Da Roma arrivano buone nuove per il paesaggio della Sardegna. Ora si attendono da villa Devoto e da via Roma [di Sergio Vacca]
Dopo articoli (ampia rassegna in www.sardegnasoprattutto.com), relazioni e osservazioni inviate ai ministeri dell’Ambiente e dei Beni Culturali, alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, alla Regione, tutti all’insegna del rigore, e dopo la lettura del comunicato del Consiglio dei Ministri (Governo.it), corre l’obbligo di commentare – ancora una volta in questa rivista di impegno civile – la decisione del CdM sul progetto di impianto solare termodinamico FluminiMannu. Questo il comunicato: Il Consiglio del Ministri, riscontrato che non sussistono le condizioni, a norma dell’articolo 5 della legge 23 agosto 1988, n. 400, ha deliberato di non autorizzare la prosecuzione del procedimento di valutazione di impatto ambientale del progetto di impianto solare termodinamico da 55 MW, denominato “FluminiMannu”, e delle opere connesse da realizzarsi nei Comuni di Villasor e Decimoputzu. Una prima considerazione riguarda la decisione del CdM che, in tempi brevi ha esaminato la vexata quaestio, lasciata in sospeso dal governo Gentiloni, e risolta positivamente grazie forse al ministro Sergio Costa, Generale del Corpo Forestale. Una domanda si impone: come mai il precedente ministro Luca Galletti ha mostrato comportamenti ondivaghi nella gestione dei due casi di impianti di solare termodinamico del sud Sardegna? Due situazioni analoghe, a Gonnosfanadiga e a Decimoputzu, trattate con sensibilità e velocità incomprensibilmente differenti. Un colpo alla botte e uno al cerchio! La Regione – e per essa l’assessora dell’Ambiente Spano – che esulta! Hanno ben operato funzionari e dirigenti! Le loro relazioni, condivisibili; in taluni casi, hanno addirittura rappresentato esempi da manuale, ricchi come erano di riferimenti metodologici e bibliografici, tali da poterli ricomprendere tra gli scientific paper ad alto impact factor. Vi è tuttavia un nodo da sciogliere: quello di San Quirico! Proposta di impianto, di taglia minore rispetto a Fluminimannu e Gonnosfanadiga, ricadente, perciò, sotto la responsabilità regionale, per la quale la RAS, che esulta per FluminiMannu, ha dato parere favorevole. Quali sono le differenze tra le condizioni ambientali di San Quirico e quelle di Decimoputzu e Gonnosfanadiga? Per deformazione professionale e scientifica va rilevato che le tre aree, nelle classificazione e valutazione della loro idoneità irrigua, non denunciano differenze sostanziali dal punto di vista dei Taxa e altrettanto sotto il profilo dell’idoneità all’irrigazione. Pertanto interpelliamo l’assessora dell’Ambiente Spano, dopo la sua esultanza per lo scampato pericolo a Decimoputzu, sul perché del parere favorevole per l’impianto di San Quirico? Sarebbe oltremodo gradita e urgente una sua risposta altrettanto entusiasta! Una seconda considerazione riguarda il ruolo del MIBACT, che con oltre 70 pagine, ha smontato le osservazioni della società Gonnosfanadiga che sosteneva lo scarso o nullo valore ambientale e paesaggistico dei luoghi e l’insussistenza del valore archeologico dei siti. Rilevante quindi l’attività della Soprintendenza del sud Sardegna che ha basato osservazioni e parere negativo alla realizzazione dell’opera sulla conoscenza del territorio, delle sue dinamiche e del patrimonio storico-culturale. Una terza amara considerazione riguarda la qualità progettuale dell’operazione della EnergogreenRenewables Gonnosfanadiga e della FluminiMannu. Alle osservazioni della Regione Autonoma della Sardegna, le società hanno opposto controdeduzioni su diversi punti del progetto, molti dei quali riguardanti il suolo. Già altre volte si sono sottolineate inesattezze, contraddizioni e falsità, specie sul presunto “degrado delle Terre” e sulla cosiddetta “marginalità”, scomponendo inoltre l’intera entità geografica in una miriade di tasselli, ai quali attribuire tali condizioni. Paradigma che non ha retto perché anche nella scomposizione dei tasselli che costituiscono quel grande puzzle che è il paesaggio, si sono rilevate la contraddittorietà e la falsità dell’azione. Operazione quindi di svilimento, fatta per accreditare la realizzazione dell’impianto come miglioramento delle condizioni di degrado e per l’affrancamento dalla marginalità, che non ha fondamento scientifico, risultando alla fine illogica e contraddittoria, non rispondente agli orientamenti della giurisprudenza amministrativa. Si riporta, per capirsi, uno stralcio della Sentenza 399/2013 del TAR Molise: “’esigenza di tutela del paesaggio non è determinata dal suo grado di inquinamento, quasi che in tutti i casi di degrado ambientale sarebbe preclusa ogni ulteriore protezione del paesaggio riconosciuto meritevole di tutela, in quanto l’imposizione del vincolo serve anche a prevenire l’aggravamento della situazione ed a perseguirne il possibile recupero”. Un altro aspetto su cui è doveroso soffermarsi attiene all’etica delle professioni. Non volendo considerare gli interventi di chi rappresenta in Sardegna le due società, non ci si può esimere da alcune considerazioni sulla qualità di molti dei documenti che sono l’ossatura del progetto FluminiMannu come di quello Gonnosfanadiga. Da parte di coloro che si sono opposti agli impianti, il dibattito è stato sempre condotto, sul piano della correttezza formale, con argomenti ad opponendum di rigore scientifico e di completa adesione all’etica professionale. Si assiste infatti ad una grave crisi nell’etica delle professioni che forse nasce dalla temperie economica e dalla crisi della scuola e dell’università, che non appaiono in grado di fornire, oltre ai rudimenti professionali, gli indirizzi che regolano l’esercizio delle professioni, vincolanti per i professionisti. La considerazione riguarda quei professionisti che pur di portare avanti determinate politiche aziendali, affermano ciò che non può essere affermato come ad esempio il degrado di terre altamente produttive; o i supposti degrado o la scarsa fertilità di terre solo temporalmente non utilizzate. Ciò che emerge dalla lettura dei documenti, presentati dalle società FluminiMannu e Gonnosfanadiga, dimostra – se ve ne fosse bisogno – quale considerazione godano la Sardegna ed i suoi valori paesaggistici, tutelati dalla Costituzione, presso certa imprenditorialità, ma anche presso gli organi governativi nazionali – è il caso del Ministero dell’Ambiente – o come – si veda San Quirico – presso certi decisori regionali che evidentemente usano due pesi e due misure. Non diversamente vanno stigmatizzati i comportamenti, sui temi ambientali e paesaggistici, dei media. Si osserva che, dopo un’iniziale malcelata equidistanza dei giornali locali, questi hanno infine compreso il valore dell’azione costante che agricoltori e pastori hanno condotto in difesa delle terre, dell’agricoltura, della tradizione agropastorale, sorretta da quella di intellettuali, tecnici, docenti, funzionari, contro il Land Grabbing delle società FluminiMannu e Gonnosfanadiga Ltd. Al contrario una trasmissione di RAI 3, Report, che in molti e in tante occasioni abbiamo amato, fu protagonista di un’operazione stupefacente. La conduttrice Milena Jole Gabanelli fece affermazioni apodittiche (cfr. Sardegna Soprattutto/Archives/9998), arrivando a dire in una trasmissione dedicata: “Gli impianti di solare termodinamiche una volta cessata la loro vita produttiva possono essere smontati e lasciano i terreni nella stessa condizione nella quale li hanno trovati”, dopo aver magnificato le performance degli impianti e mostrato qualche suolo incolto, non lavorato da molti anni; qualche stelo rinsecchito di cardo; una pecora vagante, in cerca di improbabili ciuffi d’erba in momenti di grave siccità; una mano che raccoglie un ciottolo per mostrarne le dimensioni. Inoltre, “Per quanto riguarda l’uso temporaneo del suolo – è sempre la Gabanelli che commenta – al termine della vita operativa dell’impianto, esso verrà rimesso nelle condizioni preesistenti, attraverso un’opera di rimozione delle strutture, restituendolo agli usi originari”. Aver chiuso in quel modo una trasmissione che trattava un argomento di grande delicatezza per l’isola, non fu corretto scientificamente e tecnicamente perchè lasciava intendere che gli ingrati abitatori della Sardegna rifiutano i benefici che caritatevoli industriali italiani e stranieri propongono. Concetto fatto proprio dalle multinazionali e da molti decisori politici che praticano o consentono il Land Grabbing istituzionalizzato. Una chiosa – sempre inquadrabile nell’ambito del Land Grabbing – attiene alle “serre fotovoltaiche”, che in Sardegna, compreso il paese di Milis, hanno sottratto aree alla produzione agricola. Le serre che non abbiano subito modifiche, in quanto riescono a concentrare energia solare in volumi ristretti, consentono di estendere la produttività delle terre anche nei periodi invernali, ed esaltano quantitativamente la produttività nell’arco dei cicli agrari. Ma con l’apposizione sulle coperture delle serre di pannelli fotovoltaici, vengono oscurate le superfici che normalmente trasmettono all’interno l’energia solare; ne risulta una drastica riduzione della produttività agricola di oltre il 90%. Questi impianti non possono perciò essere considerati “serre”. Sono dei veri e propri impianti industriali di produzione energetica. Quello che avrebbe dovuto rappresentare un supporto economico alla produzione agricola – così come delineato dalle norme comunitarie, statali e regionali – con la produzione di elettricità, costituisce invece il core business del reddito dell’azienda. Si svia in tal modo anche la collocazione delle aree investite da serre fotovoltaiche, che non possono più essere considerate agricole, ma più correttamente ricomprese tra le aree industriali. Né può essere considerato di poco conto l’aspetto, sopra richiamato, della quantità delle produzioni, che, secondo le norme vigenti, devono essere prevalentemente agricole. Anche in questo caso una domanda: con le produzioni agricole ridotte del 90%, quale delle due produzioni risulta prevalente, quella agricola o quella energetica? Sull’ argomento deve essere avviata dagli organi competenti un’attenta riflessione ed essere aperto, da parte dell’opinione pubblica, un dibattito molto importante. In chiusura un plauso ad agricoltori ed allevatori, custodi delle tradizioni agropastorali e difensori degli assetti delle Terre, ai quali si deve riconoscere il ruolo fondamentale nell’aver avuto la capacità di opporsi a questa maldestra forma di sottrazione delle Terre alla loro funzione primaria di produzione di vegetali e, attraverso questo, aver difeso l’economia duratura della Sardegna e la dignità del lavoro nei campi! *Già Professore di Scienza del Suolo dell’Università di Sassari, attualmente Sindaco di Milis
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