Un museo nel futuro dopo il virus [di Maria Antonietta Mongiu]
L’Unione Sarda 15 dicembre 2020. La città in pillole. Malgrado le attenzioni siano quasi tutte concentrate sulla pandemia, ci si interroga sulla sospensione di ogni dimensione del vivere, fagocitati compulsivamente da numeri inintelligibili, che non significano, perché nessuno intende il criterio di costruzione e gli attori preposti alla stessa. Come se si fosse precipitati nella prescienza quando maghi e stregoni, facevano credere che si potesse, ripetendo all’infinito numeri, allontanare malefici, maligno, e virus che minavano esistenze che con gli stessi convivevano. Ma il vero scandalo che evidenzia la crisi della modernità e delle “magnifiche sorti e progressive” è che, dietro quei numeri, sono stati occultati vissuti e relazioni. Persone nullificate e risucchiate nell’invisibilità a cui, ben prima della pandemia, era stata consegnata la morte, rimossa dalla vicenda esistenziale e storica. Desacralizzata persino nei luoghi canonici del sacro. Che dire delle altre sensazioni perturbanti che discendono dalla insistita polarizzazione su geografie dimentiche di ogni mondo che non sia il primo, come se si fosse tornati ad epoche precolombiane in cui ricomprendere solo Stati Uniti d’America, Cina e Russia con qualche digressione verso luoghi africani, appendice euroasiatica. In realtà poco è cambiato dalle narrazioni che, dal mondo antico, gli storici raccontano sulle pandemie; utili da rileggere, per oltrepassare la sindrome dell’eterno presente e la sua fallacia. Di conseguenza chiunque abbia qualche capacità di visione, non tanto chiaroveggente quanto consapevole, non può che guardare i luoghi come capaci di cogliere proattivamente il valore propositivo dell’esperienza che è capitata alla più vasta declinazione intergenerazionale della storia dell’umanità. Che opportunità di progetto per Cagliari e per la Sardegna. Un’insularità autocosciente che non si balocchi in mitocentrismi, a cui si assiste con imbarazzo, ma che riprenda ad indagare su mitologismi che contengono storie antiche, anche di pandemie. Non solo archivi di vissuti ma indagini linguistiche; genetiche, in cui la Sardegna ha dato contributi dal valore mondiale; paleoantropiche; paleozoologiche; iconografiche che, invarianti, attraversano i millenni. Il luogo per tanto futuro, fondato anche sul passato? Il Museo Betile che manca all’epopea nuragica ma soprattutto alla Sardegna e al mondo. Prenda coraggio il Sindaco di Cagliari. Ne parli in Europa. Si allei con gli altri Sindaci, specie dell’area metropolitana, per costruire, dopo la pandemia, la Porta della Sardegna. Il miracolo accadrà. |