In Sardegna non viviamo solo di codice barbaricino, vendetta, discordie [di Maria Giovanna Piano]
Come noto, il progetto dei filosofi al governo, tanto caro a Platone, non andò in porto e con il senno di poi si può dire che non sia stato un gran male, visto con quanta supponenza la filosofia si è separata dai saperi della vita. Sorte migliore, a nostro danno, è toccata all’ Economia, che della politica, e di molto altro, ha preso il posto dispiegando la sua forza teologica di disciplina totipotente. Le si può imputare di aver consentito ai propri segmenti specialistici, scarsamente o per nulla comunicanti con l’esperienza concreta, di diventare egemoni e di impadronirsi con rapacità di un numero crescente di problemi vitali. Come dire, che oggi l’Economia è un sapere incapace di tenere a bada se stesso e le proprie produzioni tossiche. L’economista austriaco Hayek, premio Nobel 1974, sosteneva che nessuno che sia solo economista può essere un grande economista, e aggiungeva che “ un economista che sia solo un economista diventa nocivo e può costituire un vero pericolo.”Tale considerazione ripresa da Edgar Morin in “La testa ben fatta”, rimanda agli effetti deleteri dell’assolutismo disciplinare e della compartimentazione dei saperi, ciascuno isolato nella propria autosufficienza epistemologica e nel proprio claustro istituzionale. Disvalore aggiunto, la rete omologante che stringe i saperi in un’attitudine “servente” compulsivamente tesa a tradurre conoscenze, capacità e meriti in valore economico. La crescita esponenziale della conoscenza, o meglio, del suo materiale caotico, è tale da far venir meno la possibilità di padroneggiarla. La configurazione consulenziale che le discipline hanno assunto da tempo, rafforzano modelli culturali già ossessivamente orientati verso status e consumo, modelli che continuano a manipolare la dimensione simbolica, pur in presenza di una vistosa caduta delle condizioni materiali di esistenza. Nella vita quotidiana e nel burocratico disbrigo di pratiche a cui tutti siamo chiamati, si ha troppo spesso l’impressione di muoversi in una giungla di conoscenze parziali e frammentate, destinate a utilizzazioni tecniche che lungi dal risolvere i problemi delle persone, li complicano in maniera ormai insostenibile. Saperi specialistici divenuti incomprensibili a se stessi, tengono in ostaggio la vita collettiva. L’area delle discipline giuridico/amministrative, per esempio, da sempre scienze inaccessibili ai non esperti, fa scontare ai relativi campi applicativi una proliferazione di conoscenze dall’impronta decisamente patologica. Nella pubblica amministrazione è oggi impossibile dare ordine o porre un argine all’ipertrofia del legislatore. La conseguenza è una destabilizzante perdita di orientamento, una crescente difficoltà da parte degli operatori, a districarsi nella miriade di norme e atti, un indebolimento di conoscenza sociale, una caduta della convenzione linguistica capace di tradurre il senso dei singoli provvedimenti amministrativi, peraltro troppo spesso viziati e contraddittori, e della funzione amministrativa nel suo rapporto col territorio e le persone che lo abitano. Il ricorso ormai rituale ai tribunali amministrativi è il costante approdo a un rimedio peggiore del male, se è vero, come è vero che l’intero sistema degli appalti pubblici è in mano al TAR, con grave danno per il mondo del lavoro.- Una delle ricadute più perniciose dell’incoraggiamento al contenzioso che sembra venire da prassi amministrative ormai fuori controllo, è costituita dalla progressiva distorsione del senso comune del diritto. Distorsione che favorisce l’affermarsi, nella vita sociale, di un cattivo modo di credere di avere dei diritti e un cattivo modo di credere di non averne, per dirla con Simone Weil. Nel senso comune cresce infatti in maniera abnorme, l’idea che ogni aspettativa di giustizia sociale debba venire unicamente dall’universo giuridico. All’ipertrofia del legislatore rischia di corrispondere l’atrofia di pratiche sociali e relazionali capaci di mediare i conflitti della vita quotidiana, di “fare giustizia” in un senso diverso. Ossia secondo una dimensione di legalità che trovi misura non contro, ma oltre la legge, per richiamare un’ indicazione che viene dal patrimonio di saperi e di relazioni resi disponibili dal pensiero femminile contemporaneo e dalle sue pratiche. D’altra parte nella nostra società sarda, non abbiamo vissuto solo di codice barbaricino e nella dipendenza antropologica dalla vendetta e dalla fomentazione di discordie. Abbiamo tracce importanti di una civiltà capace di mediare i conflitti e di porre in essere pratiche di giustizia sociale ed economica, attraverso relazioni positive e autorevoli figure di mediazione maschili e femminili, a cui bastava il sapere dell’esperienza per rendere superfluo il ricorso a una giustizia della legge a cui non era consentito di avere la meglio sulle relazioni. Recuperare e coltivare i saperi dell’esperienza, farli convivere col meglio delle nuove forme relazionali che l’innovazione tecnologica consente e riconfigura, restituirli ad una misura di soggettività, è il compito di ciascuno/a, a partire dal proprio ambito di riferimento e secondo un attento esercizio del giudizio, capace di farci finalmente distinguere il rimedio dal veleno. Compito di una sensata politica istituzionale sarebbe intanto quello di porre in essere una cultura dell’organizzazione e dell’amministrazione che rimuova l’attuale modalità di funzionamento, percepita dai cittadini come persecutoria e vessatoria. Ma soprattutto occorre una politica capace di autolimitare il proprio potere legislativo come pure le pressioni lobbystiche e partitiche che pregiudicano in ogni dove il corretto funzionamento della cosa pubblica. *Filosofa . Intervento nella Tavola Rotonda Le tre culture . Orizzonti formativi per lo sviluppo della Sardegna: La Formazione amministrativa giuridica economia della Sardegna nel corso dell’iniziativa Sardegna: Terra della conoscenza e della comunità educante, organizzata il 27 gennaio alla MEM di Cagliari da LAMAS, www.sardegnasoprattutto.com, Terra di pacee di solidarietà |