Luoghi della contemporaneità o contemporaneità dei luoghi? Schifano a Villa Giulia [di Giulia Silvia Ghia]
L’Huffpost.it 18 dicembre 2018. Non è vero che in Italia non si affrontano tematiche legate all’arte Contemporanea. Certamente si può affermare che rispetto ad altre parti del mondo la produzione artistica nota ai più è quella legata al Rinascimento e al periodo Barocco, senza disturbare le testimonianze archeologiche presenti diffusamente in tutto il territorio nazionale. Eppure vi è un mondo parallelo che rende la produzione artistica contemporanea nostrana altrettanto importante e imponente. Recentemente la Direzione Generale Arte e Architettura contemporanee e Periferie urbane, ha messo on line un progetto “I luoghi del Contemporaneo” per la mappatura e la promozione della rete dei luoghi dell’arte contemporanea in Italia. Si legge nel sito che “il progetto ha portato alla creazione di questa piattaforma on line, utile per orientarsi nella conoscenza del panorama artistico del contemporaneo in tutto il territorio nazionale e a sostenerne la valorizzazione”. Cliccando così sulla cartina geografica italiana della pagina web si viene a conoscenza di CAOS di Terni o di MAC di Cavalese, o ancora del MAN di Nuoro o del MUSMA di Matera. Musei, Spazi espositivi, Associazioni, Collezioni, Fondazioni, tutte realtà rivolte all’esposizione al pubblico, alla promozione e alla conoscenza dell’arte contemporanea. Si tratta di veri e propri contenitori e contenuti contemporanei che fanno riflettere sulla formicolante creatività che ha animato e continua ad animare il nostro paese. Sarebbe interessante allargare questa piattaforma a tutte le esposizioni temporanee, ritenute di interesse, che riempiono il calendario delle mostre e degli eventi nei diversi luoghi della cultura. Molto spesso infatti l’arte contemporanea è messa in relazione con la produzione artistica antica o moderna, o semplicemente inserita in contenitori storici e storicizzati come siti archeologici, palazzi e ville rinascimentali quasi a sottolineare come la creatività del presente derivi dalla conoscenza del passato, creando così un legame indissolubile nella continuità temporale. Spesso queste esposizioni risultano essere quelle con maggiore carico emotivo. La loro forza deriva dalla capacità di instaurare in modo semplice e diretto un vero e proprio dialogo tra il visitatore, sia straniero o italiano (in questo caso abituato a vivere il patrimonio culturale diffuso) e la creazione contemporanea carica di nuovi messaggi, e stimolati riflessioni. Esemplare fu la mostra Caravaggio-Bacon del 2009 alla Galleria Borghese, curata da Anna Coliva e Michael Peppiatt. Mostra forse opinabile ma coraggiosa e di rottura rispetto ad una tradizione abbastanza imbalsamata che non vedeva di buon occhio l’arte contemporanea nei templi della cultura moderna come la Galleria Borghese. A distanza di oltre dieci anni il discorso è cambiato e anzi assistiamo a continui accostamenti a volte anche provocatori e mai banali. Segnale decisivo di questa direzione ormai presa è l’ultimo allestimento della Galleria Nazionale d’arte Contemporanea di Roma (GNAM) voluto dalla direttrice Cristiana Collu. Fece molto discutere soprattutto per aver infranto il punto di vista didattico-cronologico di una collezione storica la cui presenza dei dipinti nelle sale dava certezze ai visitatori assidui. Tanti altri esempi di rottura si sono susseguiti negli anni, ed ora assistiamo con meno stupore e forse scandalo, ad esposizioni come la serie di Love, Enjoy e Dream allestite nel Chiostro del Bramante, meraviglioso esempio di architettura rinascimentale opera di Donato Bramante, grande rivale di Michelangelo nei suoi anni romani. Singolare e intrigante è quello che sta accadendo in questi mesi alle Terme di Diocleziano. Curata da Francesco Paolo Campione e Maria Grazia Messina, la mostra, visitabile fino a gennaio 2019, accosta opere scultoree appartenenti alla corrente del Primitivismo di maestri come Picasso e Giacometti, per citarne alcuni, ad una scelta accurata di manufatti di epoca precolombiana e splendori di arte etnica e popolare databili tra il XV secolo e l’inizio del 900. Si comprende, e la curatrice lo conferma, come l’arte primitiva abbia ispirato profondamente Picasso e i suoi contemporanei. La realtà e la razionalità fanno spazio ad un caos creativo nel quale ci si lascia andare. Ed è qui che avviene lo scambio, l’incontro fecondo tra il primitivo e il Primitivista, un vero e proprio scontro prolifico, che ha il merito di generare condivisione e contaminazione di mondi, epoche, ed esperienze. Il tutto all’insegna di una disponibilità mentale ad accogliere le novità e le idee altrui. Elemento quest’ultimo, oggi quanto mai indispensabile. Su questi binari di accostamento dell’antico con il contemporaneo è interessante osservare la prima esposizione contemporanea offerta dal Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma, che giovedì 13 dicembre ha aperto la mostra EtruSchifano. Mario Schifano a Villa Giulia: un ritorno. Il rapporto con il luogo espositivo, anche questo una costruzione rinascimentale voluta da papa Giulio III a metà del ‘500, è certamente molto stretto dato che Schifano lavorò dal 1951 al 1962 come restauratore e lucidatore di disegni presso lo stesso museo dove si è scelto di esporre la sua produzione ispirata agli etruschi. L’accostamento di vasi originali etruschi provenienti dalla collezione del museo e la reinterpretazione di Schifano del mondo etrusco con dinamismi e colori pop, evoca un forte legame contrastante con la storia. Si viene così a conoscenza della storia di un uomo e della sua ispirazione artistica che proprio nelle sale di Villa Giulia prese piede, e dalle stesse sale spiccò il volo verso i variegati orizzonti della pop art contemporanea legata in questo caso alla scuola degli artisti di Piazza del Popolo a cui negli anni Schifano si sarebbe avvicinato. Utili nella ricostruzione della vicenda biografica e professionale di Schifano, sono i documenti di archivio che ci raccontano il suo percorso artistico nel quale gli etruschi riaffiorano in tutta la loro potenza evocativa. Ed è così che dal ’51 al ’62 da restauratore e lucidatore di disegni, Mario Schifano osservando il lavoro degli archeologi inizia a dipingere e ad immaginare nuovi scenari. Tira fuori una vocazione artistica che nutrendosi delle forme del passato ha alimentato nuove riflessioni sul presente: l’incontro creativo del “prima” con il “qui ed ora” fanno di Schifano una figura di riferimento delle avanguardie pittoriche dei primi anni 60. Ciò che di questa storia è interessante scrutare è il ruolo che il Museo Etrusco ha giocato nella vicenda artistica di Schifano. Un compito che diviene missione, poiché indaga tutte quelle sopravvivenze attive che gli etruschi hanno avuto nella nostra contemporaneità e che continueranno ad avere esercitando un fascino reinterpretato dai singoli, che come Schifano, su quel contesto hanno ragionato, immaginato e riflettuto, indagando su loro stessi e sul loro vissuto. Ed ecco come il museo, da custode dei preziosi segni di un’antica civiltà diventa in questo modo il luogo privilegiato della contemporaneità, dove le celebri sculture etrusche di Matres abbracciano i dipinti del ciclo Mater Matuta, celebrando in eterno la meraviglia della maternità. Un museo, una galleria, un qualsiasi luogo della cultura, possono diventare luogo di contemporaneità quando la comunità, curiosa e sensibile nei riguardi del passato, ha desiderio di immergersi e perdersi nel racconto che viene da ciò che è accaduto prima di noi. Per ritrovarsi, e magari riscoprirsi. Per riprendere le parole del Direttore di Villa Giulia, Valentino Nizzo, fare cultura, vuol dire anche far si che una struttura attraversi il tempo stringendo una solida alleanza con la società civile, e con tutti coloro che il museo lo vogliono vivere non come un’istituzione fredda e distante, ma come una casa, un luogo in comune, un bene comune. * Storica dell’arte
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