L’attualità dell’inattuale cultura umanistica [di Ugo Cardinale]

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è ancora attuale il liceo classico gentiliano?

La nostra tradizione formativa è stata plasmata dalla ormai centenaria riforma Gentile, da poco scalzata dalla riforma Gelmini.Quello che sappiamo è che il liceo classico gentiliano, nato sul modello ottocentesco tedesco, è stato una buona palestra formativa per le generazioni passate, ma oggi ormai ha una posizione marginale e in via di ulteriore ridimensionamento (cfr. i dati ministeriali del 2011, forniti da C. Palumbo  in  L. Canfora  U.Cardinale, Disegnare il futuro con intelligenza antica, il Mulino 2012 ).

Ha senso allora un appello per la sua sopravvivenza ?

Sono convinto di sì, ma non nella fisionomia prodotta da quel classicismo antiscientista che è il vero affossatore degli studi classici e che oggi sembra riesumato. Il liceo gentiliano non può più essere proposto oggi, perché aveva il grosso limite di svalutare pregiudizialmente, sulla base dell’orientamento idealistico del suo promotore, l’ambito scientifico. La riforma Gelmini, invece,  ha riproposto, nell’indirizzo classico, ancora una versione sbiadita di questo vecchio modello, anziché reinventarlo, e uno sbilanciamento nel quadro orario -nei limiti comunque dei tagli e della «coperta troppo stretta»- tra materie cosiddette umanistiche, privilegiate, (pur ridimensionando anche l’italiano nel biennio e creando quel monstrum scientifico e didattico -almeno nella tradizione italiana di insegnamento – che è la geo-storia),  e materie scientifiche residuali.  Ha creato altri indirizzi: uno, di scienze applicate, senza latino; e un indirizzo scientifico, con forte presenza dell’asse matematico-scientifico, integrato dallo studio del latino. Ma il valore formativo degli studi classici  avrebbe potuto trovare uno sbocco migliore in una formula liceale unica, classico-scientifica (con la flessibilità concessa dall’autonomia), come quella proposta  ancora da U. Eco nella bustina di Minerva del 3 ottobre 2013 ( cfr.« e forse si potrebbe superare la distinzione artificiosa tra classico e scientifico») e auspicata da M. Bettini [2013]. Tale modello classico-scientifico  non è un modello ancora da testare. Tale modello non è un semplice auspicio: è stato per anni una realtà, che aveva dato i suoi frutti positivi nella ventennale stagione delle minisperimentazioni antecedenti la riforma Gelmini. Basterebbe ripercorrere quella storia per trovare le ragioni di un’opzione consapevole a favore del mantenimento di questa eccezionalità italiana , senza affrettate abdicazioni a favore dei più «moderni » modelli europei (cfr. anche M. Bettini, I classici antenati o enciclopedia culturale? in « il Mulino 6/13» pp. 925-941).

Siamo sicuri che la «modernizzazione» sia sempre necessariamente un progresso verso il meglio?

Uno sguardo comparato ai Paesi europei potrebbe indurre all’omologazione : quasi tutti i Paesi hanno ridimensionato e reso opzionale lo studio del latino e del greco. Questi dati hanno portato anche l’Associazione TreElle, espressione del mondo imprenditoriale, a proporre [Latino perché?Latino per chi?, n.1, maggio 2008] un allineamento e un’accelerazione di un presunto processo di «modernizzazione» italiano che dovrebbe passare attraverso l’abolizione dell’insegnamento obbligatorio del latino e del greco nelle scuole superiori. Il liceo classico attuale, ridotto ad una percentuale  del  7 %, rischia di preparare questo futuro.

 

Quale  allora la soluzione per l’Italia?

A.Ichino ( Riscoprire il talento per salvare la scuola sul «Corriere della sera» del 21 ottobre 2013) parla, delineando suo progetto di rifondazione strategica della scuola, di decisione difficile riguardante l’equilibrio tra cultura classica e cultura tecnico-scientifica, ma nello sviluppo dell’argomentazione opta per una decisione facile di liquidazione delle materie umanistiche, con un obiettivo populistico, come quello della prospettiva di “retribuzioni elevate”, e con il vecchio pregiudizio della maggior utilità delle materie tecnico-scientifiche. Una semplificazione culturale da cui mi permetto di dissentire, rinviando alle più autorevoli argomentazioni sul falso pregiudizio delle due culture, offerte da filosofi e scienziati ( tra cui Silvano Tagliagambe in Cardinale, a cura di, 2006) in molte pubblicazioni tra cui Canfora Cardinale, a cura di, 2012, cit.. Non voglio rubare spazio, ma vorrei ricordare che alcuni licei classici avevano già da tempo sperimentato, con risultati lusinghieri proprio in ambito scientifico, l’integrazione armonica delle materie classiche e delle materie tecnico-scientifiche. E, se la riforma Gelmini ha di nuovo accentuato la differenza tra i due licei (classico e scientifico), c’è ancora spazio oggi per non liquidare come obsoleta la tradizione che ci distingue e per valorizzare  un modello liceale flessibile,  fondato su quel metodo scientifico che è unico e ragiona per problemi da risolvere con congetture e confutazioni e non si qualifica per l’ incremento della quantità delle nozioni, siano esse “mitocontri  o aoristi”. L’impossibilità di formare l’homo universalis, data l’alta specializzazione assunta oggi, non giustifica la soluzione di voler creare l’homo dimidiatus, privo di una delle dimensioni della cultura umana. Già gli antichi filosofi si ponevano il problema di distinguere tra: a)la polymathia, l’aver imparato molte cose, senza però averne intelligenza, b) la specializzazione tecnica in un solo ramo, e c) una terza soluzione, la formazione del pepaideumenos, delineato da Aristotele [Politica, III,11], colui che ha ricevuto un’educazione (c’è  nel termine infatti la radice di paideia, educazione) e che sa formulare giudizi corretti sui discorsi e sulle attività dello specialista, non meno di quest’ultimo (cfr. Cambiano in Canfora Cardinale, a cura di, 2012,cit. ). è quest’ultima proprio la formazione che sembrava scaturire nel passato dallo studio liceale e che ben ha rappresentato U. Eco in una sua bustina di Minerva del 3 ottobre 2013, dal titolo Elogio del classico. In cui ricordava, tra l’altro, la curiosa modalità con cui Adriano Olivetti attuava la selezione del personale:«assumeva certamente bravi ingegneri, altrimenti i computer non li avrebbe mai costruiti, ma non aveva esitazione ad assumere un laureato che avesse fatto una tesi eccellente sui dialetti omerici». e così continuava: Prepararsi al domani vuol dire non solo capire come funziona oggi un programma elettronico ma concepire nuovi programmi. E accade che gli studi classici (compreso sapere che cosa aveva detto Omero, ma soprattutto la capacità di lavorare filologicamente su un testo omerico – e aver fatto bene filosofia e un poco di logica) sono quelli che ancora possono preparare a concepire i mestieri di domani.

 

Storia di un esperimento liceale classico-scientifico

Il liceo classico già negli anni ottanta si trovava di fronte ai problemi di oggi e all’esigenza di rilegittimare la propria funzione formativa. A Ivrea il liceo classico che io dirigevo aveva potuto allora avvalersi della collaborazione dei Servizi culturali Olivetti (diretti allora dal dottor Augusto Todisco, espressione di quella visione aperta e lungimirante che aveva caratterizzato il fondatore Adriano Olivetti) per prepararsi al cambiamento. Le risposte degli utenti più motivati ci sono state e i risultati molto incoraggianti, anche se non sono stati testati a livello sperimentale. La direzione  delle scelte universitarie degli studenti non è stata, se non eccezionalmente ( e in base comunque  a forte propensione), orientata nel campo umanistico, a conferma del carattere polivalente di questa  formazione, ma si è diretta verso tutta la rosa delle discipline, anche tecnico-scientifiche, con indici di successo altissimi. E si è trattato di studenti che per lo più non hanno rinnegato le scelte fatte e hanno manifestato un senso di gratificazione per il bagaglio formativo acquisito. Una ragione, certo non la sola, per non liquidare affrettatamente un indirizzo di studi che non sembra essere solo un “mito” e per non confinarlo nell’ambito di una specializzazione precoce filologico-umanistica, come rischia di diventare oggi.

 

Non sono due le culture: la cultura è una sola

E se  non è più pensabile un liceo classico egemone, non è nemmeno proponibile un liceo senza scienze umane, senza quella palestra di memoria  che è lo studio dei « nostri antenati». La formazione classica o, più in generale, umanistica, è ancorata alla storicità[1] e si alimenta della memoria del passato. Liquidare il liceo classico significa anche incidere direttamente, come sostiene Maurizio Bettini  nella stessa rivista de «il Mulino», 2013, sull’«enciclopedia culturale» dei futuri cittadini e «sul nostro rapporto con fasi e strati assai più recenti» della nostra letteratura, con quell’ossatura che ha costituito un filo rosso della nostra cultura e della nostra memoria. Per non parlare delle radici del pensiero filosofico e politico. E se sarebbe massimalistico oggi proporre a tutti lo studio delle lingue classiche o anche del solo latino, ci sono delle ragioni forti però per non bandirlo o renderlo solo opzionale e non abbandonare proprio il lavoro espressamente linguistico che  ne fa una palestra difficilmente sostituibile  (Cfr. U. Cardinale in R. Oniga U. Cardinale, Lingue antiche e moderne dai licei alle università, il Mulino 2012.

Il “nodo” della traduzione dei classici

Ma proprio su tale punto è importante un ripensamento perché è diventato un vero nodo da sciogliere.Se l’esercizio del tradurre ha un valore , lo ha soprattutto per migliorare la competenza nella lingua materna e per affinare una riflessione sul linguaggio di carattere trasversale. Ma basterebbero alcune considerazioni sul cosiddetto «traduttese», come lo definisce F. Condello [L. Canfora, U. Cardinale 2012] per capire l’urgenza – che avrebbe un’importante ricaduta positiva su tutto il percorso didattico-educativo – di un ripensamento del sistema di verifica attraverso la semplice versione.Come sottolinea F. Zanetti [ L. Canfora, U. Cardinale, a cura di, 2012],  Anche per le lingue classiche sarebbe auspicabile una differenziazione di verifiche, senza necessariamente escludere la versione, ma inserendola in un lavoro più articolato (traduzione corredata da note che espongano i problemi incontrati, commentino il lessico, l’opera letteraria, spieghino gli eventuali punti oscuri, ecc.). Pertanto, un problema che potrebbe essere affrontato in tempi brevi potrebbe essere il problema della certificazione delle competenze nelle lingue classiche, per poter prevedere  e certificare, con prove  di diverso livello, tipi o gradi diversi  di competenze, evitando così quelle esperienze frustranti, che spesso scoraggiano gli studenti del liceo classico, come l’insuccesso nelle prove di traduzione(Cfr. Cardinale in Oniga Cardinale (a cura), [2012]). Insuccesso che determina alla fine del percorso, davanti allo scarto tra il lungo  impegno e l’apparente vanità dei risultati conseguiti, la  sensazione di un fallimento o dell’inutilità del tempo speso in tali studi. Già esiste una sperimentazione per le certificazioni di competenze in latino, in due o tre livelli diversi , secondo progetti di collaborazione tra scuola e università a Genova (Celil della Liguria), a Palermo (Celil della Sicilia), a Milano(che si collega al progetto ligure). Tale riflessione e sperimentazione  potrebbe riflettersi anche in nuove ipotesi per la prova all’Esame di Stato.

Bibliografia essenziale

Asor Rosa A., Esposito R., Galli della Loggia E.

2013 Un appello per le scienze umane in « il Mulino 6/13»pp.1076 -1

Bettini M.

2013 I classici antenati o enciclopedia culturale? in « il Mulino 6/13» pp.925-941

Canfora L.

2002  Il fiume si scava il suo letto in Dionigi I (a cura di) [2002]

Canfora , L., Cardinale U., ( a cura di)

2012  Disegnare il futuro con intelligenza antica, il Mulino, Bologna, 2012

2006   Sapere umanistico/sapere scientifico: uno pseudo-conflitto? in Cardinale,U. ( a cura di) [2006]

Cambiano G.

2012 Il problema delle due culture in Canfora, L. Cardinale U. (a cura di) [2012]

Cardinale U.

2012 Ripensare l’insegnamento linguistico per la «generazione sempre connessa» in Oniga Cardinale (a cura di )[2012]

Cardinale U. (a cura di )

2008 Nuove chiavi per insegnare il classico, Utet Università, Torino

Cardinale U. (a cura di )

2006 Essere e divenire del classico, Utet,Torino

Condello F.

2012 Su qualche caratteristica e qualche effetto del «traduttese» classico in Canfora , L.,    Cardinale U., ( a cura di) [2012]

Dionigi I. (a cura di)

2002 Di fronte ai classici, Milano, BUR

Oniga R. Cardinale U. ( a cura di)

2012 Lingue antiche e moderne dai licei alle università, Bologna, il Mulino

Tagliagambe S.,

2006 Cultura classica e cultura tecnologica: un dialogo possibile in Cardinale U. (a cura di)[2006]

*Linguista, filologo, lessicografo. Già Dirigente del Liceo classico Carlo Botta Ivrea (Biella). Intervento nella Tavola Rotonda Le tre culture . Orizzonti formativi per lo sviluppo della Sardegna: La Formazione umanistica nel corso dell’iniziativa Sardegna: Terra della conoscenza e della comunità educante, organizzata il 27 gennaio alla MEM di Cagliari dall’ Associazione LAMAS.

[1] Questo aspetto veniva ricordato, oltre che nell’Appello de Il Mulino (6/2013),  anche nella lettera aperta dei docenti del Berchet di Milano al ministro Carrozza, dal titolo Il liceo classico minacciato sintomo di un pensiero minimalista, pubblicata sull’« Avvenire» del 6/11/2013.

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