La condanna di Sigismondo Arquer all’oblio [di Maria Antonietta Mongiu]

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L’Unione Sarda 4 dicembre 2018. La città in pillole. Nelle disavventure della dialettica del riconoscimento ovvero nell’insistita pratica del disconoscimento di persone e di luoghi emerge, come archetipo di vittima predestinata, un cagliaritano illustre. Fu il primo che oltrepassò le rappresentazioni del  geografo Tolomeo per riconoscere e descrivere, secondo paradigmi europei, storia e geografia dell’isola.

E’ Sigismondo Arquer a cui non risultano intitolate piazze, scuole, statue ma una piccola via nel quartiere Marina. Mentre la sua Sardiniae brevis historia et descriptio per Sigismundum Arquer Calaritanum sanctae theologiae et iuris utriusque doctorem giganteggia ancora oggi. Fu scritta nel 1549, su invito di Sebastian Münster che la pubblicò nell’edizione del 1550 della Cosmographia universalis che rappresenta uno spartiacque nella descrizione del mondo.

Con la Cosmographia cambiò la percezione dei luoghi e si affermò il primato della rappresentazione cartografica. Altro dalle iconografie dove l’uomo, la città, la natura sono inscindibili come raccontano gli esemplari affreschi dell’Allegoria del buono e del cattivo governo che Lorenzetti dipinse nel 1338 nella Sala del Consiglio dei Nove a Siena.

Münster impose nella storia urbana la preminenza dell’urbs sulla civitas ovvero la preminenza della città come concentrato di costruzioni il cui schema concettuale è abitato da numeri, lettere, segni grafici, a sintesi di una forma immaginata e di una che misura le cose. Una pedagogia spaziale più accessibile delle intermediazioni delle Bibliae pauperum che da portali, architravi, capitelli delle chiese medievali narravano la Bibbia.

Arquer, la cui precocità il padre – un Monaldo Leopardi ante litteram – volle sottrarre all’approssimativa formazione locale, approdò a 14 anni a Pisa e a Siena per laurearsi brillantemente e, a 19, incrociò a Basilea il celebre cosmografo per il quale redasse la descrizione dell’isola e la Mappa della città.

Un archetipo che identifica Cagliari, oggi sciaguratamente disconosciuta insieme al suo artefice, arso sul rogo a Toledo nel 1571.

Forse per troppo sapere e conclamati disconoscimenti da parte di inadeguate classi dirigenti così da lui descritte:  “guardano maggiormente al privato interesse […] disprezzano le buone letture, convinti che sia loro sufficiente salutare appena la lingua latina dalla soglia e comprendere le leggi […] quel tanto che serve per incrementare il patrimonio di famiglia “. Speriamo in meglio.

 

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