Serve una sartoria molto attrezzata per riunire i tanti punti disordinati che costituiscono l’attuale sinistra [di Salvatore Multinu]

ago e filo

Sembra essersi rotto, a sinistra, anche il famoso binomio gramsciano che accoppiava pessimismo della ragione e ottimismo della volontà: il consapevole riconoscimento del «mondo grande e terribile» da indagare con i faticosi strumenti della analisi politica utilizzati con l’indomita volontà di perseguire un assetto diverso della società, nella speranza (per sua natura ottimistica) che sia possibile un cambiamento progressivo, pure nella irrisolvibile dialettica dei due termini del binomio.

Oggi a farla da padrone sembra essere il pessimismo della volontà, visto l’impegno profuso nella microchirurgia del capello – sempre più rado – sezionato longitudinalmente per scoprirne anche la minima differenza ed assumerla come discriminante da ingrandire al microscopio della propria impostazione concettuale, portata al limite pericoloso della vanità. Invece della sintesi, mai esaurita ma necessaria per fare passi in avanti, si ha una sorta di corto circuito che scalda l’animus polemico senza produrre – e, anzi, disperdendo – energie preziose.

Vi si dedica, con dovizia di mezzi intellettuali, la nuova figura del maître à parler, che riversa sui media la propria (per carità, rispettabile) elaborazione senza preoccuparsi più di tanto di renderla disponibile per un vero dialogo che, riconoscendo pari legittimità agli interlocutori, accetti – almeno come possibilità – di sciogliere quella elaborazione in un processo di sintesi feconda in grado di arricchire, o formare, una cultura diffusa.

È come se una pillola rivestita di una pellicola insolubile anche agli acidi gastrici fosse immessa nel corpo malato della società senza potervi dispiegare appieno il proprio effetto terapeutico. O, per usare un’altra notissima metafora, come se le mani pulite, pulitissime (addirittura sterilizzate e, talvolta, protette in guanti sottilissimi), fossero affondate accuratamente nelle proprie tasche o, al più, impiegate per tenere alto il cartello dei sani princìpi nell’ennesima manifestazione di denuncia, rifiutando di sporcarle nel fango che lentamente ci va tutti sommergendo.

Così non si va da nessuna parte. Bisognerebbe ricominciare a praticare l’arte di ricucire, di tessere pazientemente il contributo di ciascuno in una tela condivisa; bisognerebbe ricominciare a costruire coesione (sociale, politica, culturale) di fronte alla devastante disgregazione prodotta dalle pulsioni individualistiche immesse da un sistema che rende sempre più evanescente il concetto stesso di società.

Per farlo occorrerebbe, però, rinunciare in partenza ad ogni superbia intellettuale, riconoscere che di fronte ai problemi comuni «sortirne da soli è avarizia, sortirne insieme è politica», come direbbe qualcuno. Provare a ricostruire quei corpi intermedi che l’attuale governance – ai diversi livelli – punta a ridurre ai minimi termini, chi teorizzando e chi praticando il ricorso alle decisioni di un popolo che, per quanto detto sopra, è ormai anch’esso evanescente o – nella migliore delle ipotesi – smarrito.

Significa, inoltre, per la sinistra – con qualunque aggettivo la si voglia definire – praticare in se stessa quella discontinuità che giustamente richiede agli altri; significa verificare le cause e gli effetti del cedimento (prima culturale che politico) al quale si è votata negli ultimi venti o trenta anni (quando il Renzi ora dileggiato dopo essere stato molto incensato girava, con la divisa da boy scout, per le campagne toscane).

Vaste programme, direbbe de Gaulle: eppure non c’è altra strada da percorrere. Non per tornare indietro alle presunte sicurezze del secolo scorso, ma per scoprire altri percorsi verso altri obiettivi/paradigmi che declinino gli stessi valori che la storia della sinistra ha via via definito applicandoli alle nuove attuali condizioni.

Se si vuole combattere e superare – come si afferma in ogni occasione – il sistema capitalistico e le sue ingiustizie, bisognerebbe attrezzare il socialismo, spesso auspicato, con la stessa capacità di adattamento alle evoluzioni storiche. Per ora, come nella Settimana Enigmistica, ci sono tanti puntini dietro i quali si nasconde un disegno dai contorni incerti.

E non si vede all’orizzonte chi – singolo o, meglio, organismo plurale – sia capace di unirli, anche perché i numeri che li individuano hanno subito un rimescolamento piuttosto disordinato. C’è di che impegnarsi per i prossimi anni, cercando nel frattempo di evitare che le distrazioni elettorali (per altro irrinunciabili, alle scadenze previste) aggravino la situazione.

*Responsabile Organizzazione Sinistra Italiana Sardegna

 

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