Per non dimenticare. Gli eventi del 9 settembre 1943 nel Nord della Sardegna [di Mario Rino Me]
In un precedente intervento ho ricordato che ricorre quest’anno il 75.nnale dell’affondamento della Corazzata Roma e dei 2 Cacciatorpediere Da Noli e Vivaldi, celebrato a Porto Torres il 9 e il 10 settembre u.s. in specifiche cerimonie. Vorrei tornarci integrando con alcuni dati e sperando che gli storici, le istituzioni, la comunità regionale non dimentichino fatti di assoluta rilòevanza per la storia della Sardegna e dell’Italia. I fatti sono noti. Il messaggio radiofonico registrato con cui il generale Eisenhower comunica alle 1830 del giorno 8 la “resa senza condizioni“ del Regno d’Italia, coglie di sorpresa il governo, e ingenera sensazioni di sbigottimento e prospettive fallaci di fine della guerra che attraversano l’intero paese. Clima e modalità di conduzione del processo decisionale politico-militare nonché sottovalutazione delle conseguenze del cambio delle Alleanze, avranno pesanti ripercussioni sulla successiva catena di eventi che interesseranno i reparti delle forze Armate sparsi nei vari teatri. In quei momenti di confusione strategica, culminata con la partenza dei vertici istituzionali dalla capitale, prende corpo la reazione tedesca, già predisposta. Sul piano etico, superati i momenti di tentennamenti e incertezze, prevale la bussola della lealtà istituzionale e della subordinazione alla volontà politica. In breve, la determinazione di collocarsi dal lato giusto della storia nella consapevolezza dei risvolti dei loro atti sui destini della patria. Sono questi gli unici riferimenti che possono garantire la salvezza del paese e prospettive di rinascita. Proprio la tempistica e la tragicità di questo episodio, in cui muore in combattimento anche il Comandante in Capo, Ammiraglio di Squadra Carlo Bergamini, e tutto il suo staff, assieme ai Comandanti e gran parte degli equipaggi, assurge, a esempio della maldestra gestione dell’armistizio. Di solito, nella prassi internazionale, a fronte dell’intangibilità delle clausole di natura politica [anche se, è bene sottolineare che, nel caso specifico, lo stesso principio della “resa incondizionata” (unconditional surrender) stabilito nella Conferenza di Casablanca del gennaio di quell’anno, fu contestato da politologi del calibro di Raymond Aron per il suo ambito prettamente militare senza dire una parola sul futuro politico dei perdenti), gli aspetti attuativi degli armistizi si chiariscono e si negoziano in relazione alla situazione effettuale sul terreno, in modo da facilitarne la messa in opera e, pertanto, non si accettano a scatola chiusa. In un continuum operativo e in sequenza temporale, le vicende navali con il successivo strascico dei corpi straziati ritrovati in varie spiagge del Golfo dell’Asinara ( e di cui si è perso traccia) , si intrecciano con ciò che avviene nel teatro delle operazioni Gallurese del Nord-Est della Sardegna: il trasferimento della 90.ma Divisione tedesca dalla Sardegna alla Corsica con il colpo di mano di elementi di quest’ultima, finalizzato alla disarticolazione della piazzaforte della Maddalena. In questo contesto, la tragedia nazionale, di cui gli eventi in mare costituiscono una parte significativa, diventa alla Maddalena il prologo della resistenza armata, portata avanti da militari della Marina, dell’Esercito, dei Carabinieri e operai dell’Arsenale. Nonostante l’opera meritoria di alcuni autori conterranei, i fatti nell’ Arcipelago sono ancora poco conosciuti, ma vista anche la valenza simbolica, meritano a mio avviso una maggiore divulgazione. Nella base paralizzata dalla sorpresa iniziale, vi sono tanti che in quei momenti convulsi, contravvenendo agli ordini del Comando, rispondono al richiamo del dovere. Proprio alla Maddalena, dove erano dirette le navi, si colgono quindi quei segni di una riscossa che non può non esser riconosciuta come embrione di quella nazionale. Essa infatti precede i successivi eventi a Napoli di fine Settembre e i successivi sviluppi al Centro e al Nord della Penisola. Ha origine con personaggi che, riusciti a svincolarsi dalla morsa degli occupanti, riescono nell’intento di una mobilitazione, che possiamo definire sia interforze di militari della Regia Marina, Carabinieri, e delle batterie costiere dell’Esercito, che generale grazie all’attiva partecipazione di operai militarizzati dell’Arsenale e al sostegno della popolazione, già messa alla prova da massicci bombardamenti. Li accomuna la volontà di non arrendersi e tanto meno collaborare con l’ex alleato. Dopo l’arresto del tentativo di occupazione dei punti chiave, le varie azioni di guerriglia culminate con l’ultimo assalto volto al recupero dei punti chiave occupati della piazzaforte, in cui trova la morte il Capitano di vascello Carlo Avegno, testimoniano un rigurgito di riscatto e dell’onore nazionale. Questa drammatica vicenda mette dunque in risalto la tensione tra legalità e legittimazione degli ordini dei comandi periferici vis à vis le disposizioni delle Autorità Centrali, e, sul piano personale, tra lealtà e doveri militari. E’ bene allora ricucire i fili di questa pagina di Storia, conosciuta parzialmente e per lo più nei termini negativi dell’occupazione della Base e dell’arresto senza colpo ferire degli Ufficiali radunati all’ora della mensa, sia riesaminata, fatta conoscere nella sua interezza, e non lasciata all’oblio, che suona come evento da dimenticare. Nel 75.mo anniversario delle tragiche giornate di quel “settembre nero”, quei caduti (tra i quali tantissimi Sardi) ci chiedono che la loro resistenza armata, opposta alle minacce e violenze di una forza straniera, sia ricordata, raccontata nei suoi termini reali e non sminuita. Anche perché quei volenterosi erano consci dei pericoli derivanti dal doversi confrontare con una delle più agguerrite unità militari dell’epoca, che si distinse nella prima metà del 1944 ad Anzio contro le forze anglo–americane. In breve, un bell’esempio della nostra identità. *Ammiraglio di Squadra (r)
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