La questione morale e quella umorale [di Giampaolo Cassitta]
Quel lieve sorriso, così fortemente fiero, quelle rughe e quegli occhi chini, pronti a contemplare il futuro e a disegnare rotte che nessuno, negli anni, avrebbe poi seguito. Quella voce gutturale, contemplativa, che riusciva sempre ad accentrare l’attenzione su quanto diceva. E sul livello politico di quanto veniva detto. Questo era, per me, Enrico Berlinguer. Un sincero passionale. Uno che amava lo scontro ma illuminato da prospettive chiare. Parlava di politica e ribadiva che un tempo, nel primo dopoguerra c’era in tutti la volontà di capire la realtà del paese e di interpretarla. E, soprattutto, ricordava il rispetto tra chi era avversario nella lotta quotidiana ma diveniva persona stimabile nelle pause e nella vita. Nella famosa intervista rilasciata a Eugenio Scalfari il 28 luglio del 1981 dei partiti politici diceva: «Sono soprattutto macchina di potere e di clientela: scarsa o mistificata conoscenza della vita e dei problemi della società e della gente, idee, ideali, programmi pochi o vaghi, sentimenti e passione civile, zero.». Li accusava di aver occupato lo Stato e alcuni grandi giornali. Poi, la domanda più difficile e più impegnativa: In cosa consisteva questa benedetta “diversità”? «Primo, noi vogliamo che i partiti cessino di occupare lo Stato. (…)e possono farlo non occupando pezzi sempre più larghi di Stato, sempre più numerosi centri di potere in ogni campo, ma interpretando le grandi correnti di opinione, organizzando le aspirazioni del popolo, controllando democraticamente l’operato delle istituzioni. » Arriviamo, dunque, al nodo della questione morale, quel manifesto lucido, chiaro e deciso di un Berlinguer visionario e vero leader politico: « La questione morale non si esaurisce nel fatto che, essendoci dei ladri, dei corrotti, dei concussori in alte sfere della politica e dell’amministrazione, bisogna scovarli, bisogna denunciarli e bisogna metterli in galera. La questione morale, nell’Italia d’oggi, fa tutt’uno con l’occupazione dello stato da parte dei partiti governativi e delle loro correnti, fa tutt’uno con la guerra per bande, fa tutt’uno con la concezione della politica e con i metodi di governo di costoro, che vanno semplicemente abbandonati e superati». La questione morale è dunque qualcosa di molto più complesso di quanto ha scritto sulla Nuova Sardegna l’On.le Marco Tedde [il giustizialismo a due velocità del partito democratico, 18 marzo 2014] e qualcosa di essenzialmente diverso dal complesso di superiorità tracciato dal consigliere di Forza Italia. Io e Marco siamo garantisti da sempre e non è questo il punto. Non si può però paragonare il caso Barracciu (solo indagata, per ora) e quello dell’ex sindaco di Sassari Ganau (anch’esso indagato) e le scelte che sono state effettuate dai vertici del Partito democratico in “umorali”; la questione morale non è essere così inflessibili su chi è appena sfiorato da un avviso di garanzia. Il problema è piuttosto un altro ed è legato all’occupazione dello Stato, del Palazzo, delle Istituzioni ma non da uomini “indagati”, (sarebbe troppo facile e populistico indicare come cattivi tutti quelli raggiunti da un avviso di garanzia), ma da uomini che si considerano buoni per tutte le stagioni e continuano da anni, da decenni, a sedere negli scranni del potere. Utilizzare il discorso di Enrico Berlinguer come ha fatto Marco Tedde (che, detto per inciso, nutre della mia stima per il mandato come sindaco di Alghero) è come indicare il dito e non raccontare ciò che il segretario dell’allora partito comunista intendeva dire. Lo diceva nel 1981. Poi, mani pulite e il 1994 con la discesa in campo a conquistare tutto “senza fare prigionieri” (Previti docet) hanno distrutto questo paese e la questione morale è stata brillantemente dimenticata e sepolta da tutti. Con buona pace di Berlinguer, delle sue rughe e dei suoi occhi chini. Un visionario ha sempre buone ragioni per dipingere un quadro. Chi osserva distrattamente non riesce sempre ad interpretarlo. |