Troppi falsi circolano nel mercato dell’arte sarda [ di Maria Laura Ferru]
Il fenomeno non è naturalmente nato all’improvviso ma è da alcuni anni che la circolazione di falsi di ceramica nel mondo dell’antiquariato sardo è decisamente in aumento. Ed anzi si può dire che da qualche tempo sia diventato decisamente aggressivo arrivando a interessare artisti come Tarquinio Sini, Maria Lai, Antonio Corriga, Gavino Tilocca… Oltre ai soliti Francesco Ciusa, Melkiorre e Federico Melis, Alessandro Mola sulle opere dei quali- sia pure in tempi diversi- si è fondato il risveglio del mercato dell’arte isolana del secondo dopoguerra. Risveglio costellato di errori e ambiguità sin dall’inizio che hanno portato ad attribuire spesso a Francesco Ciusa le opere del suo allievo Ciriaco Piras ma anche quelle di anonimi terracottari dorgalesi. Sul maggiore scultore isolano ha pesato e pesa tuttora anche la mancata distinzione degli originali prodotti dallo scultore dalle repliche in materiali vari operate successivamente. Stessa ambiguità scontano oggi le pitture a freddo di Edina Altara, “sdoganate” negli anni Ottanta da critici incapaci di distinguere ceramiche a freddo da ceramiche a caldo, e che oggi possono alimentare alla grande il mondo dei falsi. Altra ambiguità ha riguardato le opere di Melkiorre Melis, a lungo scambiate con quelle del fratello Federico sempre negli anni Ottanta sia da insipienti curatori di mostre locali che da malconsigliati autori nazionali. Sulla produzione di Melkiorre Melis, una volta conclamata la sua attività di ceramista oltre che quella di pittore, si sono consumate le sperimentazioni più subdole: si è passati da basse attribuzioni a quelle più raffinate. Ma è soprattutto con Federico Melis che si sta consumando lo scempio maggiore: all’inizio hanno circolato semplici copie falsificate di opere originali ma da qualche tempo un novello e instancabile Alceo Dossena sardo inventa e crea in continuazione opere “alla moda di”.Senza trascurare di confrontarsi con oggetti che, nella produzione originale dell’artista bosano, erano pezzi unici ma dei quali si propongono oggi repliche improbabili, suggerite da maldigerite letture d’epoca. Il danno che errori, ambiguità e falsi stanno producendo è enorme. E non mi riferisco ovviamente a quello finanziario, che riguarda solo i collezionisti malaccorti e ingenui (che si può naturalmente tentare di recuperare in giudizio). Ma soprattutto a quello culturale perché la cultura materiale sarda è alla base di qualunque discorso sull'”identità” regionale: di quella che caratterizza l’aspetto artistico delle produzioni artigianali nostrane e può renderle tipiche e tradizionali. La città di Cagliari, che ha visto dal 1918 al 1943 la nascita e lo sviluppo della ceramica artistica sarda, con il succedersi di ben quattro manifatture, non ha luoghi che conservino memoria storica e che si offrano allo studio produttivo delle nuove generazioni. Si può, in questa situazione, aspirare a diventare capitale della cultura? Lecito chiederselo e ancor più urgente provvedere. *Esperta di ceramica sarda e perito in argenti antichi |