Con quel ponte è crollata una classe dirigente [di Nicolò Migheli]
Il crollo del ponte Morandi è una metafora di questo tempo. Una contemporaneità dominata da spiriti animali, che chiude porti, erige muri, odia le diversità etniche, sogna dogane e controlli. Genova divisa e mezza Liguria separata, dovranno ricorrere ai vecchi percorsi per ristabilire le comunicazioni. Ponti che cadono anche nell’immaginario, un governo in perenne campagna elettorale che non ha un pensiero per quelle povere vittime se non per addossare responsabilità senza ancora un’indagine tecnica che spieghi le cause e individui chi ha mancato. Parole lanciate sui social senza alcun ritegno, senza timore di conseguenze, utili solo ad allontanare la rabbia da sé stessi. Il ministro dei trasporti con espressioni in libertà dimentica o non sa, che anche il suo ufficio potrebbe essere coinvolto per omissione nei controlli. Quello dell’interno la sera del disastro festeggia con i suoi. A questo punto non è solo inesperienza, è mancanza di un qualsiasi senso della propria funzione, inadeguatezza al ruolo. Polifemi accecati che menano fendenti nel vuoto per compiacere i propri contatti nelle reti e in tv, dove i caduti sono ragione sufficiente per revocare concessioni. “Non possiamo aspettare i tempi della giustizia penale”, ha detto il presidente del Consiglio. – Lo stato di diritto fatto a strame, cose che non si leggono neanche nelle cronache turche, russe o polacco-ungariche, dove un straccio di processo lo mettono su-. Salvo poi ricredersi e dalla revocona passare alla revochina, solo l’A10, la Genova Savona, che non produrrà utili per molto tempo. Così vorrebbe la Lega, mentre l’M5S è per la scelta dura e il governo annuncia l’inizio dell’iter per la revoca della concessione. Contemporaneamente si chiede alla società Autostrade per l’Italia di ricostruire il ponte e di donare 500 milioni alla città e alle vittime. Questi che ci governano non sono alieni che ci hanno invaso, sono il frutto maturo di certa società italiana. Sono i figli delle privatizzazioni dissennate fatte da Prodi prima e da D’Alema poi, con la piena compiacenza della destra e della Lega di governo; sono la reazione fegatosa alla vulgata che lo Stato non poteva produrre i panettoni, che privato è meglio di statale, fare in modo che il bene pubblico sia disponibile per gli amici. Un pensiero che ha confuso il liberalismo con l’arbitrio, a quest’ultimo ha sacrificato asset strategici, sanità pubblica e depotenziato l’istruzione. Concessioni, come nel caso di Autostrade, dove vengono secretati gli aspetti finanziari per paura di insider trading, si dice; questo per una società che agisce e agirà in monopolio per decenni. Quindi di che concorrenza parliamo? Che il privato sia peggio del pubblico lo dimostra la reazione di Atlantia, la società a cui fa capo Autostrade. Nessuna parola, silenzio, solo lamenti per le perdite in borsa, come se quei morti non fossero anche i loro e anche per causa loro. Ponte Morandi come de profundis della classe dirigente italiana politica e civile, degli affari di famiglia, dei compagni di banco che hanno fatto fortuna, delle relazioni tra lobby trasversali, dei favori reciproci indicibili. Non solo, anche di quella concezione che vorrebbe la cosiddetta società civile migliore di quella politica. Una ricerca di innocenza mentre tutti sono coinvolti, visto che si sono eletti i loro rappresentanti. La politica è figlia di questa società e di una concezione che ha generato un paese bloccato, senza progetto che non sia ripetere scelte economiche che sacrificano il bene comune come negli anni ’60 e ‘70. Mentre allora però si smontavano i monopoli privati per dare servizio pubblico- basti pensare alla nazionalizzazione dell’energia elettrica, o al Sistema Sanitario Nazionale- oggi si agisce al contrario. La stessa legge urbanistica che il Consiglio Regionale della Sardegna sta discutendo appartiene a quella cultura, così come lo è lo smantellamento della sanità per favorire Mater Olbia. Un’azione concertata per dare in mano a uno stato straniero, i fondi sovrani del Qatar, pezzi importanti della Sardegna. Dopo l’estate dell’entusiasmo della maggioranza degli italiani per il cambiamento – il governo gode ancora il 65% dei consensi- e del disincanto e vergogna per i restanti, si avvicina un autunno carico di problemi in un panorama internazionale che è poco amico del Bel Paese. Questo governo ha avuto la capacità di riportarci all’Italietta post unitaria, con ambizioni spropositate rispetto alla capacità di gestione, brava nell’addossare ad altri le proprie deficienze e colpe. Ieri le potenze europee che non accettavano la Grande Proletaria, oggi la Ue. Italia espressione geografica con una identità incerta, dove l’unico nazionalismo possibile è il fascismo nelle sue varie forme. Intanto tutto cade, i nodi vengono al pettine. Non si intravvede una classe dirigente che abbia la capacità di pilotare il vascello nei marosi. Occorrerebbe un grande sforzo culturale, un cambio di mentalità. Come e quando? In una Italia preda del pensiero magico, stressata dai continui annunci, infantilizzata dai social? Un cambiamento che forse- il carattere degli italiani non lo si muta così- potrebbe avvenire solo dopo uno stress profondo, come l’uscita dall’euro o l’esclusione di fatto dalla Ue. Potrebbe accadere e potrebbe innescare una concorrenzialità esasperata tra i vari territori. Tra chi vuole rimanere nella Ue e tra chi vorrebbe uscirne. La vicenda dell’Irlanda e della Scozia con la Brexit insegna. D’altronde l’unità d’Italia fu un incidente della storia, una decisione dell’Impero Britannico che voleva un contraltare mediterraneo alla Francia. Non è detto che l’Italia così come la conosciamo duri per sempre. Occorre esserne consapevoli, soprattutto noi sardi, italiani per caso. |
L’input dell’articolo mi piace e lo condivido.
Non mi piace, invece, quel che scrivi dal secondo al quinto capitolo. Sarei stato più cauto ed articolato con necessari distinguo nei giudizi nei confronti di questo Governo Conte/Salvini/ Di Maio, in carica da pochi mesi. Condivido moltissimo il giudizio sui Governi Prodi fino ai Governi distruttivi di Matteo Renzi, che vorrei cancellare dalla storia dell’Italia, perché sono stati elemento di confusione ideologica, trasformando il PD da un partito di “sinistra” ad un partito decisamente di destra.
Considerazioni razionali che derivano da una corretta analisi della società in cui viviamo, a primo acchito potrebbero sembrare pessimistiche, sono invece realistiche; vedo anzi un invito alla consapevolezza da parte degli Italiani, che starebbe a dimostrare un certo ottimismo. Personalmente non riesco a vedere “consapevolezza” in questa società malata, presa per i fondelli e maltrattata dai soliti marpioni di turno.