Le “audaci proposte” di Raffaele Paci che sanno di vecchio [di Alessandro Mongili]
Il 5 Aprile il quotidiano di Sassari ha pubblicato un’intervista a Raffaele Paci, già vicepresidente della Regione nella Giunta Pigliaru, in cui dava spazio alle “tre mosse per salvare la Sardegna”, definite dall’intervistatore “audaci”. Più che di intervistatore, si dovrebbe parlare di un imbarazzante turiferario. Paci propone la sospensione del pareggio di bilancio, che riporti a livello locale quello che è successo nei rapporti fra lo Stato e la UE; la possibilità per la RAS di contrarre mutui in modo da non fermare la spesa corrente; un intervento statale a sostegno della spesa sanitaria sarda. Si scaglia inoltre contro chi critica, perché questo è il momento dell’unità, dice nell’intervista, e contro i critici un giudizio severo: sono sterili e inopportuni. Condivide in sintesi l’impostazione di Solinas sul contrasto all’epidemia. E questo è tutto. Paci, il suo gruppo di potere, settori importanti del PD, sinistre più o meno immobiliari, e anche mobiliari, sembrano dunque allineati con Solinas su tre assi: il cemento e il tentativo eversivo contro il PPR e ogni politica urbanistica civile, le scelte di politica sanitaria, e la richiesta di finanziamenti statali. Il richiamo all’unità è ragionevole in questo momento, ma trascura alcuni punti essenziali. Partendo dal problema clou che è: dove vanno e dove sono andati i soldi? Perché non è stata spesa nessuna parola sulle riforme sanitarie firmate Arru e sulla gestione di Nieddu, sulla loro valutazione (un tempo mantra del duo Pigliaru-Paci), e perché nessuno parla con onestà dell’attuale crack del sistema sanitario di fronte all’emergenza coronavirus? I fondi in eccesso richiesti allo Stato verso che cosa dovrebbero essere diretti? Verso il persistere della replica in sedicesimo del modello lombardo, o verso una riforma meno ragioneristica e affaristica della sanità che garantisca la salute e che sia in grado di affrontare i rischi, anche epidemiologici? Si pensa solamente all’economia? E allora, perché non si parla del reddito delle persone rimaste prive di soldi, delle attività chiuse, della mancanza di liquidità? Come mai esiste la sola ossessione di garantire a ogni costo, anche a quello di un indebitamento per lungo tempo, la “spesa corrente”? Che tipo di interessi si agitano dietro questo tipo di richieste? La crisi del coronavirus, come ogni crisi, è un’occasione per ripartire in modo diverso, perché business as usual in Sardegna significa confermare le drammatiche scelte del continuum Pigliaru-Solinas non solo in tema di sanità, ma anche di trasporti, di politiche del lavoro e del reddito, di ambiente, di urbanistica e di paesaggio, di istruzione. Certo, ci sono delle cose che si possono accettare delle politiche precedenti, ma la crisi del coronavirus mette in luce, senza pietà, quali siano stati i limiti della gestione passata. Paci, Solinas, e gli altri responsabili minori, da Arru a Nieddu, dovrebbero mantenere un basso profilo, se non proprio scusarsi di fronte al popolo sardo. Se vogliono unità, se sono infastiditi da critiche tutto sommato non così dure e definitive, come meriterebbero, dovrebbero fare molti passi indietro rispetto alle loro scelte, e anche alle furbate attuali, come far passare in cavalleria speculazioni edilizie in zone di pregio paesaggistico. Nessuna unità è infatti concepibile di fronte a posizioni così chiuse e autoritarie, sprezzanti. Ma evidentemente non per tutti. Infatti, il turibolo del quotidiano di Sassari non è bastato. Ci voleva la voce autorevole in soccorso. Ed ecco arrivare, solo due giorni dopo, l’intervento di Marcello Fois. Lo scrittore e organizzatore di eventi si produceva in un’imbarazzante lode a Paci, trasfigurato nell’icona del buon amministratore e idealizzato come “uomo d’onore” e tanto altro. Fois ha prodotto un’apologia di Paci ma inciampa sulla stessa logica elementare, dopo essersela presa con misteriose autorità locali e con un’opposizione livorosa, supponente, gassosa, vecchia e colonizzata, senza individuare adeguatamente i referenti, elogia il passaggio dall’opposizione all’alternativa, che le “audaci” proposte paciane rappresenterebbero. Purtroppo le proposte di Paci non sono alternative in nulla a ciò che propone Solinas ma ne costituiscono un esplicito sostegno, di cui si può elogiare la creatività nell’individuare risorse da accaparrare. In poche parole, si candida come turbosolinas. E Fois lo promuove. Invece, l’alternativa consiste proprio in questo: voler spendere diversamente i soldi che ci sono, e quelli che arriveranno. Approfittare della crisi per cambiare politica e per cambiare politiche: sanitarie sì, ma anche ambientali, economiche, del lavoro, e perfino culturali.
|
Condivido completamente l’analisi e le considerazioni fatte dall’autore.
Aggiungo alcune mie personalissime riflessioni.
Quella di Paci parrebbe una operazione di marketing personale infatti ha mandato le sue esternazioni a vari blog e giornali on line (Sardegna e libertà, Sardiniapost intervista a La Nuova Sardegna). Altro che contributo alla causa comune.
Ha ricoperto l’incarico di assessore dal 2014 2019 (Programmazione e Bilancio non pizza e fichi) quindi in pieno quadro comunitario 2014-2020, perché non ci spiega cosa ha combinato con il fondo Fers? Perché non ci dice quanto è stato speso effettivamente? perché non ci dice quanto è stato programmato?
Ha fatto delle affermazioni molto discutibili e intollerabili da parte di un docente di Economia ex Assessore: “La Sardegna, come tutte le regioni e i comuni, è obbligata al rispetto del pareggio di bilancio. Lo stesso vincolo non ce l’ha lo Stato, tanto più adesso che l’Europa ha sospeso il patto di stabilità; gli interventi che il governo italiano sta realizzando (50 miliardi) sono ulteriore debito.”
Per gli smemorati La legge costituzionale 1/2012 (“Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale.
“I mutui oggi si possono fare solo per gli investimenti, che però hanno tempi di realizzazione lunghissimi. Servono soldi entro giugno». Come se le spese sostenute per gli investimenti non generino economia e non accrescano o mantengano l’occupazione.
La stima di 100 milioni che si possono recuperare a fronte di una rimodulazione dei fondi strutturali in atto è molto grossolana così come quella di poter immettere nel sistema uno o due miliardi (come se fosse poca la differenza tra 1 e 2). In conclusione, da un docente di economia ex Assessore alla programmazione e bilancio, mi sarei aspettato argomentazioni più efficaci più utili e che entrassero nel concreto. C’è anche chi gli ha fatto l’endorsement.