Come leggere Cagliari: lo scavo [di Maria Antonietta Mongiu]
L’Unione Sarda 13 febbraio 2020. La città in pillole. “Non si conoscono né si giudicano i paesi correndo. Si giudicano anche men bene quando una triste preoccupazione signoreggia tutti i nostri pensieri”. La frase funge da esergo della Guida della città e dintorni di Cagliari di Giovanni Spano, edita nel 1861, ed è tratta da Ricordi di una missione in Portogallo al re Carlo Alberto, pubblicati nel 1850 da Luigi Cibrario, personaggio di rilievo nel Regno di Sardegna e d’Italia. Oltre ad acclarare i riferimenti culturali dell’archeologo, le parole soccorrono a scavare il suo approccio alla lettura della città di longue durée quale è Cagliari. Diffusamente la storiografia sarda del tempo, nella descrizione di luoghi e vicende, ignora modi e mezzi di produzione, al limite dello schiavismo e con solchi invalicabili tra classi, accentuatisi con Legge delle Chiudende e Fusione perfetta, e preferisce, ascrivendosi all’élite piemontese, tessere narrazioni delle classi subalterne tra bozzettismo e folcloristico. Si inventa il “popolo sardo”, categoria metaclassista non nel senso gramsciano di società civile ma nel senso di territori del giustificazionismo in cui situare contraddizioni, incapacità, inadeguatezze. Antonio Gramsci ne legge ordito e trama già nella Congiura di Palabanda del 1812. La rimozione in Sardegna del sommerso conflitto di classe a favore di un surrettizio interclassismo abita le sue parole quando scrive: “Se la classe dominante ha perduto il consenso, cioè non è più “dirigente”, ma unicamente “dominante”, detentrice della pura forza coercitiva, ciò appunto significa che le grandi masse si sono staccate dalle ideologie tradizionali, non credono più a ciò in cui credevano”. L’élite sarda piuttosto che ammettere la sconfitta trasformò le stratificazioni dal nuragico al medioevo da ignota memoria in rutilanti memorabilia. Nell’Ottocento la compulsiva invenzione di falsi avrebbe surrogato l’auto disconoscimento come pratica di vita e il disconoscimento di testimonianze, immateriali e materiali, come governo del territorio. Traiettoria che perdura irriducibile nel tempo presente nell’urbano e nel rurale. Ma Spano che dell’élite era la parte migliore oltrepassa l’ambiguità di quella traiettoria rivelando nella descrizione di Cagliari e delle sue stratificazioni la tempra di attivista del riconoscimento di luoghi sia in centro che in periferie, vera dimensione dell’urbano.
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