Assistenza domiciliare e test sierologici, se il presidente Solinas scappa dalle domande (e dalla realtà) [di Vito Biolchini]

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Se bastasse negare i problemi per far credere a tutti di averli affrontati, Christian Solinas sarebbe il miglior presidente della Regione possibile. Se bastasse evitare di rispondere alle domande dei giornalisti per far credere a tutti di avere la situazione sotto controllo, Christian Solinas sarebbe un politico che ci verrebbe invidiato da tutte le altre regioni.

Se bastasse utilizzare ad arte i dati, evidenziando quelli meno sfavorevoli e occultando quelli disastrosi, potremmo dire di vivere in un’isola felice, governata da una classe politica illuminata. Purtroppo per noi, non è così. La Sardegna entra nella Fase 2 portandosi sulle spalle tutto il fardello dei problemi non risolti nella Fase 1. Contraddizioni, sviste, miopie, clamorose omissioni.

L’epidemia ci ha graziato, perché il tanto temuto intasamento delle terapie intensive non c’è stato. Nonostante tutto però, ancora oggi i nostri ospedali non hanno ripreso la piena operatività e i malati no Covid attendono la riapertura delle sale operatorie e dei laboratori. I dati profilano una drammatica realtà: a marzo in Sardegna in decessi sono cresciuti del 13,7 per cento rispetto alla media dello stesso mese negli anni dal 2015 al 2019. Ma, come fa notare Youtg.net

il dato, è ovvio, è accresciuto dai decessi annoverati tra quelli causati dal coronavirus. Ma questi, tra il 20 febbraio e il 31 marzo, hanno inciso solo per il 2,3%: si contavano appena 28 decessi per Covid-19 (stando alle tabelle ufficiali, all’Istat ne risultano 39). Per questo, forse, quando si traccerà un bilancio della letalità del virus bisognerà  far entrare anche le morti causate dal fatto che con la chiusura dell’attività ordinaria degli ospedali ai sardi non viene garantita la cura di altre patologie.

La questione è serissima, ma nessuno sembra volerla affrontare. Si è detto poi da più parti che il virus ora deve essere combattuto nei territori e non negli ospedali. Per questo la Regione ha previsto una campagna per l’effettuazione di quarantamila di test virologici, in grado di farci capire dove il virus è passato, e la istituzione delle Usca, le Unità speciali di continuità assistenziale, per la gestione domiciliare dei pazienti affetti da Covid-19 che non necessitano di ricovero ospedaliero. In pratica, i malati non dovranno andare in ospedale, ma verranno curari a casa da una equipe di medici, specialisti e infermieri.

Lo scorso 22 aprile la Nuova Sardegna titolava a pagina 3 “Caccia ai positivi nascosti, screening per 14mila sardi”. Una campagna parallela a quella voluta dal governo, “pensata e organizzata dal Comitato tecnico scientifico al fianco della Regione” e che per il quotidiano sassarese sarebbe addirittura partita “a cavallo fra questa e la prossima settimana” (cioè tra venerdì 24 e martedì 28, immagino io).

Per quanto riguarda le Usca invece, sempre lo scorso 22 aprile (cioè dodici giorni fa) l’assessore regionale alla Sanità Mario Nieddu affermava, come riporta sempre La Nuova Sardegna: “Contiamo di attivarle al più tardi entro la prossima settimana”. La settimana è passata e delle Usca non si ha notizia.

Stasera diversi giornalisti hanno chiesto conto al presidente della Regione della campagna di test sierologici e dell’istituzione delle Usca. “A che punto siamo, presidente?”. Sapete qual è stata la risposta?

Su questo, perché è un tema che non vorrei liquidare in pochi minuti, direi di dedicare insieme al Comitato Tecnico Scientifico e all’assessore Nieddu, un punto stampa.

In pratica, Solinas non ha risposto. Ha eluso la domanda. Come avvenuto già tante volte. Nella speranza che i giornalisti facciano finta di niente, che attendano ancora qualche giorno prima di certificare l’imbarazzante fallimento dell’azione di questa giunta che promette a vuoto, che arriva sempre in ritardo, e che mostra ogni giorno di più tutta la sua inadeguatezza. E i fatti sono lì, a certificarlo.

 

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