La Ue sovranista? Un’illusione [di Nicolò Migheli]
Il governo giallo verde nella sua guerriglia contro la Commissione europea spera che con le elezioni del giugno prossimo cambi tutto, che le istituzioni europee siano dominate dagli euroscettici e con loro disegnare nuovi equilibri. In questi giorni si è avuta una pioggia di numeri che mettono in dubbio quelle previsioni. Le elezioni sono lontane e tutto potrebbe cambiare, ma ci sono dati che ci fanno individuare tendenze che vanno rafforzandosi. Le elezioni bavaresi erano attese come consolidamento del sovranismo in Germania, ma non è andata così. La CSU perde la maggioranza assoluta dopo 70 anni, ma i voti persi vanno a ingrossare, in parte, il partito di destra AfD che mantiene il dato delle elezioni federali dell’anno scorso. Vi è invece ad un successo dei Freie Waelher, partito conservatore ma non xenofobo. I socialdemocratici ne escono malconci dimezzando i loro suffragi. Con la guida di Katharina Schulze i Verdi recuperano i suffragi socialisti, coniugano sensibilità ambientali con il progetto di una società inclusiva. I risultati elettorali bavaresi andrebbero incrociati con i sondaggi sulle intenzioni di voto degli europei. Secondo l’agenzia Politico Europe sui 705 seggi del Parlamento Europeo, i socialisti-democratici e il PPE dovrebbero perderne 100, i liberali di Alde ne guadagnerebbero 4, la sinistra di Left 7. I socialisti restano forti in Spagna, Portogallo e Romania, scendono ai minimi in Francia e Italia, resistono nei Paesi scandinavi, soffrono in Germania e nel resto del Continente. Resta l’incognita Macron dato a 21 seggi, non si sa ancora in quale gruppo parlamentare approderà. La perdita è consistente ma non tale da imprimere un cambiamento radicale, anche perché agli euroscettici mancherà con la Brexit l’apporto britannico. Così il sondaggio di Politico della scorsa settimana. Dati confermati da Poll of Polls che monitora le opinioni degli europei. Nelle file del PPE militano i sovranisti ungheresi di Orbán e gli austriaci di Kurtz. Questi sugli sforamenti di bilancio sono inflessibili come i tedeschi. L’Austria per il 2019 avrà un deficit pari a zero. Gli ungheresi e polacchi pur non facendo parte dell’euro hanno bisogno di una quadro finanziario tranquillo perché una parte importante del loro Pil dipende dai fondi europei e ogni turbolenza potrebbe metterli in dubbio. Alleati di Salvini nei respingimenti purché ognuno si tenga i suoi immigrati, suoi avversari nel resto. D’altronde la prospettiva sovranista concepisce vantaggi solo per sé, è incurante dei problemi altrui. La terza salva di numeri viene data dal sondaggio che Eurobarometro fa periodicamente sul gradimento della Ue presso i cittadini europei. Secondo quei dati la fiducia nelle istituzioni europee in tutti i paesi membri supera abbondantemente il 50%, compresa la Gran Bretagna in uscita dove raggiunge il 53%. La stessa Grecia, nonostante la cura feroce a cui è stata sottoposta, ritiene che l’adesione alla Ue sia un vantaggio. Il 62% degli europei è favorevole all’Unione. Ultima l’Italia. Il 65% dei cittadini vuole rimanere nell’euro contro il 61% degli europei. Questo dato però è contraddetto da una fiducia nell’Europa per il 44% del campione. Dato in crescita da quando il governo giallo verde si è insediato, a giugno era solo il 30%. Come poi si leghi il voler rimanere nell’euro e nel contempo uscire dalla Ue è mistero. Il dato positivo è che la disaffezione degli italiani verso la Ue è in costante diminuzione e i mesi che ci separano dalle elezioni potranno rivelare sorprese. A tutt’oggi, eccetto i paesi di Visegrád e l’Italia, i sovranisti hanno buoni risultati elettorali ma non tali da provocare un ribaltone europeo. Nel contempo però i numeri rafforzano la Commissione nella sua determinazione. Lo si vede con la durezza con cui sta trattando la Brexit; con il governo giallo verde non sarà da meno, anche se uno scontro troppo duro non solo favorirebbe gli euroscettici, ma potrebbe innescare una crisi sistemica dell’Unione e dell’euro dove a perderci saranno tutti. Nessuno lo vuole, si spera anche tra i leghisti e i grillini. Certo è che aspettarsi una prossima Commissione con una declinazione sovranista e più amica di una Italia che non rispetta i trattati, non è solo illusorio ma autolesionista ai limiti del suicidio. In attesa dell’improbabile palingenesi oggi l’Italia si trova isolata con la Manovra che verrà respinta. Per questi motivi il governo amica alle amicizie interessate di Putin e Trump. Con quest’ultimo già sorgono problemi seri. Nel Def è previsto una taglio al bilancio della difesa pari a 500 milioni, c’è chi dice un miliardo di euro. Questo dopo aver promesso in sede Nato e personalmente da Conte a Washington il raggiungimento dello stanziamento del 2% del Pil. Inoltre si vorrebbero ridurre il numero degli F35 da acquistare. Per il presidente americano sono sgarbi insopportabili, se non si rimedia ci potrebbe essere una sua manifesta ostilità che si potrebbe materializzare sugli interessi italiani in Libia e con dazi pesanti sulle esportazioni negli Usa. Ancora una volta il sovranismo diventa un gioco degli specchi. Non ci attendono tempi semplici, sempre che ci siano stati qualche volta. |
Interessante e utile la disamina sull’Europa possibile del dopo elezioni e i possibili riflessi per l’Italia. Mi permetto un contributo di riflessione sul sondaggio relativo alla permanenza nell’EU. Il 44% per cento dei favorevoli a mio avviso andrebbe rapportato al 24% dei contrari, che quindi non sono il 56%, in quanto la percentuale di chi non sa o è indeciso è del 32%. Pertanto fra le risposte utili (44 sì + 24 no = 68) il sì è al 64,7%. Si tratta di un sondaggio, con tutti i limiti, e ho pensato utile fornire i dati completi delle risposte raccolte.
Interessantissima analisi su quanto sta accadendo nell’UE, che attraversa il periodo più complicato da quando è nata, e in prospettiva su ciò che potrebbe succedere qualora dovesse affermarsi un quadro sovranista alle prossime elezioni di Giugno. Verrebbe da augurarsi che la pur indebolita Angela Merkel con l’appoggio di Macron trovino il coraggio di avviare una seria revisione dell’impianto su cui è stata costruita l’Unione.