Ue: elezioni europee, le chiese cristiane ci credono di più [di Emanuela Banfo]
Affari Internazionali 8 aprile 2019. All’Europa sempre meno cristiana, sono le Chiese cristiane a crederci di più. Sembra un paradosso, ma la campagna elettorale per le europee di maggio è nel vivo non soltanto in campo politico, ma nelle chiese, cattoliche e protestanti, che affermano posizioni precise a favore di un netto sì all’Europa. Se gli Stati nazionali europei sono sorti innestandosi a uno scisma, quello della Riforma protestante, il XXI secolo s’affaccia su un continente che vede quella stessa cristianità trovare comunanza d’intenti. In casa cattolica è scesa in campo la Commissione delle Conferenze episcopali della comunità europea (Comece), in casa protestante la Conferenza delle chiese europee (Kek) che unitamente alla Commissione delle chiese per i migranti in Europa (Ccme) ha lanciato una vera e propria campagna di sensibilizzazione, e la Comunione delle chiese protestanti in Europa (Cpce) che ha diffuso il suo appello alla partecipazione al voto. A partire dallo slogan ‘L’Europa è il nostro futuro’, Kek e Ccme si rivolgono alle comunità perché si attivino a favore della partecipazione al voto, considerato il serio pericolo dell’assenteismo, e facciano quadrato a difesa dell’Ue: “Il pericolo del populismo e dell’estremismo politico – dichiarano – ha toccato livelli mai raggiunti nella storia moderna della Ue”. Le riunioni si susseguono in queste settimana a ritmi serrati. ”Oggi – si legge nel documento diffuso al termine di un incontro della Conferenza delle Chiese europee con Giuli Francis Dehqani, vicepresidente della Chiesa d’ Inghilterra, Christian Krieger, presidente della Chiesa protestante dell’Alsazia e della Lorena, il metropolita Cleopas, vicepresidente del Patriarcato ecumenico – riaffermiamo i vincoli di comunione ecclesiale ed ecumenica che uniscono le Chiese di tutta Europa”. Di uguale tenore l’impegno tra i cattolici. Con l’avvicinarsi del voto, Azione Cattolica ha promosso il sito iovoto.eu con “materiali, articoli, idee, interviste, spunti, schede che aiutino in particolare a comprendere – spiega il sito – storia, istituzioni, obiettivi e competenze dell’Ue”. L’Osservatorio Romano ha aperto una rubrica ad hoc: Speciale Europa; e la Civiltà Cattolica non manca costantemente di intervenire sul tema. Dopo che a gennaio padre Antonio Spadaro ha indicato in sette parole le sfide da affrontare per “tornare ad essere popolari” (paura, ordine, nel senso di “nuovo ordine mediterraneo”, migrazioni, che non siano “grimaldello” per far saltare l’ Europa, popolo e non populismo, democrazia, partecipazione, lavoro), di questi giorni è il suo affondo: “I cristiani non possono ritirarsi di fronte al compimento delle loro responsabilità storiche nei confronti del futuro del nostro Continente, e questo richiede scelte politiche precise e coerenti”. Le chiese cristiane oggi sembrano avere le idee chiare sulle priorità dell’agenda politica: pace, diritti umani, inclusione sociale, migrazioni, cambiamenti climatici, trasparenza finanziaria, lavoro. Forse per la prima volta nella storia, le chiese cristiane, in modo esplicito, diretto, sono concordi su una visione d’Europa dove l’identità coniuga pluralità e coesione e interpella gli abitanti europei, non ancora cittadini, a diventarlo. “La grande sfida – sottolinea padre Spataro – consiste nel riconoscere che siamo nel pieno di un lungo processo di costruzione dell’Europa. La costruzione della ‘casa comune europea’ ha bisogno di essere il risultato di cittadini forti della loro identità culturale, responsabili della loro comunità, e allo stesso tempo consapevoli che la solidarietà con il resto dell’Europa è essenziale”. Risuonano le parole di Papa Francesco, pronunciate nel 2016 in occasione del premio Carlo Magno: “Che cosa ti è successo, Europa umanistica, paladina dei diritti dell’uomo, della democrazia e della libertà?”. E’ a quell’Europa che la cristianità sta guardando. Le Chiese cristiane, in questo momento, sembrano non essere indietro, ma avanti rispetto ai mutamenti della storia, capaci di sconfinare, di andare oltre se stesse inserendosi nel dibattito politico. Le Chiese cristiane sanno benissimo che il loro futuro non è roseo. Secondo l’ultimo rapporto del Pew Reaserch Center di Washington, nel 2050 un cristiano su 4 vivrà nell’Africa sub-sahariana. I Paesi con maggior numero di cristiani saranno Usa, Brasile, Nigeria, Filippine, Congo, Messico, Tanzania, Russia, Etiopia, Uganda. Le ultime rilevazioni affermano che, anche se cessassero i flussi migratori, per i prossimi trent’anni in Europa l’Islamismo crescerà, pur senza raggiungere la maggioranza, con o senza nuovi arrivi. Ma se, poi, ci addentriamo nei numeri si trovano ampie sacche di agnosticismo, indifferenza. Recentemente The Guardian ha pubblicato un ampio servizio sulla crescita tra i giovani dei ‘Nones’, senza alcuna affiliazione religiosa: 91% nella Repubblica ceca, tra il 70 e l’ 80% in Svezia, Olanda, Estonia. Si differenzia la Polonia con il 17% di giovani senza religione. Il Cesnur nel 2018 ha calcolato che tra le minoranze religiose italiane il 23% è protestante, 20,1% sono testimoni di Geova, 19,8% musulmani, 15% ortodossi, 9,1% buddhisti, 2,2% induisti, 1,8% ebrei, 1,3% mormoni. Nella fascia protestante il 72,4% è pentecostale, il 15% del protestantesimo storico (valdesi, metodisti, luterani riformati, calvinisti, battisti). Le Chiese cristiane oggi ‘europeiste’ sono nella stragrande maggioranza cattoliche e del protestantesimo riformato. Loro sono le prime ad esserne consapevoli. Coscienti di rivolgersi a un’ opinione pubblica che si sta posizionando non sull’appartenenza confessionale o religiosa, ma nazionale, etnica, culturale, con manipolazioni che si sedimentano nelle coscienze. Si tradurrà tutto questo nella costituzione di un nuovo soggetto politico? A Torino si è costituita la Rete Bianca per promuovere l’impegno dei cattolici in politica, ma nessuno parla ancora di formare un nuovo partito. Intanto si scatenano i sondaggi. Secondo il dossier Eurispes 2019, sembra crescere la fiducia nelle istituzioni (20,8% contro il 13% del 2018 e il 7,7% del 2017) e la convinzione di restare in Europa (sei su 10) usando la sua moneta unica (53,1%). Tuttavia (fonte Pew Research Center) coloro che si professano cristiani sono più propensi dei non cristiani a esprimere pareri negativi su immigrazione, musulmani ed ebrei. Anzi, in Italia il 63% dei cristiani praticanti afferma che l’Islam è una religione incompatibile con la cultura italiana, contro il 51% dei non praticanti e il 29% degli agnostici.
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