Adiosu frade mannu [di Maria Antonietta Mongiu]

Placido

Che destino che Sardegna Soprattutto esca nelle ore in cui il corpo di Placido sta tornando a casa. Ad Oschiri vicino a Balascia, suo luogo di elezione. Per Placido Cherchi niente accadeva per caso e ciò che appare persino insopportabile, nella precarietà dell’esistere, è un’opportunità. Questa tautologia avrebbe richiesto una compensazione dissacrante e l’ennesima sigaretta aspirata come fosse l’ultima! Non potrà più accadere perché una delle migliori creature di Sardegna non c’è più. Se ne è andato nei giorni in cui l’isola è stata attraversata dallo tsunami Bergoglio che con terribili quanto dolci parole ha richiamato ciascuno all’adultità ed alla responsabilità.

Non ha potuto ascoltare palabras e preguntas (quanto piaceva a Placido mischiare spagnolo e sardo) di un uomo pure lui innamorato di Borges e della complessità che si fa semplicità per arrivare fulminante alla coscienza. Non le ha sentite come non ha visto la gente sarda recitare, all’unisono, il Padre nostro perché ci sia il pane quotidiano che una classe dirigente imbelle ed un’insopportabile infeudazione impediscono che arrivi con dignità in ogni tavola. In quei momenti di gioia e di speranza l’inarrivabile capacità di parola e di pensiero di Placido veniva rapita in quel originario limbo della precoscienza, un soffio prima della fine.

Non avrebbe potuto sopportare di non possedere quella coscienza della terra e degli uomini, grazie alla quale chiunque Placido incontrasse era mondo. Non ci sono mai stati per lui ed intorno a lui il deserto o l’afasia. Niente “isola deserta” ma sempre e comunque persone che meritavano tutto il suo interesse perché autentici e necessari nel senso umano più che antropologico. Chiunque con lui subiva una metamorfosi e diventava capace comunque di immaginari e di senso. Glie lo costruiva intorno e se ne prendeva cura perché l’heideggeriano dasein per Placido non era una vuota espressione. Per Placido non era uno scioglilingua da usare in classe con studenti svogliati di cui risvegliava, grazie al lento parlare dai mille rivoli, il flusso di coscienza ed i talenti nascosti. Era la pratica della relazione perché l’essere in quanto tale è l’unico che stando al mondo, in cui non ha chiesto di stare, si può mettere in questione e, per quanto l’esistenza sia problematica per sua stessa natura, riesce a trascendere il limite ed ad “oltrepassarlo”. Ciascuno ha possibilità ed è capace di progetto. Ecco perché Placido era curioso di tutti ed il suo sguardo, fulminante e compassionevole, affettuoso ed ironico, tutto e tutti ricomprendeva.

Placido ha avuto passioni ed amori memorabili da Heiddeger, a Paul Klee su cui si era laureato con Corrado Maltese. Ha tradito spesso la sua sconfinata competenza storico-figurativa per dedicarsi ad uno dei suoi maestri Ernesto De Martino, il più eretico, di cui è stato esegeta in anni in cui i mandarini lo demonizzavano. La sinistra lo aveva confinato a Cagliari quando le nostre facoltà umanistiche ospitavano giganti. Anni che non facevano intravvedere il miserevole declino per cui Placido chiamava in causa classi dirigenti cialtrone. Aveva anche rifiuti memorabili. Un eretico fino all’estremo limite non poteva che essere il sacerdote di una pedagogia della disubbidienza alla mediocrità, alla perdita di senso, alla reificazione, al bluff degli orecchianti, a quelli che chiamava chicago boys ancorché la rapina e l’abuso si consumino in Sardegna senza mitra ma con l’incapacità e la chiacchiera inconcludenti.

Placido Cherchi è stato prima di tutto un uomo buono fino all’ingenuità. Un uomo libero che non si scandalizza per le cadute i le contraddizioni perché perdersi è sempre un nuovo inizio. Caro Placido questo è quel momento per la Sardegna. Ecco perché ricominciare a farsi mondo e a stare nel mondo ha senso. Ecco perché quelli che scriveremo qui ti dedichiamo questo nuovo inizio. Niente è stato e niente sarà mai un vuoto a perdere se l’obiettivo è essere liberi e battersi per i diritti fondamentali. La Sardegna, la reale e l’immaginaria che collettivamente cerchiamo di costruire e che non vuole perdere la sua profondità ed il suo senso, troverà nei tuoi scritti e nel tuo pensiero una bussola e la conferma di quello che deve essere: il progetto di atteggiamenti e azioni possibili

Un abbraccio forte a Mariolina, compagna forte ed intelligente, ad Iacopo e Cosimo.! Grazie per le ore che ho avuto il privilegio di trascorrere con te dall’adolescenza.

One Comment

  1. LUCIDA

    Che incredibile e prematura perdita.
    Vuoto incolmabile.

Lascia un commento