La geografia del COVID-19 [di Franco Masala]
Se un tempo erano Milano, Firenze, Atene i luoghi che suscitavano il ricordo di grandi pestilenze, grazie anche alle insigni reminiscenze letterarie, oggi il COVID-19 ci ha tristemente abituato ad avere familiari centri – grandi e piccoli – che sono divenuti epicentro della pandemia o focolai della stessa. A cominciare dalla città di Wuhan, totalmente sconosciuta fino allo scoppio dei primi casi cinesi nonostante il ruolo tutt’altro che secondario che quei territori rivestono nell’immenso stato orientale anche in virtù dei circa 11 milioni di abitanti nell’area metropolitana. Per quella città, situata nella parte centrale della Cina orientale, c’è poi il richiamo storico di qualche sinologo riguardante la sede del governo nazionalista di Wang Jingwei contrapposto a quello di Chiang Kai-shek negli anni Venti del secolo scorso ma è occorso ben altro per rendere popolare il nome di Wuhan. È capitato così che improvvisamente abbiamo dovuto fare i conti con una Cina che non è solo Beijing o Shanghai o i guerrieri di Xian ma anche un luogo che rivela sorprese inaspettate e, purtroppo per tutti, poco piacevoli. Per tacere del primo caso fuori dal paese asiatico verificatosi a Seattle, finora nota essenzialmente per la sede di grandi nomi come Boeing, Apple o Amazon, e finita sulla bocca di tutti per i primi casi statunitensi da virus. E alzi la mano chi, prima d’ora, aveva sentito parlare di Vo’ o di Codogno o di Nembro o, ancora, di Cocquio-Trevisago che sembrano nomi usciti dal famoso cruciverba “La mèta della nostra gita” de La Settimana enigmistica che, attraverso decenni, avendo esaurito naturalmente i luoghi deputati delle bellezze italiane, fa letteralmente appello ai lettori per segnalare qualche luogo meno consueto. È il bello dell’Italia delle cento città che questa volta divengono tristemente note per cause tutt’altro che positive o nobili. L’importante è che questi luoghi non divengano prossimamente una destinazione di “turismo macabro” come spesso è capitato per luoghi toccati da disastri “naturali” quali terremoti e alluvioni così da ridurre il tutto all’ennesimo selfie. Gli abitanti di quei luoghi si meritano altro. *Wuhan (Cina), foto Unesco ©
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