irriguo o zootecnico e delle vasche di raccolta, fissata in 300 metri dalla linea di battigia;
  6. c) all’interno del perimetro delle zone umide incluse nell’elenco di cui al decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 1976 n. 448 (Esecuzione della convenzione relativa alle zone umide di importanza internazionale, soprattutto come habitat degli uccelli acquatici, firmata a Ramsar il 2 febbraio 1971); d) nella fascia di rispetto delle lagune, degli stagni e delle zone umide diverse da quelle di cui alla lettera c), fissata in 150 metri dalla linea di battigia;
  7. e) nelle isole minori della Sardegna, con esclusione delle isole di Sant’Antioco, San Pietro, La Maddalena e Santo Stefano. 4. Non sono soggetti al vincolo di integrale conservazione le aree già ricadenti nelle zone omogenee A, B, nonché nelle zone C, D, G e H contermini agli abitati, come individuate, in base al decreto dell’Assessore degli enti locali finanze e urbanistica 20 dicembre 1983 n. 2266/U, negli strumenti urbanistici vigenti alla data di approvazione della presente legge.
  8. Sono, altresì, esclusi dal vincolo di inedificabilità di cui ai commi 1, 2 e 3 lettere a), b), c), d) i comuni i cui centri abitati, così come storicamente sviluppatisi e come individuati dai rispettivi strumenti urbanistici vigenti, siano contermini al mare, ai fiumi, alle lagune, agli stagni e alle zone umide; in sede di pianificazione tali comuni possono individuare, anche all’interno delle fasce di rispetto sopra indicate, ambiti suscettibili di nuova urbanizzazione purché contigui all’ambito urbanizzato; gli ambiti di potenziale trasformabilità non possono essere individuati in presenza dei vincoli di cui al comma 5 lettere c), d) ed e); 6. Nelle fasce di rispetto individuate ai sensi del presente articolo sono, in ogni caso, ammessi:
  9. a) gli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo;
  10. b) gli interventi di prevenzione e tutela della salute e dell’incolumità pubblica;
  11. c) gli interventi di riqualificazione paesaggistica e ambientale, finalizzati alla salvaguardia dei beni tutelati paesaggisticamente o al ripristino degli ecosistemi;
  12. d) gli interventi in attuazione dei piani e progetti di opere pubbliche o di iniziativa pubblica, con particolare riferimento alle strutture necessarie per garantire le dotazioni territoriali essenziali, a condizione che sia dimostrata la impossibilità di una localizzazione alternativa;
  13. e) gli interventi finalizzati alla realizzazione delle opere di urbanizzazione e delle dotazioni territoriali essenziali all’interno dei piani di risanamento urbanistico di cui all’articolo 32 della legge regionale n. 23 del 1985 e successive modifiche e integrazioni;
  14. f) gli interventi di ristrutturazione, di razionalizzazione e di incremento delle volumetrie, in misura non superiore al 25 per cento delle volumetrie già realizzate, purché strettamente funzionali al miglioramento della offerta turistica, all’adeguamento delle strutture turistico ricettive esistenti o delle residenze per il tempo libero e le vacanze da trasformare, conformemente al piano paesaggistico regionale, in strutture turistico ricettive e, in ogni caso, a condizione che i nuovi volumi siano realizzati in arretramento rispetto all’edificio o al complesso edilizio esistente e, ove possibile, oltre le fasce di rispetto di cui al presente articolo;
  15. g) gli interventi di realizzazione delle pertinenze di cui all’articolo 817 del codice civile;
  16. h) gli interventi edilizi strettamente necessarie agli impianti di acquicoltura e, comunque, di utilizzazione produttiva del mare, dei fiumi, degli stagni, delle lagune e delle zone umide;
  17. i) gli interventi previsti nei piani di utilizzo dei litorali a condizione che le strutture a servizio della balneazione siano di facile rimozione e i parcheggi non comportino alterazione permanente e reversibile dello stato dei luoghi.
  18. Nel Piano Urbanistico, comunale o intercomunale, sono rappresentate le fasce di rispetto a tutela dei beni di cui al presente articolo.

Art. 97 Fasce di rispetto a tutela dei corpi idrici

  1. È altresì vietata ogni nuova edificazione nelle seguenti fasce di rispetto:
  2. a) lungo il corso dei fiumi non ricompresi nell’elenco di cui all’articolo 96, comma 3, lettera a), dei torrenti non arginati per una profondità di 50 metri dalle rive o, se esistente, dal limite esterno dell’area golenale; b) lungo il corso dei canali artificiali e dei torrenti arginati, per una profondità di 25 metri dagli argini;
  3. c) lungo i corsi d’acqua all’interno dei centri edificati, per una profondità di 10 metri dagli argini dei corsi d’acqua o per una profondità di 25 metri in mancanza di argini.
  4. Nelle fasce di tutela individuate previste dal comma 1 trovano, inoltre, applicazione, le ulteriori previsioni delle norme di attuazione del Piano stralcio per l’assetto idrogeologico del bacino unico regionale (PAI), del Piano di gestione del rischio alluvioni (PGRA) e nel Piano stralcio delle fasce fluviali (PSFF).

 Art. 98  Vincolo idrogeologico

  1. Il Piano Urbanistico comunale o intercomunale, riporta nella cartografia di piano, con funzione ricognitiva, la perimetrazione vigente del vincolo idrogeologico.

Titolo IV. Ulteriori atti di governo del territorio

Art. 99  Piano aeroportuale

  1. La pianificazione degli aeroporti del territorio regionale è disciplinata dal regio decreto n. 327 del 1942, e successive modifiche e integrazioni, e attua le previsioni del piano generale dei trasporti di cui alla legge 15 giugno 1984 n. 245 (Elaborazione del piano generale dei trasporti) e del piano regionale dei trasporti di cui all’articolo 12 della legge regionale 7 dicembre 2005 n. 21 (Disciplina e organizzazione del trasporto pubblico locale in Sardegna).
  2. I vincoli alla proprietà privata conseguenti alla localizzazione degli aeroporti sono disciplinati dalla parte II, libro primo, titolo terzo, capo III del regio decreto n. 327 del 1942 e dalla normativa di settore. 3. Ai sensi dell’articolo 67 della legge regionale 12 giugno 2006, n. 9 (Conferimento di funzioni e compiti agli enti locali.) spettano alla Regione le funzioni e compiti di pianificazione e programmazione degli aeroporti di interesse regionale.

Art. 100 Piano regolatore del porto di interesse regionale

  1. I porti marittimi di interesse regionale, categoria II, classe III, come definiti dall’articolo 4 della legge 28 gennaio 1994, n. 84 (Riordino della legislazione in materia portuale) compresi i porti e gli approdi turistici, sono disciplinati dai commi da 2 a 11 e sono individuati nel Piano paesaggistico regionale o nel piano di settore relativo alla portualità di interesse regionale.
  2. Il piano regolatore del porto di interesse regionale, nel rispetto degli indirizzi, direttive e prescrizioni contenuti nel Piano paesaggistico regionale, del Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico del bacino unico regionale (PAI) e con il Piano di Gestione del rischio di alluvioni (PGRA) e delle previsioni del piano urbanistico comunale o intercomunale, definisce le scelte strategiche di sviluppo spaziale e funzionale dell’area portuale, delimita l’assetto complessivo del porto, individuando le aree destinate alla produzione industriale, all’attività cantieristica, di servizio passeggeri, alla pesca, e le aree destinate alla nautica da diporto, ai relativi servizi commerciali e turistici e la relativa destinazione funzionale.
  3. Il piano regolatore del porto di interesse regionale, su proposta congiunta degli Assessori regionali competenti in materia di governo del territorio, lavori pubblici e demanio, è adottato dalla Regione con deliberazione della Giunta regionale, previa intesa con l’autorità marittima in ordine alla compatibilità delle previsioni di piano con le esigenze di sicurezza portuale, della navigazione marittima, del traffico marittimo e della idoneità delle aree finalizzate al controllo e previa acquisizione del parere dell’unità tecnica regionale per i lavori pubblici.
  4. Entro quindici giorni dall’adozione, anche ai fini di cui al decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modifiche e integrazioni, il piano è depositato a disposizione del pubblico presso la segreteria del comune o dei comuni all’interno dei quali ricade l’area interessata dalla pianificazione e presso la sede dell’autorità competente in materia ambientale ai fini della valutazione ambientale strategica, ove necessaria.
  5. Dell’avvenuta adozione e del deposito è data notizia mediante pubblicazione di un avviso sul BURAS e sul sito internet istituzionale della Regione e del comune o dei comuni interessati. Ai fini della piena conoscibilità il Piano, completo di tutti gli elaborati, è pubblicato sul sito internet istituzionale della Regione e del comune o dei comuni interessati e in quello dell’autorità competente in materia ambientale. 6. Entro il termine di sessanta giorni dalla pubblicazione dell’avviso sul BURAS, chiunque può prendere visione del piano e presentare osservazioni, in forma scritta, sul rapporto ambientale e sul piano.
  6. Le osservazioni sono esaminate in collaborazione dall’autorità procedente e da quella competente in materia ambientale.
  7. Alla scadenza del termine per la presentazione delle osservazioni, il Presidente della Regione convoca una conferenza di copianificazione, alla quale partecipano tutti i soggetti competenti all’espressione di pareri, nulla osta o atti di assenso comunque denominati. I lavori della sono organizzati tenendo conto delle interrelazioni tra le valutazioni di competenza dei vari enti coinvolti. 9. La Giunta Regionale, esaminate le osservazioni presentate e i risultati della conferenza di copianificazione, approva in via definitiva il Piano regolatore del porto di interesse regionale, corredato degli atti e pareri relativi alle valutazioni ambientali.
  1. Le varianti al piano regolatore del porto di interesse regionale sono approvate con la medesima procedura di approvazione prevista precedono dal presente articolo, ad eccezione di quelle aventi carattere esclusivamente tecnico-funzionale che sono approvate con la procedura di cui all’articolo 101.
  2. Le previsioni del Piano regolatore del porto di interesse regionale non possono contrastare con gli atti di governo del territorio comunale.
  3. I porti marittimi di categoria I e di categoria II, classi I e II, come definiti dall’articolo 4 della legge 28 gennaio 1994, n. 84 (Riordino della legislazione in materia portuale) ricadenti nel territorio della Regione, sono disciplinati, in quanto porti di interesse nazionale e internazionale, dalle disposizioni della predetta legge statale e dalle relative nome di attuazione. Il Piano regolatore portuale è predisposto in coerenza con il Piano paesaggistico regionale (PPR), con il Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico del bacino unico regionale (PAI) e con il Piano di Gestione del rischio di alluvioni (PGRA). La deliberazione della Giunta regionale di approvazione del Piano è corredata dal parere di coerenza agli strumenti di pianificazione sovraordinati e dei pareri in merito alle valutazioni ambientali espressi dalle direzioni generali dell’amministrazione regionale competenti in materia.

Art. 101 Varianti tecnico funzionali al Piano regolatore del porto di interesse regionale

  1. Le varianti al Piano regolatore del porto di interesse regionale aventi carattere esclusivamente tecnico-funzionale sono relative agli interventi di adeguamento tecnico-funzionali del porto e delle relative strutture. Sono varianti tecnico funzionali gli interventi che, pur modificando la configurazione morfologica delle infrastrutture del porto, non riguardano:
  2. a) la modifica delle funzioni portuali;
  3. b) l’incremento in misura maggiore del 5 per cento della superficie complessiva degli specchi acquei individuati nel piano regolatore portuale di interesse regionale;
  4. c) opere soggette alle procedure di valutazione di impatto ambientale.
  5. Sulla natura di variante tecnico-funzionale si pronuncia l’assessorato regionale competente in materia di lavori pubblici, sentito l’assessorato regionale competente in materia di governo del territorio.
  6. Le varianti di cui al presente articolo sono approvate con deliberazione della Giunta regionale.

Art. 102 Localizzazione e ampliamento dei porti di interesse regionale

  1. 1. Se la realizzazione di nuovi porti o approdi turistici di interesse regionale, o l’ampliamento di quelli esistenti, comporti la necessità di modificare il Piano paesaggistico regionale o il piano urbanistico comunale, o intercomunale, la Regione, anche su proposta del comune o dei comuni interessati, procede mediante accordo di pianificazione.
  2. Non comportano variazione del Piano paesaggistico regionale le riqualificazioni funzionali o ambientali dei porti o approdi esistenti finalizzati al conseguimento di standard di livello regionale o statale.

Art. 103 Varianti al Piano delle aree industriali di dimensione sovracomunale

  1. Le aree industriali di dimensione sovracomunale sono definite dalla tabella A alla legge regionale 25 luglio 2008, n. 10 (Riordino delle funzioni in materia di aree industriali), con affidamento della gestione ai consorzi industriali provinciali costituiti ai sensi dell’articolo 31 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali).
  2. Le varianti al Piano delle aree industriali di dimensione sovracomunale sono predisposte, in coerenza con il Piano paesaggistico regionale e con il Piano stralcio per l’assetto idrogeologico del bacino unico regionale, dal consorzio industriale provinciale e da questo adottate.
  3. La variante al Piano proposta dal consorzio industriale, se comporta modifiche al perimetro consortile, è elaborata sulla base di un accordo di pianificazione tra i comuni facenti parte del consorzio e la Regione.
  4. A seguito dell’adozione la variante al Piano delle aree industriali di dimensione sovracomunale è depositata a disposizione del pubblico presso la sede del consorzio industriale, presso la segreteria dei comuni che fanno parte del consorzio e presso la sede dell’autorità competente in materia ambientale ai fini della valutazione ambientale strategica, individuata presso la Regione. Dell’avvenuta adozione e del deposito è data notizia mediante pubblicazione di un avviso, anche ai sensi del decreto legislativo n. 152 del 2006, sul BURAS e sul sito internet istituzionale della Regione e del consorzio. Ai fini della piena conoscibilità il Piano, completo di tutti gli elaborati, è pubblicato sul sito internet istituzionale della Regione e del consorzio.
  5. Entro il termine di sessanta giorni dalla pubblicazione dell’avviso sul BURAS, chiunque può prendere visione della variante al piano e presentare osservazioni, in forma scritta, sul rapporto ambientale e sul piano.
  6. Le osservazioni, comprese quelle dei comuni facenti parte del consorzio, sono esaminate in collaborazione dal consorzio e dalla Regione, in qualità di autorità competente in materia ambientale.
  7. Alla scadenza del termine per la presentazione delle osservazioni, il legale rappresentante del consorzio convoca la conferenza di copianificazione, alla quale partecipano tutti i soggetti competenti all’espressione di pareri, nulla osta o atti di assenso comunque denominati. I lavori della conferenza si concludono entro il termine di novanta giorni, termine entro il quale esprimono il proprio parere motivato l’autorità competente in materia ambientale e i rappresentanti dell’amministrazione regionale in merito alla coerenza con le vigenti disposizioni in materia di governo del territorio e con gli atti di pianificazione sovraordinati, inclusi il Piano Paesaggistico regionale e il Piano stralcio per l’assetto idrogeologico del bacino unico regionale,, nonché i rappresentanti degli organi ministeriali preposti alla tutela del paesaggio.
  8. Ove il territorio oggetto di pianificazione comprenda o proponga siti di importanza comunitaria (SIC), zone speciali di conservazione e zone di protezione speciale, il piano deve essere corredato da uno studio per individuare e valutare gli effetti che il piano ha sul sito. La valutazione di incidenza di cui all’articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997 è effettuata dal rappresentante dell’amministrazione regionale competente in materia che si esprime nei termini e modi previsti dal comma 7 in sede di conferenza di copianificazione.
  9. Ove a seguito dei pareri espressi sia necessario conformarsi alle eventuali prescrizioni e condizioni apposte dai partecipanti alla conferenza di copianificazione, il consorzio procede alla revisione della proposta e sottopone per l’approvazione definitiva il piano alla Regione, che verifica il rispetto delle prescrizioni e condizioni apposte e approva il piano con le modifiche e integrazioni necessarie in caso di mancato rispetto delle prescrizioni e condizioni.
  10. Dell’approvazione della variante al piano è data notizia mediante pubblicazione per estratto della deliberazione di Giunta regionale di approvazione definitiva nella Gazzetta ufficiale della Repubblica e nel BURAS.
  11. Il piano entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione sul BURAS della deliberazione di approvazione definitiva.
  12. I comuni interessati adeguano entro sei mesi i propri piani urbanistici alle previsioni del piano consortile.

Art. 104 Piano del parco e piano delle riserve naturali

  1. 1. I parchi naturali regionali e le riserve naturali regionali sono istituiti con legge regionale che individua quale strumento di pianificazione il Piano del parco o della riserva naturale ai sensi della legge regionale 7 giugno 1989, n. 31 (Norme per l’istituzione e la gestione dei parchi, delle riserve e dei monumenti naturali, nonché delle aree di particolare rilevanza naturalistica ed ambientale).
  2. 2. Il Piano del parco o della riserva naturale è lo strumento di tutela dei valori naturali, ambientali, storico culturali, demo-antropologici e degli ecosistemi presenti nel parco, disciplina l’organizzazione del territorio in relazione agli usi compatibili, suddividendolo in base al diverso grado di protezione.
  1. Il piano dispone in particolare:
  2. a) l’organizzazione generale del territorio, la sua articolazione in aree con la definizione dei vincoli e degli usi consentiti in virtù delle esigenze di tutela e conservazione delle risorse naturali e ambientali presenti, le destinazioni d’uso e le relative norme applicative;
  3. b) i sistemi di accessibilità veicolare e pedonale con particolare riguardo agli accessi, ai percorsi e alle strutture riservate ai diversamente abili e agli anziani;
  4. c) i sistemi di attrezzature e servizi per la gestione e la fruizione del parco, con indicazione delle tipologie costruttive e i materiali consentiti;
  5. d) gli interventi ammessi sulle strutture e infrastrutture esistenti; e) le modalità di esercizio delle attività produttive e compatibili con le finalità istitutive del parco.
  6. Il piano, sulla base di formali intese tra l’ente parco e i comuni interessati, può prevedere l’individuazione delle aree contigue al parco stesso e la disciplina delle medesime ai sensi dell’art. 32 della Legge 6 dicembre 1991, n. 394 (legge quadro sulle aree protette).
  7. Il Piano è predisposto dall’organismo di gestione del parco ed è adottato dalla Giunta regionale entro i successivi sei mesi, corredato dal parere di coerenza con il Piano paesaggistico regionale e con il Piano stralcio per l’assetto idrogeologico del bacino unico regionale, espresso dalle direzioni generali regionali competenti in materia. La predisposizione del piano può essere effettuata sulla base di un accordo di pianificazione tra tutti i soggetti territoriali ricadenti nell’area del parco.
  8. Il Piano è depositato a disposizione del pubblico presso la sede dell’organismo di gestione del parco, presso la segreteria dei comuni interessati e presso la sede dell’autorità competente in materia ambientale ai fini della valutazione ambientale strategica. Dell’avvenuta adozione e del deposito è data notizia mediante pubblicazione di un avviso, anche ai sensi del decreto legislativo n. 152 del 2006 sul BURAS e sul sito internet istituzionale della Regione e dell’organismo di gestione del parco. Ai fini della piena conoscibilità il piano, completo di tutti gli elaborati, è pubblicato sul sito internet istituzionale della Regione, dell’organismo di gestione del parco e in quello dell’autorità competente in materia ambientale.
  9. Entro il termine di sessanta giorni dalla pubblicazione dell’avviso sul BURAS, chiunque può prendere visione del piano e presentare osservazioni, in forma scritta, sul rapporto ambientale e sul piano.
  10. Le osservazioni sono esaminate in collaborazione dall’organismo gestore del parco, dalla Regione e dell’autorità competente in materia ambientale.
  11. Alla scadenza del termine per la presentazione delle osservazioni, l’autorità competente in materia ambientale convoca la conferenza di copianificazione, alla quale partecipano tutti i soggetti competenti all’espressione di pareri, nulla osta o atti di assenso comunque denominati. I lavori della conferenza si concludono entro il termine di novanta giorni, termine entro il quale esprimono il proprio parere motivato l’autorità competente in materia ambientale e i rappresentanti dell’amministrazione regionale in merito alla coerenza con il Piano Paesaggistico regionale e il Piano di assetto idrogeologico, nonché i rappresentanti degli organi ministeriali preposti alla tutela del paesaggio.
  12. Ove il territorio oggetto di pianificazione comprenda o proponga siti di importanza comunitaria (SIC), zone speciali di conservazione e zone di protezione speciale, il piano deve essere corredato da uno studio per individuare e valutare gli effetti che lo stesso può avere sul sito. La valutazione di incidenza di cui all’articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997 è effettuata dal rappresentante dell’amministrazione regionale competente in materia che si esprime nei termini e modi previsti dal comma 8 in sede di conferenza di copianificazione.
  13. L’organismo gestore del parco provvede alle eventuali revisioni della proposta di Piano conformandosi alle eventuali prescrizioni e condizioni apposte dai partecipanti alla conferenza di copianificazione e sottopone il piano alla Giunta regionale per l’approvazione definitiva.
  14. Il piano è approvato in via definitiva con deliberazione della Giunta regionale su proposta dell’assessore competente in materia ambientale.
  15. Il piano entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione sul BURAS della deliberazione di approvazione definitiva, a cura della Giunta regionale.
  16. Il piano è soggetto a periodiche verifiche e ad eventuali aggiornamenti con frequenza non superiore a dieci anni.
  17. Le varianti al piano sono approvate con le procedure previste dal presente articolo.
  18. A seguito dell’approvazione del Piano del parco naturale regionale o del Piano della riserva naturale regionale, con partecipazione dei rappresentanti degli organi ministeriali preposti alla tutela del paesaggio, all’organismo gestore del parco può essere attribuita la delega all’esercizio delle competenze in materia di tutela del paesaggio, finalizzata al rilascio dei provvedimenti di cui agli articoli 146 e 167 del decreto legislativo n. 42 del 2004. Le entrate derivanti dall’applicazione delle sanzioni pecuniarie per le violazioni commesse nel territorio del parco sono riscosse dall’organismo gestore del parco e impiegate per opere e interventi coerenti con le finalità di cui all’articolo 167 del decreto legislativo n. 42 del 2004.
  19. Ai parchi e alle riserve naturali nazionali si applicano le disposizioni di cui all’articolo 12 della legge n. 394 del 1991 e successive modifiche e integrazioni. La deliberazione della Giunta regionale di adozione e approvazione è corredata dal parere di coerenza con il Piano paesaggistico regionale e con il Piano stralcio per l’assetto idrogeologico del bacino unico regionale, espresso dalle direzioni generali dell’amministrazione regionale competenti per materia.
  20. Le previsioni del piano del parco sono immediatamente vincolanti per chiunque e sono recepite di diritto negli atti di governo del territorio dei comuni interessati e sostituiscono eventuali previsioni difformi che vi fossero contenute.

 Titolo V. Disposizioni transitorie e finali

Art. 105 Attuazione degli strumenti urbanistici vigenti

  1. Fino all’approvazione in conformità alla presente legge degli atti di governo del territorio, trovano applicazione le previsioni contenute nei vigenti strumenti urbanistici generali, nel rispetto delle disposizioni di salvaguardia previste dagli atti di pianificazione sovraordinata, fatte salve le disposizioni previste dalla presente legge per il mancato adeguamento al Piano paesaggistico regionale. È fatta altresì salva l’immediata applicazione nelle zone omogenee E delle disposizioni in materia di trasformazioni ammesse negli ambiti rurali, e l’applicazione delle disposizioni in materia di fasce e zone di rispetto di cui alla presente legge.
  2. Fino al termine di cui al comma 1 i comuni danno attuazione alle previsioni contenute nei vigenti strumenti urbanistici attuativi nel rispetto delle disposizioni di salvaguardia previste dagli atti di pianificazione sovraordinata e delle disposizioni in materia di fasce e zone di rispetto di cui alla presente legge. 3. Nell’elaborazione delle varianti agli strumenti urbanistici generali vigenti e nell’elaborazione dei piani attuativi si applicano le norme previste dalla presente legge.

Art. 106 Conclusione dei procedimenti in itinere

  1. Gli strumenti urbanistici generali e attuativi adottati prima dell’entrata in vigore della presente legge sono approvati nel rispetto delle disposizioni vigenti alla data di adozione. Ai fini dell’approvazione si applicano le norme procedimentali previste dalla presente legge.
  2. Alle varianti adottate prima dell’entrata in vigore della presente legge si applicano le disposizioni di cui al comma 1.
  3. Decorso il termine di dodici mesi dall’adozione dello strumento urbanistico generale o di tre mesi dall’adozione del piano attuativo o della variante al strumento urbanistico generale senza che sia intervenuta l’approvazione in via definitiva la Regione esercita l’intervento sostitutivo ai sensi dell’articolo 52.

Art. 107 Adeguamento della disciplina urbanistica locale

  1. I comuni dotati di un programma di fabbricazione, di un piano regolatore generale o di un Piano Urbanistico comunale approvato ai sensi della legge regionale 22 dicembre 1989, n. 45 adottano il Piano Urbanistico, comunale o intercomunale, entro trentasei mesi dall’entrata in vigore della presente legge.
  2. Decorso inutilmente il termine di cui al comma 1 la Regione esercita l’intervento sostitutivo ai sensi dell’articolo 52.
  3. I comuni dotati di un Piano Urbanistico comunale adeguato al Piano paesaggistico regionale adeguano i propri strumenti alla presente legge senza limite temporale.

Art. 108 Rinvio 1. Per quanto non espressamente previsto nella presente legge si applicano le disposizioni contenute nella legislazione statale e regionale vigente.

Art. 109 Abrogazioni, sostituzioni e modifiche

  1. Salvo quanto previsto dalle disposizioni transitorie, dalla data di entrata in vigore della presente legge sono abrogate le seguenti disposizioni:
  2. a) la legge regionale 22 dicembre 1989, n. 45;
  3. b) l’articolo 14 della legge regionale 15 gennaio 1991, n. 6 (Incremento della dotazione organica del ruolo unico regionale, norme sui concorsi e sui requisiti per l’accesso agli impieghi e altre norme in materia di personale dell’amministrazione regionale e dell’Azienda foreste demaniali della Regione);
  4. c) la legge regionale 1 luglio 1991, n. 20 (Norme integrative per l’attuazione della legge regionale 22 dicembre 1989, n. 45, concernente: «Norme per l’uso e la tutela del territorio regionale»);
  5. d) la legge regionale 18 dicembre 1991, n. 37 (Proroga dei termini per le norme di salvaguardia di cui agli articoli 12 e 13 della legge regionale 22 dicembre 1989, n. 45, concernente «Norme per l’uso e la tutela del territorio regionale»);
  6. e) la legge regionale 22 giugno 1992, n. 11 (Modifica ed integrazioni alla legge regionale 22 dicembre 1989, n. 45, concernente: «Norme per l’uso e la tutela del territorio regionale»);
  7. f) la legge regionale 29 dicembre 1992, n. 22 (Modifiche e integrazioni alla legge regionale 22 giugno 1992, n. 11, ed alla legge regionale 22 dicembre 1989, n. 45, concernente: «Norme per l’uso e la tutela del territorio regionale»);
  8. g) la legge regionale 7 maggio 1993, n. 23 (Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 22 dicembre 1989, n. 45, recante «Norme per l’uso e la tutela del territorio regionale»); h) l’articolo 21, comma 2, della legge regionale 12 dicembre 1994, n. 36 (Modifiche alla legge regionale 29 gennaio 1994, n. 2 (legge finanziaria 1994), modificata dalla legge regionale 30 marzo 1994, n, 13 e dalla legge regionale 9 giugno 1994, n. 27, e disposizioni varie;
  9. i) l’articolo 12 della legge regionale 12 agosto 1998, n. 28 (Norme per l’esercizio delle competenze in materia di tutela paesistica trasferite alla Regione con l’articolo 6 del D.P.R. 22 maggio 1975, n. 480, e delegate con l’articolo 57 del D.P.R. 19 giugno 1979, n. 348);
  10. j) l’articolo 80, comma 4, lettera l) della legge regionale 13 dicembre 1998, n. 31 (Disciplina del personale regionale e dell’organizzazione degli uffici della Regione);
  11. k) l’articolo 1, comma 17 e l’articolo 31, commi 5, 5 ter e 5 quater della legge regionale 22 aprile 2002, n. 7 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione (legge finanziaria 2002)); l) l’articolo 18, comma 9, della legge regionale 29 aprile 2003, n. 3 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione (legge finanziaria 2003)); m) la legge regionale 25 novembre 2004, n. 8 (Norme urgenti di provvisoria salvaguardia per la pianificazione paesaggistica e la tutela del territorio regionale);
  12. n) l’articolo 5, comma 2 della legge regionale 12 giugno 2006, n. 9 (Conferimento di funzioni e compiti agli enti locali);
  13. o) l’articolo 5, comma 7 e 8 della legge regionale 7 agosto 2009, n. 3 (Disposizioni urgenti nei settori economico e sociale);
  14. p) gli articoli 11 e 16 della legge regionale 23 ottobre 2009, n. 4 (Disposizioni straordinarie per il sostegno dell’economia mediante il rilancio del settore edilizio e per la promozione di interventi e programmi di valenza strategica per lo sviluppo);
  15. q) l’articolo 8, comma 9, della legge regionale 19 gennaio 2011, n. 1 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione (legge finanziaria 2011)).
  16. r) l’articolo 18, comma 46 della legge regionale 30 giugno 2011, n. 12 (Disposizioni nei vari settori di intervento;
  17. s) l’articolo 10 della legge regionale 21 novembre 2011, n. 21 (Modifiche e integrazioni alla legge regionale n. 4 del 2009, alla legge regionale n. 19 del 2011, alla legge regionale n. 28 del 1998 e alla legge regionale n. 22 del 1984, ed altre norme di carattere urbanistico);
  18. t) l’articolo 2, comma 2, della legge regionale 2 agosto 2013, n. 19 (Norme urgenti in materia di usi civici, di pianificazione urbanistica, di beni paesaggistici e di impianti eolici); u) gli articoli 16, 17, 18, 19, 20, 21 e 24 della legge regionale 23 aprile 2015, n. 8 (Norme per la semplificazione e il riordino di disposizioni in materia urbanistica ed edilizia e per il miglioramento del patrimonio edilizio).
  19. Dalla data di entrata in vigore della presente legge sono sostituite le seguenti disposizioni:
  20. a) l’articolo 12 della legge regionale 7 giugno 1989, n. 31 (Norme per l’istituzione e la gestione dei parchi, delle riserve e dei monumenti naturali, nonché delle aree di particolare rilevanza naturalistica ed ambientale) è così sostituito “Il piano del parco è redatto nel rispetto delle disposizioni di cui all’articolo 105 della presente legge”;
  21. b) l’articolo 3, comma 3 della legge regionale 18 maggio 2006, n. 5 (Disciplina generale delle attività commerciali è sostituito dal seguente comma “3. La superficie di vendita di un esercizio commerciale è l’area destinata alla vendita, compresa quella occupata da banchi, scaffalature, vetrine, inclusi i locali frequentabili dai clienti e collegati direttamente all’esercizio di vendita. Non costituisce superficie di vendita quella dei locali destinati a magazzini, depositi, lavorazioni, uffici, servizi igienici, impianti tecnici.”;
  22. Dalla data di entrata in vigore della presente legge alla legge regionale 18 maggio 2006, n. 5 (Disciplina generale delle attività commerciali) sono apportate le seguenti modifiche:
  23. a) all’articolo 4, comma 2 il periodo “Gli esercizi di vicinato hanno superficie di vendita non superiore a 150 mq nei comuni con popolazione residente sino a 10.000 abitanti e a 250 mq nei comuni con popolazione residente superiore a 10.000 abitanti” è soppresso.
  24. b) all’articolo 4, comma 3 il periodo “Le medie strutture di vendita hanno superficie superiore ai limiti di cui al comma 2 e fino a: a) 800 mq nei comuni con popolazione residente sino a 5.000 abitanti;
  25. b) 1.200 mq nei comuni con popolazione residente superiore a 5.000 abitanti e sino a 10.000 abitanti;
  26. c) 1.800 mq nei comuni con popolazione residente superiore a 10.000 abitanti e sino a 50.000 abitanti;
  27. d) 2.500 mq nei comuni con popolazione residente superiore a 50.000 abitanti o facenti parte di città metropolitana.” è soppresso.

Art. 110 Clausola valutativa

  1. La Giunta regionale informa il Consiglio regionale in merito all’attuazione delle presente legge e dei risultati conseguiti.
  2. Ai fini di cui al comma 1, entro 18 mesi dall’entrata in vigore della presente legge, e successivamente con periodicità biennale, la Giunta regionale invia al Consiglio regionale una relazione contenente informazioni in merito ai seguenti elementi:
  3. a) risultati nell’adeguamento dei piani urbanistici, comunali e intercomunali, al Piano paesaggistico regionale e al Piano stralcio per l’assetto idrogeologico del bacino unico regionale;
  4. b) risultati nell’adeguamento ai contenuti della presente legge conseguiti dai soggetti con funzioni pianificatorie;
  5. c) risultati conseguiti nel contenimento dell’uso del suolo, indicando il rapporto tra ambiti urbanizzati, trasformabili, di salvaguardia ambientale e rurali;
  6. d) utilizzo dei meccanismi di perequazione, compensazione e incrementi volumetrici all’interno degli atti di governo del territorio;
  7. e) contributi regionali stanziati ed effettivamente utilizzati per la formazione dei piani urbanistici;
  8. f) attivazione di interventi sostitutivi della Regione;
  9. g) attuazione della pianificazione intercomunale.

Art. 111 Modifiche legislative in materia di governo del territorio

  1. 1. Le disposizioni della presente legge possono essere abrogate, derogate, sospese o modificate solo espressamente, mediante l’indicazione delle norme da abrogare, derogare, sospendere o modificare. I successivi interventi normativi sulla materia o sul settore disciplinato dalla presente legge sono attuati esclusivamente attraverso la modifica o l’integrazione delle disposizioni della presente legge.

Art. 112 Norma finanziaria

  1. Agli oneri derivanti dell’attuazione della presente legge, quantificati in Euro 4.852.000 per l’anno 2016, in Euro 7.052.000 per l’anno 2017 ed in Euro 3.202.000 per l’anno 2018, si fa fronte mediante utilizzo di pari quote delle risorse già destinate per i medesimi interventi dalle autorizzazioni di spesa disposte dall’abroganda normativa di cui all’articolo 109, iscritte in conto della Missione 8, Programma 1, Titolo 1 e Missione 9, Programma 2, Titolo 1 del Bilancio regionale per i medesimi anni. 2. Per gli anni successivi si provvede nell’ambito dei limiti degli stanziamenti annualmente autorizzati con la legge di bilancio.

Art. 113 Entrata in vigore

  1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nel Bollettino ufficiale della Regione autonoma della Sardegna (BURAS). 2. È fatta salva la conclusione dei procedimenti di accertamento di conformità presentati in data anteriore all’entrata in vigore della presente legge in relazione agli articoli 96 comma 3 lettera c) e 97.

Allegato A

Parametri urbanistico edilizi Art. A.1 Parametri urbanistico edilizi per gli ambiti urbanizzati e di trasformabilità a destinazione prevalentemente residenziale nei comuni con oltre 25.000 abitanti

  1. Nei comuni con oltre 25.000 abitanti gli atti di governo del territorio individuano come segue i parametri abitativi, le densità edificatorie e le dotazioni territoriali essenziali minime da soddisfare negli insediamenti a destinazione prevalentemente residenziale secondo i criteri indicati nei commi 2 e 3 .
  2. All’interno dell’ambito urbanizzato:
  3. a) Per il Centro di prima e antica formazione

1) indice volumetrico medio mc/ab: da determinarsi con Piano Particolareggiato a seguito dell’analisi dello stato attuale;

2) indice fondiario: da determinarsi con Piano Particolareggiato in relazione all’indice medio di zona;

  1. b) All’interno delle aree urbanizzate consolidate:

1) indice volumetrico medio mc/ab: 200;

2) indice fondiario: 1, 3, 5 mc/mq da determinarsi in coerenza con l’indice medio di zona;

3) dotazioni territoriali essenziali minime per il soddisfacimento delle esigenze dell’ambito urbanizzato:

  1. a) Se pari almeno a 4 mq/ab, superficie minima per singola dotazione di 40 mq;
  2. b) Sv pari almeno a 5 mq/ab e superficie minima per singola dotazione di 30 mq;
  3. c) Sp pari almeno a 1,5 mq/ab e superficie minima per singola dotazione di 40 mq.
  4. All’interno degli ambiti di potenziale trasformabilità, nelle aree di intervento comprese nei piani attuativi:

1) indice volumetrico medio non superiore a 100 mc/ab, incrementabile dal 5 per cento al 20 per cento in caso di previsione di servizi connessi alla residenza;

2) indice fondiario: 1 mc/mq;

3) dotazioni territoriali essenziali minime per il soddisfacimento delle esigenze connesse ai nuovi insediamenti:

  1. a) Se pari almeno a 7 mq/ab e superficie minima per singola dotazione di 250 mq;
  2. b) Sv pari almeno a 10 mq/ab e superficie minima per singola dotazione di 50 mq;
  3. c) Sp pari almeno a 2,5 mq/ab e superficie minima per singola dotazione di 100 mq.

Art. A.2 Parametri urbanistico edilizi per gli ambiti urbanizzati e di potenziale trasformabilità a destinazione prevalentemente residenziale nei comuni da 5.001 e 25.000 abitanti

  1. Nei comuni da 5.001 a 25.000 abitanti gli atti di governo del territorio individuano come segue i parametri abitativi, le densità edificatorie e le dotazioni territoriali essenziali minime da soddisfare negli insediamenti a destinazione prevalentemente residenziale secondo i criteri indicati nei commi 2 e 3. 2. All’interno dell’ambito urbanizzato:
  2. a) Per il Centro di prima e antica formazione

1) indice volumetrico medio mc/ab: da determinarsi con Piano Particolareggiato a seguito dell’analisi dello stato attuale;

2) Indice fondiario: da determinarsi con Piano Particolareggiato in relazione all’indice medio di zona;

  1. b) All’interno delle aree urbanizzate consolidate:

1) indice volumetrico medio non superiore a 200 mc/ab;

2) indice fondiario: 1, 3, 5 mc/mq da determinarsi in coerenza con l’indice medio di zona;

3) dotazioni territoriali essenziali minime per il soddisfacimento delle esigenze dell’ambito urbanizzato:

  1. a) Se pari almeno a 3 mq/ab, superficie minima per singola dotazione di 40 mq;
  2. b) Sv pari almeno a 5 mq/ab e superficie minima per singola dotazione di 30 mq;
  3. c) Sp pari almeno a 1 mq/ab e superficie minima per singola dotazione di 40 mq.
  4. All’interno degli ambiti di potenziale trasformabilità, nelle aree di intervento comprese nei piani attuativi:

1) indice volumetrico medio non superiore a 100 mc/ab, incrementabile dal 5 per cento al 20 per cento in caso di previsione di servizi connessi alla residenza;

2) indice fondiario: 1 mc/mq;

3) dotazioni territoriali essenziali minime per il soddisfacimento delle esigenze connesse ai nuovi insediamenti:

  1. a) Se pari almeno a 5 mq/ab e superficie minima per singola dotazione di 250 mq;
  2. b) Sv pari almeno a 10 mq/ab e superficie minima per singola dotazione di 50 mq;
  3. c) Sp pari almeno a 2,5 mq/ab e superficie minima per singola dotazione di 100 mq. Art. A.3 Parametri urbanistico edilizi per gli ambiti urbanizzati e di potenziale trasformabilità a destinazione prevalentemente residenziale nei comuni sino a 5.000 abitanti
  4. Nei comuni fino 5.000 abitanti gli atti di governo del territorio individuano come segue i parametri abitativi, le densità edificatorie e le dotazioni territoriali essenziali minime da soddisfare negli insediamenti a destinazione prevalentemente residenziale secondo i criteri indicati nei commi 2 e 3. 2. All’interno dell’ambito urbanizzato:
  5. a) Per il Centro di prima e antica formazione

1) indice volumetrico medio mc/ab: da determinarsi con Piano Particolareggiato a seguito dell’analisi dello stato attuale;

2) indice fondiario: da determinarsi con Piano Particolareggiato in relazione all’indice medio di zona;

  1. b) All’interno delle aree urbanizzate consolidate:

1) indice volumetrico medio non superiore a 250 mc/ab;

2) indice fondiario: 1, 3, 5 mc/mq da determinarsi in coerenza con l’indice medio di zona;

3) dotazioni territoriali essenziali minime per il soddisfacimento delle esigenze dell’ambito urbanizzato: a) Se pari almeno a 2 mq/ab, superficie minima per singola dotazione di 25 mq;

  1. b) Sv pari almeno a 5 mq/ab e superficie minima per singola dotazione di 30 mq;
  2. c) Sp pari almeno a 1 mq/ab e superficie minima per singola dotazione di 40 mq; 3. All’interno degli ambiti di potenziale trasformabilità, nelle aree di intervento comprese nei piani attuativi:

1) indice volumetrico medio non superiore a 120 mc/ab, incrementabile dal 5 per cento al 20 per cento in caso di previsione di servizi connessi alla residenza;

2) indice fondiario: 0,75 mc/mq;

3) dotazioni territoriali essenziali minime per il soddisfacimento delle esigenze connesse ai nuovi insediamenti:

  1. a) Se pari almeno a 3 mq/ab e superficie minima per singola dotazione di 150 mq;
  2. b) Sv pari almeno a 10 mq/ab e superficie minima per singola dotazione di 40 mq;
  3. c) Sp pari almeno a 2,5 mq/ab e superficie minima per singola dotazione di 40 mq.

Art. A.4 Determinazione del fabbisogno quantitativo per gli ambiti di interesse turistico

  1. Al fine di soddisfare il fabbisogno di ricettività alberghiera ed extra-alberghiera, nonché di residenze per le vacanze e il tempo libero, occupate a fini turistico ricreativi saltuariamente o per periodi limitati di tempo, possono essere realizzati negli ambiti di potenziale trasformabilità nuovi insediamenti di interesse turistico, che ove localizzati all’interno della fascia costiera, come definita e individuata dal Piano paesaggistico regionale, dovranno essere preferibilmente localizzati in contiguità con quelli eventualmente esistenti, completandoli, o con i centri abitati.
  2. In sede di definizione del fabbisogno dovranno essere analizzati i seguenti elementi:
  3. a) l’estensione della fascia costiera in rapporto alla totale estensione territoriale del comune;
  4. b) la popolazione residente stabilmente nel territorio comunale e quella fluttuante nella stagione turistica;
  5. c) il peso insediativo all’interno della fascia costiera e all’interno del restante territorio comunale;
  6. d) lo sviluppo costiero in funzione dell’insediabilità balneare;
  7. e) la quantità e qualità dei volumi edificati e la loro distribuzione nel territorio;
  8. f) la presenza di ulteriori beni paesaggistici, culturali e di risorse naturali;
  9. g) le presenze turistiche storicamente consolidate e le verifiche su criticità ed ultime tendenze di sviluppo; h) l’incidenza percentuale, sul totale delle volumetrie esistenti, delle strutture ricettive, delle residenze per il tempo libero, dei servizi generali connessi al settore turistico;
  10. i) la presenza dei centri costieri di matrice storica e di adeguato impianto urbanistico, nonché eventuale presenza di porti turistici.
  11. Le risultanze delle analisi condotte nel rispetto delle condizioni di cui al comma precedente, non potranno comunque determinare il superamento dei parametri massimi previsti dal presente articolo. Non è consentita la localizzazione di nuovi insediamenti di interesse turistico all’interno della fascia dei 300 metri dalla linea di battigia marina, nella quale sono consentiti unicamente gli interventi esplicitamente previsti dalle disposizioni della presente legge. Gli insediamenti esistenti possono essere completati attraverso la previsione di ambiti di potenziale trasformabilità ad essi contigui. È, in ogni caso, consentita la trasformazione delle residenze per le vacanze e il tempo libero, esistenti o da realizzare, in strutture ricettive alberghiere.
  12. Nella fascia costiera i volumi totali massimi realizzabili sono determinati secondo i seguenti parametri in relazione alle due tipologie di utilizzo: a) per le strutture ricettive alberghiere ed extra-alberghiere:

1) 60 mc/ml per costa sabbiosa la cui fascia abbia una larghezza superiore a 50 m;

2) 45 mc/ml per costa sabbiosa la cui fascia abbia una larghezza compresa tra 50 e 30 m;

3) 30 mc/ml per costa sabbiosa la cui fascia abbia una larghezza inferiore a 30 m;

4) 15 mc/ml per costa rocciosa. b) per le residenze per le vacanze e il tempo libero:

1) 15 mc/ml per costa sabbiosa la cui fascia abbia una larghezza superiore a 50 m;

2) 10 mc/ml per costa sabbiosa la cui fascia abbia una larghezza compresa tra 50 e 30 m;

3) 5 mc/ml per costa sabbiosa la cui fascia abbia una larghezza inferiore a 30 m;

4) 2 mc/ml per costa rocciosa.

5) Il 10 per cento dei volumi determinati per le residenze per il tempo libero devono essere destinati a servizi connessi alla residenza.

  1. In sede di pianificazione dalle volumetrie così determinate dovranno essere rispettivamente sottratte, per ognuna delle sopra citate tipologie, quelle già legittimamente realizzate sull’intero territorio comunale.
  2. Qualora la volumetria già realizzata per una delle tipologie ecceda quella determinata ai sensi del comma 3, non saranno consentite ulteriori realizzazioni per quella tipologia. Il 50 per cento di tale eccedenza deve essere sottratta dal calcolo della volumetria relativa alla restante tipologia.
  3. Dovranno, inoltre, essere rispettati i seguenti ulteriori parametri:
  4. a) Indice territoriale massimo determinato dagli studi di compatibilità paesaggistico-ambientale non superiori a 0,35 mc/mq.
  5. b) Indici di fabbricabilità fondiario determinato dagli studi di compatibilità paesistico-ambientale e, comunque, non superiore a: 0,70 mc/mq.
  6. c) Superfici destinate a servizi pubblici, verde, infrastrutture e parcheggi in misura non inferiore al 50% della superficie territoriale, la superficie a verde dovrà risultare non inferiore al 25% della superficie totale. 8. Al di fuori della fascia costiera, e nei comuni interamente ricompresi nella fascia costiera ma che non dispongono di litorale, il Piano Urbanistico può individuare ambiti di potenziale trasformabilità al cui interno localizzare, attraverso bandi di gara, le aree destinate a soddisfare il fabbisogno di ricettività alberghiera ed extra-alberghiera, nonché di residenze per le vacanze e il tempo libero.
  7. Il dimensionamento del fabbisogno di ricettività al di fuori della fascia costiera è giustificato e proporzionato alle effettive vocazioni potenziali del territorio. In questo caso, la capacità insediativa massima è dimensionata, mediante uno studio apposito, in relazione agli attrattori presenti sul territorio e ai flussi di visitatori attuali e potenziali.
  8. Il parametro volumetrico per gli insediamenti determinati come al comma 6 è di 80 mc per posto letto.

Art. A.5 Parametri urbanistico edilizi per gli ambiti urbanizzati e di trasformabilità a destinazione produttiva

  1. Gli atti di governo del territorio individuano i parametri, le densità edificatorie e le dotazioni territoriali essenziali minime da soddisfare negli insediamenti a destinazione produttiva e destinati ad accogliere le funzioni artigianali, industriali e commerciali secondo i criteri indicati nei commi seguenti.
  2. Nelle aree di intervento a seguito di piano attuativo ad uso artigianale e industriale si osservano i seguenti parametri:
  3. a) rapporto di copertura tra superficie coperta e superficie fondiaria di pertinenza non superiore al 50 per cento; b) superficie utile agibile non superiore al 65 per cento della superficie fondiaria di pertinenza, parte della superficie utile agibile potrà essere utilizzata per la realizzazione di unità abitative di dimensione non superiore a 90 mq;
  4. c) dotazioni territoriali essenziali minime per il soddisfacimento delle esigenze connesse ai nuovi insediamenti a destinazione produttiva: 1) Sp pari almeno al 5 per cento dell’intera superficie territoriale dell’area di intervento;

2) Sv pari almeno al 5 per cento dell’intera superficie territoriale dell’area di intervento;

  1. d) parcheggi di pertinenza degli edifici e asserviti all’attività artigianale e industriale 1 mq per ogni 2 mq di superficie utile agibile;
  2. Le strutture di vendita sono così classificate:
  3. a) nei comuni con oltre 25.000 abitanti o nel caso di grandi strutture di vendita nei comuni facenti parte della città metropolitana sono

1) medie strutture di vendita le strutture con superficie di vendita oltre i 250 mq e fino a 2.500 mq;

2) grandi strutture di vendita le strutture con superficie di vendita superiore a 2.500 mq; b) nei comuni da 5.001 a 25.000 abitanti

1) medie strutture di vendita le strutture con superficie di vendita compresa oltre i 150 mq e 1.500 mq;

2) grandi strutture di vendita le strutture con superficie di vendita superiore a 1.500 mq;

  1. c) nei comuni sino a 5.000 abitanti

1) medie strutture di vendita le strutture con superficie di vendita compresa tra 150 e 1.000 mq;

2) grandi strutture di vendita le strutture con superficie di vendita superiore a 1.000 mq.

  1. La superficie di vendita di un esercizio commerciale è l’area destinata alla vendita, compresa quella occupata da banchi, scaffalature, vetrine, inclusi i locali frequentabili dai clienti e collegati direttamente all’esercizio di vendita. Non costituisce superficie di vendita quella dei locali destinati a magazzini, depositi, lavorazioni, uffici, servizi igienici, impianti tecnici.
  2. Gli atti di governo del territorio individuano i parametri, le densità edificatorie e le dotazioni territoriali essenziali minime da soddisfare negli insediamenti a destinazione produttiva destinati ad accogliere le funzioni commerciali, secondo i seguenti criteri:
  3. a) rapporto di copertura tra superficie coperta e superficie fondiaria di pertinenza non superiore al 50 per cento;
  4. b) dotazioni territoriali essenziali minime per il soddisfacimento delle esigenze connesse ai nuovi insediamenti a destinazione produttiva:

1) Sp pari almeno al 5 per cento dell’intera superficie territoriale dell’area di intervento;

2) Sv pari almeno al 5 per cento dell’intera superficie territoriale dell’area di intervento; c) parcheggi di pertinenza degli edifici e asserviti all’attività commerciale 1 mq per ogni 2 mq di superficie utile agibile, oltre a 50 mq ogni 100 mq di superficie di vendita, comprensivi delle corsie e degli spazi di manovra.

Art. A.6 Parametri urbanistico edilizi per gli esercizi di vicinato

  1. Gli esercizi di vicinato, indipendentemente dal settore merceologico di riferimento, sono individuati sulla base dei seguenti criteri
  2. a) nei comuni con oltre 25.000 abitanti sono le strutture con superficie di vendita non superiore a 250 mq; b) nei comuni da 5.001 a 25.000 abitanti sono le strutture con superficie di vendita non superiore a 200 mq; c) nei comuni sino a 5.000 abitanti sono le strutture con superficie di vendita non superiore a 150 mq;
  3. Gli esercizi di vicinato possono essere localizzati in tutte gli insediamenti che soddisfano esigenze abitative e produttive e sono dotati di parcheggi destinati alla clientela nella misura complessiva di 50 mq ogni 100 mq di superficie di vendita, comprensivi degli spazi di manovra, e, in ogni caso, di almeno uno stallo di sosta.
  4. Agli esercizi di vicinato localizzati nel centro di antica e prima formazione e nel centro storico non si applicano le prescrizioni di cui al comma 2. In tale ipotesi è inoltre consentita la deroga alle prescrizioni relative alle superfici minime di illuminazione e ventilazione naturale e la sostituzione di queste con idonei impianti di illuminazione e ventilazione artificiale.
  5. Il comma 2 non trova applicazione nel caso di mutamento di destinazione d’uso di edifici esistenti in ambito urbanizzato qualora sia dimostrata l’impossibilità di reperire spazi idonei, in tali ipotesi l’intervento è consentito previo pagamento di una somma equivalente alla monetizzazione delle aree per parcheggi.

Art. A.7 Parametri urbanistico edilizi per gli edifici in ambito rurale

  1. Ai fini edificatori la superficie minima di intervento (SMI) è determinata secondo le seguenti modalità: a) per l’edificazione a fini residenziali e a fini produttivi connessa alla silvicoltura, alla conduzione agricola del fondo ed alla valorizzazione e trasformazione dei relativi prodotti, la SMI è correlata al potenziale produttivo e alle specificità colturali effettivamente praticate come determinata in relazione alla produttività standard INEA e alla soglia minima di reddito lordo e riportata nell’Allegato B.
  2. b) per l’edificazione a fini residenziali e a fini produttivi connessa alla conduzione zootecnica del fondo ed alla valorizzazione e trasformazione dei relativi prodotti, la SMI è correlata al rapporto tra il numero minimo dei capi (RLS/PS) e il carico mantenibile (CM) come determinata in relazione alla produttività standard INEA e alla soglia minima di reddito lordo e riportata nell’Allegato B. Il carico mantenibile, salvo i casi di allevamento senza terra, deve essere garantito dall’autoapprovvigionamento in misura non inferiore al 50 per cento della sostanza aziendale secca degli alimenti consumati;
  3. Deve inoltre essere garantito lo svolgimento di attività per almeno 1.400 ore annue, direttamente o da addetti o salariati
  4. Il Reddito Lordo Standard (RLS) è stabilito in 15.000 euro, ai soli fini della presente legge, ed è inteso come soglia minima del RLS di cui all’articolo 19, paragrafo 4, del regolamento (UE) n. 1305/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e che abroga il regolamento (CE) n. 1698/2005 del Consiglio, stabilita dal PSR Sardegna 2014-2010; i suddetti requisiti sono ridotti della metà se l’imprenditore opera nelle zone svantaggiate di cui all’articolo 17 del regolamento (CE) n. 1257/1999.
  5. Il rapporto di copertura tra superficie coperta e superficie fondiaria di pertinenza non deve superare il 50 per cento nel caso di edifici e impianti per allevamenti zootecnici intensivi e serre fisse.
  6. La superficie minima del lotto non può essere in ogni caso inferiore a 1 ha. Tale superficie può essere ottenuta anche mediante accorpamento di fondi non contigui tra loro, nel caso di edifici strumentali alla produzione, mentre, nel caso di edifici residenziali, tale superficie è riferita a fondi contigui o separati solo da strade locali come definite dall’articolo 2 del decreto legge n. 285 del 1992 e e successive modifiche e integrazioni.
  7. Se é dimostrata l’impossibilità di disporre di residenza nell’ambito urbanizzato comunale come perimetrato dal Piano Urbanistico, i nuovi edifici con destinazione residenziale sono consentiti con un indice fondiario di 0,03 mc/mq fino a un limite di 90 mq, ampliabili di 10 mq per ogni familiare o addetto regolarmente occupato come unità lavoro che risiederà nell’edificio, da certificarsi nel piano aziendale, e comunque fino a una massimo di 180 mq complessivi.
  8. I nuovi edifici strumentali alla produzione non possono superare i seguenti parametri:
  9. a) per l’edificazione a fini produttivi connessa alla silvicoltura, alla conduzione agricola del fondo ed alla valorizzazione e trasformazione dei relativi prodotti:

1) 50 mq di superficie utile per ettaro;

  1. b) per l’edificazione a fini produttivi connessa alla conduzione zootecnica del fondo ed alla valorizzazione e trasformazione dei relativi prodotti:

1) bovini ed equini, 8 mq a capo;

2) ovini caprini, 0,20 mq a capo;

3) suini, 0,70 mq a capo;

4) avicoli e conigli, 14 mq per 100 capi.

  1. c) per l’edificazione a fini produttivi connessa alla itticoltura, ed alla valorizzazione e trasformazione dei relativi prodotti:

1) mq 8 per ettaro di specchio acqueo direttamente destinato all’attività.

  1. In tutti i casi previsti al comma 7, la superficie utile massima non può superare mq 700, comprensivi dei fabbricati esistenti e il rapporto di copertura non potrà essere superiore al 50 per cento.
  2. Fatti salvi i casi di comprovata impossibilità di delocalizzarli, edifici di superficie superiore a quella indicata al comma precedente e destinati alla trasformazione dei prodotti agricoli, zootecnici e ittici, dovranno essere ubicati in ambiti destinati all’artigianato o all’industria.
  3. I nuovi edifici destinati all’esercizio dell’attività agrituristica e ittituristica sono consentiti nella misura massima di 18 mq per ogni posto letto, comprensivi dei servizi, fino a un massimo di 30 posti letto.
  4. L’altezza massima nei nuovi edifici con destinazione residenziale non può superare i 3,50 m e per gli altri interventi edificatori di m 7,00; l’altezza è misurata prendendo come riferimenti il punto medio della linea formata dall’intersezione del piano verticale esterno della muratura sul prospetto a monte con il piano di campagna e il punto di intersezione tra l’intradosso dell’ultimo solaio e a superficie esterna della parete. 12. Tutte le costruzioni si attengono a criteri progettuali di grande semplicità, con utilizzo di materiali locali e completi di tutte le finiture.
  5. Ai fini della realizzazione degli interventi edificatori, gli strumenti urbanistici comunali disciplinano la possibilità di raggiungere la superficie minima di intervento con l’utilizzo di più corpi aziendali. Il volume realizzabile è, in ogni caso, calcolato utilizzando esclusivamente la superficie effettiva del fondo sul quale si edifica, ferma la possibilità di utilizzare particelle catastali contigue.

Art. A.8 Distanze da rispettare per gli edifici strumentali alla produzione agricola

  1. Al fine di limitare le ricadute sulla popolazione in termini igienico ambientali, negli insediamenti zootecnici i fabbricati destinati al ricovero degli animali e gli impianti connessi alla raccolta, o stoccaggio e raccolta e al trattamento dei reflui zootecnici e rispettano la distanza minima di 50 metri dai confini di proprietà.
  2. I fabbricati e gli impianti di cui al comma 1 rispettare rispettano inoltre le seguenti distanze minime dagli edifici residenziali esistenti in ambito rurale e dal perimetro dell’ambito urbano o degli insediamenti esistenti in ambiti diverso dall’urbano:
  3. a) 500 metri se trattasi di allevamento per suini;
  4. b) 300 metri per avicoli, conigli e altro. c) 100 metri per bovini, ovicaprini ed equini.

Art. A.9 Ulteriori parametri urbanistico edilizi

  1. Agli insediamenti destinati ad ospitare servizi di interesse generale si applicano i parametri urbanistico edilizi previsti in sede di pianificazione attuativa, con previsione di:
  2. a) un rapporto di copertura tra superficie coperta e superficie fondiaria di pertinenza non superiore al 50 per cento;
  3. b) Dotazioni territoriali essenziali minime per il soddisfacimento delle esigenze connesse ai nuovi insediamenti

1) Sp pari almeno al 5 per cento dell’intera superficie territoriale dell’area di intervento;

2) Sv pari almeno al 5 per cento dell’intera superficie territoriale dell’area di intervento;

  1. c) parcheggi di pertinenza degli edifici e asserviti all’attività 1 mq per ogni 2 mq di superficie utile agibile, oltre a 50 mq ogni 100 mq di superficie di vendita, comprensivi delle corsie e degli spazi di manovra.
  2. Agli insediamenti a destinazione direzionale e socio-sanitaria si applicano i parametri, le densità edificatorie e le dotazioni territoriali essenziali definiti per gli insediamenti a destinazione commerciale.
  3. Le altezze massime delle nuove costruzioni sono stabilite per il centro di antica e prima formazione dal piano particolareggiato, per gli interventi di rigenerazione e trasformazione urbana e per i nuovi insediamenti dagli strumenti urbanistici in relazione alle norme sulle distanze di cui ai successivi commi 4 e 5.
  4. Le distanze minime tra pareti di edifici antistanti, di cui almeno una finestrata, non possono essere inferiori a 10 m; nel caso di incrementi volumetrici di edifici esistenti le distanze minime possono eguagliare quelle dei volumi esistenti.
  5. In ogni caso deve essere rispettata, nel caso di impossibilità di costruire in aderenza, la distanza minima di 3 metri tra le pareti degli edifici antistanti.

Art. A.10 Disposizioni per la qualità negli insediamenti turistici

  1. Gli insediamenti turistici sono caratterizzati dalla presenza di strutture ricettive alberghiere ed extraalberghiere e di residenze per le vacanze e il tempo libero. 14. La progettazione dei nuovi insediamenti e gli interventi di riqualificazione urbanistica e paesaggistica degli insediamenti esistenti devono essere finalizzati al raggiungimento degli obiettivi di un sistema turistico-ricettivo sostenibile, secondo gli indirizzi del Programma per l’Ambiente delle Nazioni Unite (UNEP), ‘Making Tourism More Sustainable – A Guide for Policy Makers’, adottato a Parigi nel 2005, perseguendo le seguenti finalità:
  2. a) migliorare la dotazione di servizi, attrezzature pubbliche e private con l’obiettivo di diminuire il carattere di stagionalità;
  3. b) prevedere lo sviluppo della potenzialità turistica del territorio attraverso l’utilizzo degli insediamenti esistenti quali centri urbani, paesi, frazioni e agglomerati, insediamenti sparsi del territorio rurale e grandi complessi del territorio minerario;
  4. c) prevedere lo sviluppo di infrastrutture per la diffusione della mobilità a basso impatto ambientale con particolare riguardo per quella elettrica e ibrida.
  5. I piani e i progetti perseguono le finalità di cui al comma 2 attraverso:
  6. a) interventi di riqualificazione urbanistica e paesaggistica, riferiti al disegno urbano, ripartendo dai vuoti e riprogettando gli insediamenti esistenti dotandoli di servizi, spazi aperti e verde attrezzato, integrato con le attività commerciali e terziarie, creando connessioni attraverso percorsi ciclabili e pedonabili in modo da realizzare una rete servizi che restituisca qualità e razionalità all’insediamento, e privilegiando, nel caso di interventi di completamento, le strutture alberghiere;
  7. b) interventi finalizzati alla conversione delle residenze per le vacanze e il tempo libero in strutture di tipo alberghiero, anche diffuse sul territorio, prevedendo idonee dotazioni e servizi; c) interventi finalizzati alla riqualificazione energetica degli edifici con particolare riferimento al regime di climatizzazione estiva.

Art. A.11 Disposizioni per la qualità negli insediamenti produttivi

  1. La qualità negli insediamenti produttivi si persegue attraverso interventi che migliorino lo stato dell’ambiente e del paesaggio in rapporto con le aree destinate ad ospitare funzioni artigianali, industriali, commerciali, attraverso la riduzione delle emissioni, dei rifiuti, un utilizzo efficiente dell’energia e delle risorse naturali.
  2. Nella pianificazione degli interventi edilizi sono considerati i seguenti aspetti:
  3. a) controllo della frammentazione paesaggistica, rispetto della biodiversità, dell’integrità delle componenti ambientali e delle connessioni ecologiche;
  4. b) risparmio del suolo attraverso sviluppo di economie di agglomerazione e prossimità;
  5. c) cura degli aspetti morfologici, formali, volumetrici, cromatici e materici;
  6. d) cura delle aree di frangia e riduzione delle interferenze visive anche con introduzione di elementi finalizzati alla mitigazione dell’impatto;
  7. e) mantenimento di una superficie permeabile pari ad almeno al 50 per cento della superficie del lotto di pertinenza al netto dell’ingombro dell’edificio al fine di consentire l’assorbimento almeno parziale delle acque meteoriche;
  8. f) previsione di idonei collegamenti con le reti di trasporto e di una adeguata disponibilità idrica e di energia;
  9. g) previsione di interventi finalizzati alla costituzione di reti energetiche intelligenti caratterizzate da alti livelli di autoconsumo, forte integrazione delle fonti energetiche rinnovabili e gestione razionale dell’energia.
  10. Gli interventi di cui al comma 2 sono diretti alla salvaguardia del sistema produttivo in essere garantendone prioritariamente l’adeguamento tecnologico e le reali esigenze di ampliamento.
  11. La localizzazione delle grandi e medie strutture di vendita avviene nel rispetto dei seguenti criteri:
  12. a) la capacità di assorbimento, da parte delle reti di trasporto presenti nel territorio del comune e in quello dell’ambito di interesse sovracomunale, del carico di utenze potenziali connesso al nuovo esercizio;
  13. b) il livello di emissioni inquinanti, comprensivo dell’incremento dovuto alla movimentazione veicolare attesa dalla nuova struttura di vendita;
  14. c) la compatibilità con le esigenze di tutela e valorizzazione dei beni paesaggistici, con il divieto di realizzare di nuovi edifici all’interno dei centri di antica e prima formazione;
  15. d) la adeguata dotazione di servizi essenziali nelle aree più scarsamente popolate;
  16. e) la possibilità di dotare delle necessarie pertinenze la struttura, così da garantire il corretto assetto del territorio;
  17. f) la necessità di massimizzare nelle utenze insediate l’autoconsumo di energia prodotta da fonti rinnovabili.

Allegato B  Superficie minima di intervento (SMI) per coltura

Codice Attività (coltura / allevamento) lotto minimo Ha D17 Fiori – in serra 1,00 D15 Orticole – in serra 1,00 D19 Semi e piantine seminativi 1,00 I02 Funghi 1,00 G05 Vivai 1,00 D16 Fiori – all’aperto 1,00 D14A Orticole all’aperto – in pieno campo 1,00 D23 Tabacco (secco) 1,00 D24 Luppolo (Piante aromatiche, medicinali e da condimento) 3,00 D34 Piante aromatiche, medicinali e da condimento 3,00 G01B Frutteti – di origine subtropicale (Actinidia) 3,00 D14B Orticole – all’aperto – in orto industriale 3,00 G04A Vigneti – per uva da vino di qualità (uva) 3,00 G07 Colture permanenti in serra (Frutteti – di origine temperata) 3,00 G04C Vigneti- per uva da tavola 3,00 G01A Frutteti – di origine temperata 3,00 G02 Agrumeti 3,00 G04B Vigneti – per uva da vino comune (uva) 3,00 G01C Frutteti – frutta a guscio 3,00 D08 Altri cereali 5,00 D10 Patate 5,00 G03A Oliveti – per olive da tavola 5,00 D11 Barbabietola da zucchero 5,00 D12 Piante sarchiate foraggere 5,00 G06 Altre colture permanenti 5,00 D31 Lino 5,00 G03B Oliveti – per olive da olio (olio) 5,00 D35 Altre piante industriali 5,00 D06 Mais 15,00 D07 Riso 15,00 D33 Altre colture tessili 15,00 D26 Colza 15,00 D18B Altre foraggere avvicendate 15,00 D30 Altre oleaginose erbacee 15,00 D20 Altre colture per seminativi 15,00 D18A Prati e pascoli temporanei (erbai) 15,00

D28 Soia 15,00 D01 Frumento tenero 15,00 D27 Girasole 15,00 D02 Frumento duro 15,00 D03 Segale 15,00 D04 Orzo 30,00 D05 Avena 30,00 D09 Leguminose da granella 30,00 F01 Prati permanenti e pascoli 30,00 D32 Canapa 30,00 F02 Pascoli magri 30,00

Superficie minima di intervento (SMI) per allevamento

Codice Attività (coltura / allevamento) specchio acqueo min. Ha D14A Itticoltura, valorizzazione e trasformazione dei prodotti 50,00

Codice Attività (coltura / allevamento) lotto minimo   Equini 5,00   Bovini (media) 5,00   Ovini – Caprini (media) 5,00   Suini (media) 3,00   Avicoli – Conigli (media) 3,00   Api (alveare) 5,00

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