Memorandum 76. “Si parla di cemento, non di sviluppo e tutela” [di Cristina Cossu]
www. sardegnasoprattutto.com 26 giugno 2018. L’Unione Sarda 26 giugno 2018. Maria Antonietta Mongiu: la Giunta aggredisce il PPR e l’ambiente. «Critiche? No, ragionamenti. Ma è tempo di dire che non si può governare ad excludendum, ancora di più se si deve decidere il destino della nostra terra per i prossimi decenni». Maria Antonietta Mongiu, 69 anni, archeologa, ex assessora alla Cultura della Giunta Soru, è l’infaticabile animatrice di un gruppo di settanta professionisti di alto livello, tra ingegneri, magistrati, urbanisti, architetti, amministratori, intellettuali, che per mesi ha tenuto incontri e dibattiti in giro per l’Isola per discutere della legge di governo del territorio (il ddl Pigliaru). Il gruppo ha fatto un enorme approfondimento, messo in piedi un’azione diffusa di partecipazione civile, scritto articoli sulla rivista Sardegnasoprattutto.com, stilato memorandum, inviato dieci domande stringenti al Consiglio regionale che presto dovrebbe dire sì al provvedimento più contestato – dopo la riforma della Sanità – partorito da questo esecutivo. Il presidente ha detto che apprezzava il vostro contributo «Sì, diceva che “sentire” l’opinione pubblica era fondamentale. Ma non l’ha fatto, l’abbiamo fatto noi, e né lui né il suo assessore hanno mai raccolto i numerosi inviti che gli abbiamo rivolto. Ora si sta per approvare una legge urbanistica che decide solo quanti metri cubi e metri quadri dare ad alcuni soggetti. Si tratta di cemento, non certo di un’idea di sviluppo. Non c’è traccia di bonifiche, di restituzioni di aree da parte dei militari, di abusivismo, di recupero dei centri storici, di rapporto fra denatalità e residenze. È un progetto di legge che limita lo spazio delle tutele costituzionali per aggravare il tasso di aggressione della nostra terra, promuove la deroga a regola e sottrae a ciascun sardo il diritto alla difesa dell’ambiente da cui trae vita e lavoro». Avete parlato di incostituzionalità «La disciplina che regola il territorio è già contenuta nei principi fondamentali della Costituzione, all’articolo 9. L’Italia è sempre stata all’avanguardia nel riconoscere al paesaggio un valore non solo materiale ma anche simbolico, abbiamo una legislazione molto stratificata e una Convenzione europea che riconosce come valore anche la percezione che hanno le popolazioni del paesaggio». Un prodotto sociale e un bene identitario «Certo, e significa che tutti devono essere coinvolti. Nel 2006 abbiamo fatto un Piano paesaggistico regionale che tiene conto di tutti questi aspetti, la sintesi di un processo di appartenenza. L’esclusione, come si sta facendo, è razzismo. Se facessimo un referendum per chiedere ai sardi se vogliono questa legge, l’80% direbbe no». Si pensa al turismo «Dicono che se aumentiamo le cubature degli alberghi aumentiamo il turismo. Non scherziamo, il turismo dobbiamo usarlo meglio. Non dobbiamo mica trasformarci in un prodotto etnografico, la Sardegna non è il giardino dei giochi dell’Europa, non è la Cuba di Batista». Ma la Giunta non voleva difendere e tutelare il Ppr? «Prima Cappellacci e poi Pigliaru hanno smontato l’ufficio del Piano che doveva sostenere i Comuni per adeguare i Puc al Ppr. Pigliaru – così c’era scritto nel programma – aveva detto che avrebbe esteso il Ppr a tutta la Sardegna, oltre le coste, e poi avrebbe fatto la legge urbanistica. Invece sta sostituendo il Ppr, un traguardo storico, con una legge urbanistica dall’impianto completamente sbagliato». L’assessore Erriu dice che la vostra è una posizione ideologica «Basta pensare a tutte le persone che hanno partecipato alle iniziative per capire che non è così. E poi, ci si confronta sul merito, non sulle etichette, queste cose non sono nate intorno a un caminetto, le abbiamo sostenute di paese in paese. C’è un punto in cui chi governa si deve mettere in ascolto, di chi possiede competenze alte, medie, e basse». La difesa del territorio in Sardegna non è mai stata una priorità «No. Abbiamo abusato del territorio e del paesaggio, non abbiamo avuto l’autocoscienza di cos’era, abbiamo inventato stigmi. Ci siamo raccontati che quelli della Costa Smeralda non capivano il valore del loro terreni, e di conseguenza li davano alle donne; che i galluresi non sapevano la differenza tra miliardo e milione. Abbiamo costruito una mostruosa svalutazione del nostro territorio negli ultimi cinquant’anni, e ne abbiamo fatto un luogo di capitalizzazione e di interessi finanziari esterni. Oggi non vedo nessuna differenza. Il guadagno non ha portato sviluppo: i dati ci dicono che siamo ritornati all’Obiettivo 1, cioè siamo più poveri, i nostri studenti se ne vanno in altre università, c’è un’emigrazione di laureati, bassi livelli di alfabetizzazione, un calo demografico potente». Secondo lei c’è un’idea di turismo? «Macché. È disperante vedere in aeroporto gente in costume sardi, oppure questi sbandati in tenuta balneare in giro per Cagliari. Non è friggendo patatine surgelate che si fa economia. Il turismo lo fanno i francesi: noi abbiamo voltato le spalle al Betile, loro a Marsiglia hanno creato il Mucem , il Muceo delle civiltà dell’Europa e del Mediterraneo- 1 milione 200 mila visitatori all’anno – che sta trainando tutta la Provenza. In Costa Azzurra stanno dando premialità a chi butta giù i brutti condomini, non a chi aumenta le cubature». Il Consiglio regionale come si sta ponendo? «Il Consiglio è percepito dai cittadini come delegittimato, d’altronde alcuni non hanno manco più un partito alle spalle. Dal 2014 è passato un secolo. Mi auguro comunque che alla fine si decida di salvare il PPR e di riscrivere completamente la legge. Alla fine vincerà il pressing del presidente per la “compattezza” della maggioranza». Soru è caduto sull’urbanistica, pensa che potrebbe succedere anche a Pigliaru? «Ormai è del tutto irrilevante che si dimetta o no. Lo dico con dispiacere: i cinque anni del centrodestra, e poi i cinque del centrosinistra, sono stati, allo stesso modo, una grande occasione sprecata». |
So totu in cussu 80% chi tiat nàrrere NO a custa leze Pigliaru/Erriu pro s’ossessione de s’irvilupu, mancari a bisura de cancru (chi za est irvilupu e totu triballu cussu puru!), “a fin di bene” si cumprendhet, ite importat chi siemus illestrindhe su desertu (e no lis narat nudha chi a su desertu de zente bi semus zai lómpidos, cun totu “lo sviluppo” chi amus connotu, de un’economia assurda, de sa distrutzione e de sos afariones).
Mancu male chi, assumancu in custa chistione, bi at pessones de sa cultura, abbistesa e figaos de Maria Antonietta Mongiu e de sas ‘firmas’ chi lezo in Sardegnasoprattutto. Ma timo meda, ca sa Sardigna tropu bortas mi paret prantada a conca de… no dhu nau, assinuncas… (ma est cosa vegetale, guasta). E za semus a bellu puntu chi depimus ispetare e abbaidare a sa Costituzione italiana chi puru nos ponet in su ruolu de colónia! Parimus zente chi no at imparadu nudha e si tenet de fàghere est de èssere airados a fàghere peus! Isperamus chi sos Cossizeris regionales bi pessent bene meda e no aprovent custa porcheria.