Lo sguardo a volo d’uccello [di Maria Antonietta Mongiu]
L’Unione Sarda 21 maggio 2020. La città in pillole. C’è un mito dalle molteplici varianti che mai come oggi bisogna convocare. Quello di Dedalo che fu rinchiuso da Minosse nel labirinto di Creta col figlio Icaro per aver insegnato ad Arianna la via di fuga attraverso un filo che da lei prese il nome e fu la metafora di uscita da qualsivoglia groviglio. Dedalo venne, a sua volta, fuori dal labirinto costruendo poderose ali che con la cera fissò sulle spalle sue e del figlio. Ma Icaro non ascoltò le raccomandazioni di volare né troppo in basso né troppo in alto. Come accade per ogni figlio, volle andare oltre e cadde perché, avvicinandosi al sole, la cera si sciolse. Una variante del mito vuole che Dedalo sia approdato in Sardegna a fare il didatta dei costruttori di torri. Il mito fondante i nuraghi, è testimone, ben prima degli antichi e recenti ritrovamenti che affollano i musei, delle implicazioni dell’isola nelle dinamiche del Mediterraneo e del mondo nuragico nell’altrettanto complesso fenomeno urbano che approdò dall’oriente. Le attuali e insistite vedute dall’alto di Cagliari, interpellano i miti fondanti e specialmente quello di Dedalo e non solo per le vie di uscita in una situazione inaudita. La visione “a volo di uccello” restituisce un’ emozionante città fuori dal tempo come se, dall’alto e senza umanità, serpeggi ancora in chi la guardi una mai dismessa pulsione di potenza e di dominio e la caduta di Icaro non abbia ridimensionato quel sogno abitato da genialità. Il pragmatismo romano lo trasformò nel genio alato che ha connotato la carismaticità imperiale. Il sincretismo cristiano lo ha trasfigurato nell’iconografia dell’angelo e dall’arcangelo Michele, decisivo nelle geografie cagliaritane, nei santi guerrieri contro il maligno. Le riprese, grazie al volteggiare di elicotteri che interrompevano silenzi mai così intensi, hanno colto l’essenza di Cagliari: urbs, come i romani chiamavano la città di pietra, e connessione con i dintorni, per dirla con G. Spano; rappresentazione, reale e insieme fittizia perché nella dimensione atemporale. Mai altro comunque dall’ ancestrale “volo d’uccello”, vagheggiato ancora nel Rinascimento dalle macchine di Leonardo e raccontato dall’incipit di ogni rappresentazione cartografica che è la “Veduta di Venezia a volo d’uccello” di Jacopo de’ Barbari del 1500. Da lì alla forma urbis di Cagliari di S. Arquer del 1550, il passo è breve. Andò oltre le rappresentazioni della Cosmographia del Münster perché era già nella dimensione dell’interpretazione e come Icaro cadde per averla solo osata. |