Discorso ai partecipanti al Convegno “Education: The global compact” della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali [di Papa Francesco]
Cari amici, Sono lieto di salutarvi in occasione del Seminario promosso dalla Pontificia Accademia delle Scienze Sociali su “Educazione: il Patto Globale”. Mi rallegro che riflettiate su questo tema, perché oggi è necessario unire gli sforzi per raggiungere un’alleanza educativa ampia al fine di formare persone mature, capaci di ricostruire, ricostruire il tessuto relazionale e creare un’umanità più fraterna (cfr. Discorso al Corpo Diplomatico, 9 gennaio 2020). L’educazione integrale e di qualità e i livelli d’istruzione continuano a essere una sfida mondiale. Nonostante gli obiettivi e le mete formulati dall’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) e da altri organismi (cfr. Obiettivo 4), e gli importanti sforzi compiuti da alcuni paesi, l’educazione continua a essere disuguale tra la popolazione mondiale. La povertà, la discriminazione, il cambiamento climatico, la globalizzazione dell’indifferenza, la cosificazione dell’essere umano fanno appassire la fioritura di milioni di creature. Di fatto, rappresentano per molti un muro quasi insormontabile che impedisce di raggiungere gli obiettivi e le mete di sviluppo sostenibile e garantito che i popoli si sono proposti. L’educazione elementare oggi è un ideale normativo in tutto il mondo. I dati empirici che voi, signori accademici, condividete, indicano che sono stati compiuti progressi nella partecipazione dei bambini e delle bambine all’educazione. L’immatricolazione dei giovani all’istruzione primaria è oggi quasi universale e si osserva che il divario di genere si è ridotto. Questo è un risultato encomiabile. Ogni generazione dovrebbe tuttavia riconsiderare come trasmettere le sue conoscenze e i suoi valori a quella seguente, perché è attraverso l’educazione che l’essere umano raggiunge il suo massimo potenziale e diviene un essere consapevole, libero e responsabile. Pensare all’educazione è pensare alle generazioni future e al futuro dell’umanità; è pertanto qualcosa di profondamente radicato nella speranza e richiede generosità e coraggio. Educare non è solo trasmettere concetti, questa sarebbe un’eredità dell’illuminismo che bisogna superare, ossia non trasmettere solo concetti, ma è un compito che esige che tutti coloro che ne sono responsabili — famiglia, scuola e istituzioni sociali, culturali, religiose… — vi partecipino in modo solidale. In tal senso, in alcuni paesi si dice che si è rotto il patto educativo perché manca questa partecipazione sociale all’educazione. Per educare bisogna cercare d’integrare il linguaggio della testa con il linguaggio del cuore e il linguaggio delle mani. Che un alunno pensi ciò che sente e ciò che fa, senta ciò che pensa e ciò che fa, faccia ciò che sente e ciò che pensa. Integrazione totale. Promuovendo l’apprendimento della testa, del cuore e delle mani, l’educazione intellettuale e socio-emozionale, la trasmissione dei valori e delle virtù individuali e sociali, l’insegnamento di una cittadinanza impegnata e solidale con la giustizia, e impartendo le abilità e le conoscenze che formano i giovani per il mondo del lavoro e la società, le famiglie, le scuole e le istituzioni diventano veicoli essenziali per l’empowerment della prossima generazione. Allora sì, non si parla più di un patto educativo rotto. Il patto è questo. Oggi è in crisi, si è rotto il cosiddetto “patto educativo”; il patto educativo che si crea tra la famiglia, la scuola, la patria e il mondo, la cultura e le culture. Si è rotto e rotto davvero; non si può rincollare o ricomporre. Non si può rammendare, se non attraverso un rinnovato sforzo di generosità e di accordo universale. Patto educativo rotto significa che sia la società, sia la famiglia, sia le diverse istituzioni che sono chiamate ad educare delegano il decisivo compito educativo ad altri, e così le diverse istituzioni di base e gli stessi stati che hanno rinunciato al patto educativo sfuggono a tale responsabilità. Oggi, siamo chiamati, in qualche modo, a rinnovare e a reintegrare l’impegno di tutti — persone e istituzioni — nell’educazione, per rifare un nuovo patto educativo, perché solo così l’educazione potrà cambiare. Per questo bisogna integrare le conoscenze, la cultura, lo sport, la scienza, il divertimento e lo svago; per questo bisogna costruire ponti di connessione, superare, permettetemi la parola, superare le “piccolezze” che ci rinchiudono nel nostro piccolo mondo, e andare nel mare aperto globale, rispettando tutte le tradizioni. Le nuove generazioni devono comprendere con chiarezza la propria tradizione e cultura — questo non si negozia, è innegoziabile —, in relazione alle altre, in modo da sviluppare la propria auto-comprensione, affrontando e accettando la diversità e i cambiamenti culturali. Si potrà così promuovere una cultura del dialogo, una cultura dell’incontro e della reciproca comprensione, in modo pacifico, rispettoso e tollerante. Un’educazione che renda capaci d’individuare e promuovere i veri valori umani in una prospettiva interculturale e interreligiosa. La famiglia ha bisogno di essere valorizzata nel nuovo patto educativo, poiché la sua responsabilità comincia già nel ventre materno, al momento della nascita. Ma le madri, i padri — i nonni — e la famiglia nel suo insieme, nel suo ruolo educativo primario, hanno bisogno di aiuto per comprendere, nel nuovo contesto globale, l’importanza di questo stadio iniziale della vita, ed essere preparati ad agire di conseguenza. Uno dei modi fondamentali per migliorare la qualità dell’educazione a livello scolastico è ottenere una maggiore partecipazione delle famiglie e delle comunità locali ai progetti educativi. E queste sono parte di tale educazione integrale, puntuale e universale. Desidero, in questo momento, rendere omaggio anche ai docenti — sempre sottopagati — perché dinanzi alla sfida dell’educazione vanno avanti con coraggio e impegno. Sono loro gli “artigiani” delle future generazioni. Con il loro sapere, pazienza e dedizione trasmettono un modo di essere che si trasforma in ricchezza, non materiale, ma immateriale, creano l’uomo e la donna di domani. È una grande responsabilità. Perciò, nel nuovo patto educativo, la funzione dei docenti, come agenti dell’educazione, deve essere riconosciuta e sostenuta con tutti i mezzi possibili. Se il nostro obiettivo è offrire a ogni individuo e a ogni comunità il livello di conoscenza necessario per avere una propria autonomia ed essere capace di cooperare con gli altri, è importante puntare sulla formazione degli educatori con i più alti standard qualitativi, a tutti i livelli accademici. Per sostenere e promuovere questo processo, è necessario che abbiano a disposizione le risorse nazionali, internazionali e private adeguate, di modo che, in tutto il mondo, possano svolgere il loro compito in modo efficace. In questo Seminario su “Educazione: il Patto Globale”, voi, accademici di varie università tra le più rispettate al mondo, avete individuato nuove leve per far sì che l’educazione sia più umana ed equa, più soddisfacente, e più importante per i bisogni diversi delle economie e delle società del XXI secolo. Tra le altre cose, avete esaminato la nuova scienza della mente, il cervello e l’educazione, la promessa della tecnologia di giungere a bambini che attualmente non hanno opportunità di apprendimento, e il tema importantissimo dell’educazione dei giovani rifugiati e immigranti in tutto il mondo. Avete affrontato gli effetti della crescente disuguaglianza e del cambiamento climatico sull’educazione, come pure gli strumenti per invertire gli effetti di entrambi e rafforzare le basi per una società più umana, più sana, più equa e felice. Ho parlato di tre linguaggi: della mente, del cuore, delle mani. E parlando delle radici, dei valori, possiamo parlare di verità, di bontà, di creatività. Ma non voglio concludere questo discorso senza parlare della bellezza. Non si può educare senza indurre alla bellezza, senza indurre il cuore alla bellezza. Forzando un po’ il discorso, oserei dire che un’educazione non è efficace se non sa creare poeti. Il cammino della bellezza è una sfida che si deve affrontare. Vi incoraggio in questo compito così importante e appassionante che avete: collaborare all’educazione delle future generazioni. Non è una cosa del domani, ma dell’oggi. Andate avanti, che Dio vi benedica. Prego per voi e voi fatelo per me. Grazie.
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