Il d.d.l.reg. 108 del 2020 o “Piano casa” capita nel peggior momento per la giunta Solinas e soprattutto per la Sardegna [di Paolo Numerico]

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Il meno che si possa dire è che il Presidente della Regione Sardegna Solinas e il suo assessore Sanna, con tutta la Giunta al seguito, sono sfortunati. L’aspirazione a gonfiare di volumetria la povera Sardegna capita in un momento in cui il meteo ha quasi distrutto Bitti e arrecato gravissimi danni ad alcuni paesi della Sardegna con esondazioni, piogge, morti e distruzioni.

Al di là dell’ inaudita quantità di pioggia, il disastro, come le altre volte, è dovuto principalmente alla cattiva cura di gran parte  del suolo isolano. Poteva capitare a qualunque altra zona della Regione. A Cagliari era stata bandita, nel weekend di fine novembre, l’allerta rossa, con chiusura di parchi, scuole, impianti sportivi e così via.

Quanto accade riferisce che il territorio sardo abbisogna immediatamente di un capillare intervento di manutenzione idrogeologica e, certamente, non di nuovi insediamenti selvaggi, come invece  prevede il Ddl n. 108 del 2020, che reca le auspicate (da chi?) norme sul nuovo Piano Csa e sul governo (???) dello stesso (territorio).

Che c’ è in questo Disegno di legge? Colgo a volo d’angelo le prime notazioni che risaltano all’occhio. Si dice che gli interventi non attengono ai Beni paesaggistici tutelati dal Piano Paesaggistico Regionale. Eppure si prevedono forti incrementi degli insediamenti turistici, con traslabilità perfino verso lottizzazioni vicine, comunque entro la fascia dei 300 metri dal mare, senza limiti a tutela della medesima fascia.

Si permettono forti aumenti volumetrici dell’edilizia civile, in varie percentuali incrementative a seconda delle fattispecie. E questi incrementi sono condizionati a disposizioni che praticamente non limitano pressoché nulla (per esempio, basta l’uso di materiali locali e la recuperabilità dei materiali in caso di demolizione).

Si consentono, nell’agro, interventi che raggruppino corpi aziendali non contigui, perfino se ubicati in comuni diversi, seppur limitrofi. Si consente di costruire in zone agricole anche a soggetti non imprenditori agricoli, né coltivatori diretti. E’ previsto trasferimento di volumetrie in zone C, D e G di volumi realizzabili e ricadenti in vari tipi di zone H.

Sui litorali e sulle zone retrostanti, ovviamente entro i 300 metri dal mare, è ammesso il posizionamento di strutture di balneazione (con gli accessori) per tutto l’anno. I campeggi caravan, con i relativi servizi, saranno ammessi in zone private anche non previste a tale scopo.

Negli edifici si permettono piani con soli 2 metri di altezza. Non si richiede, per realizzare gli incrementi di volume, il reperimento di spazi di parcheggio, sostituiti con il pagamento di somme che, si può presagire, saranno pari ad un “lecco”, se l’esperienza del passato non inganna. Si liberalizzano, con scarso rispetto del Codice civile, le regole sulle distanze fra fabbricati.

Mi limito a queste primissime notazioni. Ma è tanto già così. Non è in questo modo che si può superare il grave danno recato dalla pandemia. Se danno da covid-19 c’è stato, come purtroppo è avvenuto, non sarà con questo sistema di “sgoverno” territoriale che quel pregiudizio potrà essere superato. Semmai esso provocherà effetti ancor più incisivi, perché duraturi nel tempo.

Specie in questo momento, tra pandemia e disastri idrogeologici, sembra di cogliere indistintamente nelle élite politiche dell’isola una sorta di ossessivo accanimento contro il proprio territorio e il suo paesaggio, beni tra i più preziosi che le generazioni passate hanno consegnato a quelle attuali, per trasmetterle il più possibile a quelle furure.

Davvero in questo modo, per altro anticostituzionale, si fa il bene della Sardegna e dei suoi abitanti?

Si spera che quanto è accaduto a Bitti e in altri territori faccia rivedere le posizioni della giunta e del consiglio regionale della Sardegna. Sarebbe un gesto di rispetto verso un grande popolo che spesso ha visto sacrificato il suo bene più importante senza alcuna contropartita se non gli interessi contingenti di una stagione o di un gruppo e non diffusamente delle sue genti.

In ogni caso i profili di incostituzionalità di una parte dell’articolato anche per i  modi della redazionei sono a rischio di immediata impugnativa. Per queste ragioni e per evitare il confronto/scontro con nuove forme di rigetto ambientale e climatico, forse è il caso di soprassedere.

*Magistrato amministrativo a riposo (già presidente del T.A.R. Sardegna e già presidente di sezione del Consiglio di Stato)

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