Crogiòlo tra Occidente e Oriente [di Maria Antonietta Mongiu]

nuragica

L’Unione Sarda 23 aprile 2019. La città in pillole. Ci sono parole il cui senso travalica quello letterale. Crogiòlo/Crogiuòlo è tra queste. Come recita il Dizionario Treccani, deriva dal francese croiseul – sorta di lampada – e identifica manufatti per fondere metalli ma pure la parte inferiore dei forni di fusione.

Il significato figurato ha di gran lunga prevalso e connota luoghi materiali e immateriali in cui si mischiano differenze linguistiche, culturali, etniche. Insuperato l’uso di Giosuè Carducci per visualizzare la genesi dei mille dialetti italiani: reliquie dei vecchi linguaggi italici passati per il crogiuolo latino.

Insostituibile per denominare un luogo abitato da mescolamenti che non occulta le differenze ma, al contrario, le trasforma in intelligenza collettiva e in sostanza identitaria in cui immedesimarsi da ovunque si arrivi. Ogni volta che accade s’invera l’urbano. Il contrario si chiama barbarie.

Non a caso New York è identificata come luogo per eccellenza del melting pot, traducibile proprio col meno sciccoso crogiòlo. Espressione corrente oggi, è il titolo di un’opera di Israel Zangwil, ebreo di origine russa, cucita su misura per quell’America, speranza di rinascite e di integrazioni, celebrata, qualche anno prima, alla fine dell’Ottocento, da Antonín Dvořák nella sinfonia Dal Nuovo Mondo.

Nel mondo antico l’invenzione della città come sospensione della campagna ebbe i suoi pilastri nell’incontro tra differenti etnici e ciò che si fondava doveva essere altro ma ricomprendere radici e altrove che costituivano il sostrato e la pedagogia comunitari. La nuova identità sarebbe stata la Città futura come ben intesero Antonio Gramsci e prima San Paolo.

Per dire di Cagliari, la dimensione di ininterrotto crogiòlo è nella sua collocazione: porta quando non fulcro tra oriente e occidente del Mediterraneo; nelle sue geografie in cui geomorfologia, acque interne connesse con il mare, vegetazione, di cui resistono tracce negli intermezzi non edificati.  Hanno consentito dal neolitico antico un’intensa antropizzazione e la costruzione di un irripetibile paesaggio urbano.

Perché la funzione di crogiòlo della città non venga spezzata – siamo in quel frangente – è necessario che si smetta di percepire nativi e nuovi Ulisse come invisibili e si garantisca il diritto all’accessibilità specie a quella al futuro che consiste nell’educazione. Ecco perché per la città futura servono competenze.

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