Ma davvero la Sardegna vuole cementificare anche l’agro? In verità le comunità locali vogliono riqualificare e manutenere il patrimonio edilizio e il territorio [di Sergio Vacca]

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Abbiamo anche in queste pagine celebrato il maestro Angelo Aru che ha insegnato a molti cosa significa leggere il suolo e, attraverso i suoi indizi, pianificare gli interventi. E gli interventi non possono che partire dalla manutenzione seria e operosa come è stato per millenni consegnandoci un paesaggio unico nel panorama europeo.

Ma mentre Angelo Aru fondatore della Pedologia ci lasciava, la Regione Sardegna, di cui è stato leale collaboratore, vuole licenziare un Disegno di legge che detta norme per il riuso ed il recupero del patrimonio edilizio esistente e per il governo del territorio, attraverso la modifica di precedenti leggi regionali sulle materie considerate.

Come capita alla politica di vecchio o di nuovo conio, l’introduzione sembra sempre far sperare. Nell’incipit della relazione della Giunta Regionale, infatti, parole rassicuranti, come l’incentivazione della qualità architettonica, di tecniche costruttive adeguate, “tenendo in debita considerazione le esigenze di tutela delle valenze paesaggistiche, con gli obiettivi di sviluppo sostenibile”.

E via di seguito rassicurazioni sul rispetto del Piano Paesaggistico Regionale, come pure le più recenti pronunciamenti della Corte costituzionale. Fin qui tutto bene? Non proprio perché l’arcano si scopre quando si entra nel merito dell’articolato.

Il Presidente Paolo Numerico in questa Rivista, con le sue osservazioni al Disegno di legge, con le quali paventa numerosi profili di incostituzionalità, analizza i diversi aspetti che la legge vorrebbe normare, evidenziandone le incongruenze, particolarmente col PPR.

Si tratta allora di aggiungere qualche approfondimento, soprattutto in queste giornate nelle quali piogge convettive, ma anche orografiche, flagellano la Sardegna, relativamente . all’assalto edilizio ai territori rurali.

L’art. 1 del Disegno di legge, introduce infatti modifiche fortemente peggiorative all’art. 26 della Legge regionale n. 8 del 2015, che – eufemisticamente – è dedicato alla “salvaguardia” di questi territori. Rimandando ai Piani Urbanistici Comunali, questa norma, prevede che si effettui una zonizzazione che dovrebbe essere basata sulla scorta di studi pedologici. Anche qui, avrebbero dovuto essere realizzate norme di applicazione stringenti riguardo alle metodologie di indagine.

Al terzo capoverso dell’art. 26, già un aspetto ambiguo, quando si tratta di edificazione ai fini residenziali, tuttavia da realizzare su fondi contigui e, in ogni caso, concessa agli imprenditori agricoli ed alle aziende svolgenti prevalente attività agricola (quarto capoverso). Il Ddl dell’attuale maggioranza regionale, all’art. 1 modifica questo aspetto, in senso fortemente peggiorativo consentendo l’edificazione fino a raggiungere “la superficie minima di intervento con l’utilizzo di più corpi aziendali anche non contigui ed anche ubicati in comuni limitrofi”. In un altro punto del Ddl è sancito che gli interventi possano essere effettuati anche da non imprenditori agricoli.

Che dire? Il cemento dopo aver distrutto pezzi consistenti della costa e dei paesi approda massicciamente in agro! Gli aspetti appena sopra richiamati consentono che si sostanzi un mercato delle terre, basato su false esigenze aziendali, che preveda la messa in moto di farraginosi meccanismi coinvolgenti diverse amministrazioni locali, attraverso conferenze di servizio; l’impressione che se ne trae è che si tratti di un iter solo apparentemente garantista.

Altro aspetto inquietante che emerge dall’analisi di questo pasticciato Disegno di legge, riguarda l’effettiva realizzazione della zonizzazione dei territori comunali, su basi accreditate scientificamente.

Si è assistito in questi anni ad un mercato di studi approssimativi, in quanto privi – appunto – di basi scientifiche, con cartografie prodotte non già da rilevazioni in campo, bensì dall’ingrandimento di cartografie a piccola scala, con clamorosi risultati di confondere, ad esempio suoli geneticamente antichi con suoli geneticamente recenti, caratterizzati però da maggiore potenzialità produttiva.

Esemplificando, l’aver consentito l’espansione della zona commerciale/artigianale di Sestu, nelle alluvioni recenti lungo l’omonimo rio, ha prodotto due conseguenze: la prima, sono sottratte alla produzione orticola terre di grandissima qualità; la seconda, l’impermeabilizzazione delle superfici limitrofe al rio ha determinato importanti modifiche ai deflussi superficiali e sub-superficiali, con accelerazione dello scorrimento e l’intensificazione dei processi alluvionali.

Problematiche simili in gran parte dei territori dell’isola e le manifestazioni meteo di queste giornate, con conseguenze drammatiche per abitati e cittadini ne sono la plastica riprova.  Consentire perciò l’intensificazione insediativa nei territori agricoli e pastorali, tenuto anche conto delle progressive modificazioni del clima, non può che potenziare processi di dissesto di intensità e frequenza maggiori.

°Già Professore di Pedologia dell’Università di Sassari- Sindaco di Milis

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