Per andare dove? [di Guido Pegna]

giardinix

“Il globo chiamato Terra aveva ancora una volta compiuto una rotazione attorno al proprio asse… Per un attimo i libri furono  immersi in una luce quasi purpurea, che illuminava le vecchie legature e gli ultimi resti dei titoli incisi in oro e quasi illeggibili. Il tutto era simile a una rivelazione”. (J.B. Singer).

Quando fui per andarmene, sulla porta di casa mi disse: «Guido, dolce amico. Sai, da un  po’ di tempo sono molto stanco. Dormo male. Spesso, di  mattina presto, vengo svegliato da un rumore insopportabile come di molti uccelli che stridono tutti insieme. Poi mi accorgo che sono dentro la mia testa». «Perché non parti? Spesso un viaggio sistema tante cose». «Per  andare dove?» disse scuotendo la testa in un gesto di sconforto.  E proseguì: «Voglio raccontarti una cosa che mi capita in questi ultimi tempi. Conosciamo tutti il tremendo potere evocatore di certe parole, di certe frasi. Da qualche giorno mi ossessionano queste, e non riesco a liberarmene: “Notti nei giardini di Spagna”.

E mi  immagino in una città della Spagna, d’estate, in giornate caldissime, e in questa città belle case, confinanti l’una con l’altra in una topografia irregolare e misteriosamente compenetrata, ognuna con un grande giardino intorno, fresco, con grandi alberi e dolci profumi. Di notte leggere brezze provenienti dalle colline rinfrescano l’aria, e rendono piacevole trattenersi in questi giardini. E in uno di questi vi sono delle persone, gruppi di amici, che conversano sereni, a bassa voce; e anche io sono insieme a loro, teneramente, e la notte trascorre lieta e leggera, in discorsi elevati, in pacate conversazioni, in racconti di straordinarie avventure, rievocazioni di leggende, ricordi di altri viaggi, di grandi amori, di tempi che non sono più. E io, io mi struggo per la nostalgia di quei giardini che non esistono, di quel  mondo irraggiungibile. Dove vuoi che vada dunque?».

Alto, magro, con i capelli ancora folti tutti bianchi. Dal salotto giungevano attutite le note della suite di De Falla. Si piegò, mi baciò, mi abbracciò a lungo. Non l’ho più rivisto.

Per un po’ non ne seppi più nulla. Poi ricevetti una sua lettera. Era in Spagna. Mi diceva che un giorno, mentre era in metropolitana, una giovane donna si era seduta accanto a lui. Ne fu turbato. “Sarebbe dunque lei…”, si era chiesto, e capì in quello stesso istante che era lei, proprio lei… Glielo aveva detto, d’impulso. “Una rivelazione, una illuminazione a prima vista per ambedue”, così si esprimeva.

Erano “fuggiti” insieme abbandonando tutto: Amsterdam, New York, Rio de Janeiro, ultima illusione. La ragazza si era unita a lui senza remore. Non sarebbero più tornati. Nel suo entourage non sapevano nulla. Desiderava essere dimenticato. Dovevo mantenere il segreto per sempre. Mi pregava di occuparmi della liquidazione delle sue proprietà in Italia, e mi chiedeva di raggiungerlo per i necessari adempimenti.

Udivo dentro la mia testa la musica delle Notti nei Giardini di Spagna. Quella notte sognai di essere in un tempo nel quale i sogni si avverano sempre. Io ero lui. Avvertivo in maniera quasi  palpabile di essere a un passo dalla verità. Ero in giardino, là fuori, solo. Lei era partita con il mio migliore amico. 

*Fisico. Università di Cagliari. Narratore

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