I racconti del COVID-19 (II) [di Franco Masala]

ozieri

La Sardegna non manca all’appello delle pestilenze poiché se è rimasta immune da altre catastrofi, ha conosciuto invece diverse epidemie. Basti un cenno alla grande manifestazione religiosa annualmente dedicata a S. Efisio, nata proprio dalla sconfitta della peste di metà Seicento, diffusa dappertutto.

Lo spopolamento dell’isola portò anche alla scomparsa di artisti e artigiani, favorendo contemporaneamente l’arrivo di maestranze, soprattutto liguri, che supplirono alle assenze locali. Nonostante ciò, rimangono diversi esempi di devozione popolare e di ringraziamento ex-voto.

Non è soltanto S. Efisio a proteggere dal flagello delle epidemie, infatti, ma vi concorrono anche S. Sebastiano e S. Rocco, perché salvati da una morte con piaghe o ferite assimilabili alla peste.

Il primo, militare romano sotto Diocleziano, fu colpito da frecce cui sopravvisse per morire poi fustigato; il secondo, originario di Montpellier, fu guaritore della peste di metà Trecento in Italia salvo subirne il contagio e avere il conforto di un cane che quotidianamente gli portava il pane sottratto dalla casa del padrone fino a guarirlo.

I due santi sono venerati in molti centri della Sardegna dove si trovano sia chiese sia statue a loro dedicate, con le frecce e il cane rituali che regolarmente li accompagnano. Innanzi tutto la chiesa di S. Sebastiano di Ozieri dove, nell’interno, si può leggere una lapide che recita «Factum fuit anno pestis MDCLIII» a ricordo della sua edificazione dopo la grande peste seicentesca; o la piccola, semisconosciuta chiesuola di S. Rocco a Cagliari nascosta in un luogo poco distante dal mercato di S. Benedetto.

Ancora S. Rocco con i “colleghi” Martino e Rosalia accompagnati dalla Vergine con il Bambino e dalle Anime Purganti campeggia in un quadro oggi nella parrocchiale di Sanluri ma proveniente dalla chiesa di S. Martino. Ancorché di non eccelsa qualità, il dipinto cattura l’interesse per lo scorcio del paese e per la presenza del committente in preghiera oltre che per il carro a buoi che trascina due appestati legati per i piedi.

Gli echi della peste sono naturalmente presenti nei lazzaretti, talvolta ancora esistenti come quello di Cagliari, seppure molto rimaneggiato. Lo precede un preziosissimo documento cartografico che riproduce la pianta della Casa de la Sal repartido en cinco naues de siete aposentos con sus passadiços por no comunicar unas con otras Lazareto.

Si trattava, quindi, di una costruzione molto elementare, suddivisa in stanzoni serviti da corridoi e separati da tramezzi che non giungevano a tutta altezza per far circolare l’aria tramite finestre poste alle testate degli ambienti.

Il disegno acquerellato, privo di data e di firma dell’esecutore, è conservato nell’Archivio di Stato di Cagliari. L’edificio preesistente riattato è identificabile attraverso un documento del 1647, riguardante la quarantena di un equipaggio nella “casa nominata del sale”, ubicata alle spalle della chiesa di S. Bartolomeo.

Ciò che porta al luogo dove ancora oggi sorgono i resti di quello che fu il Lazzaretto più tardo e collegato comunque con la peste di S. Efisio per la necessaria quarantena.

 

Lascia un commento