Coronavirus, mascherine e incompetenti [di Guido Pegna]
Dopo tanti anni di frequentazioni di fisici in differenti contesti (congressi internazionali, colleghi di varie università, periodi di studio in altre università, collaboratori ecc.) ho sviluppato una acuta sensibilità nel capire quando vendono fumo, quando barano, quando parlano di cose che non sanno, quando sono in disaccordo ma non lo vogliono rivelare, quando disprezzano l’interlocutore ma fingono di stimarlo ecc. Questa sensibilità, sebbene in grado minore, si estende anche a operatori scientifici di altri ambiti, e in particolare, per quanto ci interessa in questo periodo, a medici e professori di Facoltà mediche. Così alcuni dei personaggi che ora compaiono frequentemente in televisione – Borrelli, Galli, Arcuri, Locatelli e altri di cui non ricordo il nome – mi suscitano un immediato senso di sospetto. Per non parlare di quei signori, presentati come “professori” che si presentano indossando ridicolmente il giubbottino della Protezione Civile. Simile sospetto provo per i personaggi del mondo scientifico che vengono presentati alla radio. Un’impercettibile pausa, una parola leggermente inappropriata, una risposta che divaga per prendere tempo suscitano immediata diffidenza. Fortissimo elemento è l’esibizione di un italiano parlato con inflessioni di inglese, o infarcito di americanismi gergali, come a dare ad intendere di lunghi soggiorni all’estero. Fu enunciato nel 1969 dallo psicologo canadese Laurence J. Peter in un libro dal titolo “The Peter Principle”. Esso ammette il seguente corollario: “Con il tempo, ogni posizione lavorativa tende a essere occupata da un impiegato che non ha la competenza adatta ai compiti che deve svolgere.” Il risultato è che nell’organizzazione aumenterà di continuo il livello di incompetenza, mentre le persone competenti si troveranno sempre più spesso alle dipendenze di incompetenti che ostacoleranno lo svolgimento del loro lavoro. A me sembra che esso si applichi meravigliosamente ai suddetti personaggi, e a molti altri. Infatti hanno tutti i capelli bianchi, sono tutti direttori o presidenti di qualche ente, e quindi sono quasi certamente al massimo livello a cui potevano arrivare, per il quale sono quindi incompetenti. Si applica certamente anche a molti in ambito politico, anche ai massimi livelli, ad alcuni dei quali è capitato di ritrovarsi inopinatamente in posizioni per le quali erano già sulla via dell’incompetenza o già del tutto incompetenti nelle loro occupazioni precedenti, figuriamoci nelle nuove, sorprendenti e inaspettate. Io sono indignato. Malgrado l’esistenza di questa minaccia fosse chiara già dai primi di gennaio, in Italia non si fece nulla. Si continuarono a giocare partite di calcio a porte aperte, le notizie che si ricevevano dai media sulla diffusione della malattia e sulla sua capacità di contagio erano vaghe e reticenti. Mentre in Cina a partire dal 23 gennaio la città di Wuhan veniva isolata dal mondo – 10 milioni di persone in quarantena – e le fabbriche di mascherine, come vedemmo in un servizio televisivo, producevano milioni di mascherine al giorno in modo completamente automatico con macchine dalla velocità impressionante, qui da noi i previdenti comperavano le mascherine usate dai verniciatori e da quelli che lavorano in ambienti polverosi, in vendita nei centri “Brico” e nei negozi di ferramenta. Mascherine che furono subito esaurite e divennero introvabili. Mentre si succedono a tutt’oggi notizie dell’arrivo dalla Cina di milioni di mascherine, di mascherine a decine di tonnellate, acquistate o donate all’Italia, nelle farmacie di tutta la provincia di Cagliari, in molte delle quali le abbiamo cercate, esse sono introvabili. Ma c’è di più. Quando finalmente arriveranno nelle farmacie, quanto costeranno? Due mesi fa si potevano acquistare nei siti cinesi pacchi di 50 o 100 mascherine al costo di circa 0,1 euro ciascuna; si è saputo oggi, 3 aprile, che in qualche farmacia del continente esse sono disponibili a 15 euro ciascuna. Se ogni cittadino italiano dovesse usare una mascherina al giorno, il guadagno di chi le importa e le vende sarebbe di 90 milioni di euro al giorno! Quel personaggio che è più simile a un personaggio di cartapesta da carro carnevalesco che a un essere umano, evidentemente si serve tuttavia di qualche consigliere competente. Invocando una vecchia legge del tempo di guerra, ha imposto a molte industrie americane di produrre dispositivi di protezione e apparecchi respiratori in quantità tali da soddisfare le prevedibili necessità dettate dall’evolvere del contagio. Perché in Italia non si fa altrettanto? Perché dobbiamo dipendere dalla carità altrui o dai mercanti profittatori? La fabbricazione delle mascherine è un processo talmente semplice che non occorrerebbe molto a installare catene di produzione, o convertire a tale scopo processi industriali già esistenti; altrettanto per gli apparecchi di ausilio alla respirazione e per i generatori di ossigeno, che sono oggetti di tecnologia piuttosto semplice. Che cosa si aspetta? Che si sviluppi il mercato nero delle mascherine, ancora una volta in mano a organizzazioni criminali? Andando in giro, o alla televisione, si vedono persone che indossano mascherine di decine di tipi differenti, bianche, verdi, a pois, in tessuti fantasia, stampate con immagini di cantanti di successo, fatte con pannolini per neonati, con filtro e senza filtro, con una valvola o con due valvole. Dove le hanno comperate? Sono tutte ugualmente efficaci? Oggi che si omologa tutto, dal diametro che devono avere le uova alla massima curvatura ammessa per le banane, esistono norme alle quali le mascherine dovrebbero rispondere? Perché non si sono emanate regole precise e indicazioni su quale debba essere il livello di fiducia di una mascherina per non infettare o per non essere infettati? Io sono indignato. È notizia di ieri che il sito INPS è andato in tilt per i troppi accessi simultanei. Il presidente è ricorso a balbettanti giustificazioni attribuendo la paralisi totale del sito a presunti hackers. Perché non hanno fatto come le Poste Italiane, scaglionando le modalità di accesso nel tempo e per iniziale del cognome? Quel sito è costato mezzo milione di euro – mezzo milione di euro! Non sarà giustificato il sospetto che anche lì chi opera abbia raggiunto il suo livello di incompetenza? E se non è così, non saranno giustificati altri sospetti? Le immagini che ci arrivano dalla Cina, dalla Corea del sud, da Hong Kong mostrano un gran numero di addetti in ermetiche tenute bianche anti-contagio intenti a spruzzare di disinfettanti pareti, superfici dei banchi di scuola, maniglie delle porte, corrimano delle scale, tutto ciò che potrebbe essere stato contagiato. Perché da noi non si fa nulla di simile, costringendoci invece a una rigida clausura e a imposizioni cervellotiche, differenti da regione a regione, invece di fornirci di mascherine e di disinfettare tutto? Quanto costerebbe allo stato fornire ogni cittadino di almeno due mascherine al giorno, dato che, come viene raccomandato, una mascherina ha efficacia per non più di tre o quattro ore? Ancora. Man mano che aumentava la idiosincrasia burocratica del sospetto e del controllo, nel mio lavoro di ricercatore all’università sempre più spesso, avendo necessità di acquisti di materiali di consumo o di apparecchi o dispositivi poco costosi – tester, saldatori, lega di stagno per saldare, componenti elettrici e elettronici – li acquistavo con soldi miei, risparmiandomi in questo modo molto tempo e la noia delle procedure preliminari e di controllo. Perché i medici e gli operatori sanitari non fanno altrettanto, invece di denunciare di non ricevere dispositivi di protezione individuale e condannandosi quindi a morire a decine? Non sarà che anche per loro le forniture vengano impedite dalla burocrazia? Perché i responsabili incompetenti non hanno fatto nulla per facilitare queste forniture? Mi rendo conto del problema di correttezza (politica?) che pongo con queste domande. Da un lato la buona volontà, il senso del dovere, la abnegazione nello svolgere una missione che deriva dal giuramento di Ippocrate; dall’altra la vana attesa di sistemi di protezione. Perché non si sono rifiutati di operare? Perché non hanno pensato di sborsare di tasca loro pochi euro per munirsi provvisoriamente dei necessari sistemi di sicurezza, bypassando i burocrati e gli incompetenti che li dirigono? Oggi, passando davanti a un centro gestito dalla Charitas diocesana, ho visto una decina di ospiti che prendevano il sole, alcuni seduti su una panchina e altri in piedi, ma tutti vicini l’uno all’altro e tutti senza mascherina. I centri di riposo per anziani sono diventati pericolosi poli di diffusione del contagio, e si piangono decessi in una proporzione abnorme rispetto a quelli del resto della società.Perché organismi potenti, con contatti ramificati in tutto il mondo, perché in questa emergenza le istituzioni a scopo umanitario non fanno nulla per assolvere al loro benefico compito istituzionale? Io sono molto indignato. *Fisico e scrittore
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