Quale futuro per Tuvixeddu [di Maria Antonietta Mongiu]

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L’Unione Sarda 16 maggio 2019. Il Commento. Ogni tanto nella cronaca fa capolino Tuvixeddu non perché in cima alla graduatoria dei siti più visitati in Italia o in Sardegna coerentemente con quelli che formano l’eclatante storia del “luogo dei bianchi colli”. Storytelling e propaganda mainstream, negli ultimi trent’anni, hanno sempre associato il colle alla parola “polemica” piuttosto che alla massima espressione di storicità della città.

Come dimenticare che la più grande necropoli punica che si conosca fu persino occultata quando Cagliari ebbe velleità di capitale europea della cultura, nonostante sia un irriducibile filo rosso della storia mediterranea. Per capirne il senso non bisogna scomodare Fernand Braudel, grande storico del Mediterraneo, basta la definizione “montagna sacra dei sardi” di Giovanni Lilliu sintesi delle plurimillenarie stratificazioni della storia sarda che abitano anche Cagliari e Tuvixeddu.

Per stare all’oggi, è noto persino alle aule dei tribunali che i suoi eventi, negli ultimi secoli, s’intrecciano con le alterne fortune della classe dirigente cittadina e con l’incapacità di molti decisori, di ogni fede politica, a riconoscere il valore storico e ambientale della città.

Tanto disconoscimento s’invera, in forme esemplari, nel decurtamento e nello stravolgimento della città d’acqua, Molentargius e Santa Gilla, ma pure della città di pietra che ha visto, in un secolo e mezzo, l’abbattimento delle mura, gli sventramenti nel centro storico e la sua recente gentrificazione, l’aggressione ai monumenti-manifesto: San Saturnino con le vetrate, l’Anfiteatro romano sottratto alla fruizione da vent’anni, il Chiostro di San Francesco con le inaudite soprelevazioni.

Tuvixeddu è luogo di lunga durata, vive nella contemporaneità pur essendo antropizzato dall’antichità. Non è un’area morta malgrado sia stata la tomba, per oltre un millennio, di migliaia di persone. Non è solo archeologia perché il suo paesaggio oltrepassa le tante archeologie che vi si riconoscono giacché la dominante paesaggistica è un insieme di interdipendenti valori antropici, storici, monumentali, ambientali.

Frequentazioni neo-eneolitiche, nuragiche, cartaginesi, romane, bizantine, giudicali, genovesi, pisane, catalane, spagnole, piemontesi hanno costruito una geografia unitaria, connessa con gli altri colli ormai quasi integralmente edificati.

Questa irripetibile dimensione fu recepita nella sua unitarietà dal Piano Paesaggistico Regionale nel 2006 in attuazione del Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.L. 22/01/2004 n. 42), noto come Codice Urbani. Persino le estrazioni del calcare, a cielo aperto e in galleria, per dare calce a Cagliari e alla Sardegna, attive dal 1890 agli anni Settanta del Novecento, arricchirono il consolidato palinsesto storico perché il suo potente genius loci è riuscito ad assorbire persino quegli scempi restituendo, dentro la città, un sofisticato vocabolario, dal neolitico alle archeologie industriali, unico in Europa.

Sorprendente epos storico, purtroppo assai taciturno per i più in quanto sprovvisto di qualsivoglia sistema di narrazione e di comunicazione come accade in ogni insignificante area storica europea che riesce a diventare, grazie agli strumenti didattici, fulcro di storia e di economia.

Eppure una Sentenza del Consiglio di Stato (Sez. VI n. 1366/2011) da otto anni lo avrebbe consentito poiché riconosce che Tuvixeddu è “una zona di tutela integrale, dove non è consentito alcun intervento di modificazione dello stato dei luoghi, e una fascia di tutela condizionata”. Ma per realizzarsi è necessario, come la Sentenza prescrive, che le amministrazioni comunale, regionale, statale, agiscano una condivisa copianificazione. Di là a venire.

Per andare al cuore delle cose, parafrasando Emilio Lussu che, dopo le chiacchiere, apostrofava gli interlocutori con “e la Sardegna?”, è tempo di interpellare gli amministratori di domani con “e Tuvixeddu?”.

Potrà mai Cagliari diventare la gramsciana “città futura” senza il suo passato, senza adeguare il Puc al PPR, e senza Tuvixeddu? Non è più un problema di “campi” ideologici ma di visione e di capacità di governo della complessità, che fin qui evidentemente sono mancate.

 

5 Comments

  1. Fausto Martino

    Riflessione, come sempre, più che condivisibile. E’ però necessario precisare che la “copianificazione” tra amministrazione comunale, regionale e statale, prescritta dalla nota sentenza del Consiglio di Stato, non è di là da venire. C’è stata e si è conclusa nel 2017 con un motivato documento tecnico controfirmato da tutti.
    Dallo scorso anno è nelle mani del Comune di Cagliari che, da tempo, avrebbe dovuto recepirne i contenuti nel proprio Piano Urbanistico, come del resto più volte inutilmente sollecitato dalla Soprintendenza e, quindi, dall’allora assessore Erriu.
    Resta da chiedersi perché, dopo un lavoro intenso, che ha portato ad un risultato condiviso e, direi, soddisfacente, gli atti della copianificazione siano stati ermeticamente chiusi in un cassetto comunale. Sarà la nuova Amministrazione cittadina ad aprire quel cassetto?

  2. Maria Antonietta Mongiu

    Ringrazio l’ex Soprintendente Fausto Martino per l’utile precisazione in merito all’avvenuta “copianificazione” tra amministrazione comunale, regionale e statale i cui risultati dal 2017 giacciono nei cassetti del Comune di Cagliari, “che avrebbe dovuto recepirne i contenuti nel proprio Piano Urbanistico, come del resto più volte inutilmente sollecitato dalla Soprintendenza e, quindi, dall’allora assessore Erriu”. L’attuazione quindi è di là a venire.

  3. Fausto Martino

    Sostanzialmente è così. Ma, Regione, Soprintendenza e Uffici Tecnici Comunali hanno fatto la loro parte per ottemperare alla sentenza del Consiglio di Stato, declinando, non senza difficoltà, le indicazioni del PPR in un’articolato e motivato piano di dettaglio. Perché non si ritengano tutti ugualmente omissivi, è utile sapere “dove” si è fermata la procedura di adeguamento del PUC, lasciando ad altri il compito di capirne il “perché”.

  4. Giampaolo Marchi

    L’Assessore era la Ghirra o mi sbaglio?

  5. paolo Numerico

    Tuvixeddu per me è un problema; ricorda un momento “no” della mia professione, con una responsabilità, sia pure soltanto oggettiva, sul mio capo che non posso eliminare purtroppo. Eppure sono felice che il Consiglio di Stato abbia dato un avvio di soluzione al tema. Il Comune non ha dato ancora esito alla copianificazione, come ha scritto Martino. Ma qualunque sia il colore della prossima amministrazione, io sono convinto che la “grande collina” vincerà su tutti gli appetiti.

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