Buon Anno: il 2019 sarà peggio [di Paolo Flores d’Arcais]
MicroMega on line 1 gennaio 2019. Il 2019 sarà peggiore. Al governo Salvini succederà il governo Salvini 2. Per elezioni anticipate o per transumanze parlamentari. Immediatamente prima o immediatamente dopo le elezioni europee, comunque entro i due equinozi o solstizi. Un governo senza il M5S, con le frantumaglie delle destre berlusconiane e meloniane. Oppure, perfino peggio, ancora con il M5S, ridotto da partner subalterno qual è oggi a puro zerbino, alibi dove pulirsi gli stivali del prefascismo. Perché Salvini fascista non è, sia chiaro. Analiticamente parlando è pre-fascista. Esattamente nel senso di alcune specifiche formazioni cellulari degenerative: può essere che non metamorfizzino mai in tumore, ma annunciano la sua possibilità con alte probabilità, e impongono terapie preventive e comunque radicali mutamenti degli stili di vita. Lo sfogo “liberatorio” e legittimato agli spurghi razzisti dei fondali psichici, l’esibizione d’accatto di presunte Hulk-muscolature nelle trattative internazionali, con relative fanfare d’orgoglio patrio e confessionale posticci, l’odio per tutto ciò che è intelligenza, cultura, spirito critico, il vellicamento corrivo della melma interclassista dell’evasione fiscale, l’impunità progressiva per le classi possidenti (tanto più … quanto più …), la politica sistematica dei capri espiatori e la loro intercambiabilità, il calcio dell’asino ai residui di giornalismo e informazione già al lumicino per la sequenza Berlusconi e nipote (i. e. Renzi), tutto ciò è già distruzione in profondità di tessuto e anzi trama e ordito democratici, è già brodo di coltura di fascismi possibili. Eppure schifo scoramento e nausea non riescono a diventare indignazione, e laddove indignazione autentica nasca, non riesce a diventare lotta. E la melma maleodorante di un governo di plumbea mediocrità, inettitudine iperbolica, menzogna sghignazzante, razzismo avanzante, ignoranza esultante, feroce diseguaglianza non scalfita, sembra diventare rassegnato orizzonte naturale, da qui alle calende greche. Perché? Perché nessuna indignazione autentica sarà possibile, fino a che circolerà ancora influente la finta indignazione di chi questa melma ha preparato con un quarto di secolo e più di menzogne, accomodamenti, tradimenti. L’indignazione che diventi lotta nulla può avere in comune, ma proprio nulla, con gli alti lai che oggi penosamente si levano da chi ha tollerato il berlusconismo e il renzismo, vi ha fatto accordi e magari li ha anche esaltati, con chi oltre un quarto di secolo fa ha voluto affossare la rivoluzione della legalità, l’unica di cui questo paese ha bisogno, che Mani pulite poteva annunciare, se la politica che si definiva di sinistra avesse proseguito con determinazione, con i mezzi della politica, appunto, la pulizia delle stalle d’Augia dell’establishment inaugurate dal pool di Milano e dal pool di Palermo. Abbiamo visto invece l’opposto, compresi quei prodromi golpisti striscianti che sono stati e permangono i depistaggi e gli intrecci e i silenzi sulla Trattativa, scattered nelle istituzioni, dagli angiporti ai colli più alti, senza che mai le mele marce siano state tolte da tavolo. Come può nascere la spinta a tornare in piazza, malgrado le brucianti e pesanti ragioni per farlo, se pensi che potresti trovarti mescolato ai D’Alema e ai Veltroni, ai Fassino e ai Bersani (mi limito ai segretati delle metamorfosi Pci), alle Boldrini e ai Bertinotti (dei Calenda e altri non voglio neppure dire), e insomma al nulla di “sinistra” che imperversando in inciucio, alla “opposizione” o al governo, ha nutrito e pasciuto l’eruzione populista per cui ora si straccia ipocritamente le vesti? Questa è la semplice, razionale, spiegazione del perché oggi contro il governo Salvini e la sua melma non c’è lotta e sembra non esserci speranza. Ma le condizioni perché diventi prepotentemente necessaria diventeranno nel 2019 ogni giorno più acute. Nel M5S è iniziata l’effetto Dorian Gray, la lenta ma inarrestabile decomposizione dell’intero organismo, ancorché per il momento invisibile al soggetto stesso. Che ha perduto ogni sua ragione vitale, essendo diventato parte del privilegio che aveva giurato di combattere. Dopo aver vinto le elezioni (dove avevano il doppio dei consensi di Salvini!) hanno sbagliato tutto. I voti raccolti esprimevano speranze precise (in promesse altrettanto altisonanti): ogni giorno, con assoluta coerenza e senza guardare in faccia a nessuno, meno diseguaglianza, più giustizia (quella che l’establishment chiama giustizialismo), niente lottizzazione, lotta spietata a mafie, corruzione, evasione fiscale … Non basta, avevano promesso come ministri (e per ogni incarico pubblico) i migliori, una élite, facendo a iosa nomi come Davigo e Montanari. Bastava che fossero coerenti. Che non divorziassero i fatti dalle parole. Che enunciassero dieci punti irrinunciabili, ma non generici, puntuali quasi in articolato di legge, con chi li sottoscrive si governa, e magari tra i nomi d’élite indicando anche un premier, a dimostrazione che a loro non interessano le poltrone ma i cittadini, altrimenti fatevelo voi un governo, per noi si può tornare anche al voto. Avrebbero messo il Pd spalle al muro (e milioni di voti in prospettiva). E Salvini anche, impedendogli ogni velleità di egemonia rovesciata. E invece con Salvini si sono accucciati, coda tra le gambe e bava per i ministeri, innocui col loro doppio di parlamentari. Salvini ha potuto così esibire coerenza, cioè razzismo e fatti giustizia da solo e magari riapriamo anche i casini, il M5S non ha avuto nemmeno la decenza di imporre un paio di riforme a costo zero (niente prescrizione dopo il rinvio a giudizio, introduzione del reato di ostruzione alla giustizia, dichiarazione di ogni bene all’estero, sequestro e manette per i grandi evasori, misure antimafia anche per i reati di corruzione …). Risultato ovvio: Salvini missile nei sondaggi, M5S in caduta libera, e ogni giorno sarà peggio: per paura di elezioni più succubi che mai, con relativo avvitamento nei consensi. Tutto questo significa un futuro prossimo di molti altri milioni di voti in libertà, perché sono tempi di sfrenata volatilità del consenso. Due anni fa la Lega era al 4 per cento, sette anni fa il M5S al 3. Milioni di voti alla ricerca di un’espressione politica. Che non potrà in nessun modo essere una qualsiasi forma, accorpamento, metamorfosi, scomposizione, belletto&botulino, dei centro-“sinistra” deja-vu del trascorso trentennio, cascami ultimi alla Calenda compresi. Era già destra una “sinistra” partitocratica, lo scrivevamo esattamente trentadue anni fa, prima annata di MicroMega, e sempre più destra è diventata, fino a sbandierarsi come tale nelle intenzioni del Renzi in delirio macroniano. Sempre trentadue anni fa scrivevamo che la sinistra vera c’era, una sinistra sommersa, presente e viva nella società civile, priva di rappresentanza politica. Quella sinistra si è manifestata in questi tre decenni con forza sempre maggiore, anche se in forma carsica. Oggi più che sommersa è dispersa, frammentata, polverizzata in mille civilissime iniziative locali e settoriali, gelose e sospettose di ogni proiettarsi in politica. Pour cause. Ma positivamente esistente. Per diventare forza politica, unica possibile alternativa di governo, aspetta un catalizzatore. Dunque, è alla ricerca di una élite. Perché le forze politiche non nascono dal basso. Dal basso possono nascere le lotte, i movimenti, le esplosioni di collera. Ma una forza politica nasce sempre dall’alto. Da un gruppo dirigente, perfino da un singolo leader. E da circostanze inattese, che la leadership fanno emergere. Inutile perciò almanaccare sul come e il chi, leadership e forza politica non si creano in vitro. L’unico realismo consiste nell’estote parati (più probabile che saranno trentenni o ventenni anziché quarantenni), nell’essere pronti a cogliere e accogliere l’attimo, nel prepararne il terreno. Con la chiarezza delle idee, la critica delle ambiguità che ne soffocherebbero nascita e sviluppo, l’azione intanto possibile nel proprio raggio di influenza. Perché c’è élite ed élite, caro Ernesto (Galli della Loggia), società civile e società civile, magistrati e magistrati, intellettuali e intellettuali (imprenditori e imprenditori, piacerebbe poter dire, e sui margini del grosso è perfino così), le categorie general-generiche non spiegano un bel nulla e intorbidano l’intelligenza delle cose, ad maiorem Dei gloriam, dove il Deus è l’establishment, l’intreccio politico-finanziario-monopolmediatico che ci sgoverna da un quarto di secolo e di cui Salvini, da quando seguiva Bossi in calzoni corti, è stato sul piano politico pedone e alfiere e infine regina (abbiamo dimenticato l’alleanza organica della Lega con Berlusconi e i fascistissimi?). Chiarezza nelle idee vorrà dire perciò lavorare a liberare la carsica sinistra dispersa dalle tentazioni e miasmi reazionari che costantemente e illogicamente la lusingano, il multiculturalismo e il rifiuto della scienza, per dirne due ricorrenti, che negano emancipazione ed eguaglianza in nome di identità di fede sangue e suolo, gerarchiche nel midollo e nel midollo sprezzanti per le donne, e propiziano oscurantismi nuovi e revival dei più vetusti e retrivi. Chiarezza nell’azione vorrà dire lucidità intransigente nel non mescolarsi più, per quanto nobili le cause o “realistici” appaiano a prima vista i motivi, con l’intero (intero!) mondo e demi-monde delle finte sinistre di establishment e partitocrazia (anche mini) che in un supponente harakiri venticinquennale hanno impinguito Berlusconi e Renzi preparando infine l’apokolokyntesis altrimenti resistibilissima di Salvini. L’alternativa sarà rigorosamente egualitaria e libertaria, inflessibilmente laica e illuminista, o non sarà, non sarà di massa almeno, non sarà vincente. Buon Anno, perciò, a tutte le donne e gli uomini di questa buona volontà.
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