Lettera aperta al Professor Marilotti diventato Senatore della Repubblica sul tentativo di marginalizzare il Liceo di Bitti [di Antonietta Farre]
Lo studio e l’istruzione hanno avuto da sempre ed hanno tuttora un’importanza fondamentale per noi bittesi. Direi che il “fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza” di dantesca memoria, ha esercitato in noi, da tempo remoto, un grande fascino e un’attrattiva straordinaria, ed entrare a far parte “de sos istudiatos”, qui a Bitti significava e significa compiere un balzo notevolissimo, che colloca la persona in una categoria privilegiata, dal valore indiscusso e di prestigio e che, ipso facto, annulla ogni differenza di classe o di tipo economico, in una società in cui questi aspetti pure contano. Pur di far conseguire il titolo di studio, soprattutto la laurea, in famiglia “si pikaiata a su connotu” (si vendeva il patrimonio) e, se non si avevano beni immobili, piccoli o grandi, si era disposti ad “annare a petire” (indebitarsi). La persona istruita era colui che aveva “abertu su libru”. Questi valori, un tempo fortissimi e dominanti nella società bittese, pur avendo perso un po’ di smalto, perché intaccati dai disvalori di una società debole e in crisi, sono tuttavia ancora molto vivi, si può dire intatti. In questo contesto, il Liceo Mochewlangelo Pira, sorto negli anni sessanta, ha svolto un ruolo fondamentale: è stato il trampolino di lancio per una schiera di giovani di Bitti e del circondario (Orune, Lula, Onanì, Mamone) che, conseguita la maturità, continuavano gli studi nelle Università dell’isola e della penisola, laureandosi brillantemente nelle varie facoltà. Moltissimi sono, oggi affermati professionisti, ricercatori. Alcuni alunni del Liceo sono diventati scienziati: citiamo soltanto il compianto Bachisio Dore, di Bitti, mio alunno, ingegnere nucleare di fama internazionale. Prima degli anni sessanta, le famiglie affrontavano spese enormi perché, per poter studiare, dopo la terza media, ancora adolescenti, si andava a Nuoro, a Sassari, a Cagliari, a Lanusei ecc., da cui si rientrava tre volte l’anno. Ora, in questi ultimi anni, si è registrato un lento declino nel paese in generale: vari tipi di crisi, che d’altronde, hanno colpito tutte le comunità dell’interno, insieme al fenomeno dello spopolamento, si sono ripercosse anche sull’istituzione scuola e sul Liceo. Arriviamo a questi giorni: quest’anno ci sono state solo tre classi, saranno quattro all’anno venturo. L’edificio ha delle parti inagibili: tetto, bagni, palestra, qualche colonna portante, alcune aule devono essere riparate. I lavori di risanamento dovrebbero essere a carico della Provincia, che dichiara di non avere disponibilità economiche. L’amministrazione comunale, interpellata perché trovi una soluzione, ha proposto il trasferimento delle classi nei locali dell’ex giudice di pace. Da poco, è stata fatta una riunione riservata, in cui genitori, alunni e docenti sono stati informati sulla necessità del trasferimento. Se questo fosse temporaneo, si potrebbe anche accettare, ma noi temiamo che questo provvedimento possa significare l’anticamera della chiusura del Liceo. In questi locali non c’è una palestra, non una biblioteca, non uno spazio per la ricreazione, non aule speciali (solo una). Per via informale, da un tecnico, abbiamo saputo che la superficie da cui dovrebbero essere ricavate le aule non è sufficiente e che la Preside dovrebbe chiedere al Ministero una deroga. Per i lavori di ristrutturazione, la Regione ha stanziato, con il progetto Iscol@, la somma di circa 50mila euro. Fino a questo momento, non abbiamo ottenuto una pubblica assemblea per dibattere la questione, nonostante una richiesta scritta all’Amministrazione, risalente al 2 Maggio, e alcuni articoli sulla stampa. Abbiamo notizie informali e frammentarie. Di “ufficiale” (intervista al sindaco riportata in un giornale locale nel settembre del 2017, affermazioni verbali ai genitori durante l’incontro riservato del 5 giugno), c’è che l’intento dell’Amministrazione è quello di trasformare i locali del Liceo in una RSA, dal momento che la struttura è in gran parte inagibile e che non c’è la possibilità economica a risanarla. Questa notizia, trapelata già dal mese di settembre del 2017, ha determinato un impatto psicologico enorme. Ora, chiediamo a Lei, al Ministro: sostenete la nostra causa, perché non sia inferto un colpo alla nostra dignità e intelligenza. Non si può trasformare un Liceo storico (dove hanno insegnato Bachisio Bandinu e tanti altri docenti di valore, dove hanno studiato bravissimi giovani) in una RSA! Questo sarebbe devastante, come ben ha scritto Lei, per delle comunità già messe in ginocchio dalla crisi economica e sociale e dal dramma dello spopolamento. Se si chiudesse il Liceo, sarebbe per noi sprofondare nel buio dello scoramento. Ci sentiremmo abbandonati dalle Istituzioni e vedremmo vanificati gli sforzi, i sacrifici, l’impegno che noi residenti profondiamo per mantenere vive le nostre comunità in tempi difficili. Come ho detto: noi crediamo nella scuola come fabbrica di futuro. L’educazione dei giovani, la loro formazione, l’infondere loro coraggio, passano per la scuola. Sono pochi, è vero, ma appunto perché sono pochi, li dobbiamo formare bene ed istruirli ancor di più. Nel portare avanti questa causa, non possiamo sentirci così umiliati, disattesi, inascoltati. E poi, perché dobbiamo privarci della speranza che ci sia una ripresa della natalità anche nei nostri paesi? Noi lottiamo con fiducia e coraggio, anche per le famiglie di domani, per i cui figli è bello ritrovarsi nel proprio paese un Istituto superiore da frequentare, anche con offerta formativa diversificata, che arricchisca il corso liceale. Utilizzi liberamente quanto le ho rappresentato per la nota da presentare al Ministro. La ringrazio per l’attenzione e La saluto cordialmente.
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