Carme augurale [di Giovanni Dettori]
cessò a maggio improvviso il gracidare delle rane ai margini del fosso il loro insipido canto senza fine ma non me ne preoccupai fino a che per qualche tempo potevo ancora mangiarle nelle bettole in risaia
e a giugno si spensero le lucciole di cui poco mi importava se l’oscillante lumino dello zip l’opale del cellulare mi accompagnava nella notte fu il frocio dei froci a parlarne il poeta che ben prima trovò la sua fine
poi si zittirono i grilli che accendevano le notti senza respiro di luglio e ne fui sollevato perché mi toglievano il sonno pulsando senza tregua
e le cicale d’agosto che cessarono finalmente di frinire nell’ora più torrida di Pan accompagnando questo dio di solitudini non ne rimpiansi il silenzio poiché mi rovinavano l’ora sesta
poi scomparvero le api e i bombi neri questi pelosi succhiacazzi iridescenti ma non entrai in paranoia per questo il miele mi ha sempre dato l’orticaria il polline mi scatenava altre allergie
così a novembre sparirono gli uccelli chiusi gli arrivi dei migranti non un pulsare d’ali si sentiva i cachi rimasero tra i rami e questa volta cominciai a preoccuparmi non trovavo più a chi sparare
finché alla fine fui io a scomparire e mentre svanivo in dissolvenze di orrore udivo udivo l’ombra che rideva come se blatte e ratti facessero baldoria e ridevano ridevano quasi ridessero i passeri di Rulfo squittivano e ridevano poiché da millenni sapevano che un giorno avrebbero posseduto la terra. |