Fate turismo con un’idea di sviluppo [di Antonietta Mazzette]

Coste

La Nuova Sardegna 24 settembre 2019. La stagione turistica del 2019 si avvia alla conclusione e ora gli addetti ai lavori, come ogni anno, si approntano a fare un bilancio che sarà negativo o positivo, a seconda del punto di vista adottato.

Il primo bilancio (entusiasticamente positivo) lo ha fatto l’Assessorato regionale al turismo, dopo aver raccolto i dati delle prenotazioni on line nei tre mesi estivi che riguardano soprattutto il comparto extra-alberghiero.

Ma cosa c’è dietro quei numeri? Quali territori effettivamente vengono avvantaggiati? Come il turismo si inserisce in un complessivo modello di sviluppo economico? Come si concilia con le politiche di regolamentazione che molti comuni costieri stanno adottando per ridurre l’affollamento e la pressione sui loro territori? O con la richiesta di costruire nuovi alberghi, magari rivolti a un target sociale medio-alto? Come si può ben capire si tratta di domande che abbisognano di una visione d’insieme e di politiche non “impressionistiche”.

Il turismo è un’industria pesante che è andata specializzandosi dagli anni ‘80 del secolo scorso in poi. Si pensi alle varie denominazioni del turismo, oltre a quelle tradizionali: lento, itinerante, enogastronomico, culturale, urbano, crocieristico, e così via.

La specializzazione è anche territoriale ed è dovuta sia alle esigenze del mercato, sia alla differenziata domanda sociale. Ossia, il turismo si è adeguato ai mutamenti sociali globali che, in anni recenti, ha avuto nuova linfa grazie alle tecnologie digitali e alle politiche dei trasporti low cost che hanno influito tanto su una diffusione della conoscenza di “nuovi mondi turistici”, quanto sull’apertura del mercato turistico a nuovi soggetti, diversi per età, provenienza, condizione sociale e capacità economica.

In vista del varo della legge urbanistica, alcuni neoamministratori regionali e sindaci (per la verità in continuità con chi li ha preceduti) hanno ribadito che il loro obiettivo è quello di attrarre una tipologia di turisti medio alta e che perciò sarebbe necessario costruire alberghi ex novo (si pensi ad Olbia) o ampliare e ammodernare quelli esistenti, magari con campi da golf nei dintorni. Ribadisco le mie perplessità sul consumare altro suolo, tanto più se è pregiato, mentre le norme vigenti già ora consentono di ammodernare quelli esistenti.

E se qualche campo da golf “s’ha da fare”, lo si preveda in aree da bonificare (ci sono buoni esempi nel sud della Spagna). Ma in tutti i casi il turismo “visto” da questi amministratori è parziale e rivolto esclusivamente a una piccolissima porzione di popolazione, nonostante il turismo sia ormai da considerarsi una componente integrante e irrinunciabile della vita sociale di un numero crescente di persone. Infatti, è certamente uno dei settori economici che, dal secondo dopo guerra in poi, non ha conosciuto pause o crisi, neppure a fronte di situazioni altamente conflittuali o di recessioni economiche: si vedano i più recenti rapporti del World Tourism Organization.

Rientra in questo quadro la crescita di domanda di B&B, case e stanze affittate per brevi periodi e che l’assessore regionale al turismo ha salutato con entusiasmo. Questa crescita, però, comporta benefici o costi sociali, a seconda del territorio interessato. I paesi in via di spopolamento potrebbero giovarsi del cambiamento di destinazione d’uso delle abitazioni vuote ma, senza collegamenti agevoli, appare difficile che possano beneficiare di questa crescita.

Viceversa, i centri urbani costieri si stanno svuotando di vita sociale quotidiana perché è evidente che diventa più conveniente affittare le case ai turisti, piuttosto che ai residenti: se andiamo in pieno inverno in uno di questi centri, gli unici rumori sono quelli dei nostri passi. La Sardegna, seppure con fatica e tardivamente, sta dentro questi mutamenti globali e tendenze, ma può ancora governarli, cercando di trovare un equilibrio tra la comunità stabile e quella turistica. E i nostri amministratori di questo dovrebbero preoccuparsi.

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