L’importanza del linguaggio internazionale [di Carla Deplano]

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In un’altra vita mi persi nei meandri delle caverne della Cappadocia. Poco dopo mi imbattei in una giovane coppia straniera desiderosa di parlare con una cagliaritana: Nowhere man e il suo compagno Bieco blu. Difficoltà di comunicare: tentammo di trovare la via dell’uscita, ma non parlavamo la stessa lingua.

D’un tratto mi illuminai: cercando nei meandri del cervello le nozioni universitarie delle lezioni di glottologia del Prof. Giulio Paulis di due lingue morte – sanscrito e aramaico – cercai invano di intavolare una parvenza di dialogo. Niente da fare: provammo con l’esperanto, ma anche quel tentativo di comunicare fallì. Mi sovvenne un altro linguaggio: quello internazionale, che travalica diacronicamente le coordinate spazio-temporali ed è conosciuto presso tutte le culture ad ogni latitudine e longitudine.

Un’esperienza mistica e sensuale ci imprigionò: talvolta esilarante, sempre gratificante, fino al punto di fraternizzare e comunicare a lungo e con reciproco piacere. Tra i sussurri l’indolente presa di ascendere e cadere lì tra la vita e il sogno, la luce ed il buio dove forze oscure da sempre si scatenano. Nelle mie orbite si scontrarono tribù di suburbani, di amminoacidi, latenti shock addizionali, sveglia kundalini, per scappare via dalla paranoia come dopo un viaggio con la mescalina che finisce male nel ritorno.

Dopo quel menage a trois  non li ho mai più rivisti. Li ho cercati su Facebook, Twitter, Istagram. Invano.

* Storica dell’arte

2 Comments

  1. Rosy

    E allora?

  2. carla deplano

    e allora, dopo aver letto L’importanza di studiare il latino di F. Masala, pubblicato due giorni prima, ti potresti fare anche tu un viaggio con la mescalina, sperando di non finire male nel ritorno …

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