Rifondare e non speculare [di Maria Antonietta Mongiu]

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L’Unione Sarda 31 dicembre 2020. La città in pillole. Ci sono luoghi che concentrano caratteri che sarebbero inconciliabili o che sono percepiti come tali. Esemplari le dimensioni “stretta” e “larga”, per ambiti spaziali e insieme antropologici e culturali, che Leopardi attribuì rispettivamente al “natio borgo selvaggio” e alle città in cui soggiornò. Tutte, indistintamente, fonte di delusione.

Invariante e non solo in lui, non volere o non potere più ri-tornare al “borgo selvaggio”, da vagheggiare nella scrittura che tutto può.  “Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo che [..] resta ad aspettarti”, scrisse Cesare Pavese in La luna e i falò, nel 1949.

La dimensione “larga” è apparsa preminente dal primo novembre del 1755 quando un terremoto e un maremoto distrussero Lisbona. Morirono sessantamila persone e oltre centomila i feriti. L’evento catastrofico; il Poema sul disastro di Lisbona, pubblicato da Voltaire nel 1756 o quanto scrive in Candido nel 1758; il dibattito che coinvolse letterati e filosofi, compreso Jean Jacques Rousseau che, sempre nel 1756, scrisse la Lettera a Voltaire sul disastro di Lisbona, inaugurano paradigmi assai differenti sulla natura e sulla città, in cui il genio umano crea costantemente futuro grazie alla tessitura degli scambi. 

Di quei confronti furono esiti straordinari, la ricostruzione di Lisbona e la politica urbana di Carlo III, el mejor alcalde de Madrid, si disse, per l’infrastrutturazione, materiale e immateriale, della città. L‘urbano come antidoto all’oscurantismo.

Quanto oggi accade interpella decisori politici e chi, per ruolo, è classe dirigente; ma anche chi voglia essere parte di un dibattito civile per rifondare l’esistente.

In Sardegna e a Cagliari significa superare sterili autodifese in favore di una coscienza politica che riconosca valore ai luoghi per sé stessi e non per fini speculativi quanto arretrati. Lo si chiami piano casa, stessa poltiglia qualsiasi schieramento lo proponga, o altro, imbarazza perché contestuale a piani di promozione di quanto si vuole distruggere.

La Sardegna, a partire da Cagliari, è esausta di uno sguardo patriarcale nel linguaggio e abusante nelle pratiche. L’isola conserva equilibri tra dimensioni “stretta” e “larga”, per dirla con Leopardi, che abitano complessità radicate e che abbisognano del mejor alcalde possibile che oltrepassi piani dimidianti e restituisca un noi indiviso per un 2021 migliore.

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