Urbanistica e falsificazione [di Alan Batzella]

San Teodoro

La falsificazione perpetrata dall’assessore Erriu a proposito della Legge urbanistica, e accettata acriticamente dai suoi sostenitori, non cessa di essere reiterata dal diretto interessato e, codinamente, diffusa dai principali organi di stampa regionali, anche dopo il ripensamento che ha procrastinato sine die l’approvazione del Ddl sul governo del territorio da parte del Consiglio regionale.

Ripensamento dovuto, ufficialmente, a verifiche “numeriche” interne al Consiglio che avrebbero potuto pregiudicarne l’approvazione, ma che, a mio parere, è dovuto alla presa d’atto che l’opposizione a quel testo non era portata avanti solo dai soliti ambientalisti, intellettuali-radical-chic, noisti-talebani, leninisti (sic!) che dall’inizio hanno costruito una fiera e argomentata opposizione, ma in fase finale è stata decisamente sostenuta dalle rappresentanze istituzionali del territorio costituite dal Consiglio delle Autonomie locali (Cal) e dall’Associazione dei comuni (Anci).

Senza scomodare Popper con discorsi involuti, in cosa consiste quindi questa falsificazione, che poi era l’unico pilastro su cui si è costruito lo schieramento formato prevalentemente dai rappresentanti dei costruttori a sostegno di quella che nei fatti si sarebbe rilevata la peggiore legge urbanistica regionale italiana?

Da un anno a questa parte l’opinione pubblica e gli amministratori locali sono stati martellati dall’affermazione che una Legge urbanistica fosse urgente e indifferibile, come se in Sardegna ci si trovasse all’anno zero in materia di governo del territorio, come se i problemi incontrati dai sindaci nella gestione dei propri territori derivassero da un vuoto normativo tale da impedire l’adeguamento degli strumenti urbanistici indicati come i principali ostacoli all’attività edilizia, come se la stagnazione di quest’ultima fosse la conseguenza della presenza (o assenza) di norme e non derivasse da motivi ben più strutturati e strutturali.

Tutte le persone che si occupano in vario modo di urbanistica hanno sempre manifestato la necessità che la attuale legge urbanistica regionale (L.r. n.45/1989) dovesse essere aggiornata, adeguandola alle nuove necessità scaturite dai cambiamenti che hanno attraversato la società negli ultimi venti-trent’anni, nel corso dei quali la crescita demografica ha ceduto il passo a consistenti decrementi fino a un vero e proprio spopolamento diffuso, e le prescrizioni finalizzate alla realizzazione di aree di espansione dell’edificato necessitano di essere sostituite da previsioni che impediscano lo sperpero dei suoli, e le volumetrie residenziali necessarie vengano individuate in gran misura nel recupero dell’esistente.

Gli argomenti veri però, sui quali in conseguenza di questa falsificazione si è evitato di discutere seriamente, entrando nel merito delle questioni superando l’apoditticità di questa urgenza sono:

– quali parti della legge esistente necessitano di un radicale superamento?

– quali nuovi istituti in termini di equità urge che vengano inseriti nel testo?

– qual’è il modello di sviluppo, a cui uno strumento puramente applicativo come una Legge urbanistica deve agganciarsi?

Da urbanista militante, non appena è stato presentato il testo del disegno di legge (giugno 2016) ho letto con un certo ottimismo la relazione di accompagnamento, dove gli argomenti più urgenti e necessari sembravano essere stati presi positivamente in considerazione, migliorando ulteriormente la Legge Cogodi, che avrebbe così rinnovato e mantenuto la sua preminenza qualitativa nel panorama delle leggi urbanistiche regionali.

Ma niente di quanto ventilato nella relazione trovava poi riscontro concreto nell’articolato di legge, che è apparso da subito indirizzato invece a scardinare le certezze della vigente legge, burocratizzando ossessivamente le procedure, sminuendo e annullando il ruolo prevalente -e costituzionale- del Comune nel governo del territorio in favore dell’intervento propositivo e derogatorio dei privati, ignorando totalmente i nodi sul regime dei suoli, vero vulnus dell’urbanistica in Italia, nodi non superabili semplicemente con una legge urbanistica, ma che la legge urbanistica può comunque contemperare privilegiando la sostenibilità sociale con norme perequative e compensative attente alle specificità e diversità locali.

Senza sciogliere prioritariamente questi nodi, è stato perfettamente inutile sperare di migliorare la legge discutendola articolo per articolo e non nella sua impostazione e strutturazione generale, barattando come al mercato delle vacche la cancellazione di un articolo o l’inserimento di un altro, con un’ottica finalizzata esclusivamente a calibrare percentuali di consenso da parte dei Consiglieri.

Una legge urbanistica rinnovata e adeguata ai temi del terzo millennio è necessaria e urgente, ma non se ci si limita a far credere che il suo fine prioritario sia far partire automaticamente il settore dell’edilizia inteso come volano dell’economia…

Diversamente tanto vale mantenere la legge esistente, decisamente migliore di quella proposta pur con tutte le sue conclamate insufficienze, nell’attesa di produrne una che effettivamente risponda alle esigenze della nostra terra, e non insegua esclusivamente interessi particolari non rappresentativi delle reali necessità dei Sardi nè del loro territorio…

 *Foto: San Teodoro, Cala Girgolu, villa sul mare ampliata grazie alla legge regionale n. 4/2009 (GRIG)

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