Memorandum 56. L’auto-anomia di una smemorata parte politica [di Salvatore Multinu]
www. sardegnasoprattutto. com 21 settembre 2017. Con una pervicacia degna di miglior causa il gruppo regionale del Pd ha presentato una mozione di censura contro le dichiarazioni della sottosegretaria Borletti e del soprintendente Martino, in nome (udite! udite!) dell’autonomia della Sardegna, violata – secondo lorsignori – mentre l’assemblea sovrana era impegnata nell’approvazione di leggi di esclusiva competenza regionale. Ora, a parte che sulla competenza si può discutere – l’ambiente è tema restato nella competenza dello Stato, e alcune scelte, della legge impugnata (quella sulla manutenzione urbanistica) e del disegno di legge in discussione, confliggono con l’ambiente, per giudizio unanime o quasi – fa impressione questo roboante richiamo all’autonomia da parte di un organismo che, finora, non ne ha dimostrato granché, appiattendosi pedissequamente sulle decisioni dello Stato centrale, e sui suoi parametri, in tema di tagli alla scuola, alla sanità, agli Enti locali, alla pubblica amministrazione, sulle leggi elettorali e statutarie; e, se vogliamo, anche sui Piani casa di berlusconiana memoria ai quali – come spesso ripete Sandro Roggio – sono stati tolti i limiti temporali. L’autonomia richiamata dai consiglieri del PD (di ogni sensibilità, come si usa dire invece delle più prosaiche correnti) mi pare simile a quella libertà senza freni che, con magistrale efficacia, Corrado Guzzanti attribuiva alla Casa della Libertà: il diritto di fare quel che pare e piace, incuranti delle libertà altrui (tra le quali quella, sacrosanta, di dissentire) e di quello che si definisce interesse generale. Non di autonomia, si tratta, ma di auto-anomia, cioè di un collocarsi fuori delle norme, con il corollario di attribuirsi – utilizzando il proprio ufficio di legislatore – il diritto di modificarle a piacimento. Cose già viste, in passato, ma praticate da una parte politica avversa, alla quale si è cercato – pur senza riuscirci completamente – di dare filo da torcere. Naturalmente tale atteggiamento continua a provocare resistenze e contrasti crescenti nella parte più avveduta della cultura sarda: si moltiplicano gli appelli a fermare questo cupio dissolvi che ha contagiato il governo regionale; i giuristi richiamano la gerarchia delle fonti, che colloca la legislazione regionale ad un livello subordinato rispetto a quella nazionale; gli urbanisti insistono nel sottolineare i pericoli di un’azione flaccida, quando non di un lassismo vero e proprio, nella salvaguardia e tutela paesaggistica; i sociologhi prospettano i pericoli di un turismo costiero incentivato, a colpi di metri cubi, rispetto al lamentato squilibrio tra territori fotografato con la definizione di ciambella attribuita all’Isola. Ma loro niente, vanno avanti con quella testardaggine (questa sì, autonoma) che ci caratterizza un po’ tutti. E i sardi? I sardi – come le stelle – stanno a guardare: alcuni indifferenti, altri furbescamente attivi nel trarre qualche vantaggio personale e/o di gruppo, altri ancora, seduti sulla riva del fiume, attendono il passaggio dell’avversario ormai in stato di decomposizione, trascinato dalla corrente verso la foce elettorale. Alcuni (pochi, ma stanno aumentando) provano ad esercitare i propri diritti di cittadini, producendo argomenti, richieste, proposte, passione civica. L’esito è incerto, ma la battaglia politica e culturale è doverosa. Anche se, talvolta, si è tentati di replicare alla protervia di un potere decadente solo con la citazione di una battuta del principe De Curtis, l’indimenticabile Totò: “ma mi faccia il piacere!…” |